1. Commercio estero, Istat: A gennaio sale a 5,8 mld deficit con paesi extra Ue.
2. PMI Europa: miglioramento record a febbraio. La Germania corre ancora
3. Libia/ Impregilo: legame storico, lavori per 1 mld
4. Per Ft una bocciatura tedesca di Draghi sarebbe interpretata come xenofobia.
5. Libia, Ice: per l’Italia grave problema se la situazione degenera.
6. La piazza strategica del cane a sei zampe.
1. Commercio estero, Istat: A gennaio sale a 5,8 mld deficit con paesi extra Ue. La crescita tendenziale del commercio estero, fa sapere l'Istituto, e' ''molto sostenuta per entrambi i flussi'': +34,9% per le esportazioni e +46,2% per le importazioni. Sul piano congiunturale, a gennaio l'export registrano una crescita dell'8,7%, superiore a quella delle import (+4,4%). Inoltre, l'Istat sottolinea che il comparto energetico segna, sempre a gennaio 2011, un ''consistente ampliamento del disavanzo'' (-5,6 miliardi rispetto a -3,8 di gennaio 2010), contribuendo per il 75%all'incremento del deficit complessivo. Ma anche l'interscambiodi prodotti non energetici contribuisce al saldo negativo dellabilancia commerciale, passando dai 456 milioni di gennaio 2010 ameno 169 milioni dello stesso mese del 2011. Guardando ai diversi tipi di prodotti, le esportazioni di energia presentano una crescita tendenziale ampiamente superiore alla media (+61,4%), tuttavia sono i beni strumentali che, pur con un incremento piu' contenuto (+41,9%), contribuiscono piu' degli altri alla crescita complessiva dell'export. Mentre le importazioni segnano un aumento annuo di molto superiore alla media per i prodotti intermedi (+73%). Questi ultimi, insieme all'energia, forniscono il maggior contributo alla crescita delle import. Analizzando al direzione geografica dei flussi, i mercati di destinazione piu' dinamici risultano essere gli Stati Uniti (+64,9%), i paesi Mercosur (+62,5%), la Turchia (+45,5%), la Russia (+45,2%) e la Svizzera (+35,5%). Dal lato dei flussi in entrata, rialzi netti interessano i paesi Mercosur (+73%), i paesi Opec (+65,2%), la Cina (+52%) e gli Stati Uniti (+50,5%).
2. PMI Europa: miglioramento record a febbraio. La Germania corre ancora February 21, 2011. Pmi europee ancora in ripresa. A confermarlo le stime flash del Pmi manifatturiero, di quello dei sevizi e dell'indicatore composito diffuse stamane da Markit, dalle quali si evincono risultati record da luglio 2006.
Guardando i dati relativi all’Eurozona, infatti, il PMI manifatturiero a febbraio ha raggiunto quota 59 punti, rispetto ai 57,3 di gennaio e alla variazione nulla attesa dagli analisti. Il PMI servizi passa, invece, da 55,9 a 57,2, ed anche in questo caso sono state battute le stime del mercato, che si assestavano a 56 punti. Il PMI composito, infine, passa da 57 a 58,8 punti, con le stime ferme a 56,9. Si tratta del livello più alto da luglio 2006 e di uno dei tassi di crescita più consistenti rilevati nei circa 13 anni di storia del report.
Anche Markit, tuttavia, pone l'accento sulla crescente inflazione attraverso le parole di Chris Williamson, suo Chief Economist: "La veloce espansione della Zona Euro è stata accompagnata da un ulteriore aumento delle pressioni inflazionistiche”.
La Germania resta la ‘locomotiva’ d’Europa, nonostante l’indebolimento del PMI dei servizi, passato dai 60,3 punti di gennaio ai 59,5 punti di febbraio, mentre le attese erano indirizzate su un dato invariato. Di altro spessore, però, il PMI manifatturiero che, a fronte di previsioni pari a 60,3 punti, salta dai 60,5 gennaio ai 62,5 di febbraio. Anche la stima flash del PMI composito, infine, indica una costante ripresa, visto il passaggio a 61,5 punti dai 61,3 di gennaio.
Boom de settore terziario, invece, in Francia, con il PMI servizi che arriva a 60,8 punti dai 57,8 di gennaio, spiazzando decisamente le stime degli analisti che si attestavano a quota 58. Per i transalpini si tratta del miglior risultato degli ultimi sette mesi. In crescita anche il PMI manifatturiero, che passa da 54,9 a 55,3 punti, a fronte di un consensus pari a 55 punti, toccando i massimi di due mesi, mentre il composito sale a 59,5 punti dai 57,6 di gennaio.
Notizie di segno contrario lato Cina. La pausa del capodanno cinese, da un lato, e le misure restrittive adottate dal Dragone per placare l’inflazione, dall'altro, hanno spinto ad un PMI manifatturiero, come sostenuto dal report Markit/HSBC, ai minimi di sette mesi, con una dato che è passato da 54,5 punti a 51,4 punti.
Ritornando alla Germania, anche l’indice Ifo conferma il ruolo cardine dei tedeschi nella reazione europea alla crisi: a febbraio l'indice ha toccato i massimi storici, attestandosi a 111,2 punti dai 110,3 punti di gennaio e a fronte di un consensus allineato a 110,4 punti. A renderlo noto è stato l'omonimo istituto di ricerca, aggiungendo che, sempre nel mese di febbraio, il sotto-indice relativo alle aspettative è salito a 107,9 punti dai 107,8 di gennaio e quello relativo alla situazione corrente si è attestato a 114,7 punti dai 112,8 del mese precedente.
3. Libia/ Impregilo: legame storico, lavori per 1 mld – scheda. Impegnato a Tripoli nella costruzione della nuova conference hall. Inserito 1 ora fa da TMNEWS. Impregilo, la società più colpita in Borsa dall'infiammarsi degli eventi in Libia, è impegnata nel Paese in opere infrastrutturali per circa un miliardo di euro. Il gruppo di costruzioni, presieduto da Massimo Ponzellini, conta circa 50 dipendenti italiani nel Paese maghrebino, dove opera attraverso la Impregilo Lidco, società partecipata per il 40% dal fondo sovrano Lybian Development Investment. Il gruppo è attualmente impegnato a Tripoli nella costruzione della sede della nuova conference hall. Un contratto dal valore complessivo di 285 milioni di euro e la cui fine dei lavori è prevista nel 2013. Impregilo ha siglato inoltre contratti per la realizzazione di tre nuovi centri universitari nel Paese (Misurata, Zliten, Tarhunah) e di opere di urbanizzazione nelle città di Tripoli e Misurata. Il legame di Impregilo con la Libia è storicamente molto forte: il gruppo ha realizzato nel corso degli ultimi 20 anni importanti opere, tra cui gli aeroporti di Kufra, Benina, Misurata, El Wotia e Sirte, i porti di Ras Lanuf, Bengasi e Homs, i centri ministeriali e gli edifici del Parlamento libico a Sirte, i complessi industriali nelle città di Ras Lanuf e Misurata. A più riprese, circolano rumors di un ingresso dei fondi libici nell'azionariato del gruppo, che vede come maggiori azionisti le famiglie Gavio, Benetton, Ligresti, riunite nella società Igli.
4. Per Ft una bocciatura tedesca di Draghi sarebbe interpretata come xenofobia. di Elysa Fazzino. Il Financial Times torna alla carica per appoggiare la candidatura del governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, alla presidenza della Banca centrale europea con un editoriale di Wolfgang Munchau. Una settimana fa, dopo la decisione del presidente della Bundesbank Axel Weber di abbandonare la gara, Munchau ha apertamente spezzato la lancia a favore di Draghi, sostenendo che ha tutte le qualità per portare l'eurozona fuori pericolo.
Ora, l'opinionista del Ft critica l'atteggiamento xenofobo dei circoli conservatori "eurofobici" di Berlino e la strategia di Angela Merkel. Il cancelliere tedesco, secondo l'opinionista, sembra condizionare la sua flessibilità sul nome di Draghi al tipo di accordo che otterrà al vertice europeo di marzo sul cosiddetto "patto di competitività" per risolvere la crisi dell'eurozona.
'L'editoriale del Ft inizia con la citazione di una frase pronunciata dalla Merkel alla radio tedesca Ndr Info: "Sulla presidenza della Bce, decideremo più tardi. E allora vedremo quali carte abbiamo ancora in gioco".
Per capire la prossima mossa di Angela Merkel, scrive Munchau, bisogna familiarizzarsi con le tesi dei tedeschi (a suo parere sbagliate) per spiegare la crisi dell'eurozona. In estrema sintesi, i tedeschi pensano che la crisi sia dovuta principalmente a irresponsabilità fiscale e mancanza di competitività. La crisi bancaria non sarebbe centrale. Per i circoli conservatori eurofobici di Berlino, l'European Financial Stability Facility prelude alla cessione di sovranità nazionale della Germania. La visione tedesca, secondo Munchau, si basa sull'errata convinzione che l'unione monetaria possa essere tenuta insieme solo da regole di politica di bilancio e monetaria, che le regole finanziarie e gli squilibri delle partite correnti non contino. Di qui l'idea che se c'è una crisi, l'austerità sia la risposta.
Il piano in sei punti proposto dalla Germania ha scatenato la rivolta al Consiglio europeo ed è praticamente imploso. L'ultima speranza per affermare il dominio tedesco sul sistema era un presidente della Bce tedesco. Ma ora che Weber si è tirato fuori, la Merkel ha bisogno di un accordo sul suo piano di competitività. "Non può tornare a casa dal vertice europeo di marzo con un accordo debole e con Mario Draghi presidente della Bce", osserva Munchau.
I responsabili tedeschi – spiega Munchau - dicono di non avere niente di personale contro il governatore della Banca d'Italia. "Ma è semplicemente vermittelbar", non piazzabile. Non lo si può fare accettare all'opinione pubblica tedesca nel contesto di una lettura della crisi xenofoba, che dà la colpa soprattutto ai paesi del Sud.
Con le sue parole, secondo Munchau, la Merkel indica che il suo atteggiamento su Draghi dipende dall'accordo che avrà a marzo. "E cosa succederà se non otterrà un accordo abbastanza buono? Metterà il veto sulla nomina si Draghi? O sta solo bleffando? Non posso immaginare cosa farebbe il governo italiano se il suo candidato fosse respinto solo per xenofobia. Perché è così che verrebbe invariabilmente interpretata una bocciatura di Draghi".
Il rischio, secondo Munchau, è di avere un patto che affronta la crisi sbagliata, nessuna strategia credibile per le crisi bancarie e un presidente della Bce di terz'ordine.
Per il Wall Street Journal, Draghi guadagna sostegno crescente tra i governi dell'eurozona come prossimo capo della Bce.
In un articolo sul Wsj da Parigi, Costas Paris cita, senza nominarlo, un ministro europeo secondo il quale "c'è ampio accordo sul fatto che Draghi ha l'esperienza e le qualifiche per diventare il prossimo capo Bce".
"È il candidato di cui si parla di più a Bruxelles e negli incontri bilaterali dei membri dell'eurozona. Quindi, in assenza di un chiaro candidato tedesco dopo il ritiro di Weber, è l'attuale favorito".
Jean-Claude Trichet, il presidente della Bce che lascerà l'incarico a novembre, ha dichiarato ieri in un'intervista alla radio Europe 1 che il suo successore "dovrà avere la capacità di reagire" di fronte a circostanze eccezionali e avere una visione di lungo termine. Ne dà notizia, in particolare, un lancio Bloomberg, ripreso dal San Francisco Chronicle. 21 febbraio 2011
5. Libia, Ice: per l’Italia grave problema se la situazione degenera. Roma, 21 feb (Il Velino) - Se la situazione “degenera” si crea un danno enorme non solo per le aziende italiane che operano o hanno investito in Libia ma per tutto il Paese, visto che da lì proviene un terzo del nostro fabbisogno energetico. A dirlo al VELINO è Umberto Bonito, direttore della sede Ice di Tripoli, in questi giorni in Italia. “L’ufficio Ice nella capitale libica è stato chiuso: è in pieno centro, vicino ai palazzi pubblici presi di mira dai rivoltosi. So che molti famigliari dei dipendenti Eni stanno rientrando con voli di linea e credo che avverrà così per tutte le imprese italiane, in attesa di capire l’evolversi degli eventi”. L’Italia è da anni un importante partner commerciale della Libia, il primo dell’Unione europea, al fianco di Cina, Turchia e Corea. Nel primo semestre 2010 le nostre esportazioni verso la Gran Jamahiriya sono aumentate del 4 per cento, a quota 1,2 miliardi di euro, mentre quelle libiche verso l’Italia hanno mostrato segni di ripresa (+14,56 per cento) dopo il -41,66 per cento dell’intero 2009, con un boom (+55,5 per cento) del valore dell’export di prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio. In sintesi, l’interscambio tra i due Paesi nei primi sei mesi dello scorso anno si assesta su un totale di circa 6,8 miliardi di euro, con un incremento del +12,53 per cento rispetto al 2009. “Sono circa 130 le aziende italiane presenti in Libia - ricorda Bonito - tra cui Unicredit, Ansaldo, Impregilo e Saipem che solo due mesi fa ha vinto l’appalto per costruire il primo tratto dell’autostrada che da Bengasi arriva al confine egiziano”. Una zona in quest’ultimo mese particolarmente calda. (mpi) 21 feb 2011 14:57
6. La piazza strategica del cane a sei zampe. F.Re. ROMA. Rassicurano, garantiscono, attutiscono l'allarme. Per ora. Sta di fatto che per gli strateghi Eni la Libia di Gheddafi non è solo il principale bacino di collaborazione, e conseguentemente di approvvigionamento di petrolio (la più consistente in assoluto) e di gas metano (la terza fonte per il nostro paese). Era, ed è, di più.
È una duplice piattaforma politico-industriale e in prospettiva commerciale: per applicare sul campo il regime di compensazioni (e con esse di scambi) legate all'intesa sul rimborso da parte dell'Italia dei danni della vecchia guerra; per proiettare la collaborazione ben oltre, ad esempio nelle aree di interesse Eni in Iraq. Proprio su questo versante è stato fatto un passo importante solo pochi giorni fa, quando l'Eni ha ceduto al grande fornitore-alleato russo Gazprom la metà (per 170 milioni di dollari) della sua quota di un terzo nel giacimento libico Elephant.
Amici. Perfino parenti. Tant'è che due anni fa si parlava di una progressiva e significativa salita del fondo sovrano energetico libico (Lybian Energy Fund) nel capitale dell'Eni. Ci si è fermati attorno all'1,5%. All'Eni andava, e va, benissimo così. E' presente lì dal 1959. Finora ha investito oltre 50 miliardi di dollari. Altri 20 miliardi sono in programma.
Del resto l'Eni è il primo operatore internazionale di idrocarburi in Libia, con una produzione di olio e gas che supera i 520 mila boe (barili di petrolio equivalenti) al giorno (il 15% della produzione mondiale del gruppo Eni) tirati su dall'offshore mediterraneo di fronte a Tripoli e con le trivelle nel deserto piazzate in sei aree, per una superficie complessiva, in parte ancora da sviluppare, di oltre 36mila chilometri quadrati di cui la metà in quota Eni. Il tutto con una rete di accordi di lungo periodo, che dopo le ultime proroghe hanno un orizzonte al 2042 per la produzione di greggio e 2047 per il metano.
Con il Colonnello è collaborazione a tutto campo, sull'onda dell'accordo sui danni di guerra santificato con il trattato di amicizia dell'agosto 2008. Strade, ospedali, iniziative di formazione. Il marchio Eni è quasi sempre in prima fila. Emblematica l'ultima intesa siglata nel dicembre scorso tra l'ad Paolo Scaroni e il governo libico per la realizzazione di un progetto sociale nell'area di El Agheila, nel Golfo della Sirte: mille unità abitative e un porto, con le infrastrutture di servizio, impianto di desalinizzazione dell'acqua compreso.
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