mercoledì 25 maggio 2011

Federali Mattino-26 maggio 2011. Televisione, Massimo Tosti: L'eccesso di visibilità e di presenza della casta è all'origine della noia degli elettori, che tracima poi in distacco e, infine, in disgusto. Costretti ad apparire, i politici che non hanno nulla da dire, si sentono comunque in dovere di dire qualcosa: parole in libertà, fesserie, sciocchezze, o (per dirla con Celentano) cazzate.----Così per assicurare 10 milioni di dollari di debito greco servono dunque ora 1,44 milioni di dollari all'anno.----Nel 2009 in Sicilia, che ha 5 milioni di abitanti, gli omicidi mafiosi sono stati 19. In Corsica, 300 mila abitanti, son stati 17 e la scia di sangue non s’è più fermata. E l’anno scorso altri 17, stessa media.----Vuoto cerebrale: Adriano Giannola, Svimez: Ancora oggi non è possibile capire il Sud senza il Nord. E nemmeno il Nord senza il Sud.

17 e 10,89%:
Ancora record per i titoli di Atene e Dublino

Forza Oltrepadani:
Francia. Criminalità, in Corsica torna il terrore
San Marino. Crisi. Tunnel senza fine, in un anno chiuse 453 imprese
Bozen. Monumento alla Vittoria Nel museo anche la storia del nazismo in Alto Adige
Bozen. Appiano: blitz del Comune contro le vie italiane

Puffo puffetto puffino:
Più i politici appaiono in tv, più sono disistimati
E il Tesoro si prepara alla fase 2 Più controlli e poteri alla Ragioneria

Si scrive Svimez e si legge vuoto cerebrale, in rimonta al giro d’Italia:
«Con la seconda guerra mondiale il vero stop alla rimonta»

Spaccate tutto, in padania:
Fincantieri, esplode la rabbia operaia
L'Italia è un Paese per vecchi.


Ancora record per i titoli di Atene e Dublino
Il rischio di un default di Atene fa salire a nuovi record i rendimenti dei titoli di Stato di Grecia e Irlanda.
Il tasso del decennale greco ha superato il 17% (17,10%) e quello del biennale è schizzato di 93 punti base raggiungendo il massimo storico del 27,18% per poi invertire rotta e calare al 26,28%. Il rendimento dei titoli a 10 anni di Dublino ha toccato il picco massimo del 10,89%. Il rischio debito della Grecia è volato a nuovi massimi con i Credit default swaps o anche Cds che misurano il costo di assicurazione contro il rischio di default. Nonostante il governo di Atene abbia annunciato di voler accelerare il suo programma di privatizzazioni e abbia messo in cantiere nuove misure per il contenimento del deficit 2011 sono schizzati a nuovi record. Lo spread sui Cds a cinque anni sulla Grecia è cresciuto di 27 punti base a quota 1.440. Così per assicurare 10 milioni di dollari di debito greco servono dunque ora 1,44 milioni di dollari all'anno. Stabili invece gli spread su Italia e Spagna dopo il lieve rialzo di lunedì. Intanto ieri Antonis Samaras, il leader di Nea Dimocratia, il principale partito d'opposizione di centro-destra in Grecia, ha negato il suo consenso al programma economico a medio termine varato dal governo socialista di Papandreou che prevede una serie di privatizzazioni.

Francia. Criminalità, in Corsica torna il terrore
Trentaquattro omicidi nel biennio 2009-2010. Bande in lotta per la droga e gli appalti. Bhl: boicottiamo l'isola
Dal nostro inviato Fabrizio Caccia
BASTIA (Corsica) – Hanno sbagliato isola, sospira Antoine Bozzi, il marito di Marie-Jeanne. Due killer in moto, il 21 aprile scorso, hanno sparato a sua moglie. L’hanno colpita alle spalle con 8 colpi di calibro 9. Marie-Jeanne Michelosi in Bozzi era l’ex sindaco del comune di Grosseto-Prunga-Porticcio. L’hanno ammazzata davanti a tutti, in pieno giorno, nel parcheggio di un centro commerciale. Una donna nel mirino. Già successo, ma non in questo modo. «Pour moi ces gens se sont trompés d’ile», continua a ripetere Antoine. Hanno sbagliato isola, questa qui non può essere la Corsica. «E invece è proprio lei», confessa preoccupato il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bastia, Paul Michel.

UN'ISOLA IN GUERRA - Nel 2009 in Sicilia, che ha 5 milioni di abitanti, gli omicidi mafiosi sono stati 19. In Corsica, 300 mila abitanti, son stati 17 e la scia di sangue non s’è più fermata. E l’anno scorso altri 17, stessa media. Il grand banditisme è tornato a seminare il terrore. «Il tempo degli assassini»: così il mensile Corsica ha scelto di titolare la sua ultima copertina di maggio. E addirittura Bernard-Henri Levy è andato oltre: se la Corsica ormai è diventata come la Sicilia, ha detto il filosofo intervistato da Canal+, allora per l’estate 2011 ci vorrebbe l’embargo turistico, «boicottare l’isola» per colpire gli affari dei nuovi gangster che qui «dettano legge» e «trasformano i politici locali in marionette». L’affondo di BHL, com’era prevedibile, ha fatto insorgere le categorie: «Non è giusto, un boicottaggio di questo genere penalizzerebbe pesantemente l’economia dell’intera regione, ci andrebbe di mezzo gente che non ha colpe per questi omicidi», ha protestato ufficialmente Agathe Albertini, presidente degli albergatori. Solo nel 2011 sono previsti 9 mila nuovi posti di lavoro, grazie ai 2 milioni di turisti di cui si prevede l’arrivo. Meglio dunque qualche morto ammazzato che tutti morti di fame.

PISTE INTRECCIATE - Di sicuro, però, in giro si spara su commissione e i mandanti per ora restano nell’ombra. «Sono tornati a cantare i kalashnikov, i fucili a pompa e perfino le lupare», dice il procuratore Michel che ravvisa piuttosto delle similitudini con la ‘ndrangheta calabrese. Ci sono infatti clan in lotta e faide mai sopite negli anni, forse anche la morte della signora Michelosi in Bozzi potrebbe rientrare in questo filone di regolamenti di conti e di vendette personali. Suo fratello, Ange-Marie Michelosi, ritenuto dalla polizia il braccio destro di Jean-Jè Colonna, il padrino della Corsica del Sud, fu ammazzato da ignoti nel luglio 2008. Non è facile il lavoro degli inquirenti, perchè spesso le piste s’intrecciano, malavita e indipendentisti si contendono se non gli affari certamente il territorio e più di una volta è già accaduto che siano entrati in rotta di collisione. E anche se quella còrsa «non è la Piovra”» dice il procuratore di Bastia, perché non ha la stessa organizzazione, «magari avrà pure lo stesso sangue che bolle ma non ha di sicuro lo stesso cervello», epperò le bande oggi sono tornate in auge: fanno affari con la droga, le armi e le slot-machine e poi riciclano il denaro comprando tutto, dai ristoranti ai night club.

LAVORI PUBBLICI - Oggi la «Brise de Mer» di Bastia e «Le Petit Bar» di Ajaccio, il venticello di mare e il piccolo bar, hanno rialzato le teste e il grilletto, i vecchi capi (Jean-Jè Colonna ad Ajaccio e Francis Marianni a Bastia) sono morti tutti da un pezzo ma le giovani leve vogliono contare, vogliono mettere le mani anche sulla gigantesca torta dei lavori pubblici, dei terreni edificabili e dei ricchi cantieri per i villaggi turistici che verranno, malgrado gli stretti vincoli e divieti che proteggono da anni il litorale e che finora hanno resistito, tenendo alla larga discoteche e stabilimenti e facendo in modo che la Corsica non diventasse un divertimentificio cementificato come sono invece già le Baleari. Forse perciò le pallottole oggi servono a questo: ad avvertire i politici che la musica è cambiata. Solo un’ipotesi, certo, s’affretta a dire il procuratore di Bastia, ma di sicuro anche su questa pista si sta lavorando.

GLI INDIPENDENTISTI - Prima della Bozzi, che militava nell’Ump di Sarkozy, il 21 marzo era stato freddato a Saint-Andrè-de-Cotone, vicino Bastia, un esponente del centrosinistra, Dominique Domarchi, braccio destro del governatore dell’isola, Francois Giacobbi. Ferocia bipartisan con un unico obiettivo: «Dettare legge», come dice Levy. Anche gl’indipendentisti, nel frattempo, continuano a mettere le bombe nei cantieri, ci mancherebbe altro, più di 40 esplosioni dall’inizio dell’anno, ma loro da sempre lo fanno con altre motivazioni. Lo fanno per la «Corsica libera» e per tenere lontani gli appetiti dei «pinzuti», cioè dei continentali. E c’è una battuta che ripetono spesso gli aficionados dell’Flnc (Fronte di liberazione nazionale corso): «Quando noi facciamo saltare una casa, facciamo sempre uscire prima anche i gatti». Per evitare così le vittime innocenti. Violenza chirurgica, ma pur sempre violenza.

San Marino. Crisi. Tunnel senza fine, in un anno chiuse 453 imprese
25/05/11 07:18
[Il Punto] L’impresa sammarinese continua a soffrire, con riflessi inevitabili sull’occupazione che segna il suo picco in negativo. A farne le spese sono tutti i settori, dal turismo al commercio, ma soprattutto a essere colpite dal trend sono le attività immobiliari. Il quadro disegnato dal Bollettino di Statistica dell’Ufficio di programmazione economica, per il primo trimestre 2011, non porta buone nuove sul fronte dell’economia del Titano. In particolare, a marzo 2011, rispetto dodici mesi prima, chiudono i battenti 7 aziende su 100: delle 6.263 imprese attive nello stesso mese del 2010 ne restano 5.810, ovvero 453 in meno, il 7,3%. Drammatico il bollettino per le attività immobiliari, accorpate a quelle per l’informatica e i servizi alle imprese: in un anno hanno abbassato le serrande 273 aziende, pari all’11,4%. Sul podio di chi fa peggio seguono il settore del commercio, con 101 unità in meno, pari al 6,2%, e quello delle industrie manifatturiere, che ha perso 46 unità, pari al 7,7%. Sorte analoga per le attività finanziarie, nell’arco di un anno sono passate da 115 a 105 quelle attive, per un calo percentuale di 8,7 punti. L’unico saldo positivo è messo a segno dalle attività alberghiere e della ristorazione che crescono di 3 unità, passando da 37 a 40 a marzo 2011. Eppure, resta fermo al palo il dato relativo alle visite turistiche: nei primi tre mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2010, l’afflusso di visitatori cala dell’1,9%, mentre marzo si caratterizza per la performance in negativo al -7,3%. Le ripercussioni sul mondo del lavoro sono palesi: mentre l’indice generale dei prezzi al consumo aumenta del 2,2% rispetto a un anno fa, il tasso di disoccupazione totale sfiora quota 5%. Più precisamente, rispetto al 4,34% del 2010, a fine marzo 2011 la percentuale di chi non ha un’occupazione è salita al 4,82%. Purtroppo è un dato record per il Titano che per la prima volta nella sua storia economica degli ultimi decenni deve fronteggiare il fenomeno della disoccupazione interna. La forza lavoro complessiva di San Marino, a fine marzo, è di 22.318 unità (12.549 maschi e 9.769 femmine) in calo rispetto a dodici mesi prima di 353 unità, l’1,6%. La fascia di età più colpita dalla mancanza di un lavoro va dai 20 ai 29 anni, mentre il titolo di studio prevalente è la maturità. La percentuale di disoccupati laureati è di circa il 14,4% dei disoccupati totali (113 unità) mentre per quelli in senso stretto è il 12,4% con 66 unità. Nel settore privato sono impiegate 15.397 unità, in calo del 2,3%. Ne fa la spesa soprattutto il settore manifatturiero, con 234 occupati in meno, seguito dal settore costruzioni e impianti, 132. Nel settore pubblico allargato i lavoratori sono 4.193 (- 48 rispetto a marzo 2010) e le diminuzioni si sono registrate nella Pubblica amministrazione (30) e nell’Istituto per la Sicurezza sociale. In parallelo, cresce il ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende: lo scorso anno a farne richiesta sono state 480 società, per un totale di 886.493 ore liquidate e un importo che sfiora gli 8,6 milioni di euro. Nel 2009 le aziende che hanno richiesto la Cig erano una cinquantina in meno, per la precisione 433, ma le ore liquidate e l’importo sborsato erano superiori, rispettivamente 1,1 milioni di ore per oltre 10,7 milioni di euro. Gli indicatori rilevati dal Bollettino di statistica spingono a non abbassare la guardia rispetto a un quadro ancora preoccupante e da cui non si intravvede una via d’uscita. In particolare, i dati emersi anche nel primo trimestre 2011 evidenziano un divario sempre crescente tra mondo dell’impresa e quello dei lavoratori. A testimonianza di ciò lo sciopero generale fissato per giovedì 26 maggio, il terzo messo in agenda dai sindacati negli ultimi due anni.
Il Punto Breaking News

Bozen. Monumento alla Vittoria Nel museo anche la storia del nazismo in Alto Adige
BOLZANO. La cripta dedicata alla storia del monumento, le 13 sale che la circondano destinate a raccontare la storia altoatesina tra l'inizio della prima e la fine della seconda guerra mondiale e in particolare del periodo nazi-fascista. L'indice tematico sul percorso espositivo del museo che verrà realizzato negli spazi sotterranei del monumento alla Vittoria è stato approvato ieri dalla giunta provinciale e anche quella comunale ha già dato il suo via libera. 
IL PROGETTO. Sotto al monumento alla Vittoria sarà realizzato un museo. Tra la cripta e le 13 sale, gli spazi a disposizione occupano una superficie di 720 metri quadrati. Per decidere come riempirli, è stata insediata una commissione paritetica tra Comune e Provincia, presieduta dal soprindentente alle Belle Arti Ugo Soragni e completata dalla direttrice dell'archivio provinciale Christine Roilo e dallo storico Andrea Di Michele (entrambi di nomina provinciale), mentre il Comune ha designato Silvia Spada e Hannes Obermair. Insediato da poco, il gruppo di lavoro come prima cosa ha definito una lista dei temi e degli argomenti che dovranno far parte del percorso museale sotto al museo. 
IL PERCORSO. Al centro di questo percorso, "cuore" del museo, c'è la cripta. La proposta degli esperti è che nella cripta venga raccontata la storia del monumento: perché è stato costruito, cosa c'era prima (il monumento ai "Kaiserjäger"), chi lo volle e chi lo progettò.  Da qui partirà un percorso cronologico con una serie di tappe. Saranno una dozzina, in linea di massima ognuna delle 13 stanze del museo potrà ospitare un argomento specifico. Si parte dall'annessione dell'Alto Adige all'Italia al termine della prima guerra mondiale, poi si passerà al periodo dell'Italia liberale (1918-1922) e a quello fascista, ci sarà una sala dedicata alla trasformazione urbanistica vissuta da Bolzano con la nazionalizzazione voluta dal fascismo, ma arrivando alla seconda guerra mondiale si affronterà anche il periodo dell'occupazione nazista di Bolzano, il lager di via Resia, gli edifici simboli del regime fascista trasformati in simboli di quello nazista. Spazio anche alle foto storiche che documentano le distruzioni legate ai bombardamenti sul capoluogo e a chiudere il percorso ci sarà la sala dedicata allo sviluppo di Bolzano capoluogo.   I
POLITICI. «Vogliamo creare - spiega il presidente della giunta Luis Durnwalder - una struttura che spieghi in maniera seria e obiettiva alla popolazione, soprattutto alle fasce più giovani, ciò che è accaduto in Alto Adige. Ora che abbiamo approvato l'indice tematico, toccherà alla commissione valutare ed elaborare proposte concrete dal punto di vista tecnico e finanziario, sull'effettiva realizzazione del museo». I tempi saranno brevi, promette il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini: «Con la decisione adottata in giunta, acceleriamo decisamente. Ritengo importante che il museo non parli solo del fascismo, ma anche del nazismo».

Bozen. Appiano: blitz del Comune contro le vie italiane
Sparite nel nuovo stradario Ronco, Crocevia, Madonna del Riposo e Maderneto
di Massimiliano Bona
 APPIANO. Con l'approvazione - in consiglio comunale - del nuovo stradario sono stati cancellati con un colpo di spugna diversi toponomi italiani (via Ronco, Crocevia, Madonna del Riposo, via Maderneto) e ne sono stati introdotti alcuni palesemente scorretti (piazza Dominicani, Strada Oltradige, Vicolo Fabbro) o dedicati a personaggi quasi esclusivamente del mondo tedesco (l'unica novità per il gruppo etnico di minoranza è via Claudia de' Medici). La contestata delibera è passata a larghissima maggioranza: c'è stata solo l'astensione di Giorgio Dal Prà di Appiano Democratica, mentre Pd e Pdl (assente) non hanno fatto nulla per apportare qualche correttivo o cercare di contenere quantomeno i danni. «L'approvazione è stata frettolosa - spiega Dal Prà - e la giunta non ci ha nemmeno fatto vedere l'elenco completo. La materia va assolutamente ridiscussa in aula». A passare, in toto, è stata la linea della Svp, che presiedeva - con l'assessore Wally Kössler Thaler - una commissione nella quale non c'era un solo italiano. «Ma nessuno, del gruppo linguistico di minoranza, ha voluto entrarci», precisa la Kössler, soddisfatta del lungo lavoro portato a termine. «Per circa 30 anni, in quest'ambito, non si è fatto nulla e ora abbiamo approvato una revisione sostanziale dello stradario». Per quanto attiene i nomi nuovi la commissione si è appoggiata ad alcune associazioni di lingua tedesca, a cui ha sottoposto un elenco di personaggi di spicco, che hanno contribuito a scrivere la storia del paese. È il caso, ad esempio, di Fritz Dellago, sindaco di Appiano nel Dopoguerra, Franz Mayr, pioniere del turismo e dell'economia, Egno von Eppan (resta "Graf" e non "conte" anche nella versione italiana), dell'archeologo Max von Mörl, dello storico Franz Karl Zani, di Maria Teresa d'Austria (resta "Kaiserin" anche in italiano), della pedagoga Johanna Blum, della fondatrice della casa di riposo «Sonnenberg» Alma von Lutz e di Berta Ausserer, che ha insegnato nelle Katakombenschulen durante il fascismo. La via che porta a Caldaro si chiamerà Überetscher Strasse, che nella traduzione italiana diventa "Strada Oltradige" (senza preposizione in mezzo). Per il gruppo di minoranza ha un certo peso, invece, il cambiamento da piazza Alberto Magno a piazza Domenicani, che nello stradario viene erroneamente chiamata "piazza Dominicani". Secondo la Kössler Thaler si è cercato di eliminare alcuni toponimi introdotti da Tolomei e di inserirne di nuovi, più legati al territorio. «Abbiamo puntato sui toponimi realmente utilizzati dalla popolazione». Sì, quella di lingua tedesca. Perché gli italiani hanno imparato ad usare, da decenni, Ronco (come la zona sportiva), Madonna del Riposo, Crocevia o Maderneto. Il sindaco Wilfried Trettl assicura che «saranno corretti gli errori», anche se ammette «di non aver seguito personalmente i lavori, visto che c'era una commissione».

Più i politici appaiono in tv, più sono disistimati
Loro sanno che ogni apparizione televisiva nuoce a chi occupa lo schermo. Ma sono vanesi
 di Massimo Tosti  
Leopold von Sacher-Masoch (se fosse ancora tra noi) troverebbe molti spunti interessanti per i suoi romanzi nella campagna elettorale in corso e, più in generale, nella comunicazione politica. L'autolesionismo impera incontrastato. L'Agcom distribuisce multe ai telegiornali per lo spazio concesso alle interviste senza domande (sine preguntas, dicono gli spagnoli, che hanno avviato una campagna contro questa cattiva abitudine imposta dai politici iberici e subìta dai giornalisti) al presidente del Consiglio. Da quando Oscar Luigi Scalfaro firmò all'estero (tale era la fretta di vederla applicata) la nefasta legge sulla par condicio da lui voluta, i minutaggi delle apparizioni televisive dei politici sono oggetto di indagini occhiute e spietate. Nessuno, finora, ha alzato la mano per denunciare una verità (molto scomoda per gli spin doctor e tutto il mondo che ruota intorno alla comunicazione) denunciata da un bimbo innocente ne Gli abiti nuovi dell'imperatore, la fiaba di Hans Christian Andersen: Il re è nudo. Se invece di correre dietro al bilancino del farmacista (e all'auditel) si rispolverasse l'indice di gradimento, nella versione trash dello «sgradimento», si scoprirebbe che ogni apparizione televisiva nuoce a chi occupa lo schermo. Il masochismo (in versione verbale, senza fruste e aggeggi di tortura) è un contributo che tutti i candidati e i loro supporter o padrini offrono gratuitamente. Un premio costante per gli avversari.

Ci sono dati che gli osservatori esterni faticano a mettere insieme: mai come oggi il paese reale è lontano dal paese legale; mai come oggi l'opinione pubblica mostra di disprezzare la classe politica (senza distinzioni fra maggioranza e opposizione). Mai come oggi (e in nessun Paese quanto nel nostro) la televisione dà spazio ai politici. Fin dall'alba i leader e i comprimari si esibiscono davanti alle telecamere, facendo male a se stessi. C'è un rapporto causa-effetto fra questi due dati. L'eccesso di visibilità e di presenza della «casta» è all'origine della noia degli elettori, che tracima poi in distacco e, infine, in disgusto. Costretti ad apparire, i politici che non hanno nulla da dire, si sentono comunque in dovere di dire qualcosa: parole in libertà, fesserie, sciocchezze, o (per dirla con Celentano) cazzate.

La gente pensa che sia colpa della legge elettorale che ha mandato in parlamento personaggi di secondo o terzo piano, favoriti dalla contiguità di bottega (o di talamo) con i leader. Pensa che i politici di una volta fossero di gran lunga più preparati di quelli attuali. Non è così: gli analfabeti e gli sciocchini affollavano anche allora le aule parlamentari. Ma non parlavano. Soprattutto non parlavano in pubblico. Al di fuori dei rispettivi collegi elettorali (dove i clienti glissavano sulla loro impreparazione, preoccupati soltanto di ottenere favori e raccomandazioni), deputati e senatori (nella grandissima maggioranza) erano del tutto sconosciuti all'opinione pubblica. A nessuno dei cosiddetti peones era concesso il quarto d'ora di celebrità e di masochismo. Anche la carta stampata evitava di citarli con nome e cognome: nei pastoni politici, le loro spiate erano registrate sotto il pudico riferimento agli «ambienti vicini a...». E gli stessi leader avevano rarissime occasioni per rivolgersi al grande pubblico: una o de tribune politiche l'anno, preparate accuratamente, misurando parole e concetti.

Nessuno, in questi giorni, si è reso conto che l'unico vincente, dieci giorni fa, è stato Beppe Grillo. Merito del veto posto alle sue apparizioni televisive. Mandatelo in prima serata, e il suo 10 per cento di Bologna si ridurrà in un battibaleno allo zero virgola. Perché sarà agevole per tutti scoprire che anche lui dice sciocchezze. Memorandum per le prossime elezioni: il silenzio è d'oro. Chi tace acchiappa voti. Chi parla è fottuto.

E il Tesoro si prepara alla fase 2 Più controlli e poteri alla Ragioneria
 di Alessandra Ricciardi  
In arrivo un decreto che potenzia i controlli sulle spese delle amministrazioni centrali. E rafforza il ruolo della Ragioneria generale dello stato. Si tratta della fase 2 della riforma della struttura di bilancio dello stato, avviata nel 2009 dal ministro dell'economia, Giulio Tremonti. Il ministero dell'economia ci sta lavorando a tamburo battente. Al momento, sul dpr sono state avviate le prime interlocuzioni tecniche con il dipartimento degli affari giuridici di Palazzo Chigi e i principali ministeri di spesa. Il decreto è atteso per uno dei prossimi consigli dei ministri. E già si registrano malumori per quel nuovo assetto della contabilità ministeriale che si delinea e che assegna al Tesoro un ruolo ancora più dirimente di quello attuale nelle politiche degli altri dicasteri.

Fuori dalla stretta le amministrazione dotate di autonomia finanziaria e contabile, in primis i soggetti costituzionali come la Presidenza della repubblica e la Corte costituzionale. Poi le regioni, le province, i comuni e il servizio sanitario nazionale. Per i quali il decreto varrà come atto di indirizzo per il contenimento della spesa pubblica. L'ambito del controllo preventivo viene rimarcato su tutti gli atti aggiuntivi ai contratti, gli affidamenti diretti e i riconoscimenti dei debiti verso soggetti terzi. Ovviamente vi ricadono le assunzioni di personale, a qualsiasi titolo contrattuale, gli accordi integrativi, a tutti i livelli sottoscritti, i trasferimenti di risorse agli enti controllati. Se ci sono rilievi, l'atto non produce effetti. E per il dirigente che non segue le indicazioni del controllore, e dà comunque seguito all'atto, scatta la segnalazione alla Corte dei conti per le responsabilità del caso. Controlli più decisi anche sulle attività di riscossione delle entrate e di accertamento. Nel nuovo assetto, più presente la Ragioneria generale guidata da Mario Canzio. Per potenziare anche materialmente la struttura, questa è autorizzata a ricorrere a collaborazioni con università pubbliche e private, potrà avere più personale comandato e una quota delle future assunzioni riservata ai profili economici e statistici. Decisivo lo scambio di informazioni tra la Ragioneria, gli organismi di valutazione dei singoli ministeri e la Civit. Gli uffici di statistica delle singole amministrazioni dovranno mettere a disposizione della Ragioneria tutti i dati interni dell'attività di analisi e valutazione della spesa. I dati così raccolti confluiranno nella banca dato a cui tutti i ministeri possono accedere, ma solo se i requisiti delle informazioni lo consentiranno. Al momento secondo i rumors di palazzo, il Tesoro non pare intenzionato a prevedere una fase transitoria per l'avvio del nuovo sistema.

«Con la seconda guerra mondiale il vero stop alla rimonta»
P.Br.
«La visione della Svimez è, dai tempi dei fondatori Donato Menichella e Pasquale Saraceno, unitaria». L'economista Adriano Giannola, presidente dell'associazione, sostiene la validità di questa "tradizione": «Ancora oggi non è possibile capire il Sud senza il Nord. E nemmeno il Nord senza il Sud».
 Perché non ha senso parlare di due Italie?
 Perché le dinamiche civili, politiche ed economiche sono troppo intrecciate. La infrastrutturazione come base della politica cavouriana riguarda il Nord come il Sud. Nel dopoguerra l'industrializzazione è ritenuta dalle élite lo strumento migliore per la crescita economica e civile dell'intero Paese.
 Perché, con fili così intrecciati, si registra questo divario?
 Tutta l'Italia, nel 1861, è un Paese non industriale. Il problema è capire perché vi sia una differenziazione costante degli indicatori economici. E, questo, nonostante il parziale recupero del Mezzogiorno nella prima parte della nostra storia. Recupero ridotto, se non bruciato, dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale.
 Il Sud ne esce in condizioni pessime.
 Sì, ma l'Italia resta una e una sola. L'acciaio prodotto al Sud è essenziale per l'industria del Nord. Non solo per la meccanica e l'auto. Pure per la chimica di base e la plastica. I giovani del Sud trasferiscono nelle fabbriche del Nord. Anche questa è una interconnessione profonda.
 Nel 1951 ci sono la riforma agraria e l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno, benefica e non corruttiva nei primi anni. In seguito che cosa si rompe?
 A parte l'assalto dei partiti ai grandi gruppi pubblici, nei primi anni Settanta si registrano la fine degli equilibri di Bretton Woods e lo shock petrolifero. L'Italia adotta svalutazioni competitive, che avvantaggiano il tessuto settentrionale di piccole e di medie imprese, e rinuncia a ogni idea di politica industriale, vitale per il Mezzogiorno. È allora che il Sud è lasciato a se stesso.

Fincantieri, esplode la rabbia operaia
 Occupato il municipio di Castellammare, scontri con feriti a Genova. Il governo convoca le parti per il 3 giugno
ROMA. Occupato e devastato il Municipio di Castellammare, scontri a Genova con otto feriti davanti alla prefettura, scioperi, cortei e assemblee in tutti i cantieri navali, da Ancona a Palermo. Esplode la rabbia dei lavoratori della Fincantieri durante la protesta contro il piano presentato lunedì dall’azienda che prevede la chiusura dei siti di Castellammare e Genova e il licenziamento di 2550 lavoratori (sul complesso di 8500 dipendenti dell’azienda). Il ministro Romani convoca le parti per il 3 giugno, ma per il Pd e l’Italia dei Valori si tratta di una data troppo lontana e chiedono che il governo riferisca subito alle Camere.

 Ieri è stata dunque un giornata ad altisima tensione. Otto ore di sciopero indetto da Fiom-Fim-Uilm per chiedere il ritiro del piano presentato dall’amministratore delegato Giuseppe Bono, e sollecitare l’immediato intervento del governo al massimo livello. Il ministro dello Sviluppo Romani decide la convocazione delle parti solo dopo le notizie dell’altissima tensione e degli scontri di Castellammare e Genova.

 Nel centro campano - che perderebbe 640 lavoratori più 1200 dell’indotto - nella notte è esplosa la rabbia con l’occupazione del Municipio dove il sindaco e gli assessori sono stati stretti d’assedio. Devastati uffici e decapitate persino alcune statue. Occupata nel mattino anche la Statale sorrentina. Rabbia anche a Genova durante il corteo operaio che sfila in città contro la chiusura del cantiere di Sestri Ponente e il ridimensionamento di Riva Trigoso. Davanti alla prefettura sono scoppiati tafferugli tra i manifestanti, che chiedevano di entrare nel cortile e parlare con il rappresentante del governo, e i poliziotti in assetto antisommossa. Il prefetto per diverso tempo ha negato l’incontro e i lavoratori, esasperati, hanno tentato di fare irruzione e sono respinti dagli agenti. Risultato: otto feriti tra operai e poliziotti. Il sindaco Marta Vincenzi (Pd) attacca: che la trattativa sia seria o sarà sciopero generale di tutto il territorio. Il presidente della Regione Claudio Burlando si chiede perché i lavoratori, i sindacati e le istituizioni abbiano ottenuto ascolto solo dopo scontri e feriti.

 Il piano di Fincantieri è respinto da tutti i sindacati. Per la Cgil l’azienda affossa un’economia in ginocchio, per la Uil si tratta di un atto di irresponsabilità, la Fim parla di dichiarazione di guerra. A fine serata, dopo una giornata carica di tensione, la Fiom commenta che la convocazione, benché tardiva, da parte del governo «non basta» ma è «un primo risultato dell’iniziativa unitaria dei lavoratori».

 Sul fronte politico per il Pd il piano «è irricevibile» e la convocazione del 3, dice la senatrice Pinotti, «è troppo tardi». Il segretario Pier Luigi Bersani chiede al governo di prendere in mano la situazione. E il leader di Sel Vendola critica «il silenzio» dell’esecutivo. L’Idv plaude ai sindacati che hanno chiesto che la vertenza sia seguita da Gianni Letta o Tremonti ma non dal ministro Romani: «Di lui non si fidano» dice Maurizio Zipponi. Perplessità sul piano arrivano dal ministro leghista Calderoli.(v.l.)

L'Italia è un Paese per vecchi.
Pensione Inps per uno su tre. Ma la metà è sotto i 500 euro
Nel 2010 la spesa pensionistica cresce di oltre il 2%, i lavoratori assicurati dall'istituto rappresentano l'87,3% del totale degli occupati. Il presidente Mastrapasqua: "Dopo 20 anni di aggiustamenti, il sistema è stabile"
Roma, 25 maggio 2011 - Nel 2010 cresce la spesa pensionistica complessiva, previdenziale e assistenziale, risultando pari a 190,453 miliardi di euro (+2,3% rispetto al 2009) comprensivi della spesa per l`erogazione delle indennità di accompagnamento agli invalidi civili pari a 13,083 miliardi. E’ quanto rileva il rapporto annuale dell’Inps.
La spesa pensionistica al netto delle indennità di accompagnamento agli invalidi civili e di altre prestazioni minori ammonta a 177,350 miliardi con un incremento netto, rispetto al 2009, di 3,586 miliardi (+2,1%).
La platea degli utenti Inps, aggiunge il rapporto, è pari a circa due terzi della popolazione residente. I lavoratori assicurati rappresentano l`87,3% del totale degli occupati, mentre le aziende iscritte costituiscono il 31,7% delle imprese complessive. L`istituto eroga l`81,8% dei trattamenti pensionistici in essere con un importo annuo che supera il 70% della spesa complessiva. L`83,4% dei pensionati in Italia beneficia di una pensione a carico dell`istituto.
L’Inps, ad oggi, eroga “una pensione ogni tre cittadini circa e i pensionati rappresentano il 23% della popolazione”.
Il numero complessivo delle pensioni vigenti al 31 dicembre 2009 è pari a 16.042.360, cui si aggiungono oltre 2,7 milioni di prestazioni erogate agli invalidi civili. Il 78% delle pensioni erogate dall`istituto è di natura previdenziale, il restante 22% è di tipo assistenziale.
I percettori di una sola pensione a carico dell`istituto sono il 74% del totale: 7,2 milioni ricevono sole pensioni di vecchiaia; 1,3 milioni sole pensioni ai superstiti e 717mila sole pensioni di invalidità previdenziale. I beneficiari di sole pensioni assistenziali sono 1,5 milioni mentre 1,4 milioni sono i percettori di prestazioni assistenziali associate a quelle di tipo previdenziale.

OLTRE LA META' SOTTO I 500 EURO - Oltre la metà delle pensioni erogate dall’Inps, precisamente il 50,8%, non arriva a 500 euro al mese. E’ quanto si evince dal Rapporto annuale dell’istituto.

La quota sale al 79% se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. L’11,1% presenta importi compresi tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili e il 9,9% superiori ai 1.500 euro. Per quanto riguarda le pensioni da 500 a 1.000 euro mensili, continuano a prevalere le pensioni femminili con il 30,5% rispetto al 24,9% delle pensioni maschili. il trend si inverte nelle classi di importo piu’ elevato, laddove le pensioni dei titolari maschi presentano pesi percentuali nettamente piu’ significativi: il 18,9% tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili (contro il 5,6% per le donne) e il 20,2% con importi superiori ai 1.500 euro mensili (a fronte di appena il 2,6% per le pensioni erogate alle donne).

"SISTEMA STABILE" - Il sistema previdenziale italiano, dopo quasi 20 anni di “continui” e “prudenti” aggiustamenti riformatori, può vantare una “stabilità finanziaria” e una “equità invidiabile”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, nel corso della sua relazione annuale.
 La riforma delle pensioni definita un anno fa “ha chiuso un cantiere - ha proseguito - avendo costruito un edificio solido, stabile, indicato ormai dall’Europa come un modello”.

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