Piano sud: Sicilia chiede confronto tra stato e regioni mezzogiorno
Napoli. Discarica Chiaiano, la Protezione civile: «Tutto regolare»
Sanità campana, rapporto choc Zuccatelli: manager incapaci
La Regione apre le porte ai profughi. I libici saranno accolti nelle scuole.
Basta sbarchi, Lampedusa liberata.
Clandestini a Messina, la regolarizzazione passava da finti matrimoni
Sardegna. Fotovoltaico, si riparte da zero
Bari, allarme zona industriale.
«Taranto deve puntare su musica, storia e tradizione industriale».
Piano sud: Sicilia chiede confronto tra stato e regioni mezzogiorno
A conclusione dell'incontro svoltosi stamani tra il Ministro Roberto Calderoli e i rappresentati delle regioni sullo schema di decreto attuativo del federalismo fiscale regionale, l'assessore regionale siciliano per l'Economia, Gaetano Armao, ha espresso soddisfazione sull'andamento dei lavori perche' "e' segno che la trattativa e' ormai molto avanzata - ha affermato - e siamo fiduciosi che si possa giungere ad un positivo risultato gia' domani. A questo punto la prossima settimana, ha assicurato il Ministro, passeremo a delineare il federalismo fiscale per la Sicilia in coerenza con lo statuto autonomistico, offrendo finalmente applicazione agli articoli 36 e 37 rimasti inattuati".
"Anche il ministro Fitto - ha aggiunto Armao - nella riunione pomeridiana della conferenza Stato/Regioni ha confermato l'impegno, a lungo sollecitato dalla Sicilia, di convocare a breve le Regioni del Mezzogiorno per un confronto puntuale sul piano per il sud."
"Occorre uscire dai proclami e dalle dichiarazioni di principio e passare alla fase della concretezza degli impegni e delle risorse aggiuntive per la perequazione infrastrutturale - conclude Armao -, la situazione economica del Mezzogiorno impone impegni seri e concreti, mentre permangono nel c.d. piano per il sud troppi elementi indefiniti ed evanescenti".
Napoli. Discarica Chiaiano, la Protezione civile: «Tutto regolare»
ROMA. «L'assoluta correttezza delle procedure amministrative intraprese dalla struttura del sottosegretario di Stato per l'affidamento» della discarica di Chiaiano, è stata sottolineata dalla Protezione civile, in merito ad alcuni articoli di stampa che parlavano di illeciti.
Il Dipartimento ha anche evidenziato «la adeguatezza degli apprestamenti tecnici ed operativi seguiti per la costruzione del sito di discarica, così come risultante dagli atti di collaudo redatti dall'apposita Commissione all'esito di ben ventotto visite condotte in corso d'opera sul sito».
Quanto alla scelta del contraente, prosegue la Protezione civile, «la Struttura emergenziale ha correttamente inteso porre in essere le procedure stabilite dal decreto legge 90/2008, nel pedissequo rigoroso rispetto del quadro normativo vigente, mentre, per quanto attiene all'aspetto costruttivo, la Commissione di collaudo ha formalmente certificato la positiva realizzazione dell'impianto in termini di totale funzionalità, di piena operatività e di assoluta sicurezza ambientale, anche attraverso l'apprestamento di interventi migliorativi di salvaguardia delle matrici ambientali, coniugando dette imprescindibili esigenze con il prioritario obiettivo di celere esecuzione delle relative opere».
Intanto, con un voto trasversale il Consiglio regionale ha approvato un subemendamento che supera il principio della provincializzazione dei rifiuti sancito dalla legge regionale 4 del 2007. La misura, tuttavia, è congelata, e dunque non è ancora legge, dopo che il capogruppo del Pdl Fulvio Martusciello ha chiesto di sospendere la seduta e di rinviare il voto finale sul provvedimento per consentire al presidente della giunta Stefano Caldoro di intervenire in aula «petto in fuori - ha detto - per spiegare con una relazione al Consiglio le ragioni della legge».
Sanità campana, rapporto choc Zuccatelli: manager incapaci
Bocciatura secca per la Sanità campana. Il Piano di rientro dal deficit non passa l’esame del rapporto Oasi 2010 (Osservatorio sulla funzionalità delle Aziende Sanitarie Italiane), presentato ieri dal professor Francesco Longo del Cergas Bocconi alla Seconda Università di Napoli. Nella classifica del disavanzo sanitario la Campania è fanalino di coda con 725 milioni di euro di debiti stimati nel 2009, seconda solo al Lazio che ne vanta 1.372. Ma secondo l’ex subcommissario alla Sanità Giuseppe Zuccatelli (nella foto) il processo di razionalizzazione delle risorse è risultato inefficace perché «non affiancato dall’apporto delle competenze manageriali».
La Regione apre le porte ai profughi. I libici saranno accolti nelle scuole.
Duecento posti letto sarebbero già pronti. Si guarda soprattutto alle scuole inutilizzate, ma anche a qualche ex caserma. Comincia a prendere forma l'operazione accoglienza per i libici che arriveranno in Sardegna. Gli sbarchi potrebbero cominciare da un momento all'altro e il Viminale ha già fatto sapere che l'Isola si dovrà preparare a dare ospitalità a duemila persone in fuga dalla guerra. Si punta sul soggiorno diffuso , con la distribuzione dei migranti in cerca di asilo politico un po' in tutte le province.
IL VERTICE Dalla riunione organizzata ieri dalla Regione con le prefetture e gli enti locali è decollata la «cabina di regia» che diventerà il riferimento operativo per il piano d'accoglienza dei rifugiati. E alcuni comuni si sono già fatti avanti, dando la loro «disponibilità» a ospitare i cittadini nordafricani. In prima fila ci sono Cagliari, Oristano, San Gavino, Tempio, Senorbì, Erula e Giave.
Giovedì 24 marzo 2011 07.06
Basta sbarchi, Lampedusa liberata. Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
È stucchevole assistere al balbettìo del governo e dei vari ministri che implorano la solidarietà dell’Unione, quando i principali partner hanno detto con chiarezza: arrangiatevi. Sembra di riascoltare il grande Antonio De Curtis. Se ci dobbiamo arrangiare, bisogna trovare all’interno delle nostre leggi la fonte per far cessare questa indegna invasione.
Quando arrivavano gli emigranti fuggiti al terrore delle loro guerre, bisognava valutare se poteva essere loro concesso l’asilo politico. Ma le migliaia di tunisini che sono sbarcate e che sbarcheranno, non hanno più alcuna ragione di tal passa, perché in Tunisia il dittatore è stato cacciato e non vi è più repressione.
Quindi, questi emigranti sono dei clandestini che vengono in Italia perché qui si sta meglio, alla ricerca di un’occupazione, oppure per transitare verso la Francia dove hanno parenti. In ogni caso, essi commettono un abuso e una violazione delle leggi nazionali ed internazionali. Pertanto, l’Italia deve reagire adeguatamente non essendoci più ragioni umanitarie.
È vero che l’Unione ha dei regolamenti sul salvataggio di naufraghi o presunti tali, ma niente dice sulla facoltà degli Stati membri di rimandare a casa i clandestini che non sono perseguitati politici e, quindi, non hanno timore di subire alcuna ritorsione una volta ritornati alle loro spiagge.
Non si capisce perché il governo italiano non istituisca un ponte aereo che, immediatamente, rimandi a Tunisi o Djerba o Port El Kantaoui questi emigranti che non hanno alcuna necessità di lasciare case e familiari. L’assenza di questa presa di posizione è incomprensibile, anche tenuto conto della situazione disastrosa ed oppressiva che è calata su Lampedusa e suoi abitanti.
La stagione turistica, su cui si fonda l’economia di quell’Isola, è già compromessa, perché non è possibile pensare che, a fronte dei 5 mila abitanti, vi siano 5 mila clandestini. Il fatto che il commissario straordinario voglia impiantare lì una tendopoli significa uccidere economicamente le attività turistiche che durano sei mesi all’anno. Ed il periodo buono è quello che comincia il prossimo aprile.
I tunisini hanno parenti in Francia, parlano il francese e tendono ad andare nel Paese transalpino. Potrebbero tentare la traversata verso la Corsica, anche se il tragitto è più lungo. Ma se trovassero sbarrato l’ingresso a Lampedusa sarebbero costretti ad affrontarlo, qualora ritenessero che il governo francese si comportasse in modo molliccio come quello italiano.
Ma sanno che così non è, perché Sarkozy lo impedirebbe, come peraltro lo ha impedito Zapatero in Spagna contro il tentativo di sbarco da parte di nordafricani via Marocco, ricordando che lo Stretto di Gibilterra, con i suoi appena 14 chilometri, unisce l’Europa e l’Africa. Ma Francia e Spagna sono Paesi seri, in Italia è sempre di scena la farsa, nessuno si assume le dovute responsabilità.
Quello che più dispiace è che in questa vicenda il governo regionale non batte un colpo a difesa dei propri conterranei lampedusani, che sono al pari di tutti gli altri, sia italiani che siciliani. Riassumendo, il governo nazionale subisce pavidamente quest’ondata di clandestini, quello regionale altrettanto pavidamente non fa il proprio dovere, cosa resta da fare a quei cittadini isolani che hanno pari diritto di lombardi, veneti e aostani? Dovrebbero imbracciare le armi? No, non è questa la soluzione.
La soluzione c’è, l’abbiamo prospettata subito e la ripetiamo: istituire il ponte aereo per restituire alla loro patria chi, indebitamente, ne è fuggito. Non ci sono più ragioni umanitarie che tengano.
Cosa potrebbe fare il governo regionale? Sicuramente un’azione mediatica che spieghi all’opinione pubblica nazionale ed europea il disastro capitato ai lampedusani, un disastro che va evitato ad ogni costo. In secondo luogo, muovere precise istanze e messa in mora del governo nazionmale, affinché prenda la decisione di mandare a casa i clandestini (e non perseguitati politici) dopo averli salvati, principale regola umanitaria. Terzo, può chiedere al ministro degli Esteri di andare insieme a Tunisi per concordare una sorveglianza con mezzi navali e terrestri italiani i cui equipaggi siano misti, in modo da impedire il losco traffico di carne umana che sta facendo arricchire i mafiosi tunisini.
Clandestini a Messina, la regolarizzazione passava da finti matrimoni
di BlogSicilia 24 marzo 2011 -
Una prassi vecchia come il mondo per aggirare le norme di regolarizzazione in tanti Paesi del mondo. E’ quella adoperata da una organizzazione scoperta dai carabinieri di Messina. In tredici, tra cui quattro extracomunitari nordafricani, sono stati arrestati. Sono i componenti di una organizzazione che attraverso ‘matrimoni simulati’ regolarizzava la presenza di clandestini sul territorio italiano.
I tredici sono indagati a vario titolo di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina.
L’attività investigativa,iniziata a settembre 2008, ha consentito ai carabinieri di accertare l’esistenza di un gruppo criminale nel comprensorio milazzese e della Valle del Mela che, previo pagamento di somme di denaro, che organizzava ”matrimoni di facciata” finalizzati alla regolarizzazione nello stato italiano di extracomunitari clandestini provenienti dalla Tunisia e dal Marocco.
Sardegna. Fotovoltaico, si riparte da zero
Annullato il bando per gli incentivi
Il Consiglio di Stato ha annullato il bando sugli incentivi (quasi 9 milioni) per il fotovoltaico. Sotto esame la procedura telematica per l'assegnazione dei contributi. E ora la Regione potrebbe dover restituire la somma erogata nel 2008.
Nessuno conosceva con certezza il giorno e l'ora in cui collegarsi al sito web per presentare domanda e certificazione informatica, dunque c'era il rischio che venisse violata la parità di condizioni tra i candidati che, tre anni fa, chiedevano un contributo regionale per l'istallazione di pannelli fotovoltaici.
Non è piaciuto ai giudici della Quinta sezione del Consiglio di Stato il sistema scelto dalla Regione nel 2008 per assegnare i fondi per installare sulle case i generatori di elettricità a energia solare: quasi 9 milioni di euro spalmati su circa 700 tra privati e associazioni (non aziende), ma con anche tanti esclusi e scontenti perché arrivati fuori tempo massimo. I giudici romani hanno accolto il ricorso presentato dagli avvocati cagliaritani Mauro Barberio e Stefano Porcu per conto del giudice Manfredo Atzeni (Consigliere di Stato, ma di ruolo in un'altra sezione: la Sesta) e hanno ribaltato la decisione del Tar Sardegna che, invece, aveva ritenuto corretta la procedura telematica. Risultato? Un gigantesco grattacapo per gli uffici della Regione, anche perché i soldi sono già stati in gran parte erogati e, in molti casi, utilizzati per l'acquisto e l'istallazione dei pannelli sulle case.
Giovedì 24 marzo 2011 09.18
Bari, allarme zona industriale. di MICHELE MAROLLA
BARI - Una landa desolata, brutta, sporca e cattiva. Cumuli di rifiuti, intere zone al buio, strade con voragini che si aprono all’improvviso, giri tortuosi di chilometri per andare da un’azienda all’altra distanti poche centinaia di metri, sterpaglie ovunque. Non è un film di serie B, ma la fotografia della zona industriale di Bari-Modugno. Un’area che conta 532 aziende, di cui 447 attive che danno occupazione a 18.265 persone. Senza contare le migliaia di lavoratori dell’indotto. Una zona che, ironia della sorte, ha nei nomi delle strade la rappresentazione di un giardino delle meraviglie: via delle margherite, dei ciclamini, delle magnolie...
E Alessandro Laterza, presidente di Confindustria Bari e Bat, non ne può più di denunciare e di inseguire risposte e responsabilità. «Le denunce le abbiamo presentate in tutti i modi e le sedi, a cominciare dal Consorzio Asi, anche perché lì sono presenti i sindaci dei comuni interessati. Abbiamo poi sollecitato più direttamente Emiliano e Rana, che ci hanno dato disponibilità, un po’ più concreta quella di Bari rispetto a Modugno. Sta di fatto che dopo anni di insistenze, non abbiamo visto alcunchè, se non qualche piccolo intervento occasionale, apprezzabile ma non risolutivo.
L’allarme cresce e i disagi pure. Ad avvertirli non sono solo le aziende iscritte a Confindustria e quelle industriali. Anche perché in una situazione di crisi certe lacune si avvertono di più. Ma c’è un dato molto preoccupante che proviene da imprese ad investimento esterno, nazionale e internazionale. Secondo loro il contesto risulta non solo poco attrattivo, ma impresentabile ai loro stessi referenti».
Un segnale netto e pericoloso, si rischia cioè che le imprese straniere e di livello nazionale presenti nell’area decidano di smobilitare, o quanto meno di non investire nell’ulteriore sviluppo dei propri insediamenti a Bari.
«Rischiamo che concrete ipotesi di potenziamento di questi investimenti, pur in una situazione di crisi, potrebbero svanire nel nulla - prosegue Laterza - perché non c’è solo la concorrenza tra aziende, ma anche all’interno dello stesso gruppo industriale per catturare le risorse destinate al potenziamento dei vari insediamenti produttivi. Certo, il problema non può essere chiuso alle strade pulite e manotenute, ma aiuta essere in un contesto accogliente e funzionale, mentre noi siamo in condizioni tali che per accogliere un cliente o un referente bisogna studiare un percorso per evitare che veda o subisca brutture e disfunzioni di vario tipo».
Insomma, la zona industriale non più come corpo estraneo, quasi mal tollerato, e abbandonato a se stesso, ma come parte integrante delle stesse città a cui appartiene.
«Basta con il Far West alla periferia delle città, deve essere un pezzo dei comuni di riferimento, dandogli la stessa attenzione e cura dei centri urbanizzati, non illudendoci che diventi un parco di divertimenti, ma un posto che siamo in grado di presentare con orgoglio a chiunque ci venga a visitare, al pari dell’orgoglio che possiamo avere nel fargli visitare le nostre cattedrali, o il Petruzzelli. Bisogna superare l’idea politico-amministrativa che sia un’area off limits, extraurbana. Lo stesso Consorzio Asi, al di là del palleggiamento sulle competenze, è fondamentalmente un ente di gestione fondiaria, invece deve diventare un soggetto propulsivo e propositivo, che si faccia carico anche di questioni che non necessariamente dipendono dal consorzio. Serve una visione moderna, capace di attrarre investimenti nell’area, di presentare un tessuto fatto di illuminazione funzionante, di strade ben tenute, di ambienti puliti e non invasi da depositi abusivi di rifiuti, di sterpaglie che non bruciano d’estate creando inquietanti scenari di periferia metropolitana, non so di quale continente. Questo non è più accettabile. Non è più un problema della Confindustria, ma delle imprese tutte, con questo bisogna fare i conti moralmente e politicamente».
Le avete provate tutte, denunce, riunioni, vi sono state date rassicurazioni, senza grandi risultati. Ora cosa vi aspettate?
«Adesso aspettiamo risposte - replica Laterza - quando il sindaco Emiliano ci dice di aver, a suo tempo, destinato un importo a risolvere il problema dell’igiene urbana della zona industriale, vorremmo capire a quanto ammonta, in cosa consiste, se è destinato ad un ampliamento del contratto di servizio con l’Amiu. A noi non interessa gestire le soluzioni, ma vogliamo risposte chiare e riconoscibili, anche con passi successivi. Nessuno si aspetta i miracoli, ma serve una testimonianza concreta di un progressivo e non occasionale miglioramento».
Ma se per l’ennesima volta dopo questo grido di allarme non dovesse accadere nulla, cosa fate? Potreste anche minacciare uno sciopero fiscale?
«Si arriverà inevitabilmente a promuovere azioni legali che nessuno ha voglia di avviare, perché l’obiettivo è quello di raggiungere un risultato in un tempo ragionevolmente breve. Bisogna considerare un aspetto importante: c’è un volume considerevole di Ici e di Tarsu, versate dalle imprese a fronte del quale non c’è di fatto alcun ritorno. Lo sciopero fiscale non sembra una ipotesi concretamente praticabile, ci si metterebbe automaticamente dalla parte del torto, rischiando di aggiungere alla beffa il danno. Però chiediamo il ritorno di ciò che è stato versato, a fronte di servizi che non sono stati erogati. A questo punto però il piano giusto sul quale porre la questione è quello della serietà dei rapporti e degli impegni da prendere, capendo anche definitivamente quali sono le responsabilità. Perché uno degli aspetti della vicenda è che spesso non si capisce a chi tocca fare le cose. Ci troviamo in una specie di labirinto. È fondamentale uscirne».
«Taranto deve puntare su musica, storia e tradizione industriale». Tre progetti, tre iniziative per cercare di rilanciare la cultura a Taranto. Accogliendo l’invito del Comune, che gli ha chiesto di fornire idee e spunti, lo scrittore tarantino Giancarlo De Cataldo, autore di successo e magistrato a Roma (è giudice di Corte d’Assise), mette nero su bianco e lancia tre proposte. Il primo riguarda la musica, il secondo la valorizzazione di tutto ciò che ruota attorno alla Magna Grecia e al convegno di studi, il terzo sulla cultura industriale, partendo dal ruolo di Taranto e proponendo spettacoli, mostre di foto e film.
Ma ecco in dettaglio le proposte di De Cataldo.
Progetto 1: uno strumento di conoscenza. Descrizione dell'idea: si tratta di avviare l'insegnamento gratuito di uno o più strumenti musicali in aree disagiate della città. Deve essere indirizzato a bambini, giovani, e giovani-adulti con problemi di adattamento, scolarizzazione, istituzionalizzazione precoce. Modello: una scuola di musica popolare, con insegnanti retribuiti e iscrizione gratuita degli allievi. Ogni corso dovrà avere una durata di due-tre anni, e fornire l'allievo della capacità di padroneggiare in modo superiore al dilettantistico uno o più strumenti musicali. Dovrà essere previsto il rilascio di un attestato, che non potrà ovviamente essere concorrenziale con i diplomi ufficialmente riconosciuti. Nel corso del tempo, se l'esperimento dovesse avere successo, si potrà pensare a forme di produzione musicale vera e propria, sul modello dell'orchestra interetnica di Piazza Vittorio, a Roma. Finalità: utilizzare l'insegnamento della musica, in chiave molto concreta, come strumento di conoscenza e di «aggancio» di situazioni di disagio. Più da piccoli cominciano, ovviamente, e maggiori chances di andare avanti hanno. Essenzialità: due aspetti mi paiono essenziali: il primo è che la gestione sia direttamente sotto il controllo pubblico (Comune). Si deve creare una struttura, metterla in piedi, e assicurarsi uno statuto che le consenta di procedere di là dal mutevole gioco delle maggioranze. L'idea di fondo è che si deve usare uno strumento culturale potente - la musica - come elemento di lotta al degrado. Il secondo aspetto riguarda la gratuità dell'iniziativa. Le spese devono essere interamente a carico delle istituzioni o degli eventuali sponsor: non si riuscirà ad attirare nessuno, in situazioni di degrado, se la cosa dovesse comportare un onere a carico del beneficiario. Si tratta di proporre uno scambio: noi siamo qui e offriamo ai nostri ragazzi in difficoltà, casa per casa, quartiere per quartiere, una chance. In cambio, chiediamo loro di innamorarsi di questa speranza.
Progetto 2: Magnagrecia Festival. Descrizione: la Magna Grecia e i suoi tesori sono un vanto, un tesoro di inestimabile valore mondiale per la città, e devono diventare un'occasione per attirare sul territorio turisti a ciclo continuo. I tesori devono uscire dal ristretto ambito degli addetti ai lavori e diventare patrimonio e reddito della collettività. Le visite al Museo non bastano. Occorre organizzare una rete di eventi, dei quali il progetto di piccolo festival è solo uno spunto, un'occasione. Festival: Il festival dovrebbe essere a cadenza annuale. Tre giorni di eventi molto concentrati e molto variegati che avranno per oggetto Taranto e la sua storia, ma secondo un percorso che si articoli anche in momenti attrattivi - soprattutto per chi della storia e del passato non vuol sentirne parlare. Penso a eventi di massa, sperimentati altrove con grande successo. L'Italia pullula di festival della scienza, della matematica, dell'architettura. Taranto gode del privilegio di una tradizione millenaria che merita la massima valorizzazione. Si dovranno allestire mostre accurate dei tesori della Magna Grecia, e - particolare decisivo - renderle accessibili al pubblico: bisogna uscire dalla logica di una cultura minoritaria e faticosa da conquistare. Sponsor: il coinvolgimento degli imprenditori locali del settore turistico- alberghiero può rivelarsi decisivo. Rilanciare l'immagine della città significa rilanciarne l'economia in un comparto «chiave».
Progetto 3: Festival della cultura industriale. Stato delle cose: Taranto è la città dell'Ilva. Dell'Arsenale. Di un porto dalle enormi potenzialità. Non devo essere io a pronunciarmi sulla centralità dell'industria nella nostra città. Nel contempo, sono consapevole delle tensioni che percorrono la città, dell'enorme problema della tutela della salute pubblica. Proprio per questo credo che si debba lanciare un grande momento di riflessione, che potrebbe anche diventare un appuntamento fisso. Il festival: tre giorni intensi e concentrati di dibattiti, mostre fotografiche, proiezioni di film e spettacoli teatrali. Potrebbe essere diviso in tre giornate: 1: industria e città; 2: industria, lavoro, ecologia; 3: industria, lavoro, cultura. E' assolutamente indispensabile, ovviamente, che un'iniziativa del genere, dove deliberata, consenta la piena libertà di espressione a tutte le istanze, comprese quelle più critiche verso la presenza stessa dell'industria a Taranto: un momento di riflessione collettiva è tale proprio perché coinvolge tutti.
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