Sezione Pd, bastano D’Agostino e Napoli:
1. Cambiare il sistema.
2. Napoli. Pd, sconfitta in quattro atti.
3. Primarie Napoli, tutti contro tutti in attesa del vertice di domani.
Sezione nebbia cerebrale, bastano Ricolfi e Matera:
4. Matera nei sogni dei turisti europei.
5. Federalismo i nuovi oppositori.
Sezione ultima cella, basta lasciarli andare:
6. Bozen. Durnwalder: «Se il Duce è identità, poveri italiani».
7. R. Calabria: presentazione del libro di Fausto Bertinotti.
1. Cambiare il sistema. 31/01/2011. di Nino D'Agostino. L’establishment del partito democratico, che come è noto, esercita un ruolo pressocchè egemone in Basilicata, organizza oggi un seminario di riflessione sul futuro della regione.
Il compito non è certamente agevole: la Basilicata è nel mezzo di una “tempesta perfetta”, caratterizzata da una crisi regionale strutturale, a cui si sono aggiunti dal 2008 gli effetti della crisi epocale che ha colpito l’economia mondiale.
Oggi i problemi socio-economici sono per la regione lucana molto più complessi di quelli del passato.
Manca quel clima di fiducia e di speranza che si avvertiva prima, pur avanti a difficoltà nettamente superiori a quelle odierne.
Il grande esodo degli anni ’60 e ’70 era, sia pure parzialmente, compensato da un alto tasso di natalità, la regione è stata investita da uno straordinario intervento di infrastrutturazione viaria, irrigua, industriale, la riforma agraria degli anni ‘50 ha gettato le basi della moderna agricoltura lucana.
Se attualmente la costa metapontina non registra grandi disastri ambientali, lo si deve alla realizzazione degli invasi che hanno imbrigliato 3 dei quattro fiumi che sfociano nello ionio.
Si è assistito ad un esaltante processo di programmazione economica e territoriale (dal piano di sviluppo 1966-70 del Comitato regionale per la programmazione economica al progetto ionio-europa, ecc.)
Negli anni ’90, la Basilicata è stata oggetto di un processo di industrializzazione che ha modificato profondamente il sistema produttivo, esaltandone le esportazioni e dando luogo al raddoppio della occupazione industriale in senso stretto.
Tutto questo oggi è in discussione e corre il rischio di non esprimere le sue potenzialità, nonostante l’emersione di risorse naturali importanti, come il petrolio.
I due grandi poli di eccellenza industriale (Melfi e Matera) sono in affanno (per usare un eufemismo). Il tessuto demografico subisce lacerazioni non facilmente ricucibili, soprattutto nelle aree interne. La crisi nazionale non ci consente di ipotizzare grandi eventi industriali di origine esterna. Dovremo operare in un quadro di riduzione delle risorse pubbliche nazionali ed europee ( causata dalla uscita senza fondamento dalle aree dell’ob.1, dall’avvio di un malinteso concetto di federalismo fiscale che penalizza le autonomie locali e così via). E ciò che è più grave: Siamo pur sempre in presenza di “coalizioni distributive” che consumano in modo parassitario risorse e che di conseguenza sono la causa principale della debole crescita economica regionale.
Se siamo passati da 640 mila abitanti degli anni ’60 del secolo scorso ai 585 mila di oggi, pur essendo una regione nettamente sottopopolata, è segno che siamo in una situazione tendenziale che non ci possiamo più permettere. Dobbiamo cambiare in politica, nei comportamenti culturali, in economia.
Consumiamo più ricchezza di quanto ne produciamo.
L’alternativa è ovvia: le imprese, da un lato, sono chiamate a produrre di più e gli altri attori sociali,ossia coloro che lavorano nelle retrovie e non sono direttamente esposti alla competizione globale, dall’altro, sono chiamati a mettere in funzione pratiche e comportamenti conseguenti, come se fossero impegnati ad una sfida della competizione globale.
Alla politica spetta il compito di creare un contesto favorevole allo sviluppo del capitale umano e di quello sociale, nell’ottica salveminiana di farsi portatrice di un progetto di cambiamento da portare avanti anche contro interessi contingenti e localistici.
Mettere ordine nell’accumulazione del capitale fin qui realizzato, con una chiara visione del futuro e con una vincolante strategia d’intervento, incardinati in puntuali strumenti di programmazione rappresenta la via maestra per uscire dalla palude della arretratezza socio-economica.
Uscire dalla crisi si può, si deve. Ce lo dicono i veneti che all’inizio del secolo scorso stavano peggio di noi. La crisi è per molti aspetti salutare; la Grecia difficilmente avrebbe affrontato le corporazioni e le protezioni senza la pressione della crisi e della azione europea.
La stessa regione Basilicata difficilmente avrebbe messo mano alle C.M., alla sanità, se non fosse stata spinta dall’esigenza di contenerne i costi.
Certo molte soluzioni dei nostri problemi attengono a responsabilità e centri di decisione esterni: Governo centrale, Unione Europea sono istituzioni che spesso non ci aiutano.
Noi comunque siamo chiamati a fare la nostra parte (tutti, nessuno escluso), misurandoci sul terreno culturale.
Nel nostro modello sociale prevalgono stereotipi mentali, suggeriti dalla politica, dalla famiglia, da tanti luoghi terzi (scuola, università, chiesa cattolica, ecc.) che ci spingono a camminare con le stampelle, piuttosto che con le nostre gambe.
Dal PD lucano mi aspetto una proposta forte di rinnovamento e di cambiamento della società regionale contro questo modo di essere. Ne ha tutte le potenzialità per farla: una classe dirigente giovane e ben supportata da una vecchia guardia ancora piena di passione politica, ben lontana da vicende di corruzione che caratterizzano molte altre regioni italiane, un radicamento di potere talmente forte da consentire di pensare in grande e di rischiare le prevedibili reazioni delle coalizioni distributive in atto.
In fondo, la vera sfida per il pd lucano è ottenere consenso sulla base di politiche di sviluppo e di un nuovo “contratto sociale”, buttando alle ortiche il vigente sistema di potere e di relazioni sociali, in cui i bisogni primari sono soddisfatti come favori e come merce di scambio.
Colpire rendite e mercati protetti che allignano nella pubblica amministrazione, nei meandri della spesa pubblica ed introdurre elementi di competitività e di produttività, privilegiando il merito, è difficilissimo, rischia di rompere i meccanismi del consenso in atto..
Ma se vogliamo crescere, non c’è altra via che questa. Qui si misura una classe dirigente.
2. Napoli. Pd, sconfitta in quattro atti. Primarie: classica tragicommedia annunciata. di PAOLO MACRY. Quella delle primarie napoletane è la classica tragicommedia annunciata. In quattro atti.
Atto primo. Malgrado i saggi avvertimenti di Nicola Tremante, il Pd decide di affidarsi anche a Napoli al rito sommario delle primarie. Tutti possono votare, italiani e cinesi, sinistri e destri, guardie e ladri. Basta un euro. Nessuno si cura del fatto che, in questo territorio, notabili e picciotti ti possono garantire qualche centinaio di voti, raccattandoli tra famiglie, amicizie, vicinati. Vizi per i quali non c’è da scomodare la camorra. Più semplicemente, si tratta di un tessuto sociale a cui, per anni, la cattiva politica di una sinistra clientelare ha offerto favori e sussidi invece che diritti e lavoro.
Atto secondo. Subito dopo lo scrutinio, gli sconfitti — e lo stesso Tremante — denunciano gravi irregolarità, voto di scambio, intromissioni della destra. Da vincitore, Cozzolino finisce all’inferno, marchiato come il regista dei brogli. E ovviamente reagisce, parlando di calunnie infamanti. Una guerra cruenta, affidata, per momento, a denunce e controdenunce. Certo è che primarie hanno messo in moto una macchina elettorale balcanizzata e, prevedibilmente, la macchina ha lavorato per l’ex assessore Cozzolino e meno per Ranieri, a sua volta non sostenuto a sufficienza dal voto di opinione. A mobilitarsi è stato l’arcipelago dei broker elettorali (a cui tutti hanno dovuto attingere), ben più che la decantata società civile. Ma sono proprio queste dinamiche a rendere opinabile la reazione degli sconfitti. Chi davvero può scagliare la prima pietra? Chi non sa che, qui, la politica è spesso voto di scambio? E fino a che punto è lecito negare il risultato delle urne, prima che si pronuncino gli organi di controllo? Peggio, è una mossa accorta o un boomerang? È un boomerang.
Atto terzo. Con rapidità vagamente sospetta e — sembra — con forte disappunto del Quirinale, le accuse di brogli permettono a Bersani di decapitare in un sol colpo le primarie (congelate) e il partito (commissariato), chiedendo un passo indietro ai contendenti e riaprendo dunque la caccia al candidato. Tira il classico venticello della beffa. A questo punto, Ranieri e Cozzolino appaiono destinati a trattare con Roma. Per ottenere cosa? Cozzolino chiede gli venga restituito l’onore e, dopo (dicono), si farebbe da parte, essendo comunque riuscito nella mission di affondare Ranieri. Il quale, per parte sua, ne esce con le ossa rotte, sconfitto dai bassoliniani (con o senza brogli) e incapace di trascinare l’opinione pubblica.
Atto quarto (domani). Più o meno ammaccati, i contendenti si avviano al tramonto. meno che non abbiano un colpo d’ala e decidano di presentandosi comunque alle elezioni, quelle vere, senza simbolo di partito e con liste civiche. Sarebbe una coraggiosa prova di fiducia nei napoletani. La testimonianza che, come dicono a parole, intendono davvero puntare su questa città. Ma si può credere alla fantapolitica? Più verosimilmente, finiranno tutti per rammendare un Pd pieno di buchi, permettendogli di dedicarsi a tempo pieno alla demonizzazione della destra. Nella speranza che un Cosentino al giorno tolga il medico di torno.
3. Primarie Napoli, tutti contro tutti in attesa del vertice di domani. Napoli, 31 gen (Il Velino/Velino Campania) - Resta il tutti contro tutti nel Pd napoletano. Il presunto vincitore delle primarie a sindaco, Andrea Cozzolino, va avanti per la sua strada incurante dell'invito a fare un passo indietro che gli viene da Roma (e solo in seconda battuta dal segretario regionale Amendola); lo sconfitto Umberto Ranieri si scaglia contro Bersani che ha commissariato il partito. "Ha vinto un vecchio sistema di potere e di un vecchio modo di intendere la politica, che per molti versi hanno impregnato di sé il centrosinistra della città, un sistema ormai logoro ma che ha cercato di difendersi con ogni mezzo - ha sbottato -. Toccherà alla Commissione di garanzia esaminare i ricorsi che assieme all’altro candidato, Libero Mancuso, abbiamo presentato, e verificare quanto quegli episodi abbiano condizionato il voto". Commissione che non ha ancora sciolto la riserva. A questo punto si attende il vertice interpartitico del centrosinistra (Idv esclusa) a Roma da Bersani per trovare una soluzione condivisa, "unitaria", il che significa anche gradito all'Udc. (rp) 31 gen 2011 10
4. Matera nei sogni dei turisti europei. La città dei Sassi è nella top 25 delle località italiane scelte dagli europei. La notizia vien fuori dalla classifica 2010 stilata da Tripadvisor.it, il sito sui viaggi, secondo gli esperti, più seguito al mondo. Ebbene, in questo elenco comprendente le attrazioni turistiche più rinomate del Belpaese, Matera si è piazzata al 25esimo posto. Ma, eccole le località che precedono il capoluogo di provincia lucano: Siena, Venezia, Firenze, Città del Vaticano, Roma, San Gimignano, Assisi, Pantelleria, Pisa, Verona, Lucca, Malcesine, Tropea, Riva del Garda, Catania, Ravenna, Taormina, Lago Maggiore, Portovenere, Pompei, Perugia, Varenna, Bardolino. E la performance della città patrimonio mondiale dell'Unesco ha altri ed importanti margini di miglioramento.
Ma cos'è Tripadvisor.it? TripAdvisor. it è il sito dedicato ai viaggi più grande del mondo e permette ai viaggiatori di pianificare le loro escursioni. Raccoglie, inoltre, i consigli dei moderni “Mar - co Polo” ed offre una vasta gamma di offerte e strumenti collegati direttamente ai siti di prenotazione. Così, il marchio Tripadvisor (di proprietà della Expedia, società quotata al Nasdaq) attrae oltre 50 milioni di visitatori ogni mese attraverso i suoi 17 portali collegati. Si tratta, quindi, della più grande community di viaggiatori del pianeta, con più di 40 milioni di visitatori al mese, più di 20 milioni di iscritti e oltre 40milioni di recensioni e opinioni pubblicate on line. Siti che operano in 27 Paesi, inclusa la Cina. Tripadvisor.it, inoltre, tecnicamente è da considerare un metaportale poiché permette la comparazione delle tariffe e disponibilità tra i più importanti portali turistici come Expedia, Booking.com, Hostelsclub.com, Hotels.com, Venere.com. Inoltre, incorpora una classifica di gradimento sulla qualità delle differenti strutture ricettive turistico - alberghiere presenti nella stessa località. Insomma, la presenza di Matera, con gli antichi rioni Sassi, nelle classifiche di questo importante marchio su internet, oltre alla conferma del richiamo turistico della città, è da considerare viatico per future iniziative. Rappresenta sicuramente un buon “accredito” su scala internazionale per giocarsi la candidatura a Capitale europea della cultura 2019. [fi.me.]
5. Federalismo i nuovi oppositori. Da "LA STAMPA" di lunedì 31 gennaio 2011. LUCA RICOLFI. Nella disciplina alquanto esoterica che insegno all`università (Analisi dei dati) si parla di «item di tipo Thurstone» quando, su un certo tema, si può essere ostili a qualcosa per ragioni opposte. In politica, ad esempio, fascisti e comunisti erano entrambi ostili alla Dc, ma su sponde antitetiche. E oggi, per fare un altro esempio, chi è contro l`Unione europea può esserlo perché rimpiange gli Stati nazionali indipendenti, o viceversa perché vorrebbe un vero governo sovranazionale, con più e non meno poteri dell`attuale Parlamento europeo. Da qualche giorno questo genere di pensieri mi ronza nella mente, e non solo perché sto per iniziare il mio corso.
È la traiettoria del federalismo che me li sta imponendo. Presi dal caso Ruby non ce ne stiamo accorgendo, ma sotto i nostri occhi si sta delineando un nuovo tipo di opposizione al federalismo. Un`opposizione diversa da quella classica, perché basata su argomenti non semplicemente diversi, ma del tutto antitetici a quelli degli anti-federalisti tradizionali. Il federalismo sta diventando un «item di tipo Thurstone».
Vediamo un po`. Finora il nucleo dell`opposizione al federalismo è sempre stato di matrice sudista-solidarista. I nemici del federalismo, più che combatterlo, cercavano di frenarlo, mitigarlo o temperarlo. Il timore era che il federalismo potesse funzionare fin troppo bene, con la conseguenza di spostare risorse dai territori attualmente privilegiati (Mezzogiorno e regioni a Statuto speciale del Nord) verso le grandi regioni del Nord, attualmente gravemente penalizzate dagli sprechi e dall`evasione fiscale di quasi tutte le altre.
Oggi non è più così. Da alcune settimane, accanto a questa opposizione classica al federalismo fiscale se ne sta costituendo una nuova, di segno del tutto òpposto.
Gli alfieri di questa nuova opposizione non sono i nemici storici del federalismo, ma alcuni fra i suoi più convinti sostenitori.
Persone che da anni si occupano del problema, che hanno sempre difeso le buone ragioni del progetto federalista, ma ora vedono con raccapriccio che quello che si sta consumando a Roma, fra infinite riunioni, tavoli tecnici, negoziati non è l`ultimo passaggio di un lungo cammino, ma è una mesta, lenta e non detta agonia del sogno federalista. I dubbi degli studiosi sulla legge 42 e sui decreti delegati non sono una novità, e sono stati espressi più volte in questi anni nelle sedi più diverse (alcuni dei miei sono raccolti sul sito www.polena.net). A tali dubbi, nelle ultime settimane, se ne sono aggiunti molti altri, e due in particolare hanno allarmato un po` tutti: il timore che l`esigenza, tutta politica, di ottenere l`ok dell`Anci (l`associazione dei Comuni) porti a un ulteriore aumento della pressione fiscale; l`obbrobrio anti-federalista per cui i comuni si finanzieranno con tasse pagate dai non residenti (imposta di soggiorno e Imu sulle seconde case), con tanti saluti al principio del controllo dei cittadini sui loro amministratori. Un frutto avvelenato, quest`ultimo, dell`abolizione dell`Ici sulla prima casa, provvedimento demagogico voluto dal governo Prodi e completato dal governo Berlusconi.
Dunque oggi fra coloro che si oppongono ai decreti sul federalismo ci sono, è vero, i «soliti noti» di sempre, a partire dai partiti del Terzo polo, tutti insediati più al Sud che al Nord, ma ci sono per la prima volta anche i veri federalisti, coloro che al federalismo hanno sempre creduto più della Lega stessa. Politici, amministratori, studiosi, commentatori politici, il cui timore non è che il federalismo possa funzionare, eliminando ogni forma di parassitismo e assistenzialismo, ma che il federalismo possa non funzionare affatto, lasciando le cose così come sono, o addirittura peggiorandole, ad esempio con più tasse e più spese, o semplicemente con una selva di norme ancora più barocche e intricate di quelle che cerchiamo di lasciarci alle spalle. Oggi capita sempre più frequente di leggere e di sentir dire, non già «sono contro il federalismo, quindi mi oppongo al decreto sul federalismo municipale», ma piuttosto, «sono federalista, quindi non posso votare questo decreto».
Naturalmente mi rendo conto che, dietro all`appoggio come dietro all`opposizione al federalismo, ci possono essere e ci sono le ragioni meno nobili. I comuni possono approvarlo solo perché sono riusciti a strappare più quattrini allo Stato centrale, il Pd può affossarlo solo perché la cosa può aiutare a far cadere Berlusconi (come ha velatamente riconosciuto Sergio Chiamparino in un`intervista a Repubblica).
E tuttavia vorrei fare presente che, accanto a chi strumentalizza la questione a fini politici, esistono anche i federalisti sinceramente, disinteressatamente e motivatamente preoccupati. Preoccupati che la riforma non passi, ma anche preoccupati che non funzioni, o che dia frutti perversi. Perché la novità è questa:
oggi chi è veramente federalista non può non chiedersi se sia meglio (meno peggio) che il federalismo «à la Calderoli» passi, o sia meglio che tutto venga affossato per l`ennesima volta. Io, che ho sempre difeso il federalismo, il dubbio ce l`ho.
E vi posso dire che altri federalisti convinti, almeno in privato, confessano di augurarsi che tutto si blocchi, tali e tante sono le concessioni che gli artefici del federalismo sono stati costretti a fare alla rivolta degli interessi costituiti e alla miopia del ceto politico locale.
E' una conclusione amarissima. Perché non è dettata da alcuna convinzione specifica pro o contro l`idea federalista, ma solo dalla constatazione che la classe politica non è capace di discutere una riforma così cruciale per il futuro di tutti noi sollevandosi, almeno un pochino, al di sopra dei propri meschini interessi di bottega.
Pensando per un attimo solo al bene dell`Italia, di cui pure si appresta a celebrare il 150esimo anno dall`Unità.
No, purtroppo i nostri parlamentari non ce la faranno a guardare un po` oltre.
È inutile farsi illusioni. Sia il decisivo voto di giovedì sul federalismo municipale, sia gli appuntamenti parlamentari successivi, saranno governati dai calcoli del governo per restare in sella, e da quelli delle opposizioni per disarcionarlo. E triste ammetterlo, ma anche su questo, su una riforma che aspettiamo da vent`anni, siamo nelle mani di Ruby.
6. Bozen. Durnwalder: «Se il Duce è identità, poveri italiani». 31/01/2011 11:19. BOLZANO - "Poveri italiani, se la loro identità fosse costituita soltanto dal Duce a cavallo". Lo ha detto il governatore Svp Luis Durnwalder. "Gli italiani non si nascondano dietro il cavallo di Mussolini", ha detto al quotidiano Dolomiten, assicurando che dopo l'accordo con Bondi sui monumenti del Ventennio si procederà con prudenza. "Per 50 anni - ha aggiunto - abbiamo chiesto che l'altorilievo fosse tolto. Se ora rimanessimo inattivi, vorrebbe dire che non facevamo sul serio".
7. R. Calabria: presentazione del libro di Fausto Bertinotti. Reggio Calabria, 31 gen (Il Velino/Velino Calabria) - Sono tanti i tentativi oggi di rimettere in discussione la Costituzione italiana, la Legge fondamentale del nostro Stato. Un tema quanto mai attuale, quindi, quello proposto da Fausto Bertinotti, ex leader nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, ed ex presidente della Camera dei deputati, nel suo ultimo libro “Chi comanda qui?” - Come è perché si è smarrito il ruolo della Costituzione”. Sarà lo stesso Fausto Bertinotti a spiegarlo, presentando il libro a Reggio, domani martedì 1 febbraio 2011 alle 15,30 nella sala conferenze del Palazzo storico della Provincia. L'iniziativa è stata promossa dall'assessorato alla Cultura della Provincia di Reggio Calabria, di cui è titolare l'assessore Santo Gioffrè. L'incontro sarà moderato dal giornalista Mario Meliadò e vedrà dopo i saluti del presidente Giuseppe Morabito, l'intervento dell'autore che discuterà con il Prof. Avv. Michele Salazar, componente del Consiglio nazionale forense. Nel suo libro Fausto Bertinotti ricostruisce la genesi della nostra Carta repubblicana e il ruolo che ha avuto nei "trent'anni gloriosi" seguiti alla promulgazione. Alla luce di alcuni suoi articoli, essa appare agli occhi dell'autore come uno dei punti più alti del diritto costituzionale di tutti i tempi, poiché il suo destinatario non è più il cittadino indifferenziato, reso tale dalla legge, ma la persona così come storicamente si è andata definendo attraverso il suo lavoro, cioè la lavoratrice e il lavoratore in carne e ossa. (red/cal) 31 gen 2011 10:51
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