Federalismo Sicilia, niente più tasse di produzione allo Stato: restano sull'isola
Da Capua Vetere a Sicignano, arrivano 53: restano in cinque
La mozzarella doc non è in svendita
Rifiuti fuori Napoli, è rivolta
Campania. Fondi a pioggia e comandi, è tensione in Consiglio
Napoli, Gdf trova mausoleo d'epoca romana sotto discarica copertoni
Cagliari. Migranti, 34 euro al giorno spese escluse
Napoli. Il rap anticamorra di Ciccio Merolla
Fiat, altre due offerte per l’area di Termini Imerese
I precari si lamentano ma non hanno competenze
Regia nazionale per il Sud
Puglia. Diversificare di più fa bene all’export
Federalismo Sicilia, niente più tasse di produzione allo Stato: restano sull'isola
Modifica dello Statuto: si consente alla Regione di incamerare maggiori somme da destinare allo sviluppo
PALERMO - È stato incardinato in commissione Affari Istituzionali all’Assemblea regionale siciliana il disegno di legge voto per la modifica dello Statuto siciliano, in particolare dell’articolo 36: il testo stabilisce che le imposte di produzione rimangono in Sicilia e non devono essere più versate allo Stato che manterrebbe le entrate dei tabacchi e del lotto. Relatore del ddl è Riccardo Minardo (Mpa), presidente della commissione Affari istituzionali. Minardo ha aperto la discussione generale sul testo, quindi c’è stato un confronto alla presenza dell’assessore all’Economia Gaetano Armao e con la commissione paritetica. «Si tratta di una modifica sostanziale - sottolinea Minardo - di rilevante importanza in quanto consente alla Regione di incamerare maggiori somme da destinare allo sviluppo dell’isola nei settori che necessitano di particolari peculiarità economiche e sostegno». Minardo aggiunge che «la modifica del comma 2 dell’art. 36 ridà alla Regione una certa un’autonomia finanziaria che è stata da sempre negata nonostante lo Statuto lo permettesse». Per questo Minardo presenterà degli emendamenti «per rivedere con ulteriori modifiche gli art. 37 e 38 dello Statuto al fine di eliminare determinati ostacoli che frenano il pieno esercizio delle funzioni della Regione siciliana».
Da Capua Vetere a Sicignano, arrivano 53: restano in cinque
I tunisini trasferiti dalla tendopoli casertana rifiutano di scendere dal bus. La Cgil: trasferiti contro la loro volontà
SALERNO— È durata meno di due ore la permanenza di un gruppo di profughi tunisini ieri pomeriggio a Sicignano degli Alburni: giunti in cinquantatrè con un pullman dal centro di accoglienza di Manduria, solo cinque hanno deciso di rimanere nel piccolo centro per ricostruirsi un futuro. Tutti gli altri hanno chiesto ed ottenuto di essere trasferiti a Napoli. Già venerdì scorso altri giovani della rivoluzione tunisina, provenienti però dal centro di accoglienza di Santa Maria Capua Vetere, erano stati accompagnati a bordo di due pullman a Sicignano degli Alburni. E anche in quell’occasione avevano respinto l’idea di trovare una sistemazione tra le montagne degli Alburni. Rifiutandosi persino di scendere dall’autobus.
LA CIGL: FARSA - «È una farsa degna della migliore tradizione giullaresca del nostro paese - commenta Anselmo Botte, segretario della Cgil di Salerno e responsabile del dipartimento immigrazione presente ieri alla «transumanza tunisina» - la polizia accompagna i migranti in direzione dei centri di accoglienza disponibili in regione a prescindere dalla loro volontà. E così il tour forzato si risolve ogni volta in un nulla di fatto».
ANCHE LAUREATI - I giovani giunti ieri intorno alle ore quindici hanno poco meno di trent’anni, provengono da Tunisi e dalle aree interne e fanno lavori precari: cuochi, camerieri, guide turistiche. Resi ancora più precari in una nazione dove la stagione turistica è praticamente saltata. Qualcuno è persino laureato. «La maggior parte di loro - aggiunge Botte - vuole andare in Francia dove ha parenti ed amici. L’accoglienza nei centri non fa per loro. Si rassegnino amministratori e associazioni, sono giovani che chiedono libertà e dignità».
Gabriele Bojano
La mozzarella doc non è in svendita
Il Consorzio: «Prezzo minimo 9 euro»
L’obiettivo garantire trasparenza e qualità del prodotto
In caso di «sforo» previsti controlli sulle materie prime
CASERTA - La vera mozzarella di bufala campana non si svende e per questo il Consiglio di amministrazione del Consorzio di Tutela ha deciso di stabilire un prezzo minimo di vendita. Il prodotto non dovrebbe costare meno di 9 euro al chilo negli scaffali della grande distribuzione. L’obiettivo è quello di garantire ai consumatori la trasparenza del prezzo e la qualità del prodotto. «Nel pieno rispetto della libertà del mercato – spiega il presidente dell’organismo, Luigi Chianese – riteniamo che il prodotto a marchio Dop non possa essere venduto al di sotto dei 9 euro al chilo per la qualità della materia prima impiegata, per il numero di controlli a cui è sottoposto e per i costi che sono sostenuti dagli stessi produttori. Ora tanto i buyer della grande distribuzione che i consumatori hanno a disposizione una chiave di lettura, un riferimento della qualità del prodotto».
La delibera del Consorzio prevede che, nel caso in cui il prodotto mozzarella di bufala campana Dop venga proposto ai consumatori a meno di 9 euro, scattino i controlli da parte degli organismi preposti: per primi gli ispettori del Consorzio di Tutela, che provvederanno al prelievo di campioni per effettuare le dovute analisi di accertamento attraverso i laboratori ufficiali di controllo. Il responsabile dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero delle Politiche agricole, Giuseppe Serino, commenta: «Siamo di fronte a una forte assunzione di responsabilità da parte del Consorzio di Tutela. Noi siamo pronti a proseguire e intensificare la nostra collaborazione con i Consorzi di Tutela attivando direttamente anche i nostri controlli nel comune interesse di combattere ogni forma di contraffazione che colpisce il settore agroalimentare, una delle voci più importanti dell’economia italiana». «La decisione del Cda – sottolinea il direttore del Consorzio, Antonio Lucisano – è un esempio di sinergia istituzionale, dal momento che lavoreremo fianco a fianco con gli altri Enti. Tutti abbiamo lo stesso obiettivo: valorizzare il primo marchio Dop del centro-sud Italia. È la prima volta che il Consorzio punta a farsi carico di un problema annoso, quello del dumping, della concorrenza sleale che finora ha causato gravissimi danni all’intera filiera di uno dei prodotti più rappresentativi del Made in Italy».
Rifiuti fuori Napoli, è rivolta
Approvata la legge sulla sprovincializzazione dei rifiuti. Chi è in difficoltà può chiedere la solidarietà ad altre Province: una ciambella di salvataggio per Napoli e l’hinterland, e scoppia la bufera. È l’Irpinia, in particolare, a ribellarsi. Intanto, tornano i roghi, superlavoro dei vigili del fuoco: i cittadini “azzerano”, con veri e propri raid, le giacenze dei rifiuti. Mancano quattro giorni a Pasqua e la situazione non è migliorata granché. Tutt’altro: l’immondizia invade anche le strade adiacenti Palazzo San Giacomo e Prefettura, perfino con deposito di sacchetti in pieno giorno. Ma i cumuli non pesano sui Bed&breakfast: tutto esaurito in città, sia pure con calo del 10% dei prezzi. Nonostante la crisi è boom di prenotazioni, record di turisti a Capri e in Costiera. Attesa per i last minute.
Campania. Fondi a pioggia e comandi, è tensione in Consiglio
Il consiglio regionale, oltre a decidere la sprovincializzazione del ciclo dei rifiuti, ha varato misure per le comunità montane e i corsisti del Progetto Bros, e ha dato il via libera all’immissione di comandati per l’assemblea. Ed esplode l’ira dell’assessore al Bilancio, Gaetano Giancane: «Il partito della spesa vuole demolire la Finanziaria approvata soltanto due mesi fa. E sullo stanziamento per i Bros (due milioni di euro) l’assessorato al Bilancio non sa dove prendere i soldi». E un altro tentativo di assalto alla diligenza, ovvero la proroga dei mutui per i piccoli Comuni, è stato rinviato in commissione su richiesta del centrista Pietro Foglia.
Napoli, Gdf trova mausoleo d'epoca romana sotto discarica copertoni
Roma, 20 apr (Il Velino) - Un mausoleo di epoca romana del II secolo d.C. completamente sotterrato da una discarica abusiva di copertoni. Il ritrovamento è avvenuto durante il sequestro di un'area in via Arco Felice vecchio, a Pozzuoli, dove erano stati illegalmente depositati 58 tonnellate di rifiuti speciali. Complessivamente, circa 1300 pneumatici di diversa misura oltre a decine di batterie esauste. Gli uomini delle Fiamme gialle si sono accorti della discarica da alcune alture circostanti nel corso di un servizio di controllo del territorio, trattandosi di un'area vincolata e di una zona di interesse archeologico. Gran parte dei rifiuti era stata occultata all’interno di alcuni ruderi, fra cui anche la Torre Poerio, risalente al XVII secolo. “Una porzione di un casolare era stata deliberatamente fatta crollare per occultare altri rifiuti e così abbiamo decido di intervenire con una pala meccanica per spostare le macerie - racconta al VELINO il capitano Michele Ciarla, comandante della compagnia di Pozzuoli -. Lì sotto abbiamo scoperto l’accesso al mausoleo, mai individuato prima e sconosciuto anche alla Soprintendenza di Cuma”.
La presenza di una scala, che conduce al cunicolo sotterraneo, delimitato da travi in marmo, induce a pensare che qualcuno lo avesse già individuato e saccheggiato. Tuttavia la struttura presenta ancora resti di decorazioni e stucchi e forse è solo un’area intermedia di un sito più grande e ancora da scavare. L’area è stata sequestrata ed il proprietario e l’occupante sono stati denunciati per violazione delle norme ambientali e di tutela del patrimonio archeologico nazionale. Adesso l’area sarà bonificata per rimuovere i rifiuti speciali e valutare la possibilità di estendere lo scavo. Le indagini intanto vanno avanti per capire come mai, in una zona interessata di recente dai lavori del comune, nessuno si sia accorto dell’abbattimento dei ruderi per coprire il mausoleo.
(fan) 20 apr 2011 07:32
Cagliari. Migranti, 34 euro al giorno spese escluse
Ecco i costi dell'accoglienza a Cagliari
Oltre a vitto e alloggio, ai migranti vengono forniti buoni e per le sigarette e carte telefoniche. Tra i costi ancora da conteggiare le spese per luce, acqua e smaltimento dei rifiuti. Oltre all'impiego delle forze dell'ordine.
Colazione, pranzo e cena. E poi assistenza medica e mediatori linguistici. Ancora: schede telefoniche e buoni per comprare le sigarette. Servizi offerti dalla Casa della Solidarietà di Roma ai tunisini ospiti nel centro di accoglienza di via Simeto, a Elmas. Per vincere la gara per la gestione, messa in piedi in tutta fretta dalla Prefettura di Cagliari visto l'improvviso arrivo dei migranti, il consorzio ha fatto la sua proposta: 34 euro al giorno per ospite. I 700 tunisini che hanno trovato riparo nell'ex caserma dell'aeronautica fino a lunedì (giorno della partenza dei primi 96) sono costati poco meno di 310 mila euro. Cifra che salirà fino al completo svuotamento del centro di accoglienza. A quel punto il contratto "a tempo determinato" cesserà.
GLI ALTRI COSTI - I 34 euro giornalieri per ospite sono solo una parte del costo che lo Stato si è accollato. In questa cifra rientrano i tre pasti giornalieri che la Solidarietà di Roma ha subappaltato a una ditta sarda, tenendo conto anche delle limitazioni alimentari dettate dalla religione musulmana. La gara per la gestione del centro vinta dal consorzio che si occupa «di fornire servizi a sostegno dell'autonomia e della piena espressione delle persone a rischio di esclusione o emarginazione sociale» prevedeva anche l'assistenza medica e la presenza di mediatori linguistici (uno francese e uno arabo). E poi tutto il materiale igienico. Inoltre, ogni due giorni, la distribuzione, a ogni ospite, di un buono da 5 euro per le sigarette e di una carta telefonica (5 euro). Inoltre, se la caserma non è costata nulla, le bollette di luce, acqua e rifiuti dovranno essere pagate. Altra voce importante nel bilancio della gestione del centro è quella del personale. Carabinieri e poliziotti, dal 6 aprile stanno presidiando la caserma di via Simeto ventiquattro ore su ventiquattro. In servizio permanente anche i vigili del fuoco.
Intanto, dopo la partenza dei primi 96 migranti, ieri sono stati consegnati dalla Questura altri 45 permessi. I titolari hanno subito lasciato la Sardegna, imbarcandosi da Porto Torres sul traghetto per Genova. Biglietti pagati dalla Caritas.
Napoli. Il rap anticamorra di Ciccio Merolla
spopola sul web: parla di un amico ucciso
Boom di clic per il video di «Fratammé», dedicato «a tutte le vittime innocenti della crudeltà umana»
NAPOLI - Una storia forte, purtroppo vera. Vera per Ciccio Merolla, rapper e percussionista dei Quartieri Spagnoli di Napoli, che anni fa perse un caro amico, colpito per errore nel corso di una sparatoria camorrista nell'indifferenza delle persone attorno. Un'esperienza di dolore non rara in una città come Napoli, piagata dalla criminalità dalla notte dei tempi, e che l'artista è riuscito a esorcizzare in musica, in un rap anticamorra che sta spopolando sul web e, da due settimane, alla venticinquesima posizione della «Indie Music Like», classifica di gradimento delle radio web e locali curata dal Mei.
Il videoclip di «Fratammé», tratto dal nuovo e omonimo album di Merolla (pubblicato da Ghetto Nobile by Jesce Sole, distribuito da Edel), è già cliccatissimo sul canale YouTube del musicista partenopeo. Dure le parole del testo: «In mezzo a tanta gente hanno colpito te... Il sangue sul muro era un quadro di Picasso... Mentre correvamo all'ospedale Salvatore mi lasciava la mano... Chi ti doveva dire che saresti morto così?». Parole che scorrono sulle immagini crude di un ragazzo che cade a terra e perde la vita, proprio come Annalisa Durante, la ragazzina di Forcella morta allo stesso modo nel 2004, il cui manifesto funebre è visibile in una scena del video firmato da Giuseppe Russo. Le immagini (concesse in esclusiva dal fotoreporter Sergio Siano) riprendono anche altri truci fatti di cronaca campani analoghi a quelli di Salvatore, dalla strage dei fratelli ghanesi a Castel Volturno alla morte di Valentina Terracciano, uccisa a due anni sempre per errore in un agguato.
Il video è stato girato in collaborazione con Film Commission Regione Campania e Bagnoli Futura S.p.a. Ciccio Merolla lo ha dedicato «alle vittime innocenti della crudeltà umana (la criminalità organizzata non è altro che una manifestazione della crudeltà umana) e in maniera particolare alle 156 vittime innocenti, riconosciute dallo Stato Italiano, che in Campania hanno perso la vita per colpa della criminalità organizzata».
Marco Perillo 20 aprile 2011
Fiat, altre due offerte per l’area di Termini Imerese
di Redazione 20 aprile 2011 -
Altre due società hanno presentato manifestazioni di interesse per l’area industriale della Fiat di Termini Imerese.
Sono la Blucar srl per la produzione di veicoli elettrici e il gruppo Guaraldo Spa per la realizzazione di un ipermercato, che dovrebbe impiegare circa 300 addetti.
Ancora non si conoscono i dettagli dei piani industriali.
Blucar srl è un’azienda con sede a Orzinuovi: dal 2009 si occupa di progettazione di veicoli ecologici a propulsione totalmente elettrica per il trasporto di merci e persone, emissioni zero e ridotto inquinamento acustico, prodotti con materiali riciclati e riciclabili, per la mobilità sostenibile.
Il gruppo Guaraldo realizza opere di ingegneria civile ed industriale.
Le due nuove proposte si aggiungono a quelle selezionate dall’advisor Invitalia.
Il 28 aprile è previsto a Roma l’insediamento del comitato per l’esecuzione dell’accordo di programma quadro per Termini Imerese.
Fol
I precari si lamentano ma non hanno competenze
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
Sabato 9 aprile alcune centinaia di precari hanno manifestato a Roma per chiedere il posto fisso. Qualcuno di essi ha dichiarato che rappresentavano quattro milioni di colleghi senza contratto a tempo indeterminato. Una verità costruita perché se da un canto potrebbe essere vero che vi sia qualche milione di aspiranti dipendenti, dall’altro non è dimostrato che i manifestanti ne avessero la rappresentanza.
La cosa che impressiona dalle dichiarazioni raccolte da alcune televisioni è che tutti protestavano perché non avevano un impiego stabile, non perchè sul mercato non vi fossero opportunità di lavoro. Né hanno spiegato quali fossero le loro competenze professionali in grado di essere valorizzate dalle opportunità. La mentalità tutta italica di cercare il posto fisso è un guaio perché mette in sordina le capacità individuali e in naftalina l’acume e la voglia di trovare soluzioni e risposte alle proprie ambizioni positive.
Una di queste si lamentava che da maestra e da impiegata non aveva avuto il posto fisso per quasi un quarto di secolo. Anch’essa non ha spiegato se avesse tentato di svolgere un lavoro che mettesse in luce le proprie capacità, eventualmente possedute.
Tutti chiedono il posto fisso, ma nessuno spiega quali competenze possieda, e come se le è fatte, per poter aspirare a un lavoro, non a un posto di lavoro. è solo questa la differenza. Lavoro in Italia ve n’è tanto, un po’ meno nel Sud e in Sicilia, eppure non può essere soddisfatto.
La Stretto di Messina Spa sta reclutando 8 mila persone perché a fine anno dovranno cominciare i lavori dei due piloni del Ponte da 400 metri di base sulle due coste. Ebbene, dall’Anas ci dicevano che non riescono a trovare in loco la manodopera necessaria, per cui saranno costretti a far venire gente da altri Paesi d’Europa per soddisfare questa necessità.
Vorremmo consigliare ai disoccupati siciliani e calabresi di farsi sotto e di presentarsi agli uffici della società dello Stretto esibendo referenze sulle proprie competenze professionali. Se le possiedono, saranno assunti per tutto il periodo della costruzione del ponte, che durerà almeno sei anni. Vedremo se vi sarà una folla di richiedenti o se gli uffici resteranno deserti.
Se i precari e i disoccupati cercassero un lavoro e non un posto di lavoro, dovrebbero pensare alle centinaia di opportunità che offre l’apertura della Partita Iva, cioè diventare lavoratori autonomi, cioè coloro che assumono rischi, che devono lavorare senza limiti, fare sacrifici in prospettiva di una forte crescita professionale ed economica.
Vi sono centinaia di opportunità nel settore del franchising, nel quale ogni attività può essere iniziata con investimenti ridotti, peraltro finanziabili dalle banche.
Vi sono tante altre attività nel settore dell’artigianato, ove invece vi è la giungla del lavoro in nero e di tanti che si arricchiscono senza pagare le imposte. In Sicilia non sono ancora nate e non si sono ancora diffuse le cooperative di artigiani, che offrono servizi multipli con puntualità e qualità. Ognuno va per la propria strada, col risultato di dimostrare disorganizzazione e di dare risposte negative ai cittadini che chiedono i servizi.
Vi è poi il settore commerciale e delle vendite che ha fame di bravi professionisti. è un settore difficile, nel quale otto persone su dieci non vogliono entrare, dicendo che non sono adatti, mentre in effetti non sono capaci. è un settore nel quale bisogna avere costanza e tenacia, perché le risposte negative alle proprie offerte sono il maggior numero. Solo chi non è capace di metabolizzare il principio che le risposte negative fanno parte del mestiere si scoraggia e abbandona.
L’editore di questo giornale cerca continuamente professionisti della vendita e sales manager, ma non li trova. Eppure il mercato c’è, mancano le persone con le adeguate competenze per inserirsi e utilizzarle al meglio.
In Sicilia il lavoro c’è, ma c’è una mentalità parassitaria e attendista. Manca lo spirito di iniziativa e la voglia di progettare e costruire il proprio futuro. Una voglia che dev’essere insegnata dalle generazioni più avanzate, spiegando che tutto il mondo progredisce perché i cittadini di ogni Paese sono in competizione, cui possono partecipare se adeguatamente addestrati e allenati. Oppure perdono insieme al loro Paese.
Regia nazionale per il Sud
di Massimo Mobilia. Il ministro Tremonti in audizione alla commissione Finanze della Camera. “Se fondi Ue spesi male, si può togliere gestione alle Regioni”. ROMA – Una o più sessioni da dedicare esclusivamente al “complesso” tema del Mezzogiorno. È il pensiero del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, esposto ieri in audizione alla Camera, dove ha spiegato che, se l’Europa ha interesse che il Continente cresca, allora bisogna dare attenzione all’area del Paese che cresce meno. Tremonti ha avuto modo di ribadire che, secondo la sua idea, la Cassa per il Mezzogiorno, “ha funzionato bene fino ad un certo punto, poi è andata degenerando. Per questo, quando ha riproposto la Cassa, “non voleva fare l’apologia della degenerazione, ma volevo dire che, se ben gestita, può funzionare bene”.
La ricetta da seguire per il Sud? Il Ministro non ha dubbi: “si deve riprendere l’idea di una regia nazionale e concentrarsi su alcuni grandi interventi”. Ad esempio ha detto, “i fondi europei devono andare alle Regioni ma non è detto che devono essere gestiti dalle Regioni. L’errore fatto per molto tempo è stato di mettere troppi soldi in un meccanismo dispersivo e il risultato è che le risorse non vengono spese”. Il messaggio quindi è chiaro, bisogna spendere quello che c’è a disposizione. Tremonti ha anche anticipato che nel prossimo decreto saranno previsti “i distretti turistici per lanciare le coste proprio a partire dal Mezzogiorno”.
Nel suo intervento davanti alla commissione Finanze della Camera, il Ministro ha parlato non solo del Sud, ma di tutto il Paese: “La miglior difesa è l’attacco – ha detto – Il problema dell’Italia non è difendere ma sviluppare”. A tal proposito, soffermandosi sul Dl “antiscalate”, ha dichiarato che non sarà modificato, ribadendo che si tratta di “una norma generale, non particolare, che c’era già lo scorso anno e che dovrebbe essere messa a regime nel software del milleproroghe”. Un messaggio poi, a favore delle imprese, gravate oggi, a suo dire da “controlli e ispezioni fiscali eccessivi, assolutamente incredibili. È intenzione del Governo interrompere tale oppressione”. Controlli che “hanno un costo”, fanno “perdere tempo” e a volte portano a “meccanismi di corruzione”. A parere di Tremonti potrebbe essere definita una proposta “equilibrata, un qualche tipo di concentrazione, salve esigenze di controllo erariale”.
L’occasione è stata utile al Ministro per ribadire ancora una volta che, con la crisi, “i debiti pubblici in tutto il mondo sono cresciuti ad una velocità enormemente superiore rispetto alla velocità di crescita del debito italiano, che a sua volta è aumentato perché abbiamo conservato i diritti dei cittadini”. Secondo Tremonti, infatti, la linea adottata dal Governo durante la crisi è stata quella più giusta: “Potevano sostenere i consumi facendo più spesa pubblica, ma si è visto che è servito a poco e non c’è stato bisogno di usare i soldi dei cittadini per salvare le banche”. Quindi una frecciata all’opposizione che ha contestato il Dpef da poco approvato, “il documento economico del Pd – ha detto – durerebbe dieci minuti all’esame di Eurostat perché contiene proclami. L’Europa vuole vedere i numeri”.
Articolo pubblicato il 21 aprile 2011
Puglia. Diversificare di più fa bene all’export
di GIANFRANCO VIESTI
Buone notizie per l’economia pugliese vengono dal fronte delle esportazioni. Si tratta di miglioramenti indispensabili, insufficienti a rilanciare del tutto l’economia regionale, ma non per questo meno importante. Crescere sui mercati esteri in questo periodo è indispensabile, perché la domanda interna italiana, e meridionale in modo particolare, resta molto debole; sono deboli i consumi delle famiglie, hanno un impatto recessivo i forti tagli del Governo sulla spesa pubblica corrente; sono devastanti i tagli che colpiscono la spesa per infrastrutture (-18% nella media nazionale nel 2010), che si ripercuotono in particolare sull’edilizia. Crescere sui mercati esteri è purtroppo insufficiente per rilanciare l’economia regionale, perché il peso dell’export sul totale delle attività economiche è ancora molto basso, molto inferiore a quello delle regioni del Nord. Ma non per questo è meno importante: non era affatto scontato che, dopo la gravissima crisi del 2009, le imprese pugliesi riuscissero l’anno successivo a rilanciarsi all’estero.
LE CIFRE - Vediamo i numeri chiave. Nel 2010 le esportazioni pugliesi sono cresciute rispetto all’anno precedente del 20,2%, contro una media nazionale del 15,7%. Un ottimo risultato nel confronto interno al paese: la Puglia è infatti quinta nella graduatoria della crescita 2010, ma dopo le due regioni insulari che esportano moltissimi prodotti petroliferi raffinati, la microscopica Val d’Aosta e il Lazio. Tutte le principali regioni italiane, da un punto di vista economico, sono dietro Lazio e Puglia. Con il 2010 le esportazioni pugliesi sono tornate a sfiorare i 7 miliardi di euro. Il dato è ancora inferiore a quello del 2008, anno in cui si erano toccati i 7,44 miliardi. La caduta 2008-09 è stata infatti del 22,7% contro una ripresa l’anno successivo, come detto, del 20,2%. Un modo negativo di vedere questo dato: siamo ancora sotto il 2008 (e il 2007): l’anno scorso il nostro export è tornato più o meno ai livelli del 2006; un modo positivo: ce l’abbiamo quasi fatta a recuperare il crollo, fortissimo, del terribile 2009. L’export pugliese pesa ancora molto poco sul totale nazionale.
Siamo da anni fermi intorno al 2%. Esportiamo cioè cinque volte meno del Piemonte, sei volte meno dell’Emilia-Romagna, quattordici volte meno della Lombardia. Siamo invece su livelli simili a quelli di Sicilia, Liguria, Abruzzo, Trentino Alto Adige. Naturalmente questo significa che l’export pugliese pesa anche poco rispetto al totale dell’attività economica regionale. Siamo ancora sotto al 10% del PIL, un valore è che è meno della metà della media italiana.
C’è ancora moltissima strada da fare. Più di metà delle nostre esportazioni (circa il 56%) vanno sul mercato interno europeo. La Germania si conferma il nostro principale cliente, con oltre un quinto del totale (21% circa), seguita dalla Francia (17,5%), e poi da Spagna e Grecia. Le nostre imprese sono invece meno presenti sui ricchi mercati dell’Europa settentrionale, oltre che nel Regno Unito. Il resto dell’export va fuori dell’Unione Europea. Il 20% verso altri paesi europei, circa il 10% in America (prevalentemente negli Stati Uniti), il 6% circa in Africa (prevalentemente Nord Africa). Solo il 7% del nostro export (cioè circa 50 milioni di euro) raggiunge i mercati asiatici, molto grande e in fortissimo sviluppo. E’ una caratteristica geografica che ci penalizza: siamo più forti sui mercati più vicini, ma i mercati vicini (salvo l’ottima ripresa tedesca) sono quelli a minor crescita nel mondo.
GIAPPONE - Nel 2010 è cresciuto un po’ di più l’expor t fuori dall’Unione Europea rispetto a quello al suo interno: una notizia complessivamente positiva. Spiccano i dati di alcuni paesi: il boom sul mercato giapponese. L’ottimo andamento (un aumento di circa il 60%) in un mercato grande, relativamente vicino e interessantissimo come quello turco. Molto bene anche le vendite in Corea del Sud, in Nord America (Stati Uniti e Canada), in Russia (con un +22%) e in Brasile (+17%). Peggiore invece l’andamento sia nei Balcani, sia – cosa rilevante e negativa – in India e Cina. In Cina l’export pugliese è diminuito rispetto al 2009. E’ del tutto evidente che – proprio sui mercati extraeuropei – la strada da fare è tantissima.
In Europa sono andate bene le nostre vendite verso alcuni paesi del Nord e dell’Est: e questa è una circostanza positiva. Si chiude dunque con un bilancio discreto un anno molto difficile come il 2010. Abbiamo recuperato molta strada: e proprio nulla lasciava pensare che fosse facile o addirittura automatico. Dobbiamo proseguire, perché siamo ancora sotto il 2008. E dobbiamo accelerare soprattutto nei grandi paesi emergenti, come Cina o India da un lato e Polonia e Turchia dell’altro. Nel lungo periodo, abbiamo bisogno di nuove imprese esportatrici.
Nell’immediato, avremmo bisogno soprattutto che le imprese che già esportano su uno o due mercati potessero raggiungerne altri. Chi ha prodotti già in grado di entrare in Germania, mercato difficile, si affacci anche in Polonia. Abbiamo bisogno di diversificare di più la geografia estera delle nostre imprese.
21 Aprile 2011
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