Articolo di Economia salute e ambiente, pubblicato lunedì 24 gennaio 2011 in Svizzera.
[Articolo originale "Currywurst an Rucola" di Maike Albath]
[Neue Zürcher Zeitung]
Una generazione di giovani immigrati italiani a Berlino – chi non vede un futuro nel Bel Paese fa le valigie.
Berlino è sommersa dalla neve, ma Laura Lucchini si fa largo incerta sulla sua bicicletta; “Questa è la prova migliore del mio ambientamento in Germania” chiosa sorridendo. La ragazza milanese dall’aspetto delicato pare essere piombata nella vivacissima Berlino da un dipinto rinascimentale.
L’impressione però inganna; volontà ferrea e tenacia contraddistinguono la ventottenne che già da due anni lavora come collaboratrice sia per il quotidiano spagnolo El Pais che per il foglio argentino La naciòn, rifornendolo dalla capitale tedesca di novità da questa parte del mondo. Nell’autunno del 2008 la giornalista formatasi a Buenos Aires che già da due anni lavorava per El Pais e grazie a un’entrata fissa godeva di una posizione privilegiata rispetto ai propri coetanei, non ce l’ha fatta più. La conseguenza fu un articolo per il settimanale Internazionale.
Tagliamo la corda!
“Abbandono l’Italia perché ho paura di quello che mi aspetta li’”: Tra questo rientra il teatrino del governo, la discriminazione quotidiana delle donne, il razzismo vergognoso e il rapporto con i giovani; “ho ricevuto migliaia di emails” racconta Laura Lucchini togliendosi il berretto mentre entriamo nel Cafè Gorki, nella Weinbergsweg, che si addice all’atmosfera russa.” Per la mia generazione non c’è semplicemente posto in Italia” dice secca la giornalista e ci presenta due sue amiche: Simona Stortona, Architetto, e Maria Elisa Gerace dalla Calabria, designer di occhiali. Tutte e tre appartengono al club degli italo-berlinesi che di anno in anno cresce; da qualche tempo si aggiungono gli studenti freschi di maturità di Roma o Milano che si trasferiscono sulle rive della Sprea per intraprendere qui gli studi universitari.
Laura, Maria e Simona già lavoravano quando si decisero a cambiare Paese. “Qui il lavoro ha un altro valore, si è pagati decentemente e si ha una possibilità senza dover sottostare ai soliti giochetti” afferma Simona con vivacità contagiosa. “In Italia c’è bisogno dei contatti giusti e ci si deve comportare di conseguenza e io non sono tagliata per questo”. Maria, una bellezza afro-italiana mozzafiato, madre originaria del Mozambico, è partita da Treviso alla volta di Berlino. Già nel Veneto ha lavorato in un ambiente dal respiro internazionale, quello stesso famigerato Veneto considerato una roccaforte del partito della destra populista Lega Nord. “A Treviso non ho mai avvertito la discriminazione, anzi era più piacevole della Calabria. Ma ho ricevuto un’offerta interessante da Berlino e mi ci sono trasferita”.
Per lei contavano innanzitutto la voglia d’avventura e il voler provare ancora una volta qualcosa di diverso; alcuni mesi addietro un’azienda di Parigi si è rivolta a lei, ma senza rifletterci su a lungo ha rifiutato in favore di Berlino.”E’ una città alla mano, piena di stimoli e inoltre e’ economica. Le persone posseggono un senso civico ed è normale qui attenersi alle regole, mentre in Italia ciascuno pensa al proprio tornaconto personale. Anzi, si è considerati stupidi se ci si comporta correttamente”. Gli stranieri sono trattati male solo dalle autorità affermano tutte e tre. “Metto insieme quattro parole di tedesco e mi sforzo di spiegare ciò che voglio, ciò nonostante vengo trattata scortesemente” afferma Laura. Ma non vale la pena di discuterne visti gli sviluppi a casa. “La situazione è catastrofica, scandali sessuali di Berlusconi a parte. Il Paese è totalmente paralizzato, c’è bisogno urgente di riforme. I miei genitori possiedono una piccola azienda di stoffe e la situazione è incredibilmente dura. I media riflettono una realtà completamente diversa e negano la crisi”.
Ruoli televisivi
Con perplessità le italo-berlinesi osservano certe abitudini della propria patria. ”E’ una tragedia ogni volta che devo fare la valigia per andare dai miei perché non so mai cosa devo mettermi”, sorride Simona e lo stesso accade alle sue amiche. ”Allora saccheggio gli armadi di mia madre e delle mie cugine per essere presentabile. Durante gli aperitivi escono fuori frasi incredibili dalle bocche delle donne, per esempio sul nuovo smalto color fango di Chanel. Le osservo da più vicino e vedo che portano addosso tremila euro di vestiti “. Vestiti di marca, macchine, tutto ciò gioca un ruolo da non crederci”. ”Per molte la televisione rappresenta l’unico modello”, aggiunge Laura. “Di altri ruoli ce n’è pochi”. Tuttavia sentono la mancanza di alcune cose, come il mare, il sole e la cucina; Laura, sospirando, afferma che l’inverno qui e’ lungo e rigido. Avvertono anche la mancanza del “bar sotto casa”, del bar all’angolo, un certo modo di intendere i rapporti, una barzelletta da raccontare di fronte a un cappuccino, un complimento e la facilità con cui si possono stringere dei rapporti.
Nel 2009 circa 42000 diplomati hanno abbandonato l’Italia; la prima ondata di intellettuali arrivò a Berlino già alla fine degli anni Settanta: si trattava di persone della scena alternativa o appartenenti a Lotta Continua, all’estrema sinistra, che al riparo del muro di Berlino hanno trovato un rifugio. Oggi i nuovi arrivati finiscono ad est, nella Prezlauer Berg, là dove la città si è più internazionalizzata. Nella Dunckerstrasse si trova un asilo cino-tedesco; i negozi di generi alimentari offrono corsi di cucina persiano – vegetariana, poche le persone oltre i quaranta e di continuo si sentono frammenti di frasi in inglese. Puntuale, alle nove, spunta Riccardo Valsecchi nel suo bar preferito, nella Helmholtzplatz; è un ragazzo robusto dalle movenze leggere. Ha sulle spalle tre ore di insegnamento ed è stanco; per sbarcare il lunario Riccardo insegna italiano in un’azienda che si occupa di pannelli solari. Ha studiato letteratura e musica e inoltre suona il contrabbasso; adesso lavora come reporter di viaggi per diverse riviste italiane e ha realizzato talvolta servizi fotografici per il settimanale L’espresso.
“Un giorno sono andato in tilt – ne avevo le scatole piene e sono contentissimo di essere qui”. Riccardo è originario della Brianza, quella regione che negli anni novanta ha vissuto un grande boom economico. ”Mio padre è riuscito a farsi una vita ma per noi invece e’ inimmaginabile”. Racconta dei suoi anni universitari e delle prime esperienze lavorative da musicista fresco di laurea. ”Ho fatto di tutto, dall’ordinare la merce negli scaffali in un supermercato, dipingere le strisce pedonali fino al vendere vini per telefono”.
Il Callcenter – il leitmotiv della sua generazione. Su questo tema la scrittrice sarda Michela Murgia ne ha scritto perfino un romanzo portato con grande successo sul grande schermo. Le strutture di sfruttamento esistono ancora oggi; assieme ai suoi colleghi Riccardo ha fatto causa al suo ex datore di lavoro, una finanziaria i cui dipendenti dovevano al telefono mettere sotto pressione i creditori morosi. “Un lavoro terribile. Un giorno un cliente ha avuto un collasso al telefono e non ne ho potuto più”. Il processo è finito con un concordato preventivo. “Non dipende solo da Berlusconi se le cose vanno male, quanto dal contesto culturale in generale e da come funziona la società. Solo se si possiede il cognome giusto si può accedere alla maggior parte dei settori che contano”. Anche la docenza universitaria si è appropriata di questo nuovo cinismo italico asservendo le nuove leve, scoraggiandole e, ovviamente, non pagandole.
La famiglia e i lavoretti
“Ho molta nostalgia dell’Italia, ma di un’Italia che non esiste più. Da bambino ho percepito un soffio della sua atmosfera.” Dice Riccardo, rabbuiato. Per la sua giovane età ha molta esperienza e gli faccio coraggio. “Ne ho abbastanza delle esperienze, voglio vivere in pace, nient’altro”. Il cameriere, di natali milanesi e di professione pittore, ascolta le ultime frasi, conferma facendo cenno con la testa e aggiunge: “Volevo scappare dal nirvana dei media”. La Karl-Marx-Strasse nel quartiere di Neukölln è l’opposto della Helmholtzplatz. Negozi “tutto a 1 euro”, paninerie turche, bische e scommesse ippiche: Nel parco Körnerpark cambia lo scenario: una casa del popolo degli anni Venti emana una solidità piccolo borghese. Qui abita Marco, 27 anni, siciliano e recentemente diventato padre. Frequenta di nuovo l’università anche se ha già studiato scienze politiche, parla un’inglese eccellente e benissimo il tedesco. “Ho vinto una borsa di studio per il liceo internazionale a Trieste e a sedici anni sono andato via di casa. Mio padre, impiegato statale e che dopo trent’anni di servizio guadagna 850 euro al mese, era scettico. Ma un proverbio siciliano dice: ”uscendo, conosci”. Il figlioletto osserva con approvazione. Dopo la maturità Marco avrebbe potuto anche studiare in Gran Bretagna o negli USA. “Ma io volevo scoprire come funziona l’università italiana. Di notte ho lavorato come spazzino alla fiera poi come fattorino di una pizzeria per cinque euro all’ora. Andavo in giro con il motorino, non omologato e ovviamente lavoravo in nero. Ciò che mi ha tenuto in vita era la speranza di ricevere delle mance da signore anziane”.
E’ un romanziere nato e ogni storia punta ad un unico punto. “Una camera minuscola a Bologna costa 650 euro, tutto in nero, è ovvio. A volte dovevamo scappare per strada dato che il boiler in bagno minacciava di scoppiare. Non ho mai avuto un contratto d’affitto regolare in Italia, per non parlare poi di uno di lavoro”. Dopo la laurea Marco ha fatto un tentativo a Roma ma non ha trovato niente, a parte un’azienda per la quale applicava le targhette anti-taccheggio ai capi di abbigliamento. “Dalle dieci alle dodici ore lavoro per turno senza pausa pranzo e ci era vietato di sederci. Con alcuni colleghi sono andato al sindacato CGIL, volevamo che ci fossero almeno retribuiti gli straordinari, ma senza la tessera d’iscrizione al sindacato, che costa 100 euro, non volevano aiutarci” afferma il politologo infiammandosi.
Un Paese non può che andare a rotoli se anche quelle stesse forze della società, che dovrebbero occuparsi della difesa dei più deboli, obbediscono agli stessi principi corrotti di coloro che sono al potere. Ma le esperienze più avventurose Marco le fatte in occasione di un concorso pubblico; la Youth Action offriva dei posti, un’iniziativa che doveva rafforzare il senso di appartenenza all’Europa e finanziata dai fondi comunitari. In venti hanno fatto domanda per quattro posti disponibili e lui era l’unico con delle conoscenze di lingue straniere. Il presidente di commissione si rivelò però essere un membro di Alleanza Nazionale, partito postfascista, e doveva provvedere agli amici. Marco ha fatto domanda anche alla Guardia di Finanza ed è entrato nella cerchia più stretta dei candidati. Suo padre incontrò al supermercato un parente, membro del partito di Berlusconi e che gli ha detto: “Ma perché non me lo hai detto, gli avremmo dato una spinta”, ma il padre rispose: “perché mio figlio non mi parlerebbe più”.
Europei
Alla fine Marco ce l’ha fatta a trovare un lavoro; all’associazione italiana dei tabaccai. La selezione qui era stata corretta e la struttura aziendale moderna. “Un’esperienza molto positiva, ma sarei dovuto andare in Campania dove ci sono molti problemi con la camorra. L’estate scorsa mi sono deciso a trasferirmi a Berlino”. Il fatto che adesso non sia più disposto a dei cambiamenti gli pesa. ”I voli low-cost hanno un effetto positivo; la generazione degli studenti Erasmus riconosce che altri Paesi funzionano molto meglio e che come cittadini si hanno determinati diritti. Qui ho trovato subito un lavoro; mi pagano i contributi previdenziali e l’assicurazione sanitaria. In Italia ciò sarebbe impensabile, “ah voi studenti, siete giovani”, questa era la giustificazione che si sentiva spesso dire. Marco non si perde d’animo e possiede una buona dose di humor. Vorrebbe diventare insegnante e insegnare italiano e politica; difficile trovare un insegnante migliore per i propri figli perché Marco fa parte, esattamente come gli altri italo-berlinesi, di una nuova elite; un’elite che in Italia non potrebbe esistere. Marco, Riccardo, Laura, Simona, Maria sono europei e hanno da tempo superato il proprio paese.
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