giovedì 21 aprile 2011

Federali-Mattino. 22 aprile 2011. Entro il 2011 il debito pubblico dello Stato italiano raggiungerà la rassicurante cifra di 2.000 miliardi di euro. Veneto. La giunta Zaia ha ceduto 24 milioni alla causa, ma ha portato a casa 8 miliardi e 612 milioni, ai quali vanno aggiunti altri 127 milioni legati agli obiettivi di salute.-----L'Alto Adige si conferma un territorio con un benessere superiore alla media, sia che si consideri il Pil pro capite sia che si guardi al valore per unità di lavoro

Confinanti con la padania:
Francia. Sotto la stessa insegna
San Marino. Tremonti si appresta a brindare!
San Marino. Italia, un futuro più a tinte nere che di color rosa               
San Marino. Frontiere e frontalieri. L’Europa si chiude a riccio

Effetto elezioni:
Governo: Galan attacca Tremonti, "ci fa perdere voti"
Roma. Politiche economiche: Berlusconi appoggia ministro Tremonti

Budgets in forse:
Bozen. Export e ricerca: Alto Adige indietro
Mantova. «Sono il vero leghista. Pronto a dimezzare i costi della politica»
Trento. In aumento i turisti russi nel «fiacco» inverno trentino
Brescia. Disoccupati al 29,4% «Un dato strutturale»
Brescia. Affitti: giù il canone, sale l'agevolazione
Venezia. Sanità, il Veneto porta a casa il tesoro e cede 24 milioni alle Regioni in rosso
Venezia vuole il traduttore dal veneto all'inglese
Parma. "Edilizia in crisi, servono interventi"


Francia. Sotto la stessa insegna
[Articolo originale "A la même enseigne" di SIBYLLE VINCENDON]
di SIBYLLE VINCENDON – 2 aprile 2011
Pubblicato in: Francia
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
Mistero italiano. Perchè le strade commerciali delle città italiane non sono ricche di insegne di catene commerciali? Gli italiani certamente vendono magliettine striminzite di colore rosa acceso a ragazzine di 13 anni così come accade in Francia, ma il negozio non si chiama Jennyfer o Pimckie. Non fanno né meglio né peggio delle reti di negozi in franchising, ma più vario.
Il caso diventa più misterioso [se si pensa] che in Europa fare shopping è uguale dappertutto : sia chi ci si trovi in Oxford Street a Londra, che in rue Neuve a Bruxelles, in rue de la République a Lyon o a Parigi in rue de Rennes, si entra sempre nello stesso Gap. Da cosa dipende allora che a Lucca, Firenze, o Brescia, un negozietto di guanti si trova accanto ad una salumeria ?

Dipende dall’urbanistica delle città, risponde Nathalie Dubreu, direttrice di Eurelia, federazione europea delle insegne. La citta italiana ha questa struttura storica così carina, fatta di stradine, edifici stretti, che hanno pianterreni minuscoli. « Il centro storico di Brescia è molto complicato da gestire », riferisce la specialista e precisa : « I locali sono piccoli con una facciata esterna striminzita» 45 metri quadri, vanno benissimo per il piccolo negoziante che vende orecchini artigianali ma sono del tutto inadeguati per Mango o Promod. « Oggi, i negozi in franchising hanno bisogno di 120 a 150 metri quadri per dare il meglio di sé – prosegue Nathalie Dubreu – Si può sempre aspettare [il momento giusto] e unire due spazi commerciali ma spesso ci sono dei pilastri e diventa complicato ».

Questi centri storici così caratteristici sono controllati molto da vicino dal’amministrazione pubblica italiana, che già da tempo ha compreso il loro valore patrimoniale e turistico. Ma le regole non infastidiscono i giganti del franchising. « Per quanto riguarda la segnaletica o le vetrine, le insegne si possono adattare », dice Nathalie Dubreu. La migliore dimostrazione : il McDonald’s di Salisburgo e la sua incantevole insegna di ferro battuto.

Con le sue botteghe decorate, l’Italia quindi è in una certa misura al riparo dall’uniformazione. Sui siti web delle associazioni commerciali in franchising, l’Italia viene descritta come una terra da conquista, che offre « ottime prospettive », secondo quanto afferma Italo Bussoli, il presidente italiano di Assofranchising in un video apparso su You-Tube. Tuttavia, non è facile.

Perchè in fatto di commercio, gli italiani ci sanno fare. Le loro città sono nate dagli scambi commerciali. Venezia è una città di mercanti, così come Genova. Mentre i nostri paesini francesi nascevano attorno al castello del signorotto e oplà tutti dentro alla fortezza quando arrivava l’invasore, i veneziani, i genovesi, i padovani andavano alla conquista delle vie commerciali. Questo coraggio ha reso i cittadini ricchi e le città belle. L’eredità ha lasciato tracce, e l’Italia se ne intende di commercio da sempre. In altre parole l’apertura dei centri Décathlon e Zara resta in sospeso.

San Marino. Tremonti si appresta a brindare!
Scritto da Fabbri Mario - giovedì, 21 aprile 2011
L’Uomo che ride solo in compagnia del leader della Lega Nord, Umberto Bossi, tra pochi giorni festeggerà una lieta e graditissima notizia. Una notizia tanto felice che ci tiene a non propagandarla agli italiani, ma ci tiene tantissimo a tenerla custodita tutta per se. Guai a parlarne in pubblico o diffonderla all’opinione pubblica!

Il debito pubblico dello Stato italiano raggiungerà la rassicurante cifra di 2.000 MILIARDI DI EURO (DUEMILAMILIARDI DI EURO).  Una cifrettina piccola piccola, che grazie al cielo l’Italia raggiunge col contributo determinante del suo ministro che ha saputo tenere in ordine i conti! QUATTRO MILIONI DI MILIARDI DI VECCHIE LIRE DI DEBITO PUBBLICO! Alla faccia! Figuriamoci se non era bravo!

Come il giochetto del dito e la luna, ovviamente questa notizia viene celata dai media italiani sovrapponendo ad arte e consapelvolmente una moltitudine di fumosi temi apposta messi in agenda politica, ma che nulla muovono in termini di crescita e rilancio lo Stato italiano.

Si parla di giustizia, di Ruby Rubacuori, di troiettine e puttanelle, di sinistra e comunisti, di magistrati politicizzati-terroristi messi alla gogna, di Fini e Montecarlo, di Emilio Fede e Lele Mora, di Rosy Bindi che è più o meno bella, di Bunga Bunga, di orge e orgettine, insomma di tutto fuorché di cose serie.

Intanto l’Italia sprofonda e statene certi di chi è la colpa: ma si, ovviamente della Sinistra, quella Sinistra che mangia i bambini…… O di Fini. O di Casini. O di Prodi. O di Napolitino. Mai chi realmente ha le reali e grandi responsabilità di questo precipitoso declino dell’Italia se ne esce come il Liberale sceso in campo per salvare se stesso, pardon, l’Italia.
 (21 aprile 2011)

San Marino. Italia, un futuro più a tinte nere che di color rosa               
 Giovedì 21 Aprile 2011
Vi è un altro modo per considerare la misura della tremenda recessione in cui è caduta l’economia del Bel Paese. Infatti, secondo quanto rivelato dall’Istat, nel 2010 gli investimenti fissi lordi sono crollati del 12,1% in termini reali, un livello mai visto prima, almeno a partire dal 1970 – epoca in cui è iniziato questo tipo di rilevazione - e paragonabile solo al crollo visto nella precedente crisi del 1993, quando si raggiunse un -11,5%. Avverte lo stesso Istituto di Statistica che la diminuzione della spesa in beni capitali nell’ultimo biennio ha interessato tutti i settori dell’economia e ne presenta anche i dati disaggregati. Si scopre così che nel 2010 gli investimenti fissi lordi del settore industriale sono diminuiti del 14,9% rispetto all’anno precedente, facendo seguito a un calo del 4,1% visto nel 2009 (+4,9% nel 2008). La stessa emorragia è rilevabile pure nel settore dei servizi nel quale si riscontra un calo della spesa per capitale fisso pari a -10,6% nel 2010 e a -4,0% nel 2009 (+0,7% nel 2008). Gli investimenti del settore dei servizi, valutati al netto degli investimenti in case per civili abitazioni, risultano in calo dell’11,3% nel 2010 e del 5,1 nel 2009 (+0,6% nel 2008). Uno dei settori più colpiti è stato poi quello dell’agricoltura che nel 2010 ha fatto registrare un’ulteriore flessione (-17,4%), confermando la tendenza negativa registrata nei due anni precedenti (-2,7% nel 2009 e -4,7% nel 2008). Con queste rilevazioni è facile rilevare che nello scorso anno gli investimenti fissi lordi per addetto sono scesi a 9.600 euro, rafforzando la tendenza alla diminuzione manifestatasi già nel 2009 (10.600 euro, contro gli 11.000 euro nel 2008). Gli investimenti per addetto sono pari 10.200 euro nell’industria (in calo rispetto al valore di 11.300 euro del 2009 e di 11.600 euro nel 2008) e a 9.500 euro nei servizi (10.500 euro nel 2009 e 11.000 euro registrato nel 2008). Un ulteriore e preoccupante distinguo deriva dai dati di cui sopra, considerati al netto degli investimenti in abitazioni, il cui ammontare per addetto nel settore dei servizi è pari a 6.600 euro (7.300 euro del 2009 e 7.700 del 2008). Nel settore agricolo, invece, e sempre al netto degli investimenti per abitazioni, per addetto, ammontano a 6.400 euro (7.600 nel 2008 e nel 2009).

San Marino. Frontiere e frontalieri. L’Europa si chiude a riccio
Giovedì 21 Aprile 2011
di Saverio Mercadante
La globalizzazione, un’Europa aperta, libera e bella? Macché, è solo e sempre un problema di frontiere e frontalieri. Da San Marino alla Svizzera, passando per i migranti “economici” che dalla Tunisia arrivano sulla penisola facendo scalo nella piattaforma supercongestionata di Lampedusa scatenando l’inferno tra Italia e resto dell’Europa. Altro che trattato di Shengen. Qui da una parte c’è un’Europa che fa le pulci all’Italia su come va declinato correttamente (non basta il permesso transitorio, ci vogliono anche documenti e soldi), e rifiuta di accogliere i 20 mila migranti che provengono dalla Tunisia, dall’altra c’è una Svizzera - anzi il Canton Ticino, dopo la vittoria dei leghisti - che vuole bastonare Tremonti (in Italia da sempre vicino alla Lega) per lo scudo fiscale, rifacendosi sui frontalieri italiani. Dall’altra ancora, c’è sempre Tremendino Tremonti che stringe il collo a San Marino rifiutandosi di firmare qualsiasi accordo. Risultato: i frontalieri italiani pagano due volte, franchigia eliminata in Italia, supertassa a San Marino che colpisce come sempre i redditi più bassi e le famiglie numerose.

Altro tassello della schizofrenia da frontiere: proprio a Ventimiglia dove ci sono altri 5 mila frontalieri italiani nelle stesse condizioni di quelli che lavorano in Repubblica, proprio lì su quel confine c’è il punto di maggior attrito tra Francia e Italia. E’ di nuovo allarme immigrati. Arrivano a centinaia gli extracomunitari che vogliono andare in Francia che però prosegue nella politica dei respingimenti. “La situazione non è ancora di emergenza - ha affermato il sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino - ma anche dieci anni fa, all’inizio, il problema curdi non sembrava grave e poi sono arrivati ad essere 5 mila. Dobbiamo fare attenzione, perché non vogliamo che il caso si ripeta”. Tra l’altro, dovrebbero arrivare un centinaio di migranti anche a Rimini. E sulla Rupe, Sinistra Unita ha già proposto che anche San Marino partecipi all’accoglienza dei migranti.
Ma torniamo al Canton Ticino. Il leader maximo della Lega, l’incredibile Giuliano Bignasca non sta più nella sua faccia gommosa e schiacciata: “È un risultato fantastico. A brevissimo qualcosa cambierà sia sul fronte della disoccupazione sia su quello del lavoro che del frontalierato”. È la sua prima affermazione sul tema caldo della campagna elettorale: i lavoratori italiani provenienti da oltre confine (circa 45 mila), i frontalieri, contro cui i leghisti ticinesi hanno concentrato tutte le loro munizioni. E scatta subito la provocazione: “Adesso chiudiamo i valichi per tre giorni”. La Lega Ticinese, da forza di protesta (nata nel 1991) è divenuta il primo movimento politico del Ticino.

Il “fora ’i bal” ticinese ha trionfato alle elezioni cantonali in Ticino.
La Lega Ticinese ottiene il 29,8% ed è il primo partito, con due seggi in Consiglio di Stato (l’esecutivo). Superato il Partito liberale radicale (25%), da sempre detentore della maggioranza relativa. In calo anche gli altri partiti storici del Cantone: i popolari democratici scendono dal 21% al 19,9%, i socialisti precipitano dal 21% al 16%. Bene i Verdi: dal 2 salgono al 6%.

Per la Lega gli accordi bilaterali hanno messo in crisi il Ticino, con concorrenza sleale da parte delle aziende di confine, i TIR in transito intasano le autostrade ticinesi, hanno messo sotto accusa libera circolazione delle persone unilaterale per i Paesi Ue. Il Ticino era stato qualche tempo fa teatro di una campagna di manifesti contro i “ratt”, ovvero i lavoratori frontalieri provenienti dalla vicina Italia.
Il Cantone comunque non ha la competenza giuridica per regolare i rapporti frontalieri tra la Svizzera e gli altri Stati. E La Lega comunque dovrà mediare con gli altri partiti presenti nel Consiglio di Stato, con liberali radicali, popolari democratici e socialisti.
Però può metter molti bastoni tra le ruote del frontalierato italiano: inasprimento dei controlli nei cantieri o alle frontiere, facendo presa proprio sulla spauracchio della pressione degli immigrati tunisini sbarcati in Italia.
Il numero di frontalieri è in costante aumento (+ 6% l’ultimo anno) nonostante la crisi abbia toccato anche questa zona economicamente molto fortunata. E il “Bossi svizzero”, dall’alto della sua affermazione elettorale vuole trattare direttamente con Tremonti: questione di tasse e, quindi, risorse da investire sul territorio.
Nel 1974 con un accordo bilaterale tra la Svizzera e l’Italia per la prima volta si regolarono i “ristorni”: la percentuale di tasse, versate in Svizzera dai lavoratori italiani, che i tre cantoni di confine (Ticino, Grigioni e Vallone) danno all’Italia affinché Roma le rigiri a Comuni e Province di frontiera. La quota fissata è del 38,8%. La Lega ticinese, ma a sorpresa anche il Partito popolare democratico, ora vogliono cambiare radicalmente.

Governo: Galan attacca Tremonti, "ci fa perdere voti"
Con un'intervista al Giornale l'ex governatore del Veneto oggi ministro della Cultura spara a zero sul collega di origini cadorine: "Eravamo liberali, ora siamo commissariati da un socialista"
ROMA. Tornare allo ''spirito del '94'', ''rinnovare il partito e la sua classe dirigente'' e ''arginare lo spettro di Giulio Tremonti che aleggia su qualunque decisione del governo'', lasciando che ''il centro delle decisioni'' torni a Palazzo Chigi. Sono le parole del ministro per i Beni Culturali, Giancarlo Galan, che in un'intervista al Giornale chiede a Berlusconi una ''scossa'' per ''rivoluzionare dalle fondamenta un Pdl nel quale è ormai molto difficile riconoscersi''.

 Forza Italia, spiega Galan, ''è stata un'esperienza unica, originale, fuori dagli schemi e lucidamente folle. E oggi di quei sogni, di quelle speranze e, perché no, di quelle illusioni è rimasto ben poco''. ''Nel '94 - prosegue Galan - discutevamo se presentarci solo alle politiche e non alle amministrative facendo di Forza Italia una sorta di comitato elettorale ed oggi siamo arrivati all'estremo opposto: ci siamo ridotti a prendere ordini da politici di professione come Ignazio La Russa e Fabrizio Cicchitto''.

 ''Siamo scesi in politica in nome delle idee liberali e oggi siamo finiti con un governo perennemente commissariato da un socialista come Giulio Tremonti''. Il ministro dell'Economia secondo Galan ha il merito di aver 'salvato' l'Italia dalla ''fine della Grecia'' ma, prosegue l'esponente di governo, ''fra due anni non possiamo certo fare la campagna elettorale su un argomento simile. Traduzione: con Tremonti si perdono le elezioni'', ''le perdiamo tutti noi''.

 Per quanto riguarda il suo nuovo incarico come ministro dei Beni Culturali, Galan ha in mente tre provvedimenti per comcinciare: ''inasprimento delle pene'' per chi depreda i beni archeologici, ''sgravi fiscali sul modello francese per chi offre un contributo economico alla loro tutela'' e ''l'estensione della responsabilità civile a chi
effettua expertise''. 21 aprile 2011

Roma. Politiche economiche: Berlusconi appoggia ministro Tremonti
21 Aprile 2011
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ribadisce il suo pieno sostegno all’azione del Ministro dell’economia Giulio Tremonti.
Grazie alle linee di politica economica, sempre condivise e approvate dal Consiglio dei Ministri, l’Italia ha garantito la tenuta del bilancio dello Stato e con questa la sicurezza del risparmio e la coesione sociale. È una linea che deve essere mantenuta in un contesto di permanenti turbolenze finanziarie nel mondo.

Bozen. Export e ricerca: Alto Adige indietro
Bene Pil e occupazione, male innovazione e internazionalizzazione
di Mirco Marchiodi
BOLZANO. Nonostante sia la provincia più ricca d'Italia, l'Alto Adige non riesce a tenere il passo di altre realtà italiane su innovazione ed export. Sono queste le due sfide da affrontare nel prossimo futuro da imprese e politica, stando ai dati del rapporto sull'economia presentato ieri dall'Astat.
 Oltre duecento pagine fitte fitte di dati e tabelle. Il rapporto sull'economia dell'Alto Adige presentato ieri dall'Astat offre una fotografia completa sullo stato di salute del territorio bolzanino. Uno stato di salute - questo dicono i numeri - che oggi è molto buono, ma che guardando al futuro presenta diverse criticità proprio nei settori definiti strategici. «Lo scopo di questo studio - sottolinea il direttore dell'Astat Alfred Aberer - è quello di mettere in luce i punti di forza e di debolezza dell'economia locale».
RICCHEZZA AL TOP. L'Alto Adige si conferma un territorio con un benessere superiore alla media, sia che si consideri il Pil pro capite sia che si guardi al valore per unità di lavoro. Con 34.400 euro il Pil pro capite altoatesino è il più alto d'Italia, mentre calcolando lo stesso valore rispetto alle unità di lavoro e non alla popolazione, Bolzano perde qualche posizione ma con 64.800 euro per dipendente resta comunque tra le prime realtà italiane (in testa c'è il Lazio con 70.300 euro).
 Il prodotto interno lordo è destinato a crescere anche nel 2011: secondo la Camera di commercio oltre l'1%, secondo l'Astat in misura pari all'1,7%. «Le nostre previsioni sono leggermente diverse - spiega Aberer - perché si basano su dati differenti. Siamo comunque convinti che l'economia altoatesina crescerà ancora. Le ripercussioni negative derivanti dagli ultimi avvenimenti internazionali non dovrebbero cambiare molto questo
quadro, ma probabilmente andranno ad influire negativamente sulla crescita del 2012».
 Parte importante del Pil è generato dalle imprese: nel 2008 il fatturato complessivo delle aziende altoatesine era pari a 29,9 miliardi, con un fatturato per addetto di 164 mila euro (la media nazionale è di 180 mila euro). Ma la ricchezza porta con sé anche costi più alti: così come i consumatori devono fare i conti con l'inflazione e i prezzi più alti d'Italia, le imprese hanno un costo del lavoro che con quasi 34 mila euro è nettamente superiore alla media nazionale di 32.887 euro.
 Una conferma positiva arriva dai dati sull'occupazione: sia il tasso di occupazione generale sia quello femminile sono tra i più alti in Italia e nettamente superiore anche alla media europea.
EXPORT E RICERCA. Per mantenere il proprio benessere, così sottolineano da mesi i rappresentanti del mondo economico, l'Alto Adige deve puntare su ricerca ed export. Com'è messa la provincia di Bolzano riguardo a questi due fattori?
 «In Alto Adige - evidenzia il vicedirettore dell'ufficio statistiche economiche Ludwig Castlunger - possono essere classificate come "innovatrici" il 26,9% delle aziende. Si tratta di quelle imprese che sono riuscite ad introdurre con successo nuovi prodotti o nuovi processi». Una percentuale che colloca Bolzano al dodicesimo posto in Italia, dietro non solo alle prime della classe come la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Trentino e tutte le altre regioni del Nord (Aosta esclusa), ma in ritardo anche rispetto a Marche, Puglia, Sardegna e Basilicata e nettamente al di sotto anche della media italiana, pari al 30,2%.
 Non sono incoraggianti nemmeno i dati relativi all'internazionalizzazione. «Nonostante una posizione geografica che dovrebbe favorire gli scambi commerciali con l'estero - dice Castlunger - i risultati appaiono modesti. L'indice che misura la capacità di esportare risulta infatti più basso rispetto alla media nazionale». Qualche dato: la quota di export sul Pil nel 2009 era pari al 16% (19,6% la media italiana, 30,8% il valore più elevato in assoluto fatto registrare dal Friuli) e la crescita fatta registrare nel 2010 (più 20,2%) ha ridotto solo parzialmente il gap rispetto al resto d'Italia.
 Preoccupa anche un altro dato: delle oltre 40 mila imprese attive sul territorio, solo 1.853 esportano. Di più: la metà dell'export complessivo è generato dalle 26 aziende maggiori, mentre le più piccole fanno fatica ad uscire dai confini provinciali. 21 aprile 2011

Mantova. «Sono il vero leghista. Pronto a dimezzare i costi della politica»
di Sandro Mortari
  «Sono io il vero leghista». Roberto Lamagni, candidato alla presidenza della Provincia per la Lega Padana Lombardia, esalta quelli che dice siano «i veri ideali leghisti» e cioè «federalismo, autonomismo, indipendenza della Lombardia, trasparenza della politica, lotta ad ogni forma di nepotismo e trote varie». Tutti ideali che ritiene traditi dalla Lega di Bossi, di cui fu un esponente di rilievo prima di esserne espulso.  Cos'è la Lega Padana?  «Un movimento che si ispira ai veri ideali leghisti: federalismo di tipo svizzero e indipendenza, a cominciare dal referendum per quella della Lombardia. Sono entrato in questo movimento e l'ho fondato a Mantova perché mi dà la possibilità di continuare a portare avanti gli ideali in cui ho sempre creduto. Noi siamo per essere padroni a casa nostra».  Slogan che è della Lega Nord. Ma che differenza c'è tra voi e loro?  «Loro sono la vera Lega, noi siamo i veri leghisti. Siccome i partiti sono fatti di uomini che portano avanti delle idee, nella Lega romana non ci sono più quelle originali che ora, noi come Lega Padana, cerchiamo di far rinascere».  In che modo?  «Facendo crescere il movimento, presentandoci alle elezioni provinciali. In consiglio provinciale a Brescia abbiamo il nostro segretario nazionale, Giulio Arrighini, già eletto due volte con il simbolo della Lega Padana. E se nel Mantovano avremo un certo successo andremo a rompere il monopolio e lo strapotere dei partiti».  Punta ad intercettare solo l'elettorato del Carroccio?  «No. Punto ad essere rieletto in Provincia per dare voce ai comitati e alle associazioni, per lavorare con loro. Voglio controllare chiunque vinca come ho fatto nel precedente mandato da consigliere quando ho fatto emergere la vicenda dimenticata delle casette dell'acqua e l'intreccio tra imprenditoria e politica. Se riusciremo ad entrare in Provincia, saremo vigili per far sì che il governo della cosa pubblica sia trasparente e faccia
veramente gli interessi dei cittadini e non di qualcuno».   Per quale motivo fu espulso dalla Lega Nord?
 «Avevo fatto un'intervista radiofonica, il 18 novembre 2008, sull'invasione dei clandestini che si stava verificando anche allora. Dissi che andavano messe delle navi in mezzo al mare come centri di prima accoglienza per quei clandestini, per poi rimandarli a casa. Il segretario della Lega di allora, Bottari, disse che deliravo. Invece, ero più avanti dei dirgenti leghisti visto che le stesse cose che dicevo allora le dicono loro adesso. Il vero motivo della mia espulsione fu un altro».  Quale?  «Nel 2006 ero l'uomo della Lega più votato e facevo ombra sia a Fava, che in quella tornata elettorale provinciale non riuscì a farsi eleggere, sia a Bottari, che ebbe la metà dei miei voti. Sono stato fatto fuori principalmente per non farmi candidare alle regionali, dove avrei vinto».  Se dico Fava e Bottari cosa le viene in mente?  «Di Fava un forte conflitto di interessi nei confronti del ruolo che vorrebbe ricoprire in Provincia, visto che lui, a meno che non abbia rinunciato in questi giorni, ha sempre trattato di rifiuti e di cave che sono di competenza della Provincia. Di Bottari, che non si è mai saputo che lavoro faccia nelle vita e l'arroganza del potere che si esprime attraverso piccoli dittatori locali».  Quali sono le sue priorità programmatiche?  «Cercare di controllare il più possibile chi governa e chi fa opposizione attraverso mozioni, interpellanze, interrogazioni e richieste di accesso agli atti. Come ho fatto nell'ultimo anno di mandato da consigliere».  Uno dei problemi più grossi dei mantovani è il lavoro, che scarseggia. Cosa propone per questo tema?  «Il lavoro è il problema numero uno, dopo arriva la sicurezza. La Provincia, però, non ha soldi perché questo presunto federalismo continua solo a tagliare fondi agli enti locali. La Provincia dovrebbe avere un ruolo di coordinamento dei 70 Comuni, analizzare i problemi e far pressione su Stato e Regione per avere i soldi con cui risolverli».  Sulla sicurezza cosa propone? 20 aprile 2011

Trento. In aumento i turisti russi nel «fiacco» inverno trentino
21/04/2011 09:05
TRENTO - I russi sono ormai tra i migliori clienti del Trentino invernale. L'inverno 2010-2011 non è andato bene per il turismo italiano: un periodo natalizio negativo, il Capodanno stabile ma poi una più positiva Epifania. La regione Trentino-Alto Adige si conferma nelle preferenze dei turisti italiani secondo un'indagine dell'Osservatorio turistico della Montagna: il 37% di loro ha scelto le province di Bolzano e Trento per la sua vacanza sulla neve. Ormai però le cose stanno cambiando, e non da quest'anno: se 4 italiani su 10 continuano a dedicare qualche giorno alla montagna in inverno, i soggiorni sono sempre più brevi. Ed è anche un altro il fenomeno: spesso tengono bene le località più alla moda mentre diminuiscono le tradizionali settimane bianche delle classi meno abbienti. L'indagine dell'Osservatorio della Montagna, che ha interpellato gli operatori turistici, tra altri dati certifica la preferenza dei russi per la nostra regione: sarebbero diventati ormai il 14% dei turisti invernali. Per quanto riguarda le zone, invece, bene Fassa con lo 0,5% in più di presenze e lo stesso vale per Andalo (+0,6%), meno bene Fiemme (-0,3%), Pinzolo Campiglio (-1%) e Valle di Sole (-1,1%). Da sottolineare, evidentemente, che la situazione italiana e internazionale è caratterizzata da una congiuntura economica negativa che non può non pesare sul settore turistico.

Brescia. Disoccupati al 29,4% «Un dato strutturale»
 I NUMERI DELL'ADAPT SUI GIOVANI SENZA LAVORO
21/04/2011
Da alcuni anni il dibattito pubblico affronta la tematica dei giovani rappresentandola, in termini oggettivi, quale priorità nazionale. Si sente spesso parlare di precarietà, di scarsa mobilità sociale delle nuove generazioni, di difficoltà a diventare adulti e autonomi (dalla casa all'accesso al credito, al conseguimento di un titolo di studio spendibile). Effettivamente i dati disponibili evidenziano una progressiva tendenza che accentua queste difficoltà e suggeriscono la necessità di strutturare interventi organici e permanenti che possano offrire una risposta di sistema.
Secondo l'Adapt - Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali - la disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia è al 29,4% mentre nell'area-euro è al 19,9% e nell'Ue a 27 è del 20,6%. È però necessario ricordare che il dato italiano è strutturale: nel 1995 la disoccupazione giovanile era al 30,3%, nel 1998 al 29,9%, nel 2000 al 27% e nel 2010 al 28%. Solo nel periodo 2004-2007 è scesa sotto il 25%, pur restando superiore al 20%.
A ciò si deve aggiungere che il tasso di abbandono scolastico è del 19,7% (a fronte dell'11,8% tedesco e francese e del 17% inglese), nella fascia 15-34 anni quattro giovani su dieci hanno al più la licenza di media inferiore, solo uno su dieci ha un titolo di studio elevato (la percentuale è più alta per le donne: il 20% ha una laurea). Inoltre, si è ampliato il numero di giovani non impegnati, né in un lavoro né in un percorso di studi («neet», not in education, employment or training), cresciuti di 142 mila unità, per un totale stimato di due milioni tra i 15 e i 29 anni (circa il 21% della popolazione di riferimento).

Brescia. Affitti: giù il canone, sale l'agevolazione
Sindacato inquilini e proprietà edilizia rivedono al ribasso in Loggia le cifre della locazione concordata. Benefici ai proprietari, -15% per gli affittuari
Ore: 09:33
giovedì, 21 aprile 2011
È stata siglata in Loggia, «ospite» l'assessore alla Casa, Massimo Bianchini, l'intesa tra i sindacati degli inquilini e le associazioni dei proprietari che sancisce l'avvio anche in città della convenzione per la stipula dei contratti di locazione agevolati previsti dalla Legge 9 dicembre 1998.

La sigla è avvenuta al tavolo comunale in vista della necessità di stringere accordi territoriali che stabiliscono fasce di oscillazione del canone di locazione. Un'intesa quadro, dunque, all'interno della quale, secondo le caratteristiche dell'edificio e dell'unità immobiliare, è concordato tra le parti il canone per i singoli contratti.

In sostanza i rappresentanti di Sunia, Asppi, Unioncasa, Conia e Confedilizia hanno siglato con i rappresentanti della proprietà edilizia un abbassamento dei valori riferiti al metro quadrato. «L'effetto della crisi ha comportato un abbattimento stesso del valore immobiliare e la flessione del mercato ha portato alla rianalisi dei canoni con una riduzione delle cifre», come ha spiegato Ivo Amendolagine della proprietà edilizia, a margine della sigla dell'intesa. L'aggiornamento dei canoni legati ai nuovi valori commerciali ritocca al ribasso le somme concordate per il contratto a canale convenzionato il 4 marzo 2008. «Una riduzione che arriva a stabilire una forchetta molto ampia tra valore minimo e massimo in ordine al canone annuo al metro quadrato, con un'oscillazione in ordine del 50 per cento» come sottolinea l'assessore Bianchini. A fronte della riduzione in media di 4 euro al metro quadrato annuo si assiste realisticamente ad un abbattimento del canone nell'ordine del 15 per cento per l'affittuario, hanno spiegato ieri al tavolo in Loggia.

«In sostanza i benefici fiscali apportati dalla Legge finanziaria alla proprietà sono stati riverberati sul canone d'affitto. È corretto pensare che la riduzione del canone per l'affittuario sia nell'ordine del 15 per cento. Un abbassamento che equivale a garantire alla proprietà l'applicabilità di una serie di sgravi ed agevolazioni riconosciute dalla legge con reciproco vantaggio per inquilino e proprietario» continua Bianchini. Il reddito imponibile dei fabbricati locati viene dunque ridotto ulteriormente del 30 per cento a condizione che nella dichiarazione dei redditi siano citati i termini di registrazione del contratto di locazione. La base imponibile per la determinazione dell'imposta di registro è assunta poi «nella misura del 70 per cento del corrispettivo annuo pattuito». La legge prevede quindi che gli affittuari che usano la casa come abitazione principale possano disporre di una detrazione sino a 495,80 euro ( se con reddito non superiore ai 15.493 euro) ovvero 247,90 se il reddito complessivo non supera i 30.987,41 euro.

Sullo sfondo resta l'impegno attivato dalla Loggia a sostegno degli sfratti per morosità incolpevole. «Abbiamo impegnato 200mila euro a favore delle famiglie e delle proprietà per tamponare l'effetto della crisi sui bilanci famigliari. Saniamo il debito e garantiamo i proprietari, mantenendo in essere il contratto d'affitto, risolvendo la difficoltà momentanea con un circolo virtuoso di sostegno» ha spiegato ancora Massimo Bianchini, indicando come i tecnici in Loggia stanno verificando le procedure adeguate per avviare l'erogazione delle somme.

Venezia. Sanità, il Veneto porta a casa il tesoro e cede 24 milioni alle Regioni in rosso
Zaia: «Giusto aiutarle». Da 300 a 400 milioni in più rispetto al 2010. Coletto: «Meritati». Manovra di bilancio per scongiurare il commissariamento
VENEZIA— Ci sono voluti quasi quattro mesi ma mercoledì finalmente le Regioni hanno raggiunto l’accordo sul riparto del fondo sanitario 2011 e al Veneto, viste le premesse, è andata bene. Se fosse passato il criterio della «deprivazione» (povertà) invocato dal Sud, il rischio era non solo di non prendere un centesimo in più rispetto agli 8 miliardi e 344 milioni del 2010, ma addirittura di vedersi assegnare 200 milioni in meno. Invece, nella riunione romana cui hanno partecipato gli assessori alla Sanità (con il segretario Domenico Mantoan) Luca Coletto e al Bilancio Roberto Ciambetti ha prevalso il compromesso: no alla deprivazione in cambio di un fondo di solidarietà necessario a pareggiare i conti delle realtà in rosso, cioè Liguria, Calabria, Campania e Abruzzo. La giunta Zaia ha ceduto 24 milioni alla causa, ma ha portato a casa 8 miliardi e 612 milioni (8 miliardi e 499 di base, più 20 milioni di accentrata statale e 93 di mobilità attiva, cioè rimborsi dal resto d’Italia per i malati «forestieri» curati nei nostri ospedali), ai quali vanno aggiunti altri 127 milioni legati agli obiettivi di salute.

Solo questi ultimi non verranno ripartiti tra le Usl ma serviranno, per esempio, alla prevenzione. Se li sommiamo agli 8 miliardi e 612 milioni citati, l’importo sale a 8 miliardi e 729 milioni: 395 milioni in più rispetto al 2010. «E’ un successo da incorniciare —dichiara il governatore Luca Zaia — frutto di un grande lavoro di squadra. Ha vinto il buon senso e l’impostazione che il Veneto ha portato avanti fin dal primo giorno della trattativa. La svolta è stata aver evitato un criterio iniquo come la deprivazione, parametro socioeconomico che nulla ha a che fare con la spesa sanitaria e che avrebbe pesantemente penalizzato le Regioni più virtuose, come la nostra. Inoltre avrebbe messo in discussione uno dei capisaldi del federalismo in sanità, cioè l’applicazione dei costi standard. Un buon risultato — chiude Zaia — ma ora nessuno potrà dormire sugli allori. Ci aspetta un grande lavoro per migliorare le performances gestionali, a cominciare dalle liste d’attesa». «Una grande fatica ma anche una grande soddisfazione — aggiunge l’assessore Coletto — soprattutto per aver mantenuto la promessa fatta ai veneti di evitare che la nostra sanità, di qualità anche grazie ai loro sacrifici, venisse penalizzata da criteri estranei al settore. L’incremento ottenuto, visti i tempi difficili, è ingente, ma meritato».

Ora l’esecutivo di Palazzo Balbi dovrà ritoccare al rialzo il riparto 2011 già indicativamente anticipato ai dg delle Usl sulla somma ottenuta da Roma nel 2010, per stabilire subito un tetto di spesa entro il quale operare. La complessa trattativa romana ha poi centrato altri due obiettivi: l’attivazione di un tavolo tecnico tra Regioni, ministero della Salute e Agenzia sanitaria nazionale per l’individuazione di nuovi criteri di riparto rispondenti alle realtà territoriali da utilizzare nel 2012 e la disponibilità del dicastero a riverificare l’utilizzo di 650 milioni di euro oggi destinati ad altri enti non regionali. Tornando ai fatti di casa nostra, il 28 aprile potrebbe arrivare l’annuncio che il disavanzo 2010 della sanità (sceso tra i 15 e i 20 milioni di euro) sarà coperto con una manovra di bilancio dalla Regione. Ipotesi sempre più vicina, che eliminerebbe lo spetto del secondo commissariamento consecutivo e del ritorno dell’Irpef.
Michela Nicolussi Moro

Venezia vuole il traduttore dal veneto all'inglese
 DELIBERA. Sistema informatico pagato coi soldi per l'identità veneta
21/04/2011
C'è anche un sistema su supporto informatico di traduzione dal veneto all'inglese tra le iniziative proposte per il 2011 dall'assessore Daniele Stival in applicazione della legge «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto». Il programma per l'anno in corso - 230 mila euro di spesa - ha avuto il parere favorevole della maggioranza Pdl e Lega della commissione "Cultura" del Consiglio regionale. Le opposizioni hanno votato contro. Il programma 2011 prevede anche il finanziamento (80 mila euro) di una convenzione con l'Università Cà Foscari di Venezia per proseguire anche per l'anno accademico 2011-2012 la cattedra di dialettologia.
Il programma prevede inoltre un finanziamento 45 mila euro per l'Accademia del teatro in lingua veneta per realizzare un traduzione dal pavano in un veneto più accessibile del testo ruzzantiano «La moscheta» e la sua messa in scena ad opera del teatro di Bagnoli di sopra. Il programma, infine, prevede il finanziamento della festa del popolo veneto, che ricorre il 25 marzo, e curata dalle Province: Belluno (5 mila euro), Padova (10 mila), Treviso (10 mila), Vicenza (10 mila), Rovigo (810 mila) .Per la stessa festa 35 mila euro andranno al Consorzio pro loco del Veneto Orientale, 10 mila all'associazione Veneto Nostro di Fossò (Ve) e 10 mila all'Istituto scolastico Marco Belli di Portogruaro per la sua collaborazione con scuole di Croazia e Slovenia all'insegna del recupero dell'identità veneta.

Parma. "Edilizia in crisi, servono interventi"
 L'edilizia, che è anticiclica rispetto al settore industriale manifatturiero, è in recessione.
Anche a Parma: infatti dall'aumento dell'export e dei consumi energetici si deduce che il settore industriale parmense sta recuperando ed è in netto miglioramento, mentre il settore edile è in crisi sia sul fronte delle opere pubbliche che su quello dell'edilizia privata.
Enrico Schilke, presidente della Sezione Costruttori Edili dell'Unione Parmense degli Industriali, riconosce al Comune di Parma  «il merito di aver dato opportunità di lavoro, negli ultimi anni, alle imprese locali e di aver introdotto alcune positive misure nel 5° Piano anticrisi varato il 14 aprile», pur sottolineando che «l'ente, vincolato al patto di stabilità,  è costretto comunque a ridurre opere ed esposizione: aspetto quest'ultimo che ha esiti preoccupanti sulle imprese edili del territorio,  specie  medie e piccole, le quali soffrono per il permanente ed eccessivo ritardo nel pagamento delle opere già eseguite».
«Ritengo - continua Schilke - che un trend sufficientemente valido per l'edilizia privata si potrà registrare nell'arco di due o tre anni, pur senza raggiungere i valori del 2005-2006. Invece l'edilizia pubblica avrà ancora diversi anni di grande difficoltà, in quanto dalle dichiarazioni del ministro Tremonti si capisce che, per portare il debito pubblico a livelli sostenibili, saranno necessari almeno una decina d'anni. In tale quadro, data la limitata capacità di investimento degli enti pubblici, si andrà sempre di più verso l'utilizzo di strumenti quali il project financing e il leasing in costruendo, che tuttavia sono più alla portata delle grandi imprese che non delle medie e piccole aziende».
Gian Franco Tirri, presidente degli imprenditori edili del Gia, spiega: «Come piccole e medie imprese noi soffriamo in maniera molto grave per il mancato pagamento, da parte degli enti pubblici, dei lavori già svolti; i ritardi nei pagamenti vanno dai 6-7 mesi ai 2 anni e sono insostenibili per aziende come le nostre, che hanno dimensioni limitate e personale proprio, fisso. Anche per questo siamo pesantemente colpiti dalla concorrenza sleale delle imprese irregolari, per cui ci sta molto a cuore la vigilanza sulla regolarità contributiva e sulla sicurezza nei cantieri. Il patto di stabilità, in effetti, limita la disponibilità delle Pubbliche Amministrazioni, ma è anche vero che il sistema delle PMI serie, trasparenti e unite nelle rispettive associazioni imprenditoriali è un valore per il territorio e una garanzia di legalità, quindi va supportato. L'affidamento lavori mediante le procedure cosiddette negoziate o ristrette semplificate, che per loro natura sono rivolte alle imprese locali, è utile. Ma per noi è anche veramente essenziale, al fine di poter partecipare ad appalti di rilievo secondo le formule del leasing in costruendo e del project financing, essere messi nell'effettiva possibilità di entrare in consorzi con le banche».
«Considerato il contesto - conclude Schilke - , la nostra preoccupazione attuale è salvaguardare il più possibile le imprese storiche e sane. Per fare questo, cioè per tutelare le imprese serie, bisogna prestare la massima attenzione al fenomeno del lavoro irregolare e al rischio delle infiltrazioni malavitose. Abbiamo appreso che in alcune province vicine sono stati scoperti cantieri dove gli operai edili erano sottopagati, a livello di sfruttamento per non dire di semi-schiavitù. Noi non possiamo accettare che situazioni come queste arrivino anche soltanto a sfiorare la realtà di Parma; in quest'ottica, la Sezione Costruttori Edili dell'Unione Parmense degli Industriali sta operando con il Prefetto e con tutti gli organi preposti per mettere in atto iniziative a tutto campo:   di contrasto sempre più marcato al lavoro irregolare, di vigilanza sull'applicazione delle norme di sicurezza nei cantieri e di presidio contro l'eventualità di infiltrazioni malavitose. Il prefetto Luigi Viana ha dimostrato la massima attenzione e stiamo lavorando insieme a questo obiettivo comune».

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