venerdì 24 dicembre 2010

Pozzuoli annulla gratis i derivati

Gianni Trovati MILANO
Cancellare un derivato che buca il bilancio, senza pagare penali e comportandosi come se il contratto non ci fosse mai stato. È il sogno di molti enti locali, che in questi mesi stanno battagliando con le banche a suon di delibere in autotutela e di sentenze dei giudici amministrativi.


A Pozzuoli, 85mila abitanti in provincia di Napoli, ce l'hanno fatta: aspettare la scadenza, nell'ipotesi irreale di tassi invariati, sarebbe costato 34 milioni, la penale per l'estinzione anticipata sfiorava i 18,6 milioni, ma l'amministrazione ha abbandonato la finanza creativa a costo zero. Unica uscita, la restituzione in due rate degli 1,2 milioni di flussi positivi per il comune che il contratto aveva prodotto nei suoi mesi iniziali, caratterizzati da una generosità tramontata presto. Il caso di Pozzuoli, che nei giorni scorsi ha archiviato con un accordo scritto con la banca un'operazione da 39 milioni siglata nel 2007 con Hsh Nord-bank, sembra un riassunto dei rebus su cui si stanno scervellando tanti amministratori locali su e giù per l'Italia. Il contratto annullato a Pozzuoli inglobava il mark to market negativo per 8 milioni e figlio di due derivati precedenti (situazione familiare per chi sta seguendo a Milano il processo sugli swap di Palazzo Marino); all'avvio, complice il solito upfront iniziale a favore del comune, erano sembrati vantaggiosi, poi avevano cambiato pelle ed erano stati rinegoziati in una terza operazione. Il tutto era finito sui tavoli della corte dei conti, che nel 2008 aveva bocciato l'intera architettura: questi swap, hanno detto i magistrati contabili, non riducono il costo del debito (lo impone da ultimo il comma 736 della finanziaria 2007), non sono caratterizzati dalla «massima trasparenza» (chiesta dalla finanziaria 2008, commi 381-384) e soprattutto, avendo offerto al comune risorse a breve termine che non servivano a finanziare investimenti, finiscono per violare l'articolo 119 della Costituzione. Il «niet» della corte non è bastato ad avviare la trattativa con le banche, e il comune ha cancellato il tutto in autotutela e ha smesso di effettuare i pagamenti. Ne è seguito un tira e molla di un anno, durante il quale la banca ha affidato a uno studio londinese la controanalisi dello swap. Niente da fare: «In seguito a tale analisi - hanno scritto gli inglesi dopo aver spento la calcolatrice - si può concludere che la posizione del comune sia corretta e che lo swap debba pertanto considerarsi nullo». L'ultimo tentativo è stato dedicato a ottenere gli interessi sugli 1,2 milioni versati inizialmente al comune (si tratta di 135mila euro), ma è andato a vuoto. La vicenda napoletana interesserà, per esempio, il comune di Firenze, che due settimane fa ha sospeso i pagamenti degli swap con con Ubs, Dexia Crediop e Merryl Linch (200 milioni di nozionale) e martedì scorso ha visto la guardia di finanza passare all'azione con sequestri di documenti nelle sedi delle banche finite sotto inchiesta. A Pisa, invece, sono un passo avanti, con l'annullamento in autotutela che ha passato un primo esame al Tar.
 

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