LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Costretti a emigrare ma non è un dramma»
La Ue all'Italia: le manovre indeboliscono i mercati
La scialuppa non basta per salvare l'Europa
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Costretti a emigrare ma non è un dramma»
30.09.2011
SASSARI. Un laureato e un diplomato su quattro lasciano la Sardegna perchè non trovano lavoro. L’occupazione per loro, secondo la Svimez, nei prossimi venti anni diventerà un miraggio. Tutto questo in barba agli investimenti fatti dalle famiglie e dallo Stato. Per non parlare dei master&back foraggiati dalla Regione che non hanno visto quasi mai nessuno «come back». Ma è certo che i giovani che partono perchè la terra matrigna non offre opportunità siano disperati come gli antenati con la valigia? E che invece, per molti, partire significhi crescere, affermarsi e poi, magari ritornare? Piero Pais, 35 anni, architetto, è uno di questi. Dopo 15 anni trascorsi all’ombra del Duomo ha lasciato tutto, salutato Milano, gli amici, i colleghi di uno studio avviatissimo ed è ritornato a Nuoro. Senza rimpianti. «Dopo la laurea mi ero fermato li perchè c’erano opportunità interessanti, ma il lavoro non basta, avevo bisogno di ritrovare cose che a Milano non c’erano. Lentamente ho scoperto che i ritmi, il legame con la mia terra, con la gente, con la famiglia erano forti e sono tornato indietro». Nuoro era la sua Spoon river. E dice «ho incontrato altri che come me erano partiti, con stupore ci siamo ritrovati per scoprire che anche qui si può lavorare e soprattutto che abbiamo fatto la stessa scelta di vita». Appassionato di fotografia, i suoi lavori sono esposti al Geo di Nuoro in una collettiva di giovani «Guardarsi l’ombelico».
La Ue all'Italia: le manovre indeboliscono i mercati
Istat: disoccupati in lieve calo, ma è impennata dei prezzi
In Italia gli occupati sono circa 23 milioni, ma la crescita è solo maschile. Gli inattivi stabili al 38%. Le under 24 meridionali senza lavoro al 44%. Sacconi esulta: "Buone notizie"
Roma, 30 settembre 2011 - Con le misure di austerità prese dall’Italia e con la bassa crescita, è crollata la fiducia e di conseguenza le condizioni del mercato del lavoro sono costantemente deboli. Lo afferma la Commissione Ue nell’ultimo rapporto sull’occupazione.
ALLARME INFLAZIONE - Nuova impennata dei prezzi nel mese di settembre. Secondo le stime preliminari dell’Istat, questo mese l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% rispetto al mese di agosto 2011 e del 3,1% su base annua (ad agosto si era registrato il 2,8%). Si tratta del dato più alto “dall’ottobre del 2008 quando l’inflazione era al 3,5%”. L’inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,6%.
DISOCCUPAZIONE - Dal nuovo rapporto Istat risulta che ad agosto è calato il tasso di disoccupazione, che si attesta al 7,9%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a luglio e di 0,4 punti percentuali su base annua.
Nello stesso tempo prosegue il lento recupero dell'occupazione: ad agosto gli occupati sono circa 23 milioni, in aumento dello 0,1% (26mila unità) rispetto a luglio. Nel confronto con lo stesso mese dell'anno precedente l'occupazione aumenta dello 0,8% (191mila unità). La crescita degli occupati riguarda "solo la componente maschile".
Il tasso di occupazione si attesta al 57%, in aumento di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e di 0,3 punti in termini tendenziali. Per quanto riguarda il numero dei disoccupati, pari a quasi due milioni (1.965mila), diminuisce dell'1,8% (-36mila unità) rispetto a luglio. La flessione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Su base annua il numero di disoccupati diminuisce del 4% (-83mila unità).
Infine, gli inattivi tra i 15 e i 64 anni non registrano variazioni rispetto al mese precedente e anche il tasso di inattività rimane stabile al 38%.
SUD, PIU' DONNE SENZA LAVORO - Crescono nel secondo trimestre dell'anno le giovani donne disoccupate al Sud: il tasso di disoccupazione delle giovani donne tra i 15 e i 24 anni tocca infatti un picco del 44%. Secondo l'Istat, secondo cui si tratta del più elevato dato "dal secondo trimestre del 2004 (quando si era registrato il 45,2%).
I GIOVANI - Nel frattempo prosegue la crescita della disoccupazione dei giovani ad agosto. Il tasso di disoccupazione giovanile del mese scorso è pari infatti al 27,6% , con un aumento congiunturale di 0,1 punti percentuali. Nel secondo trimestre invece il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni scende dal 27,9% del secondo trimestre 2010 al 27,4% del secondo trimestre del 2011.
I TEMPI SENZA LAVORO - Tra i disoccupati, uno su due è senza lavoro da più di un anno. Nel secondo trimestre dell'anno infatti, sale dal 48,1% del secondo trimestre 2010 al 52,9% del totale l'incidenza della disoccupazione di lunga durata.
Per quanto riguarda la disoccupazione di lunga durata, si tratta, ha spiegato l’Istituto, del dato più alto dal secondo trimestre del 1993. Per contro, sempre nel secondo trimestre del 2011, scende il tasso di disoccupazione al 7,8% dall’8,3% dello stesso periodo del 2010. Il numero di disoccupati registra una riduzione su base tendenziale (-7%, pari a -146mila unità). La discesa riguarda sia le donne sia, soprattutto, gli uomini ed è “particolarmente rilevante nel Centro-Nord”.
In confronto al recente passato, la riduzione dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è più contenuta (-0,1%, pari a -19mila unità), mentre continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+6,8%, pari a 149mila unità), in gran parte nell’industria in senso stretto.
SACCONI SODDISFATTO - "Decisamente buone notizie finalmente dalla periodica rilevazione Istat sulle forze di lavoro", esulta il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi evidenziando che "cresce l’occupazione, che torna a superare la soglia dei 23 milioni, diminuisce la disoccupazione che nell’ultimo trimestre rilevato si definisce al 7,8 per cento, scende il tasso di inattività. Si tratta di quasi 200 mila occupati in piu’ rispetto ad un anno fa".
E il ministro continua: "Siamo consapevoli ovviamente di dover accompagnare ed accelerare questo processo incoraggiando gli investimenti, il ritorno al lavoro dei cassaintegrati, la nuova occupazione di qualità", prosegue il ministro, sottolineando che "a questo scopo sono particolarmente utili le relazioni industriali, ovvero gli accordi aziendali e territoriali, i contratti di inserimento per le donne, e l’impulso che all’apprendistato puo’ venire dalle nuove regole piu’ semplici e da auspicabili incentivi nel confronto con le tipologie lavorative di minore qualità".
La scialuppa non basta per salvare l'Europa
di Roberto Perotti
Il Parlamento tedesco ha approvato l'aumento del fondo salva-Stati. È un passaggio formale che cambia poco nella sostanza: l'aumento da 250 a 440 miliardi serve per intervenire in Grecia, ma la partita ormai si gioca su Italia e Spagna, per le quali servirebbe molto di più.
Anche le altre modifiche al fondo, inclusa la possibilità di intervenire sul mercato secondario dei titoli pubblici, potrebbero avere impatto solo se le cifre fossero molto più grandi. E su questo, nonostante le tante voci di questi giorni, siamo lontani da un'azione concreta.
Ormai è un dato di fatto che i mercati si aspettano una qualche forma di default della Grecia. Per questo la troika (Fmi, Bce, e Commissione europea) sta svolgendo un lavoro delicatissimo e necessario, ma sta anche giocando una partita che può solo perdere. Se abbandonasse la Grecia al suo destino, gli altri Paesi occidentali verrebbero accusati di rinunciare a un tentativo di salvare il salvabile. Se intervengono, come avviene ora, non possono rinunciare a porre condizioni gravose, come i pesanti tagli di bilancio; ma come in molte altre occasioni (dalla crisi asiatica nel 1997 a quella dell'Argentina nel 2001), queste condizioni verranno poi accusate di essere causa della recessione.
In effetti, è inutile illudersi che nel breve periodo la Grecia possa uscire indenne dalle decine di migliaia di licenziamenti nel settore pubblico che il Governo greco ha coraggiosamente accettato. Ma è anche inutile illudersi che si possa fare default a costi contenuti. Dunque che la Grecia prolunghi l'agonia e rimanga sotto la tutela della troika, o che faccia default, inizialmente pagherà un prezzo altissimo.
Paesi asiatici e l'Argentina si sono ripresi piuttosto velocemente, ma i primi due anni sono stati pesantissimi, con costi sociali elevatissimi. Lo stesso succederà in Grecia: quanto tempo occorrerà per riprendersi non lo sappiamo, ma inizialmente saranno lacrime e sangue.
Il lavoro della troika è difficile, e non è realistico pensare che l'Europa si esima dal tentare. Ma oltre al costo inevitabile ma pesantissimo imposto alla Grecia, il prezzo da pagare è che il fantomatico Washington consensus (che in realtà non esiste più, se mai è esistito) verrà accusato ancora una volta di essere la causa vera della recessione greca, quando in realtà la causa fondamentale è che nessun Paese può vivere per anni al di sopra delle proprie possibilità e sperare di non pagare il conto. Quel poco di cultura di mercato che si stava diffondendo nell'Europa meridionale verrà ulteriormente messo in discussione.
L'immagine della troika che scende dalla scaletta dell'aereo e chiede al Governo di licenziare decine di migliaia di dipendenti pubblici non fa che fomentare reazioni populistiche e scomposte, come è avvenuto in altri Paesi in passato.
Forse anche per questo sarebbe meglio prendere atto della situazione, e lasciar dichiarare un default. Dato che niente può salvarla, forse è meglio evitare di generare la convinzione che il crollo della Grecia sia dovuto alla pesante condizionalità della troika.
30 settembre 2011
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