martedì 22 marzo 2011

Federali-Mattino libico. 22 marzo 2011. Odyssey Dawn. L'Italia vede con preoccupazione il crescente attivismo francese: Frattini sostiene che le operazioni in Libia non devono portare a una guerra, per cui è necessario verificare la coerenza dell'azione della coalizione internazionale con il pieno rispetto della risoluzione 1973 dell'Onu, che ha l'obiettivo di proteggere la popolazione libica. Armani: difendiamo il made in italy dagli stranieri. Napolitano: Mi auguro che lo sforzo che è già a buon punto possa proseguire e arrivare a conclusione con la massima condivisione. Vogliamo intervenire subito prima che sia troppo tardi, ha sottolineato il presidente Luis Durnwalder. Putin: in Libia come alle crociate. Ora per alcuni la misura è colma.

Stati confusionali:
Санкт-Петербург. Gates offre a Mosca l'ingresso nelle coalizioni internazionali. Putin: in Libia come alle crociate.
Москва. Medvedev: "Inaccettabili le parole di Putin su "crociata". 
Roma. La diplomazia frena i raid in Libia.
Roma. Libia, Frattini: «Non deve essere guerra»
Libia, Berlusconi: Nato guidi operazioni, nessun colpo da nostri aerei

Notizie federali:
Napolitano: il federalismo dev'essere portato a termine, anche con la riforma del Parlamento.
Cittadinanzattiva: acqua del rubinetto? Sempre più cara
Armani: difendiamo il «made in italy» dagli stranieri

Forza Oltrepadani:
Bozen. In Alto Adige 23 comuni sono a rischio spopolamento.
Bozen. Bolzano, ondata di mendicanti in centro storico: arrivano in treno.
Bozen. Alto Adige: in arrivo 1.200 alloggi Ipes in 5 anni, un quartiere ponte tra Bolzano e Laives.


Санкт-Петербург. Gates offre a Mosca l'ingresso nelle coalizioni internazionali. Putin: in Libia come alle crociate. dall'inviato Roberta Miraglia. La Russia dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di entrare in future coalizioni internazionali. Lo ha detto lunedì, a San Pietroburgo, il segretario al Pentagono Robert Gates impegnato in due giorni di visita in Russia proprio mentre si alza la tensione per l'intervento in Libia che Mosca ha chiesto di fermare. «Invito voi e i vostri dirigenti a pensare in quale forma i militari russi potrebbero operare nel quadro delle coalizioni internazionali» ha detto Gates nel suo discorso ai cadetti dell'Accademia navale di San Pietroburgo, lanciando un messaggio distensivo ai dirigenti russi.
Il livello di cooperazione con Mosca del resto è ottimo, aveva dichiarato il ministro americano ai cronisti sull'aereo che lo portava in Russia, e il segnale più importante della collaborazione con l'Occidente è arrivato proprio sulla Libia quando venerdì notte a New York il governo di Mosca, nonostante i forti dubbi, non ha opposto il veto alla risoluzione 1973 che ha autorizzato le forze internazionali a far rispettare una "no-fly zone" nel paese. Un atteggiamento che i media russi hanno definito "alla cinese": astenersi per manifestare apertura alle richieste occidentali ma al tempo stesso sottolineare la distanza con l'interventismo nelle vicende interne degli stati. Sembra che la posizione di Mosca non sia stata granitica nella vicenda. Secondo il quotidiano Kommersant il presidente Dmitrij Medvedev avrebbe a un certo punto persino sposato l'idea della "no-fly zone" per poi arrivare al compromesso sull'astensione con il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. «Un tale approccio consente alla Russia di avere due risultati: rafforzare le relazioni con l'Occidente e mantenere i propri asset in Libia dopo un abbattimento del dittatore», ha scritto il giornale.
Passi avanti tra Gates e il collega russo della Difesa Anatolij Seryukov potrebbero arrivare anche sul fronte della difesa antimissile, finora punto di forte frizione tra i due paesi. «Siamo determinati a risolvere le difficoltà», ha detto Gates annunciando che Stati Uniti e Russia potrebbero cominciare a mettere in comune una banca dati in cui scambiare informazioni sui sistemi di lancio dei missili, per esempio. A fine novembre Medvedev aveva avvertito Washington che i piani di scudo americani avrebbero potuto scatenare una nuova corsa agli armamenti se Mosca non fosse stata chiamata a fare parte di un progetto condiviso. La paura dei russi, naturalmente, è che i piani antimissile degli Usa piazzino armamenti alle porte del paese, negli ex satelliti sovietici ora nella Nato.
Putin ironizza sulle crociate e annuncia: triplicheremo i missili
In questo quadro va segnalata comunque la presa di posizione del premier Vladimir Putin, che ha criticato senza mezzi termini la risoluzione con cui il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha autorizzato l'intervento militare contro la Libia. Per il premier russo si tratta di una «chiamata medievale alla crociata». Putin ha riconosciuto che in Libia c'è un regime non democratico, ma che questo «non giustifica un intervento militare». Per il primo ministro russo inoltre «gli eventi in Libia testimoniano che la Russia dovrebbe rinforzare le proprie difese». Putin ha nche fatto sapere che la Russia triplicherà la produzione di missili strategici dal 2013 e intende investirvi 77 miliardi di rubli di - circa 1,9 miliardi di euro - qui al 2020. Il premier ne ha parlato durante una riunione dedicata allo sviluppo del programma statale per gli armamenti nel periodo 2011-2020. 21 marzo 2011

Москва. Medvedev: "Inaccettabili le parole di Putin su "crociata". Mosca, 21-03-2011. Il presidente russo Dmitry Medvedev ha reagito duramente alle affermazioni del primo ministro Vladimir Putin, suo predecessore, che aveva criticato la risoluzione delle Nazioni Unite, in forza della quale è scattato l'intervento militare occidentale in Libia, paragonandola a una "chiamata alle Crociate come nel Medio Evo", aggiungendo che l'esistenza di un regime quale quello di Muammar Gheddafi di per se' non autorizza un'operazione bellica del genere.
Parole del genere, ha denunciato Medvedev, sono semplicemente "inaccettabili" giacche' "in nessuna circostanza è tollerabile l'uso di espressioni, tipo 'crociata' o altro, che in sostanza conducono a uno scontro di civiltà.
Si tratta della più clamorosa manifestazione pubblica di contrasto mai avvenuta tra i due leader del Cremlino, in concorrenza tra loro per le presidenziali previste in Russia l'anno prossimo. "E' inaccettabile", ha ripetuto Medvedev, "altrimenti qualsiasi cosa può andare a finire peggio ancora di come sta andando adesso la situazione. Chiunque", ha volutamente rimarcato, "se lo deve ricordare". Poi ha sottolineato che quanto sta avvenendo nel Paese nord-africano "deriva dall'orrendo comportamento dei suoi vertici" e "dai crimini da essi perpetrati contro il loro stesso popolo".
Il presidente russo ha quindi ribadito che Mosca non intende unirsi alla coalizione multinazionale anti-Gheddafi, ma è tuttavia disposta a partecipare ad attivita' di interposizione tra ribelli e lealisti libici.

Roma. La diplomazia frena i raid in Libia. Roma, 21-03-2011
Dopo le prime ondate di raid aerei sulla Libia, si agita il fronte diplomatico. Nell'Ue crescono le pressioni perché sia la Nato ad assumere il comando dell'operazione Alba dell'Odissea, mentre i distinguo della Lega araba fanno temere un'incrinatura nel fronte anti-Gheddafi.
Alla riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue a Bruxelles, che ha approvato una terza tornata di sanzioni contro il regime libico, il titolare della Farnesina, Franco Frattini, ha auspicato che sia l'Allenza atlantica a guidare le operazioni militari. Serve "un approccio più coordinato sotto la Nato, perché ne ha le capacita'", ha spiegato. "Altri Paesi della coalizione la pensano come noi - gli ha fatto eco da Roma il minisro ella Difesa, Ignazio La Russa, "ma su questo non c'è una totale condivisione. La linea di comando della Nato e' collaudata, gli assetti sono già prestabiliti e determinati. La qualità degli interventi avverrebbe in maniera più chiara e trasparente".
Frattini ha anche proposto che Ue, Onu, Lega araba e Unione africana promuovano un dialogo nazionale di riconciliazione in Libia, che tenga conto dei gruppi tribali. La Lega Araba, da parte sua, ha ribadito il sostegno alla risoluzione 1973 ma anche la preoccupazione che civili libici possano essere colpiti dai raid. Una puntualizzazione che ha fatto dire al ministro tedesco, Guido Westerwelle, che la Germania aveva "buone ragioni" per temere questa offensiva. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, in visita al Cairo, ha sottolineato al segretario della Lega Araba, Amr Mussa, l'importanza che il mondo parli "con una voce sola" sulla Libia. Al termine del colloquio una cinquantina di manifestanti pro-Gheddafi hanno circondato Ban in piazza Tahrir, costringendolo a uscire da un ingresso secondario. Critiche all'intervento militare sono arrivate dalla Russia, il cui premier Vladimir Putin ha definito la risoluzione Onu una "chiamata medievale alle crociate".
Il governo libico ha definito "senza senso" la notizia, diffusa dall'opposizione, della morte di Khamis Gheddafi, sesto figlio del Colonnello e comandante della 32ma Brigata. Smentite anche da testimoni oculari le notizie diffuse da Al Arabiya di bombardamenti sulla capitale nelle prime ore del mattino.
Secondo i ribelli le forze leali a Muammar Gheddafi stanno trasportando a Misurata "civili da una città vicina da utilizzare come scudi umani". Gheddafi ha esortato il popolo libico di tutto il Paese a partecipare ad una "marcia verde popolare strategica" verso Bengasi impugnando rami di ulivo per fermare "l'aggressione straniera".
Intanto la società napoletana Augusta ha confermato che il rimorchiatore italiano sequestrato in Libia e' ancora in navigazione e non ha raggiunto un attracco.

Roma. Libia, Frattini: «Non deve essere guerra»
Bersani: abbiamo fatto la cosa necessaria
Il ministro: è ora di passare sotto l'ombrello Nato. La Russa:
l'Onu non ci lascia scelta. Di Pietro: si rischia colonizzazione
ROMA - Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, fa bene il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a dire che "non dobbiamo lasciarci intimidire" dal colonnello Gheddafi. Frattini sottolinea che le minacce di Gheddafi alla comunità occidentale, Italia inclusa, «non sono venute fuori solo ieri e dal colonnello siamo stati abituati a minacce di ogni tipo. Ma, al tempo stesso, da Gheddafi abbiamo anche sentito la dichiarazione solenne di un "cessate il fuoco" e, anche in questo caso, non aveva detto la verità».
«Per le operazioni in Libia - dice Frattini - è giunto il momento di passare sotto l'ombrello della Nato che garantisce un approccio più coordinato» all'azione militare contro il regime libico». L'Italia vede con preoccupazione il crescente attivismo francese: Frattini sostiene che le operazioni in Libia non devono portare a una guerra, per cui è necessario verificare la coerenza dell'azione della coalizione internazionale con il pieno rispetto della risoluzione 1973 dell'Onu, che ha l'obiettivo di proteggere la popolazione libica.
«Verificare la coerenza con la risoluzione Onu». «L'Italia ha accettato di fare parte della coalizione internazionale proprio per fare rispettare il cessate il fuoco, fare fermare le violenze e proteggere la popolazione - dice Frattini - Vogliamo verificare molto attentamente tutte le azioni che saranno prese per verificarne la loro coerenza con la risoluzione Onu. Ecco perché crediamo sia tempo di muovere da una coalizione dei volenterosi ad un approccio più coordinato sotto la Nato, perché la Nato ha l'esperienza e la capacità per guidare un'azione meglio coordinata». Rispondendo ad altre domande dei giornalisti, Frattini ha ribadito che l'Italia intende verificare l'implementazione del cessate il fuoco «e vuole continuare a lavorare molto da vicino con la Lega araba e vuole avere coerenza: non vogliano andare oltre la stretta applicazione della risoluzione Onu».
La Russa: l'Onu non ci lasciava scelta. «La risoluzione Onu non ci lasciava scelta: ci imponeva di scegliere di stare dalla parte della comunità internazionale o contro, soprattutto tenendo conto del fatto che l'Italia ha le basi».
«Gli aerei italiani bombarderanno? Sono nella coalizione». «Gli aerei italiani fanno parte della coalizione che sta salvaguardando la vita del popolo libico»: così il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si è limitato a rispondere a chi gli chiedeva se i nostri aerei bombarderanno.
«La Lega non ha frapposto ostacoli, non vedo grandi divisioni nella maggioranza - dice La Russa - Ho viaggiato con Calderoli, Maroni e Bossi, e tengo a precisare che la Lega non ha frapposto ostacoli, c'è una necessità di verificare un percorso migliore. La Lega sa che nessuno volentieri ha deciso di partecipare alla missione».
Bersani: abbiamo fatto la cosa necessaria, ma bisogna farla bene. «Abbiamo fatto la cosa necessaria, adesso bisogna farla per bene - dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - Credo che l'intervento forse sia stato anche tardivo se si trattava, come si tratta, di fermare la guerra di Gheddafi contro il suo popolo. Noi dobbiamo partecipare a questa operazione che deve stare nei limiti del mandato delle Nazioni unite, dobbamo parteciparci con il profilo giusta e una posizione politica chiara. Purtroppo noi siamo in una situazione anche di debolezza, anche per il pregresso: molti Paesi hanno avuto rapporti realistici con la Libia, noi a volte li abbiamo avuti perfino servili negli ultimi tempi, e questo ci indebolisce. Spero che non ci indebolisca troppo anche questa divisione all'interno della maggioranza, perché abbiamo da un lato dichiarazioni iperbellicose, dall'altro dichiarazioni di disimpegno nella stessa maggioranza di governo, e questo certamente non fa bene. Per parte nostra, nei limiti delle indicazioni del mandato delle Nazioni unite, sosterremo questa operazione. La nostra Costituzione ripudia la guerra come soluzione delle controversie internazionali, ma non certamente l'uso della forza per ragioni di giustizia e dentro decisioni che siano di organismi ai quali abbiamo delegato una parte della nostra sovranità, in particolare le Nazioni unite, perché se noi lasciamo correre anche i massacri credo che veniamo meno ad un compito basico che ci assegna la nostra Costituzione. Voglio credere che non si stiano bombardando i civili, credo che l'operazione militare sia riferita a fermare le basi logistiche, le basi di partenza delle offensive del governo di Gheddafi. Escludo che Gheddafi sia incondizione di nuocere all'Italia, dobbiamo avere paura che a questa operazione militare non si accompagni un'iniziativa politica».
Di Pietro: si rischia intervento di colonizzazione. «Dall'intervento umanitario e di interdizione si sta rischiando di passare a un intervento di colonizzazione, e questo è pericoloso - dice il leader Idv, Antonio Di Pietro - Vogliamo che siano rispettati i limiti di mandato dell'Onu e chiediamo che il governo riferisca in Parlamento per sapere in base a quale assunzione di responsabilità di governo sono stati mandati anche i nostri aerei, posto che la Lega dice che l'autorizzazione non era stata data».

Libia, Berlusconi: Nato guidi operazioni, nessun colpo da nostri aerei
Per il premier è essenziale una chiara definizione della missione. Spuntano dubbi su Odyssey Dawn da parte della Chiesa
Roma, 21 mar (Il Velino) - Il comando dell’operazione “Odyssey Dawn” “deve tornare alla Nato e comunque ci deve essere un coordinamento diverso da quello che c’è oggi". Per l’Italia “è essenziale la chiara definizione della missione limitata alla no fly zone, all'embargo, alla protezione di civili". Inoltre, "i nostri aerei non hanno sparato e non spareranno". Da Torino, dove partecipa alla conferenza stampa a Torino per la presentazione del candidato sindaco del Pdl Michele Coppola, il premier Silvio Berlusconi fissa le condizioni entro cui, secondo il nostro paese, “Odyssey Dawn” può continuare a dispiegarsi. I paletti piantati dal presidente del Consiglio attestano che, al terzo giorno di operazioni militari contro il regime di Muammar Gheddafi, comincia a emergere - tra i paesi che vi hanno aderito, compresa l’Italia - più di un cenno di incrinatura. Tanto che qualche osservatore si spinge a intravedere avvisaglie di crisi diplomatiche, in particolare nella relazione tra Francia e Italia, rispetto alla gestione delle basi utilizzate.

Italia e Gran Bretagna spingono per una diretta assunzione di responsabilità da parte della Nato, la Francia segue una logica differente e difende la sua aspirazione a svolgere un ruolo-guida. A Parigi giunge un chiaro monito anche dal ministro degli Esteri Franco Frattini: se la Nato non assumerà le redini delle operazioni, "se ci fosse una moltiplicazione dei comandi, dovremo studiare un modo perché l'Italia assuma la responsabilità del controllo delle proprie basi", dice il titolare della Farnesina al termine del Consiglio Affari esteri a Bruxelles. Nessuno mette in dubbio la necessità dell’operazione internazionale avviata per garantire il rispetto della no-fly zone decretata dalla risoluzione 1973 dell’Onu: sia il capo dello Stato sia il presidente del Consiglio hanno avuto oggi modo di segnalare - il primo in un intervento in pubblico a Varese, il secondo in una conversazione con Umberto Bossi e altri ministri in viaggio verso Roma - che non c’erano alternative all’adesione italiana. Un’adesione che - avverte il ministro della Difesa Ignazio La Russa - non garantisce comunque alcun vantaggio all’Italia, anche se partecipando alle operazioni - aggiunge - “stiamo evitando più grandi svantaggi”, visto che “se ce ne stessimo con le mani in mano ci sarebbero danni, pericoli per la sicurezza italiana, danni in termini di approvvigionamento energetico e di prestigio internazionale”.

Col passare delle ore, la reazione emotiva che aveva caratterizzato l’avvio delle operazioni cede il passo, anche nel nostro paese, a un più freddo esame di luci e ombre proiettate sul suolo libico. E fanno riflettere, sul versante della Chiesa, le severe parole pronunciate dal Vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, secondo il quale “la guerra non risolve niente”: occorre anzi “fermare le armi e avviare subito una mediazione per risolvere la crisi in modo pacifico”. (red) 21 mar 2011 19:54

Napolitano: il federalismo dev'essere portato a termine, anche con la riforma del Parlamento. «Mi auguro che lo sforzo che è già a buon punto possa proseguire e arrivare a conclusione con la massima condivisione»: così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha parlato del federalismo durante l'inaugurazione della nuova sede della Regione Lombardia a Milano. Napolitano ha sottolineato la necessità di arrivare in fretta alla piena attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione sulle autonomie locali. «Adesso non possiamo concederci il lusso di lasciare il lavoro incompiuto e di non erigere un edificio solido ancora una volta», ha detto riferendosi alla nascita delle Regioni nel 1970.

Il capo dello Stato ha ricordato che dall'approvazione della Costituzione alla nascita delle Regioni «ci vollero 22 anni. Probabilmente - ha aggiunto - l'affermazioni del ruolo delle Regioni nella Costituzione rimase incerta e timida, ma pesò poi in modo particolare il successivo ritardo. Abbiamo iniziato la strada nel 1970 e l'abbiamo percorsa tra molte difficoltà e crescenti contraddizioni. Così è maturata la riforma del Titolo V della Costituzione, una svolta e una evoluzione più conseguente in senso federalista del sistema delle autonomie».
Secondo il presidente, questa «è la condizione che questo edificio possa posare su basi solide» ed in questo modo dare «all'Italia una prospettiva di unità ed autonomia che possa essere coltivata dalle nuove generazioni». Il capo dello Stato ha parlato davanti ad una platea di autorità, tra cui tutti gli assessori leghisti e tanti consiglieri, inclusi Renzo Bossi che alla fine ha applaudito.
E nell'ottica del federalismo, anche il ruolo del Parlamento va riformato: il presidente ha spiegato che bisogna portare a termine l'attuazione del titolo V «trovando strada di equilibrio e corrispondenza tra il ruolo dello Stato, il ruolo delle amministrazioni nazionali, delle grandi istituzioni come quella parlamentare, che a sua volta va riformata nella nuova prospettiva, ed il ruolo delle Regioni, delle Province e dei Comuni».

Cittadinanzattiva: acqua del rubinetto? Sempre più cara
21/03/2011 - 12:30
L'acqua del rubinetto? Aumenta la bolletta, diminuisce il livello di soddisfazione e la fiducia da parte degli utenti, specie dopo le recenti decisioni della Commissione Europea che di fatto l'ha resa inutilizzabile ai fini potabili per oltre un milione di italiani. Al Sud, la popolazione che dichiara di non berla abitudinariamente supera il 60% (nel resto del Paese è al 54%), soprattutto a causa del cattivo sapore e di una crescente diffidenza sui controlli di qualità.
Nell'annuale dossier, realizzato dall'Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, l'associazione analizza le contraddizioni del Servizio Idrico Integrato nel nostro Paese alla vigilia della Giornata Mondiale dell'acqua. Rispetto al 2008, il costo dell'acqua non fa che aumentare: +6,7% la media, con aumenti enormi a Viterbo (+53,4%, record nazionale), Treviso (+44,7%) Palermo (+34%) e in altre sette città, dove gli incrementi hanno superato il 20%: Venezia (+25,8%), Udine (+25,8%), Asti (+25,3%), Ragusa (+20,9%), Carrara (+20,7%), Massa (+20,7%) e (Parma +20,2%). In ulteriori dieci città gli aumenti hanno superato il 10%.
In generale, gli incrementi si sono registrati in ben 80 capoluoghi di provincia. Inoltre, secondo dati Istat, da gennaio 2000 a dicembre 2010 l'aumento è stato del 64,4%. In un anno una famiglia sostiene in media una spesa di 270€ per il servizio idrico integrato. L'indagine svolta dall'Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva è stata realizzata in tutti i capoluoghi, relativamente all'anno 2009. L'attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa o ex nolo contatori. I dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua (in linea con quanto calcolato dal Comitato di Vigilanza sull'Uso delle Risorse Idriche), e sono comprensivi di Iva al 10%.
Con ben 8 tra le prime 10 città più care, la Toscana si conferma la regione con le tariffe mediamente più alte (369€). Costi più elevati della media nazionale si riscontrano anche in Umbria (339€), Emilia Romagna (319€), Marche e Puglia (312€), Sicilia (279€). Marcate differenze esistono anche all'interno di una stessa regione: ad esempio, nella stessa Toscana, tra Firenze, Pistoia e Prato (le città più care d'Italia con 421€) e Lucca intercorre una differenza di 185€. Esempi simili si possono trovare anche in Sicilia (tra Agrigento e Catania lo scarto è addirittura di 232€), Piemonte (a Vercelli il costo è di 164€ superiore rispetto a Cuneo), Liguria, Veneto, Marche e Lombardia.

Armani: difendiamo il «made in italy» dagli stranieri
Il guru della moda auspica una maggiore integrazione fra le imprese del Paese
Fonte: © TMNews - Pubblicata il 21/03/2011
ROMA - «Mi piacerebbe che le aziende italiane rimanessero italiane e si organizzassero in modo tale da non aver bisogno di un acquirente straniero», afferma Giorgio Armani il quale aggiunge: le cessioni «mi rattristano un po'», ma «anche l'Italia può competere».
Secondo l’industriale-stilista «E' necessario prendere atto che i cambiamenti subiti in questi anni dall'economia hanno avuto importanti ripercussioni anche sul mercato del lusso». Armani sostiene inoltre che «alcune aziende hanno perso in solidità economica o nella capacità di soddisfare il sempre più esigente mercato azionario».

MI HA RATTRISTATO LE VENDITA AI FRANCESI DI BULGARI - In un'intervista al CorrierEconomia, Armani spiega che questo sta aprendo le porte «all'acquisizione da parte di grossi gruppi stranieri» come nel caso di Bulgari. «Mi piacerebbe - aggiunge - che le aziende italiane rimanessero italiane e si organizzassero in modo tale da non aver bisogno di un acquirente straniero». Le cessioni «mi rattristano un po'», ma «anche l'Italia può competere», afferma.
«Prima di guardare all'estero - conclude lo stilista - devo assicurarmi che i nostri marchi continuino a essere bene aggregati tra loro».

Bozen. In Alto Adige 23 comuni sono a rischio spopolamento. La commissione nominata dalla Giunta provinciale ha presentato una prima bozza della situazione e dei possibili provvedimenti che dovranno essere valutati caso per caso. Nell'elenco anche località ricche come Corvara. BOLZANO. Sono 23 i comuni a rischio spopolamento in Provincia di Bolzano. La commissione nominata dalla Giunta provinciale ha presentato una prima bozza della situazione e dei possibili provvedimenti che dovranno essere valutati caso per caso. ''Vogliamo intervenire subito prima che sia troppo tardi'', ha sottolineato il presidente Luis Durnwalder.
''La situazione dei comuni altoatesini a rischio spopolamento non è drammatica - ha spiegato il governatore Durnwalder - ma proprio per evitare problemi di qualsiasi tipo vogliamo intervenire il prima possibile proponendo soluzioni veloci e realizzabili in tempi contenuti''.
I comuni considerati a rischio spopolamento sono 23, e se ne sta occupando un apposito gruppo di lavoro nominato dalla Giunta provinciale e guidato da Helmuth Pinggera e Christoph Gufler.
''I motivi di questa riduzione nel numero dei residenti sono diversi - ha precisato Luis Durnwalder - e possono riguardare non solo la mancanza di posti di lavoro adeguati o la non sufficiente qualità di vita. Ci sono alcuni paesi, come ad esempio Corvara, che vedono calare i propri abitanti per l'elevato costo delle abitazioni, e non certo perché l'economia della zona è in crisi''.
''Vogliamo garantire al nostro territorio uno sviluppo che sia il più equilibrato possibile tra grandi centri e periferia - ha aggiunto Durnwalder - e per questo contiamo di inserire gia' nella prima bozza del Lerop, che verra' discussa a giugno, delle misure ad hoc per ognuno dei singoli comuni''.

Bozen. Bolzano, ondata di mendicanti in centro storico: arrivano in treno. Sono pendolari, arrivano e in treno e invadono la città nelle giornate più turistiche.
di Davide Pasquali. BOLZANO. Arrivano al seguito dei turisti, che affollano la città in queste calde giornate primaverili. Li si vede anche durante la settimana e nelle più svariate zone della città, ma nel corso del weekend pare si moltiplichino, arrecando notevole disturbo soprattutto in centro storico. Stiamo parlando di chi si dedica all'accattonaggio, non tanto per necessità quanto per scelta per così dire professionale. Anche chi solitamente non ci fa caso, negli scorsi giorni passeggiando in città lo ha notato: sono aumentati a dismisura, come per magia. I pendolari via treno li conoscono bene, perché i più non abitano in città. Al mattino salgono su qualche regionale, e poi smontano in piazza Stazione per iniziare la loro giornata lavorativa. Ora per alcuni la misura è colma. Tanto che si chiede al sindaco di prendere dei provvedimenti.  «È indubbio - dice il consigliere comunale della federazione altoatesina del Partito socialista italiano Claudio Della Ratta - che in questi ultimi periodi è considerevolmente aumentato il fenomeno dell'accattonaggio».
Lungo le vie del centro e anche in periferia, davanti ai supermercati, ai bar ed ai negozi, davanti al cimitero ed alle chiese, «ovunque ci si imbatte in mendicanti che insistentemente chiedono l'elemosina».
Il cittadino, specie le donne e gli anziani, «è tartassato e indifeso di fronte a uno stillicidio di richieste e "piccole molestie", e molti non ne possono davvero più».
In Europa, spiega Della Ratta, sono molti gli Stati che sono interventi o stanno intervenendo in materia.
In Gran Bretagna, che per civiltà non è seconda a nessuno, l'accattonaggio è considerato reato ed è causa di espulsione di numerosissimi immigrati, clandestini o meno.
La Francia è recentemente intervenuta. In Austria è in via di introduzione una legge che imporrà il divieto di
accattonaggio.
In tema di accattonaggio la Corte costituzionale ha deciso qualche tempo fa che l'elemosina per strada non era più reato (escluso chi mendica simulando infermità in modo fraudolento).
Della Ratta prosegue: «Però il Decreto sicurezza (92/2008) dispone che il sindaco possa adottare provvedimenti contingibili ed urgenti. Sono molti i comuni che stanno "approfittando" di questo ed emanano ordinanze del tipo: "Su tutto il territorio comunale è vietato porre in essere forme di accattonaggio insistente, petulante e molesto, con qualunque modalità, in ogni spazio pubblico o aperto al pubblico del territorio medesimo"».
Considerare l'accattonaggio come un evento eccezionale a cui non si può porre rimedio con strumenti ordinari, dice, «è forse un eccesso». Infatti «le ordinanze del genere promosse dai sindaci (spesso leghisti) solitamente sono state impugnate».
Secondo il consigliere Psi «è però necessario cominciare a valutare la gravità del problema accattonaggio a Bolzano, senza predicare tolleranza pietosa, all'insegna del "vogliamoci bene". In questo modo non si fanno gli interessi né dei cittadini né di coloro che chiedono l'elemosina, spesso loro stessi vittime di sfruttatori».

Bozen. Alto Adige: in arrivo 1.200 alloggi Ipes in 5 anni, un quartiere ponte tra Bolzano e Laives. La Provincia ha stimato in 2.400 alloggi il fabbisogno di case per i prossimi 5 anni; la metà saranno realizzati ex novo. E quelli necessari al capoluogo saranno accorpati a quelli di Laives. BOLZANO. Sono stimati in 2.400 gli alloggi popolari Ipes necessari nei prossimi 5 anni per soddisfare il fabbisogno in Alto Adige: il programma di costruzione e' stato approvato dalla Giunta provinciale.
Su proposta dell'assessore Christian Tommasini la Giunta ha dato via libera al programma di costruzione 2011-2015. ''Nei prossimi cinque anni - ha spiegato in conferenza stampa il presidente Luis Durnwalder - sulla base delle richieste con almeno 25 punti e dell'andamento della situazione locale il fabbisogno abitativo dell'Ipes è stimato in circa 2.400 alloggi".
Un migliaio però sono quelli recuperati che tornano disponibili per svariati motivi - decesso o trasferimento dell'inquilino, sopravvenuta mancanza dei requisiti, acquisto di casa in proprietà - e vengono riassegnati.
Altri 200 verranno affittati dall'Ipes sul libero mercato e successivamente subaffittati. Pertanto da costruire ex novo restano 1.200 alloggi, ''un programma sicuramente fattibile nell'arco di cinque anni, considerato che la Giunta mette ogni anno a disposizione dell'Ipes tra i 60 e gli 80 milioni di euro e che il costo medio di un alloggio si aggira sui 200 mila euro'', ha specificato Durnwalder.
Il Presidente ha ricordato che il nuovo programma Ipes fino al 2015 prevede una quota del 20% di alloggi riservata alla terza età e una quota analoga per le categorie svantaggiate.
Sul piano di realizzazione, Durwalder ha detto che ''la Giunta intende destinare e costruire gli alloggi non più sulla base del singolo Comune ma del più ampio bacino di utenza, come ad esempio nel caso di Bolzano e Laives".

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