Sezione Sud Tirolo ed assimilabili:
1. Bozen. Casa: a Bolzano alloggi Ipes per padri divorziati.
2. Bozen. Consumo di antibiotici, Bolzano la più virtuosa in Italia.
3. Anche Pedemonte vuole diventare terra trentina.
4. Cortina. Troppi soldi a noi? Assurdo. Cortina 2017, il sindaco respinge le accuse dei bellunesi.
5. Bozen. Via il Duce: Spagnolli d'accordo. Durnwalder mostra la lettera di Bondi: «Abbiamo mano libera».
6. Bozen. Redditi: in Alto Adige le famiglie mistilingui guadagnano di più.
7. Bozen. Bolzano, sul monumento del Duce l'accordo è vicino
8. Bozen. Bolzano, tutti contro la Svp: no alla Unterberger. «Sulla presidenza ora deve trattare».
Sezione padani ed assimilati:
8. Trieste e Gorizia "vigilate" da ronde solitarie.
10. Brescia. Fallimenti subito in doppia cifra.
11. Mantova. Mercato del lavoro, l'esercito dei diecimila disoccupati.
12 Modena. Legacoop:" Non abbiamo infiltrazioni ma per l'Emilia Romagna il rischio c'è".
Sezione Sud Italia:
13. Pisticci senz'acqua, forse domani torna l'erogazione regolare.
14. Basilicata. Berlusconi e la parte peggiore del lininismo.
15. La crisi del Mezzogiorno è ancora senza medicine.
1. Bozen. Casa: a Bolzano alloggi Ipes per padri divorziati. BOLZANO. La Provincia ha deciso di mettere a disposizione a Bolzano, attraverso l'Ipes, quattro alloggi per padri separati o divorziati: la specifica delibera è stata approvata dalla Giunta provinciale su proposta dell'assessore all'edilizia abitativa Christian Tommasini.
La Provincia di Bolzano è il primo ente pubblico in Italia a varare una misura di questo genere. A integrazione del programma di costruzione dell'Istituto per l'edilizia sociale, l'assessore Tommasini ha portato in Giunta una delibera che impegna l'Ipes a individuare 4 minialloggi a Bolzano idonei per la sistemazione dei genitori separati o divorziati.
''Questi appartamenti, che dovranno sostituire la casa albergo di via Alessandria, sono considerati più idonei ai fabbisogni abitativi delle persone separate e divorziate'', spiega Tommasini. Un ragionamento condiviso anche dall'Asdi (Centro per l'assistenza di separati e divorziati), che aveva accompagnato l'iniziativa della casa albergo.
La delibera è stata approvata dalla Giunta e sono state già individuate le quattro abitazioni che l'Ipes metterà a disposizione nel capoluogo: si trovano in via Milano, in via Piacenza e due in via Torino.
Il provvedimento, oltre ad andare incontro alle esigenze dei padri single e rispondere a un problema sempre più sentito, ha anche una valenza di buona pratica: quello adottato dalla Provincia di Bolzano è infatti il primo esempio di ente pubblico che mette a disposizione alloggi per questa tipologia di beneficiari.
2. Bozen. Consumo di antibiotici, Bolzano la più virtuosa in Italia. ROMA. Non conosce sosta il consumo di antibiotici in Italia. In Europa infatti ci precedono solo la Francia e Cipro. E il risultato è il diffondersi in modo preoccupante dell'antibioticoresistenza. Ma l'Alto Adige è la zona italiana più virtuosa nel limitare l'uso di questi farmaci. Secondo i dati dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dell'Istituto superiore di sanita' (Iss), che assieme al ministero della Salute hanno avviato una campagna per il consumo responsabile di questi medicinali, nel 2009 il consumo degli antibatterici sistemici è cresciuto nel nostro Paese del 2% rispetto al 2008, anno in cui il 44% della popolazione ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico.
Si può dunque stimare che ogni giorno in Italia circa un milione e mezzo di persone (2,5% della popolazione) assuma, al di fuori dell'ambito ospedaliero, un antibiotico. In ospedale invece, dai dati della popolazione generale dei ricoverati, emerge che nel 2007 sono state consumate in Italia oltre 32 milioni di dosi di antibiotici, e che circa 3-4 milioni di pazienti hanno ricevuto una terapia antibiotica ospedaliera.
Al contrario di quanto avviene per i farmaci destinati alla cura di patologie croniche, in cui il maggior consumo nell'80% dei casi avviene nelle persone al di sopra dei 55 anni, l'impiego degli antibiotici non è caratterizzato da variazioni dipendenti dall'età, ad eccezione fatta di un uso maggiore in età pediatrica.
Per quanto riguarda poi la distribuzione dei consumi, come spesso avviene in Italia, anche in questo caso si riscontrano notevoli differenze a seconda delle regioni, e in particolare tra nord e sud della penisola: l'uso di antibatterici sistemici registra i valori meno elevati nelle regioni settentrionali, in particolare nella Provincia Autonoma di Bolzano, la più virtuosa da questo punto di vista, mentre le cifre più alte sono quelle ottenute dalla Campania.
Il sovraconsumo di Campania, Puglia e Sicilia rende conto di quasi il 60% di tutto l'eccesso di consumi in Italia. Complessivamente il rapporto Aifa-Iss ha rilevato nelle regioni italiane un trend di crescita dei consumi, saliti del 13% tra il 1999 e 2007, mentre nello stesso periodo in Francia c'è stata una riduzione del 16%.
3. Anche Pedemonte vuole diventare terra trentina. 01/02/2011 15:45. PEDEMONTE - La valle inizia il suo percorso solitaria, chiudendosi tra due pareti, poi si allarga e si apre in un verde lussureggiante, in fondo appare la grande pianura veneta. L'Astico è il fiume che scende, la tocca e la divide da sempre. Da una parte - quella sinistra del fiume - il Trentino; dall'altra il Veneto. Siamo nel cuore della Valdastico, al confine con gli Altipiani cimbri. La storia abita qui, nel comune di Pedemonte, legato giuridicamente alla provincia di Vicenza, ma sicuramente un pezzo di Trentino abbandonato, lasciato ai margini.
Qui si respira la «trentinità», la gente di queste terre ha condiviso la stessa storia dei trentini, degli abitanti degli altipiani cimbri di Folgaria, Lavarone e Luserna. Addirittura i morti di Luserna venivano seppelliti a Brancafora. La popolazione di questi luoghi fu profuga, come gli abitanti degli altipiani, nel 1915 venne deportata a Braunau, in Moravia e nel Salisburghese. Vite parallele racchiuse in tanti sentimenti, si parlava la stessa lingua, esistono gli stessi toponimi cimbri, la stessa cultura.
Questo luogo si distende per circa 12 chilometri quadrati, conta ottocento anime, le sue frazioni sono Casotte, Scalzeri, Ciechi, Longhi e Brancafora. Pedemonte e Casotto erano parte del Principato vescovile di Trento, poi del Tirolo ed infine della provincia di Trento in maniera stabile fin dal 1535, ma già nel 1451 i conti Trapp, Signori di Caldonazzo e Beseno avevano incorporato il territorio. Alla fine del XIX secolo ci fu il passaggio dalla Diocesi di Padova a quella di Trento, perché si vollero far coincidere i confini ecclesiastici con quelli politici. Questo vincolo fu spezzato nel 1964. Il Comitato spontaneo «Torniamo in Trentino» ha raccolto un plebiscito di adesioni, un vero e proprio vento sta soffiando verso la sponda sinistra dell'Astico, ed è il vento che vuole veder sventolare la bandiera con l'aquila.
«Non c'è dubbio la gente si sente ancora trentina, c'è un legame forte e fraterno con gli altipiani, molti dei nostri operai lavorano a Folgaria e Lavarone, con il Trentino abbiamo in comune la stessa storia, nel 1929 con un decreto firmato da Mussolini e Vittorio Emanuele III venne imposta l'aggregazione di Pedemonte e Casotto alla provincia di Vicenza; la gente era contraria, ma questo non contò nulla per quel regime autoritario», racconta Alberto Baldessari, capo coordinatore del Comitato. Siamo in una zona di confine, la bandiera austriaca sventolava al ponte dei Braidi a Casotto sulla forra che scende dalla Zimbar Earde. Nel primo statuto d'autonomia del 25 novembre 1945 l'articolo numero uno cita testualmente: «Entro l'unità politica dello Stato Italiano il territorio delle province di Trento e Bolzano, del mandamento di Cortina d'Ampezzo e dei Comuni di Val d'Astico , (cioè Pedemonte e Casotto) e di Valvestino (Brescia), in considerazione delle particolari condizioni geografiche, economiche, storiche e linguistiche, viene costituito in circoscrizione autonoma con capoluogo Trento e la denominazione di Regione Tridentina». «Oggi dopo sessant'anni i tempi sembrano maturi - evidenzia con coraggio Baldessari - ultimamente sono stati fatti dei passi di riavvicinamento quali la compartecipazione nel ricordo dei caduti della Grande Guerra, l'adesione al Dizionario Toponomastico Trentino, il ripristino del Libro Fondiario a spese della Regione Trentino Alto Adige e soprattutto il recentissimo trasferimento a Trento del Nuovo Catasto Edilizio Urbano, che aveva sede a Vicenza». Da sottolineare che i Comune di Pedemonte a livello di rilievi urbanistici dipende dall'Ufficio Tavolare di Trento.
4. Cortina. Troppi soldi a noi? Assurdo. Cortina 2017, il sindaco respinge le accuse dei bellunesi. CORTINA. Giù le mani da Cortina 2017, un obiettivo fondamentale per tutta la provincia. Il sindaco non accetta che il fallimento dell'operazione "Mondiali di paracadutismo 2012 a Belluno", sia imputata ai troppi soldi elargiti a Cortina per la candidatura mondiale del 2015 e del 2017. Per Franceschi tutta la provincia deve fare squadra, perché i mondiali di sci alpino del 2017 sono un'occasione unica. «Leggo con rammarico», dice Franceschi, «le parole pronunciate dal presidente della Cm bellunese Giorgio De Bona e da Giovanni Fontana, dopo la mancata assegnazione dei mondiali di paracadutismo del 2012 a Belluno. Non entro nel merito della vicenda in quanto non conosco i dettagli dei dossier presentati, ma se da un lato posso capire l'amarezza che segue una sconfitta, dall'altro non accetto che per giustificarla si attacchino Cortina e la candidatura a ospitare i mondiali di sci. Da bellunese ho sempre fatto il tifo per tutte le candidature portate avanti dagli altri enti della provincia, dando anche la massima disponibilità a collaborare nei casi in cui, come per i mondiali di bocce di Feltre, mi è stato chiesto di farlo». Come spesso accade sono i soldi il nocciolo della questione e in questo caso sul banco degli imputati finiscono i contributi che la Provincia avrebbe investito per sostenere la candidature della Regina delle Dolomiti. «Tengo a precisare», dice in merito Franceschi, «che i budget della candidatura Cortina 2013 e Cortina 2015 sono pubblici e come tutti sanno sono stati quasi completamente coperti da sponsor privati, che hanno sostenuto il progetto mondiale. La Provincia ha investito poche decine di migliaia di euro per le candidature del 2013 e del 2015, pertanto ogni accusa rivoltaci non può che essere rispedita al mittente. Del resto non siamo a Trento o a Bolzano e non si possono fare le nozze con i fichi secchi, pertanto le accuse alla Provincia mi sembrano infondate». L'obiettivo Cortina 2017 deve essere condiviso dal territorio bellunese, perché porterebbe benefici concreti a tutto il territorio montano. «Una vittoria di Cortina», sottolinea Franceschi, «sarebbe una vittoria di tutto il territorio, perché potrebbe portare con se investimenti strutturali e visibilità internazionale. Per questo motivo è importante restare uniti e sostenere il progetto, cosi come bisognerà sostenere ogni altra candidatura del Bellunese che dovesse essere presentata in futuro. Da sportivo», conclude, «comprendo lo sfogo di De Bona e Fontana; mi auguro che, passata l'amarezza, potrà esserci l'occasione per chiarirsi e valutare possibili collaborazioni future».
5. Bozen. Via il Duce: Spagnolli d'accordo. Durnwalder mostra la lettera di Bondi: «Abbiamo mano libera». BOLZANO. La sorte del rilievo di Mussolini in piazza Tribunale sembra definita. L'opera di Hans Piffrader verrà staccata dal palazzo degli uffici finanziari e inviata probabilmente fuori da Bolzano. Il presidente Luis Durnwalder si appunterà sulla giacca la croce d'onore di essere stato il leader che ce l'ha fatta («aspettiamo da 50 anni»). Il sindaco Luigi Spagnolli accetta (nonostante le voci discordanti di parte della maggioranza: oggi discussione in Consiglio) e punta alla riapertura e storicizzazione del Monumento alla vittoria, senza che la Svp chieda di staccare pezzi anche da lì. Durnwalder promette che cercherà soluzioni condivise, ma esibisce la lettera di Bondi, dove si trova la conferma che il ministro delega la Provincia a rimuovere il bassorilievo. Con l'arma finale in mano, Durnwalder suggerisce ai cittadini di lingua italiana di «capire che non si tratta di una scelta contro di loro, ma a favore della convivenza. Il fascismo non è l'identità del gruppo italiano, che ha contribuito alla convivenza e al Pacchetto». Smentita così Michela Biancofiore che minimizza: «Nella lettera è chiesta la condivisione». Questo il quadro sulla tempesta provocata dall'accordo della Svp con il ministro della cultura Sandro Bondi sui monumenti fascisti, aggiornato dopo incontri e telefonate delle ultime ore. Durnwalder ha visto il sindaco Luigi Spagnolli, che a sua volta ha concordato la linea con Christian Tommasini. La deputata Pdl Biancofiore ha visto Durnwalder. Il deputato Pdl Holzmann si è sfogato con Bondi. Ieri mattina la giunta provinciale ha discusso dell'accordo sui monumenti fascisti. Gli assessori Tommasini e Roberto Bizzo hanno sottolineato: «La storicizzazione dei monumenti è la nostra posizione, figuriamoci se difendiamo opere del regime, ma non potete fare tutto da soli. Dovete coinvolgere il gruppo italiano e il Comune». Durnwalder dopo la seduta ha infatti ribadito la volontà di «trovare una soluzione concordata», ricordando però che la lettera di Bondi prevede espressamente un progetto condiviso solo per Monumento alla Vittoria («via la cancellata, tabelle, museo sul nazi-fascismo») e Monumento all'alpino di Brunico («potremmo realizzare una nuova opera dedicata agli alpini»). Il testo per le tabelle degli ossari è già pronto. Sull'opera di Piffrader il Comune potrà dunque discutere non tanto se verrà staccata, quanto sulla sua collocazione successiva (Tommasini: «Inutile fare barricate sullo spostamento, con quella lettera firmata»). Durnwalder ricorda che il rilievo «non è tutelato» e ribadisce che verrà collocato «in un museo, un magazzino, magari a Rovereto o Roma». Via da Bolzano? Spagnolli annuisce: «A Bolzano non c'è uno spazio sufficientemente grande. La collocazione è il problema principale, perché dov'è ora i bolzanini quasi non vedono Mussolini, un museo rischia di celebrarlo e un magazzino non è il posto adeguato per quella che è comunque un'opera d'arte». Michaela Biancofiore ci spera ancora. Ieri pomeriggio ha visto Durnwalder: «Gli ho chiesto di non spostare il Piffrader, perché la comunità italiana si sentirebbe ferita. Mi ha detto che se ne discuterà». Ma Holzmann non si illude. Ieri il deputato ha avuto una telefonata con Bondi: «Mi sono sfogato sul fatto che non mi avesse interpellato, come deputato locale, prima di firmare un accordo di quella portata». Su Piffrader Bondi ha ribadito: «Lo sistemeremo in un museo». Holzmann: «E' alto sei metri e lungo 36: dove lo mettete?». Il ministro ha promesso allora che telefonerà a Durnwalder «per cercare una soluzione accettabile». Holzmann gelido: «Ormai ha firmato...».
6. Bozen. Redditi: in Alto Adige le famiglie mistilingui guadagnano di più. Il reddito annuo sfiora i 37 mila euro, 26 mila i tedeschi, 24 gli italiani. BOLZANO. Il reddito degli altoatesini è calato (-1%) a causa della crisi, ciononostante - come evidenziato dall'indagine Istat pubblicata l'altro giorno - le disponibilità economiche sono comunque maggiori che nel resto d'Italia. Chi sta meglio sono le famiglie mistilingue. Lo studio dell'Astat su «Reddito, patrimonio e condizioni di vita delle famiglie in Alto Adige 2008-2009», presentato ieri in Provincia dal presidente Luis Durnwalder e dall'assessore Richard Theiner, traccia un quadro del tenore di vita delle famiglie altoatesine, considerando gli aspetti reddituali, le condizioni di vita, le problematiche abitative e patrimoniali. Si tratta della terza rilevazione dopo quelle del 1998 e 2003. 1.100 le famiglie campione intervistate nel 2009 a fronte dei redditi del 2008.
LE FAMIGLIE. Nel 2008 i nuclei familiari erano 200.667 e per la prima volta le famiglie senza figli (106.362) hanno superato quelle con figli (94.305). Il reddito complessivo di tutte le famiglie (senza sostegni degli enti pubblici) ammontava a 6 miliardi 708,9 milioni di euro; i sostegni pubblici per le famiglie socialmente deboli a 186,8 milioni di euro, di questi hanno beneficiato 51.175 famiglie. Nel 2008 le famiglie altoatesine hanno percepito un reddito netto pari in media a 33.433 euro con una crescita nominale rispetto alle precedenti rilevazioni, ma il valore reale a causa della crisi è in calo (-1%). Il reddito medio pro capite nel 2008 era di 15.381 euro senza sostanziali differenze fra la città e le aree rurali. «Questo - ha detto il presidente Durnwalder - è merito della politica provinciale che ha contribuito a creare posti di lavoro portando servizi primari e secondari ed abitazioni anche in periferia». Il valore medio più alto del reddito pro capite ponderato è stato rilevato nella comunità comprensoriale Oltradige-Bassa Atesina (20.313 euro), quello più basso in Val Venosta (14.513 euro).
I GRUPPI LINGUISTICI. Un dato interessante: le famiglie mistilingue hanno un reddito diretto mediano più elevato, pari a 36.945 euro. Diecimila euro in più rispetto al gruppo linguistico tedesco (26.460); la differenza aumenta ulteriormente nel raffronto con il gruppo italiano (23.933). Dalla statistica emerge che i redditi più bassi sono appannaggio dei ladini: 20 mila euro. Come si spiegano queste differenze? «Innanzitutto - dice Oswald Lechner, direttore dell'Istituto di ricerca economica della Camera di commercio - col fatto che le famiglie miste in genere hanno più possibilità di trovare lavori ben retribuiti perché parlano correntemente due lingue e vivono a cavallo di due mondi e due culture. Ma c'è anche un altro aspetto: la componente tedesca del nucleo familiare in genere dimostra una più spiccata attitudine per iniziative imprenditoriali che, in linea di massima, garantisce redditi più alti rispetto al lavoro dipendente».
LE CONDIZIONI DI VITA. Per il 72,2% delle famiglie intervistate la situazione finanziaria nel 2009 è rimasta invariata rispetto all'anno precedente, mentre per il 23% è peggiorata. Un dato quest'ultimo che viene valutato positivamente dall'Astat in considerazione del fatto che l'indagine è stata effettuata a metà del 2009, ovvero nel pieno di una crisi prima finanziaria e poi economica di livello internazionale. Al di là comunque di quelle che sono le valutazioni statistiche, il 24,4% delle famiglie sostiene di avere difficoltà ad arrivare a fine mese. Esistono forti differenze a seconda del tipo di famiglia. La maggiori difficoltà le hanno quelle numerose o, all'estremo opposto, quelle con un unico genitore e figli a carico. Nel novero rientrano anche le famiglie di extracomunitari. Per quanto riguarda in particolare le famiglie numerose, il presidente Durnwalder ha annunciato che si dovrà intervenire a sostegno delle coppie con più figli per garantire loro un buono standard di vita. I DEBITI. Nel 2008 il 6,1% delle famiglie altoatesine ha fatto acquisti a rate, solo il 3,3% si è dovuta indebitare per far fronte alle spese correnti. Gli stranieri ricorrono maggiormente ai pagamenti rateali per gli acquisti rispetto agli italiani, mentre non ci sono sostanziali differenze per quanto riguarda la contrazione di 4 debiti. La percentuale di pagamenti rateali è superiore in città (9,6%) rispetto alle zone rurali (3,8%).
7. Bozen. Bolzano, sul monumento del Duce l'accordo è vicino / SONDAGGIO. La Volkspartei rinuncia alla prova di forza: «A noi basta la copertura». BOLZANO. Durnwalder conferma: «Forse è sufficiente coprire il Mussolini, senza spostarlo dal palazzo degli uffici finanziari». Il giorno dopo la dichiarazione a sorpresa, il presidente provinciale resta intenzionato a seguire la strada del compromesso, invece di sfruttare il lasciapassare firmato dal ministro Sandro Bondi, che attribuisce alla Provincia il potere di staccare il rilievo di Piffrader.
Durnwalder è arrivato in consiglio provinciale con uno schizzo della soluzione cui sta pensando. E' una ipotesi, si affaccia anche il concorso di idee.
Per quanti retroscena ci possano essere su questa decisione, resta la sua dichiarazione: «So che se mandassi qualcuno a togliere il bassorilievo, molti si arrabbierebbero. Sono una persona pragmatica. Possiamo renderlo non più visibile e offensivo, lasciandolo al suo posto».
Durnwalder rinuncia alla prova di forza? Alla Svp viene chiesto di imparare a farlo. Due segnali precisi in consiglio provinciale. I consiglieri italiani di maggioranza e opposizione si sono pronunciati contro il disegno di legge sulla toponomastica e chiedono alla Stella alpina una discussione vera su questo tema.
Secondo segnale, l'affossamento di Julia Unterberger come candidata alla presidenza del consiglio provinciale: essendo quello un ruolo di regista, le minoranze rifiutano soluzioni preconfezionate in via Brennero. Intanto L'Obmann Theiner inizia un giro di consultazioni tra gli italiani.
Si torna al monumento. Durnwalder mostra un rendering con il rilievo di Piffrader coperto da una parete. Ci tiene a fare sapere. «E' una soluzione che mi ha suggerito un italiano». Solo il giorno prima l'Obmann Theiner spiegava che difficilmente il Piffrader potrebbe restare al suo posto: «Abbiamo ottenuto il via libera dal ministero, i nostri non ci perdonerebbero altre scelte». Ma Durnwalder ci ha pensato sopra e ricorda: «Risparmieremmo anche molti soldi. In più la nuova parete potrebbe essere messa a disposizione di qualche
artista».
E il partito come l'ha presa? Durnwalder: «Mi sembrano d'accordo». Lo conferma il vicepresidente Christian Tommasini, che sponsorizza la soluzione del rilievo chiuso e storicizzato: «Mi sembra che tra gli assessori della Svp ci sia un buon clima attorno alla novità di Durnwalder».
L'assessore Sabina Kasslatter Mur si tiene sul prudente, ma ammette: «Siamo in una fase di raccolta di idee». La Svp sembra intenzionata ad aprirsi: «Su questo tema sono intervenuti molti intellettuali, si potrebbe organizzare un concorso di idee. Avevo proposto di staccare il Mussolini e installarlo sul pavimento della piazza. La proposta di Durnwalder risolverebbe il problema di avere una figura offensiva come il Duce esposta su un edificio pubblico».
Il sindaco Luigi Spagnolli aveva rinunciato a fare barricate per il Duce a cavallo, ma ora commenta: «Durnwalder ha preso atto che c'erano problemi tecnici e politici legati al trasferimento: collocarlo in un museo rischiava di renderlo ancora più potente. Metterlo in un magazzino non era pensabile, sarebbe scoppiato il caos. La copertura mi sembra una soluzione interessante. La decisione dal terreno politico si trasferisce anche in un contesto artistico. Si possono studiare soluzioni innovative, gli esempi in Europa non mancano». Lo conferma l'assessore alla cultura Patrizia Trincanato: «In Alto Adige abbiamo molti cervelli, la politica li ascolti. Resto ferma sul progetto di percorso della memoria. Il Piffrader va spiegato, non coperto».
8. Bozen. Bolzano, tutti contro la Svp: no alla Unterberger. «Sulla presidenza ora deve trattare». BOLZANO. Smacco per la Svp. Salta la candidatura di Julia Unterberger per la presidenza del consiglio provinciale. Il tema slitta con ogni probabilità a marzo, ma per la consigliera non ci sono più speranze di prendere il posto di Dieter Steger. Le opposizioni l'hanno affossata. E soprattutto hanno messo a nudo il metodo con cui il partito di raccolta ha inteso arrivare alla votazione: ovvero quella che viene giudicata come una mancanza di confronto tra minoranza e maggioranza per un ruolo - la presidenza - ritenuto di garanzia. Ieri non si è neppure cercato di andare alla votazione, dato che le opposizioni sono rimaste ferme - come il giorno precedente - nella loro volontà di lasciare l'aula e fare mancare il numero legale. In sottofondo lo scontro sul regolamento del consiglio, con la Stella alpina che vorrebbe limitare l'ostruzionismo. «Ho sentito molti di voi dire che non sarei stata adeguata a esercitare la presidenza - così Julia Unterberger rivolgendosi ai suoi colleghi - ma io ritenevo importante rimediare a questa forma di ostruzionismo poco adeguata: vi propongo quindi di accordarci su un'esclusione di un uso inadeguato dell'articolo 92 del regolamento, e sul suo esclusivo uso così come previsto: se tutti i capigruppo firmeranno tale accordo, io ritirerò la mia candidatura». Risultato? Sessione di febbraio già finita, con la giornata di ieri interrotta da continue riunioni, ma senza trovare una soluzione. Facile che la Svp dovrà ripiegare su un'altra candidatura, tra quelle rimaste: da Noggler a Schuler fino alla stessa Thaler che però è stata indicata dal suo partito per la vicepresidenza del consiglio regionale. Rientrando in aula ha preso la parola Elmar Pichler Rolle. «Constatiamo che c'è una certa disponibilità al dialogo, per trovare un accordo affinché il consiglio possa di nuovo essere operativo e sarà necessario continuare con questo dialogo nelle prossime settimane: pertanto, chiedo che non si faccia un'ulteriore votazione, e che si rinvii la seduta", così il capogruppo Svp. Il vicepresidente Mauro Minniti ha accolto la richiesta di interruzione dei lavori, proponendo un incontro tra capigruppo nel corso della prossima settimana, anche in vista di un'eventuale seduta straordinaria del consiglio. La disponibilità di cui parla Pichler Rolle è quella per una revisione del regolamento da parte di Freiheitlichen, Verdi e Südtiroler Freiheit, che non
permetta l'ostruzionismo sempre e comunque anche da parte degli «one man party».
Durante la seduta tutti i consiglieri sono intervenuti, per «impallinare» la Unterberger, rea di aver dichiarato di voler ridurre i diritti delle minoranze. «Non accettiamo che ci venga attribuita la responsabilità di interrompere i lavori del consiglio provinciale, che oltretutto non andrebbero avanti con disegni di legge della maggioranza, dato che essi mancano, ma solo con proposte dell'opposizione», così Sven Knoll della Südtiroler Freiheit. Concetto ribadito da Pius Leitner (Freiheitlichen). Donato Seppi (Unitalia) rivolto alla Unterberger: "Saremmo sprovveduti se appoggiassimo un consigliere dopo le sue dichiarazioni di intenti di voler estromettere dai lavori l'opposizione". Secondo Seppi «la gara per la presidenza del consiglio non si svolge in via Brennero, ma in quest'aula: pertanto, il dialogo si deve aprire». Hans Heiss (Verdi) rimarca come «l'opposizione non sia nata per fare ostruzione, anzi: per molti versi essa offre contributi costruttivi alle leggi della maggioranza, e con la sua presenza garantisce l'approvazione di disegni di legge di quest'ultima». Alessandro Urzì (Fli) sottolinea poi che il regolamento preveda una maggioranza qualificata di persone presenti al momento del voto, "e questo non a caso, ma perché la funzione di presidente del consiglio è di garanzia". Elmar Pichler Rolle evidenzia come il problema da affrontare non riguardava Unterberger, ma il regolamento del consiglio provinciale, che permetteva a singoli consiglieri di bloccare i lavori dell'aula. Ma nulla serve più. Per Julia Unterberger è la fine della corsa.
8. Trieste e Gorizia "vigilate" da ronde solitarie. L'assessore regionale alla sicurezza Federica Seganti assicura: "Nessun flop per le ronde. Trieste ha poca criminalità è chiaro che riscontriamo una minor partecipazione". TRIESTE Alla voce "Trieste" c’è una pagina vuota, o quasi. Sotto gli occhi Federica Seganti ha l’elenco dei volontari per la sicurezza appena registrati nell’albo del Friuli Venezia Giulia: 570 domande per 251 iscritti in tutta la regione. Ma il capoluogo giuliano, però, deve accontentarsi di un’unica persona.
C’è un solo nome nella lista, di altri non c’è traccia. Una ronda solitaria.
Un clamoroso flop? «No, il dato - ribatte l’assessore regionale alla Sicurezza - va letto in un altro modo, Trieste ha poca criminalità ed è una delle province italiane con la maggior presenza di forze dell’ordine, è chiaro che riscontriamo una minor partecipazione».
A Gorizia i volontari iscritti sono complessivamente 12 ma solo uno è una ronda "doc", pronta a dedicarsi a tutte le attività previste dal regolamento, mentre gli altri undici sono impiegati nel controllo delle strade. E qui Trieste merita una parentesi perché i ”nonni paletta”, che di certo non mancano nelle vicinanze delle scuole della città, non figurano nell’albo: il loro servizio infatti è retribuito. Pordenone, invece, potrà contare su una squadra di 139 persone, di cui ben 126 aiuteranno la polizia locale a gestire il traffico cittadino. A Udine i volontari sono 99 e, di questi, 11 sono le ronde "doc".
Numeri che, in tema di sicurezza, fotografano una realtà piuttosto variegata nel panorama regionale. «Già, c’è l’insicurezza percepita dalla gente - osserva l’assessore - che nella Bassa friulana e nel Pordenonese si collega anche all’incidenza degli immigrati. Dove ci sono più stranieri ci sono anche più reati, le statistiche lo dimostrano» taglia corto Seganti.
Tra i richiedenti in possesso dei requisiti psicofisici necessari fanno parte anche 49 agenti che in passato avevano prestato servizio nelle forze dell’ordine. Negli ultimi mesi sono stati 195 gli ammessi ai percorsi formativi di 20 ore. Il programma prevede lezioni sui diritti fondamentali dei cittadini, sul ruolo e le competenze della Polizia locale, sulle relazioni funzionali tra i servizi coinvolti nelle politiche di sicurezza urbana, i servizi sanitari e le autorità di pubblica sicurezza, oltre a nozioni essenziali di diritto penale e civile. Un’altra parte si concentra sulla capacità di individuare e gestire situazioni critiche.
Ma come sarà la divisa della ronda padana? Casacca arancione e berretto verde, per alcuni anche il walkie talkie di ordinanza. Così scenderanno in strada le decine di volontari, di giorno e di notte. Anzi, in Friuli Venezia Giulia molti stanno già girando per piazze, manifestazioni e altro. Ma ora hanno in tasca un ”patentino” che certifica l’idoneità psicofisica, la frequenza al corso di formazione e l’iscrizione all’albo, come vuole il regolamento varato dalla legge regionale del 2009.
Da ieri, peraltro, chi aspira ad indossare la divisa e prestare il proprio servizio può presentare domanda in Regione fino al 28 di febbraio. «Si tratta di un’attività di coordinamento con la polizia locale - ribadisce l'assessore - come noto i volontari non possono assolutamente prendere iniziative. Se notano una situazione anomala o pericolosa hanno il compito di allertare le forze dell’ordine per chiedere il loro intervento».
Seganti insiste sul "caso Trieste", evidentemente all’attenzione dell’assessorato perché, se è vero che l’unica ronda registrata fa pensare a una situazione di sostanziale tranquillità per la città, «è anche vero che in questa provincia rimangono alcuni fattori problematici: borseggi negli autobus, truffe agli anziani e atti di vandalismo nelle scuole, tutte questioni da affrontare in futuro in modo più determinato».
10. Brescia. Fallimenti subito in doppia cifra. I NUMERI DEL TRIBUNALE. Il nuovo anno si apre in crescita per le procedure definite dalla sezione specializzata. A gennaio già 23 società al capolinea (l'anno scorso erano 21) dopo un 2010 da paura. 03/02/2011. Una partenza che lascia il segno: il 2011 si è aperto subito in doppia cifra sul fronte dei fallimenti in provincia di Brescia. E con una leggera crescita rispetto allo stesso periodo del 2010, chiuso con un totale di 313 società arrivate al capolinea, poco distante dal record assoluto, in negativo, registrato nel 2005.
LA CONFERMA che gli effetti della crisi continuano a pesare anche nel Bresciano arriva dai dati del Tribunale che riassumono l'attività a gennaio della sezione specializzata: 23 le sentenze pronunciate, contro le 21 di dodici mesi prima. Considerati i dati storici disponibili solo nel 2004 risulta un inizio d'anno peggiore, con 26 le società dichiatate fallite. Il quadro, di conseguenza, mantiene alcune nubi sullo stato di salute dell'economia provinciale, in attesa dei dati sull'utilizzo della Cassa integrazione: un altro indicatore che, nel 2010, ha segnato il nuovo primato (sempre in negativo) con oltre 60 milioni di ore autorizzate dall'Inps alle imprese del territorio.
TRA LE SOCIETA' arrivate al capolinea nei primi 31 giorni del 2011 figura un'altra del gruppo Medeghini di Mazzano: si tratta della Nuova Sala srl (già in liquidazione) con sede a Brescia: sono 15 i dipendenti, attualmente alle prese con la Cigs.
11. Mantova. Mercato del lavoro, l'esercito dei diecimila disoccupati. I dati dell'Osservatorio: in aumento i precari, il posto fisso solo a un neoassunto su quattro. Il peggio sembra alle spalle ma i sorrisi restano un ricordo vecchio tre anni. I dati dell'Osservatorio provinciale del mercato del lavoro descrivono un 2010 di lieve ripresa. Ma va pesato il termine di paragone. E cioè quel 2009 apice della crisi più pesante degli ultimi decenni.
In estrema sintesi i disoccupati sono in calo, ma rispetto al periodo pre-recessione la quota di persone in cerca di lavoro resta più alta di circa il 40%. Le assunzioni aumentano di circa otto punti percentuali in un anno, ma solo una su quattro è a tempo indeterminato. E la cassa integrazione - complessivamente in calo del 5% - dice di quanto la crisi si sia trasferita sulle piccole e medie imprese: la cassa in deroga schizza a tre milioni e mezzo di ore autorizzate, con un un incremento superiore al 50% rispetto al 2009.
SENZA LAVORO. Nel 2010 ai cinque centri per l'impiego della Provincia sono arrivate 10.088 persone. Un anno prima erano state 1.545 in più. Dunque il trend è senza alcun dubbio positivo. Ma basta allungare lo sguardo al medio periodo e tornare al 2007 - ultimo momento di stagnazione prima della vera recessione - per capire che è ancora presto per sorridere: allora i senza lavoro erano 7.213. Dunque oggi in provincia ci sono quasi tremila disoccupati in più, con un aumento vicino al 40%. Oltre 1.100 di loro non hanno mai avuto un impiego. Quasi quattromila quelli iscritti alle liste di mobilità, vittime di licenziamenti legati alla crisi. L'andamento nel corso del 2010 è ondivago: arrivi ai centri per l'impiego più alti nel primo e terzo trimestre, meno numerosi nel secondo e nel quarto. Tra uomini e donne c'è poca differenza: i primi sono il 48% dei disoccupati, le seconde il 52%. Ma a preoccupare è, come già rilevato dall'Osservatorio nei mesi scorsi, che un senza lavoro su tre ha tra i diciotto e i trent'anni.
NUOVI CONTRATTI. I nuovi contratti firmati nel 2010 sono 58.538, ben più dei 53.962 del 2009. Ma cosa offrono le imprese mantovane ai dipendenti? Il sentire comune trova conferma nei numeri. Tra i nuovi posti di lavoro, solo uno su quattro (il 23,7%) è a tempo indeterminato. Il restante 76,3% si suddivide tra le altre tipologie. Domina il contratto a tempo determinato (con il 48,4%), seguito dalla somministrazione (16,7%). E ciò non vale solo in termini assoluti ma anche tendenziali: nonostante siano stati firmati quasi 5mila contratti in più, quelli a tempo indeterminato sono oltre duemila in meno (da 16.175 a 13.895). In pratica se il mercato del lavoro guadagna, lo fa cedendo verso la precarietà. Aumentano anche i contratti cessati, da 45.256 a 52.341. Una contraddizione? No, perché - al di là dei licenziamenti - il dato comprende quei contratti a tempo scaduti e rinnovati più volte. È l'altra faccia della medaglia dell'incremento del tempo determinato.
I PICCOLI SCOPPIANO. Nel complesso la cassa integrazione riduce il suo peso. Si passa da 8 milioni e mezzo a 8 milioni 173mila ore autorizzate dall'Inps. In netta riduzione l'ordinaria, cioè quella che serve a fronteggiare fasi di mercato difficili, resta stabile quella straordinaria. A dimostrazione che la crisi non è alle spalle. E l'artigianato soffre più di tutti: in controtendenza con l'industria, le ore di cassa crescono di circa il 60%.
12 Modena. Legacoop:" Non abbiamo infiltrazioni ma per l'Emilia Romagna il rischio c'è". Paolo Cattabiani traccia un quadro tranquillizzante per quanto riguarda i propri associati, ma invita a non abbassare la guardia sulle imprese in regione. MODENA. Il presidente di Legacoop Emilia-Romagna, Paolo Cattabiani, lancia un nuovo allarme sulle infiltrazioni mafiose nell'economia regionale. "Tra le 1.600 imprese nostre associate non abbiamo traccia di infiltrazioni, ma l'emergenza c'è", avverte a margine della presentazione di un'iniziativa sulla valorizzazione delle produzioni locali nei punti vendita della regione. Le attenzioni di Cattabiani si concentrano su alcuni settori particolarmente a rischio ("la logistica e il facchinaggio") e su alcune province ("Modena, Reggio Emilia e Parma"). "Esistono aree di illegalità pesantissima, siamo ormai nella situazione in cui la moneta buona scaccia la moneta cattiva", denuncia il numero uno di Legacoop, che apre alla proposta del Pd che ieri ha chiesto che l'apertura anche in Emilia-Romagna di una sede operativa della Dia. "Tutto quello che serve fare per consolidare l'esistente e adottare strumenti nuovi, noi lo condividiamo- assicura Cattabiani- siamo in emergenza e dobbiamo recuperare un ritardo, sennò cappotta un pezzo del sistema. Io mi preoccupo per quelle cooperative che pagano le tasse, danno lavoro regolare e rispettano le regole. Perchè non c'è solo un problema di legalità, ma anche di libera concorrenza". Le coop, del resto, non intendono stare a guardare.
Siamo in una fase in cui non è sufficiente che i corpi intermedi deleghino allo Stato, ce n'è anche per noi", scandisce Cattabiani. "Continuiamo a lavorare onestamente e denunciamo- sollecita- dobbiamo vigilare, anche sulle coop 'spurie'. Serve una vigilanza democratica, che non Š solo in capo al presidente Errani (Vasco Errani, governatore dell'Emilia-Romagna, ndr) e alla Dia". Insomma, nemmeno la crisi deve far abbassare la guardia. "Bisogna tenere alta l'asticella dell'etica- conclude- contro la pesante caduta dei valori".
13. Pisticci senz'acqua, forse domani torna l'erogazione regolare. Un guasto sulla condotta a Craco è in fase di riparazione Oggi il servizio sostitutivo con le autobotti. 03/02/2011 Persistono i disservizi relativi all'erogazione dell'acqua a Pisticci centro. Dopo le frequenti interruzioni degli ultimi giorni, la situazione è destinata a peggiorare nella giornata di oggi 3 febbraio. Acquedotto Lucano, infatti, comunica che l'acqua potrà essere regolarmente distribuita dalle 7.00 alle 9.30 di mattina. Da quell'ora in poi entreranno in funzione le autobotti che saranno a disposizione dei cittadini in piazza dei Caduti e piazza Plebiscito. La normalizzazione del servizio di erogazione idrica dovrebbe avvenire entro la mattinata di venerdì 4 febbraio, anche se attraverso il servizio d'informazione via sms Acquedotto Lucano aveva fatto riferimento ad un termine più lungo, indicando in 36 o 48 ore i tempi di servizio delle autobotti.
A determinare l'emergenza è stato un guasto sulla condotta principale del Frida verificatosi in agro di Craco che non sta consentendo di alimentare i serbatoi di accumulo di Pisticci e San Leonardo. Le scorte residue presenti nei serbatoi saranno pertanto distribuite tra le 7.00 e le 9.30 di oggi, mentre in seguito entreranno in funzione le autobotti. Sempre via sms si apprende che il servizio sostitutivo sarà attivo anche in via Vespucci, via M. di Fatima e via Polo.
14. Basilicata. Berlusconi e la parte peggiore del lininismo. 02/02/2011. di FRANCESCO BOCHICCIO CHI scrive ha già evidenziato che Berlusconi, con comportamenti concreti in totale contrasto con il suo anticomunismo viscerale, ha tratto grande insegnamento dalla sinistra radicale, e, ovviamente, vista la sua nullità politica, si tratta per lo più della parte peggiore, con particolare riferimento alla concezione leninista (in chiave caricaturale) della politica con la presa del potere e l'occupazione dello Stato. Anche in Berlusconi la distinzione tra partito e Stato è così annullata del tutto. Come mai questa profonda alterazione dell'assetto costituzionale si è potuta realizzare con Berlusconi quasi indisturbato e con i suoi oppositori isolati? Le ragioni sono tante e chi scrive sta da tempo tediando i lettori in materia, senza necessità di ripetizioni. Un solo punto merita di essere ricordato. Chi scrive ci tiene a distinguere Lenin dal leninismo; Lenin è stata una grandissima figura rivoluzionaria, che ha spezzato un regime intollerabile quale quello zarista ed era intenzionato fermamente a correggere le storture della rivoluzione. Le letture storiche adesso unanimi (quale quella recentissima di Andrea Graziosi), che vedono una continuità assoluta tra Lenin e Stalin, sono del tutto inattendibili e si inquadrano nel revisionismo storico che vede la storia del '900 quale contrapposizione tra capitalismo liberale e comunismo dispotico (che viene acriticamente accostato a fascismo e nazismo), senza vedere le profonde sfaccettature in un campo e nell'altro, e Graziosi addirittura riutilizza l'espressione di Croce della storia come “storia della libertà”, dimenticando le atrocità anche nell'ambito del capitalismo liberale e dimenticando che il movimento operaio è stato essenziale per l'affermazione del liberalismo e della democrazia, prima delle lotte operaie assolutamente marginali e ristretti (ciò viene trascurato anche da Pierluigi Battista, la cui opinione non può essere messa sullo stesso piano di quella di Graziosi, perché questi è un grande storico, mentre Battista è solo un “liberale realista” del Corriere della Sera, che nell'appoggiare la linea del proprio giornale spesso, al pari di Pietro Ostellino, si avventura in campi ignoti). Il leninismo è la teoria rivoluzionaria che rompe, non a parole ma di fatto, con il marxismo non solo per il tentativo di trasformazione socialista in un paese non sviluppato (Gramsci definì la Rivoluzione d'Ottobre quale “rivoluzione contro il Capitale”, vale a dire contro l'opera più importante di Marx) ma anche per la prevalenza dell'elemento politico su quello sociale. In tale ottica, il valore centrale del partito (affermato in “Che fare?” del 1905, e poi negato in “Stato e rivoluzione”, nel 1917, paradossalmente mentre si realizzava la rivoluzione secondo schemi conformi al lontano scritto del 1905) mostra una preoccupante analogia con la teoria dell'amico-nemico della politica pura e assoluta di Carl Schmitt, giurista e filosofo politico grande avversario della Repubblica di Weimar e all'inizio sostenitore del nazismo, e comunque fondatore della teoria politica di democrazia autoritaria e accentratrice di potere, che, per il tramite di Gianfranco Miglio, già in sintonia con Cefis per una trasformazione (democratica, ma) autoritaria dell'assetto costituzionale e recentemente ideologo della Lega e seguace di Schmitt, ha raggiunto (presumibilmente per il tramite di Gelli, a cui Miglio è peraltro estraneo) l'apogeo in Berlusconi. La sinistra non ha mai combattuto a fondo Schmitt, in quanto non ha mai tratto insegnamento dalle lezione di Weimar, unico grande esempio di alleanza tra la socialdemocrazia e la parte migliore del campo borghese per una profonda trasformazione democratica e sociale (con elementi non trascurabili di socialismo) del capitalismo organizzato. Anche se non bisogna dimenticare che elementi non secondari della socialdemocrazia erano in sintonia con la parte peggiore dello schieramento borghese ed al Presidente Ebert, figura nobile ma debole, furono fatti utilizzare i famigerati “freikorps”, estremisti di destra prelevati dalle fila dei reduci dalla Grande Guerra, che trucidarono Rosa Luxemburg e Karl, rimanendo impuniti, e Rosa Luxemburg, unica grande politica della sinistra di Weimar, forse sarebbe riuscita a ricucire lo strappo tra socialdemocrazia e sinistra radicale. Addirittura qualche illustre teorico marxista, da ultimo Mario Tronti ha tentato di inserire organicamente il pensiero di Schmitt nell'impianto marxiano: la teoria politica non è secondaria e il solo pragmatismo non è sufficiente. Berlusconi ha magistralmente inserito la parte peggiore del leninismo in un contesto, quale quello italiano, in cui il liberalismo è sempre stato spesso fittizio e comunque debolissimo. Non bisogna dimenticare che Benedetto Croce era all'inizio favorevole al fascismo per fermare il “pericolo rosso”, e Luigi Einaudi era presumibilmente su posizioni non diverse. La vittoria di Berlusconi viene da lontano, da troppo lontano. L'amico Tita rimprovera su queste colonne chi scrive, con garbo e simpatia s'intende, di volare troppo alto: non si concorda, in quanto occorre, sistematicamente ed organicamente, riprendere a volare alto, come del resto lo stesso Tita, nonostante la garbate e simpatiche affermazioni di modestia, ben fa.
15. La crisi del Mezzogiorno è ancora senza medicine. di Sergio Luciano. Altro che federalismo. Le contorsioni politico-lobbistiche della maggioranza, compatta sul decreto che riforma le imposte locali, e dell'opposizione, che l'ha invece bloccato alla commissione bicamerale, non incidono minimamente sull'autentico male oscuro del Paese: le due velocità (sociali e civili, prima ancora che economiche) alle quali marciano da una parte il Centro-Nord e dall'altra il Sud. Negli ultimi giorni, come una grandinata, le cronache nazionali hanno fatto sapere, nell'ordine: che tre milioni di automobili in Italia circolano senza assicurazione Rc, e che di questi tre milioni due sono immatricolati nelle regioni del Sud; che i quattro quinti degli invalidi civili italiani si trova nelle tre regioni meridionali peninsulari e in Sicilia; che sui contributi pubblici per le energie alternative il ministero dello sviluppo economico deve ricorrere alle verifiche aerofotografiche per stroncare le truffe che si sono moltiplicate negli ultimi mesi di bengodi, guarda caso quasi esclusivamente nelle regioni del Sud; e infine che l'emergenza rifiuti in Campania sta per riesplodere perché anche l'ennesima discarica provvisoria inizia a tracimare. A quale totale pervengono tutti questi addendi? A un unico, desolante risultato: che un terzo dell'Italia agisce su standard di convivenza civile e di adesione alle leggi drasticamente inferiore alla media nazionale. È qualcosa di molto più sottile e diffuso della malavita organizzata, è una generalizzata disaffezione per l'interesse pubblico, un insopprimibile prevalere della furbizia sulla correttezza. Non è facile né «politicamente corretto» parlarne, ma è oggettivo, e l'inquinamento attraversa trasversalmente gli schieramenti politici opposti, come dimostra il recente, clamoroso infortunio delle elezioni primarie del Pd a Napoli per la selezione del candidato sindaco, che si sono risolte in accuse incrociate di brogli degni di un «Totò truffa», illuminando di grottesco le opposte correnti dei democratici e regalando alla destra un insperato vantaggio competitivo. Come possa una riforma federalista incidere nel breve termine su una simile, cronicizzata situazione di micro-illeciti è un busillis. Soltanto un atto di forza amministrativa, che punisse in termini di finanza pubblica tutti i comportamenti incivili, potrebbe forse aiutare. Ma è politicamente impensabile che passi: non in un regime democratico come il nostro. L'impressione è che la crisi del Sud sia ormai quasi priva di vie d'uscita. E forse è proprio per questo che un po' di (scettica) attenzione la meritano le forze politiche (Noi Sud e Forza del Sud) che sembrano voler finalmente partire da questo assunto.
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