di Timothy Garton Ash – 9 marzo 2011
Pubblicato in: Gran Bretagna
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
Pio II, pontefice del XV secolo che per primo avviò un serio dibattito moderno sull’“Europa”, scrisse una nota lettera al sultano Maometto II, conquistatore di Costantinopoli, in cui celebrava in questi termini le varie potenze del vecchio continente: “La Spagna molto risoluta, la Francia molto bellicosa, la Germania molto popolosa, la Gran Bretagna molto forte, la Polonia molto temeraria, l’Ungheria molto dinamica e l’Italia molto ricca, intrepida ed esperta nell’arte della guerra”.
Oggi come allora, l’Europa è inconcepibile senza le nazioni che la compongono. Considerare l’Europa soltanto come Unione Europea, pur con tutte le sue istituzioni di Bruxelles, equivale a descrivere una splendida dimora antica leggendo ad alta voce i manuali di istruzione del suo impianto elettrico e di riscaldamento. Certo, l’Europa è molto più della somma delle sue nazioni. Tuttavia, senza di esse è nulla. Quindi è appropriato che, quando il Guardian presenterà il mese dedicato all’Europa questo lunedì, lo faccia con degli approfondimenti settimanali sulle quattro nazioni elencate da Pio II più di cinque secoli fa: Germania, Francia, Spagna e Polonia.
Nel frattempo, consideriamo il paese di provenienza di Pio II, l’Italia, che il 17 marzo festeggia il 150° anniversario della presunta unificazione e della nascita come moderno stato-nazione: il Regno d’Italia fu infatti proclamato il 17 marzo 1861.
L’Italia è il paese europeo per eccellenza: da nessun’altra parte si possono ammirare meglio le molteplici stratificazioni della storia europea. Soltanto a Roma è possibile sedersi a pranzare nel luogo in cui fu assassinato Giulio Cesare, per poi fare un salto ad ascoltare il successore di San Pietro che proclama alla città e al mondo intero un messaggio risalente a duemila anni fa. La maggior parte di ciò che formò il nucleo della prima identità tradizionale moderna europea – in particolar modo l’eredità della Grecia Antica e del cristianesimo – ci è arrivato tramite l’antica Roma. Europa: da Giulio Cesare a Silvio Berlusconi.
Ogni Paese europeo è unico, eppure tra di loro hanno molto in comune ed ogni parte ci racconta qualcosa sulla totalità.
Ecco otto cose che, a mio parere, l’Italia ci dice dell’Europa:
1. L’Italia come l’Europa, e l’Europa come l’Italia, non sanno quale storia vogliono raccontare. I festeggiamenti per il 150° anniversario dell’ “Unità” ai quali ho preso parte di recente all’ambasciata italiana a Londra sono stati dedicati quasi interamente a due aspetti strettamente collegati tra loro: le donne e l’amore. La serata è stata molto piacevole. Greta Scacchi ha letto alcuni versi meravigliosi tratti dalla Divina Commedia (Amor ch’a nullo amato amar perdona), e un tenore ci ha intrattenuto cantando canzoni d’amore in napoletano, finché è sembrato che mancasse poco a esplodere. In ogni caso si è trattato di un modo alquanto bizzarro per un paese moderno europeo di presentarsi agli amici. L’Unione Europea non è neppure in grado di offrirci qualche canzone.
2. Più che una storia, l’Europa ci offre uno stile di vita. L’Italia ne è l’esempio più sfavillante: cibo, vino, moda, sole, orario di lavoro “sociale”, vacanze lunghe, bell’aspetto, dolce vita e tutto il resto. Il problema, però, è che di questo stile di vita gode un numero sempre più piccolo di italiani e di europei, e sarà insostenibile senza una riforma radicale dell’economia e del welfare, senza una riuscita integrazione di uomini e donne di origine straniera, molti dei quali musulmani. (Pio II si starà rivoltando nella tomba).
3. La maggior parte degli europei, e molti fuori dall’Europa, probabilmente sanno più più cose di Berlusconi rispetto ad ogni altro politico europeo. Questi è quanto di più vicino ci sia a un personaggio politico pan-europeo. Purtroppo ciò che si sa di lui è soprattutto lascivo e increscioso – per non dire di peggio. E così, invece di un’appropriata opera politica europea – come parte di un efficiente sfera pubblica europea – ci ritroviamo questa operetta pacchiana.
4. La portata di ciò che sta veramente succedendo all’interno dei Paesi dell’Unione Europea è molto più ampia e meno allettante delle belle storielle che ci raccontiamo e che raccontiamo al resto del mondo. Il berlusconismo non è il fascismo, e tuttavia è qualcosa di molto distante dal modello ideale di un’efficiente democrazia social-liberale, quella che gli europei rivendicano metodicamente come specifica dell’Europa. L’Italia non ne è l’unico esempio. L’Ungheria di Viktor Orbán – per prendere a esempio un’altra antica potenza europea citata da Pio II – la segue da vicino. Se dovessimo accorpare in un unico paese immaginario tutti gli aspetti peggiori dei ventisette stati membri dell’Unione europea ne uscirebbe un posticino alquanto sgradevole.
5. I paesi europei devono dare il meglio di sé e dimostrare di essere democratici, liberali e rispettosi della legge per circa un anno o due, prima di poter entrare a tutti gli effetti nell’Unione Europea. Una volta entrati, però, se ammazzano qualcuno possono anche passarla liscia. (Uso questa frase nell’accezione colloquiale inglese, e non in modo letterale). Se l’Italia di Berlusconi dovesse presentare oggi domanda di ingresso nell’Unione, probabilmente non sarebbe ammessa.
6. Non si deve mai identificare un paese con il suo governo. Tutti i paesi europei hanno le loro specificità, e l’Italia è più multiforme degli altri. Vi sono molti aspetti moderni, efficienti, civili e ammirevoli in questa nazione – i cui meriti vanno anche ai sostenitori di Berlusconi. Lo stesso paese che ci ha dato il Cavaliere ci offre anche il più credibile tra i candidati al posto di governatore della Banca centrale europea: Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia.
7. Non dobbiamo confondere antiche e gloriose nazioni con stati stabili e uniti. Nel libro che ha pubblicato in occasione di questo anniversario, The Pursuit of Italy, David Gilmour sostiene che l’Italia ha impiegato 150 anni per non diventare una efficiente nazione coesa. Gilmour ricorda le battute della Lega nord di Umberto Bossi (“Garibaldi non ha unito l’Italia, ha diviso l’Africa”). Se l’indebolimento politico di Berlusconi corrisponderà a un rafforzamento di Bossi, non c’è da sperare in un’Italia più coesa.
E c’è una prospettiva Europea più ampia in questo. È proprio l’integrazione dell’Unione Europea a consentire questa auto-indulgenza nei confronti della disgregazione nazionale. Basti pensare al Belgio, ormai senza governo da ben 270 giorni a causa delle differenze apparentemente inconciliabili tra i politici del nord (fiammingo e di lingua dutch) e il sud (vallone e francofono).
8. A proposito di Africa: ci sarebbe da sperare che l’Italia – una delle potenze più importanti dell’Europa mediterranea – fosse schierata in prima fila insieme a Francia e Spagna nell’elaborazione di una risposta coraggiosa e creativa alla primavera araba. E invece vediamo fotografie di Berlusconi che abbraccia Gheddafi, l’Eni che continua ad assicurare al dittatore libico i proventi di petrolio e gas, e la psicosi per i rifugiati tunisini che approdano a Lampedusa. Anche in questo caso, l’Italia è solo una versione estrema della confusione che regna in Europa. E non possiamo più permettercelo.
Dunque, auguri di buon compleanno, Italia (dis)unita. Ti vogliamo bene. Ti siamo vicini, specialmente con i leader che ti ritrovi oggi. Ma abbiamo un impellente bisogno che tu torni all’avanguardia di quel grandioso progetto antico e moderno che chiamiamo “Europa”. Dopo tutto sei stata proprio tu a inventarla.
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