Il caso dei fondi Ue bloccati: in Sicilia arrivano gli ispettori
L'UNIONE SARDA - Economia: Il turismo nelle zone interne affonda
Il governo greco trova l'intesa ma senza firme
Grecia:Ue rinvia decisione a mercoledi'
Grecia. Il salvataggio peserà anche sui conti italiani
Grecia. La diffidenza dopo le delusioni
Germania, -0,4% inflazione definitiva a gennaio
Spagna: continua crisi immobiliare,-17,7% comprevendite 2011
Obama: «Piena fiducia in Monti. Porterà l'Italia fuori dalla tempesta»
Il caso dei fondi Ue bloccati: in Sicilia arrivano gli ispettori
Finora l'Isola ha impiegato solo il 12% di sei miliardi e mezzo. La commissione europea attende chiarimenti: entro il 6 luglio dovranno essere fornite risposte
BRUXELLES. Fondi Ue a rischio in Sicilia. Bruxelles fa un po' di chiarezza sulla situazione dei fondi del programma operativo regionale bloccati per l'Isola. E arrivano da Roma ispettori per sistemare la spesa. Finora l'Isola ha impiegato solo il 12% di sei miliardi e mezzo. "Le autorità italiane e siciliane - dice all'Ansa un portavoce della Commissione europea - hanno sei mesi di tempo per rispondere alla lettera inviata all'Italia dagli uffici del commissario europeo alla politica regionale Johannes Hahn, sui dubbi emersi circa la selezione e la gestione di alcune progetti da attuare in Sicilia, per un ammontare complessivo di 192 milioni di euro".
La sospensione dei pagamenti - precisa il portavoce - "riguarda due richieste inviate dall'Italia il 28 ottobre e il 21 dicembre 2011". La Commissione europea attende chiarimenti - prosegue - su due tipi di problematiche. "In primo luogo solleva dubbi sulle procedure di selezione dei progetti, quindi sulla loro gestione e sulle procedure di verifica dei controlli affinché i progetti siano in linea con le regole europee".
Di fatto, conclude il portavoce, "la lettera all'Italia è partita lo scorso 6 gennaio, di conseguenza entro il 6 luglio, la situazione deve essere chiarita su quello che sarà fatto".
L'UNIONE SARDA - Economia: Il turismo nelle zone interne affonda
10.02.2012
I dati diffusi dagli industriali: 310 mila le presenze in meno rispetto al 2010
Confindustria: «Calo del 43 per cento» Se il commercio piange, nelle zone interne il turismo non sorride. Anzi, tra il 2010 e il 2011, secondo i dati forniti da Confindustria, le presenze sono crollate del 43 per cento. L'ANALISI Il calo nelle aree costiere è pari al 30 per cento rispetto al 2010 ma il dato peggiore riguarda il turismo nelle zone interne, con una perdita di presenze del 43 per cento. A poco sono serviti gli investimenti che negli ultimi dieci anni hanno portato a 550 il numero delle strutture ricettive nella provincia di Nuoro e in quella dell'Ogliastra. Rispetto al 2010 i dati della sola provincia di Nuoro sono agghiaccianti: da circa 700 mila presenze nel 2010 si è passati a 390 mila nel 2011.
LA SITUAZIONE IN CITTÀ Nuoro, con 402 posti letto, non ha un'adeguata capacità ricettiva ed è penalizzata anche dal fatto che i flussi turistici nelle aree interne sono pari all'1 per cento del totale regionale. «Non decolla come dovrebbe il turismo legato alla neve e ai laghi anche a causa dell'inadeguatezza delle infrastrutture», spiega Massimiliano Meloni, responsabile territoriale di Confindustria per il turismo. «I collegamenti con gli snodi portuali, aeroportuali e stradali sono insufficienti e le percorrenze sono spesso enormi rispetto ai tempi di soggiorno».
GLI INDUSTRIALI Da qui una considerazione di principio: «Eppure il Nuorese e l'Ogliastra possiedono il più importante patrimonio naturalistico del Mediterraneo», spiega Meloni, «ma è assente una visione complessiva e localizzata della zona del Gennargentu. Senza questa visione non si può parlare di piani di rilancio». Ed è proprio la ricchezza ambientale, con l'indotto turistico-ricettivo, che invece si dovrebbe sviluppare. «Investire sull'ambiente significa tutelarlo e valorizzarlo: bisogna identificare un vero e proprio marchio d'area ambientale e di conseguenza delle produzioni agroalimentari e artigianali. Servono una rivoluzione culturale e strumenti capaci di attrarre fondi comunitari».
GLI APPORTI Per Meloni serve l'impegno di tutti: «Imprenditori, istituzioni, politica. Tutti devono essere consapevoli del diritto-dovere di realizzare modelli di sviluppo condivisi per uscire da una crisi perenne».
Il governo greco trova l'intesa ma senza firme
Da "LA STAMPA" di venerdì 10 febbraio 2012
Il governo greco trova l`intesa Ma senza firme Il documento contiene i tagli previsti, ma i partiti non siglano Intanto il buco da 300 milioni raddoppia e arriva a quota 600 Tonia Mastrosuoni inviata dd Atene. Quello che molti greci che si sono riversati già ieri mattina per le strade di Atene per protestare contro il nuovo piano di tagli non sanno è che in calce al nuovo memorandum del governo Papademos non ci sono ancora le firme dei tre leader di partito che sostengono l`attuale esecutivo. Non deve meravigliare, dunque, che l`Eurogruppo abbia accolto con freddezza il risultato del lunghissimo, estenuante negoziato che si è protratto sino alle prime ore di ieri mattìna. A rivelarlo, una fonte governativa che aggiunge che il buco da riempire, oltretutto, è di 600 e non di 300 milioni come si pensava in un primo momento.
Al termine della riunione finita attorno alla mezzanotte di martedì è emerso subito il disaccordo su un punto:
i tagli alle pensioni complementari.
Un`impasse che ha impedito in un primo momento la sottoscrizione dell`accordo.
Il capo della destra di Nuova Democrazia, Samaras, avrebbe puntato i piedi contro l`ipotesi di ricavare 300 milioni di risparmi dal taglio alle pensioni complementari; l`ex premier socialista Papandreou, a sua volta avrebbe rifiutato l`idea di spostare l`onere sulla previdenza generale. Mentre i tre sono tornati a casa, a Papademos è toccato il compito di risedersi al tavolo con la troika fino alle cinque e mezza della mattina. Ma nelle ore successive è arrivata l`intesa - senza firme - tra i partiti: 300 milioni di tagli saranno spalmati sia sulla previdenza generale sia su quella complementare. E la seconda voragine che si è aperta, secondo la fonte governativa «deriva dal fatto che l`economia va peggio del previsto e non riusciremo a centrare i nostri obiettivi previsti per il 2012; ormai siamo in una spaventosa spirale al ribasso».
Questi ulteriori 300 milioni saranno coperti con tagli alla Difesa, agli enti locali ma anche attraverso sforbiciate alle spese sociali come gli investimenti per l`edilizia popolare, aggiunge la fonte.
Intanto, il memorandum spedito al1`Eurogruppo contiene una- nuova serie di stangate da oltre 3 miliardi di euro solo per il 2012. Per il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti «sono stati fatti significativi passi in avanti».
Perfettamente consapevole che l`Europa sta chiedendo uno sforzo alla Grecia senza precedenti nella storia, ha aggiunto che «la crisi è stata più dura di quello che si poteva immaginare».
Quello che temono tutti, in camera caritatis, è stato sintetizzato brutalmente dai due sindacati principali, Adedy e Gsee, che hanno proclamato 48 ore di sciopero da oggi e indetto manifestazioni continue che cominceranno alle 11 di stamattina nella centrale piazza Syntagma.
Per loro queSte misure «ridurranno la Grecia in miseria».
Nel nuovo piano di austerità si legge che il salario minimo da 751 euro lordi sarà ridotto del 22 per cento. Un ulteriore 10 per cento sarà tagliato da quello per i giovani sotto i 25 anni.
Tutti gli aumenti saranno congelati finché la disoccupazione non sarà dimezzata dall`attuale 20 per cento. Le pensioni di alcune aziende statali saranno tagliate anche per contribuire a riportare la spesa per stipendi pubblici in linea con il 9% di Pil degli altri Paesi dell`Ocse. Entro fine anno il governo prevede 15mila esuberi ma anche un turn over dila 5 e assunzioni molto più ridotte, in futuro. Ma ci sono anche regole nuove, più restrittive che riguardano il mondo del lavoro e che hanno mietuto già una prima vittima: il viceministro del Lavoro, Yiannis Koutsoukos si è dimesso. Prevista anche anche di un`accelerazione delle privatizzazioni:
entro fine giugno saranno vendute l`azienda pubblica del gas Depa, e quella del trasporto di gas Desfa, la Hellenic Petroleum, l`agenzia di scommesse Opap, le aziende dell`acqua dell`Attica e di Thessaloniki e quelle per le fognature e la radio pubblica. Infine, è prevista anche una riduzione delle spese militari, la razionalizzazione di molte strutture pubbliche, la lotta all`evasione fiscale- attraverso uffici potenziati ma anche l`eliminazione di numerose esenzioni fiscali.
Il piano potrebbe approdare direttamente in Parlamento; sino a ieri sera non era chiaro se sarà portato all`approvazione dei ministri. Di certo dovrà essere votato in un Parlamento che sarà assediato ininterrottamente dai manifestanti che si alterneranno sulla piazza antistante, a Syntagma. Molto più a nord, da Francoforte, il presidente della Bce Mario Draghi si è detto fiducioso ieri che anche l`altro, spinoso dossier che riguarda la Grecia andrà a posto, quello della ristrutturazione del debito. Un`impressione confermata dal ministro delle Finanze ellenico, Evangelos Venizelos che ha detto ieri che l`intesa con i credi- anche soffermare su un`ipotesi di man- significherebbe ammettere fin da adestori privati c`è. Draghi non si è voluto ne- cata intesa: «Non avrò mai un piano B: so una sconfitta. Sono fiducioso che alla fine tutti i pezzi andranno a loro posto».
LE MISURE Il salario minimo giù del 22% Tagli in vista per la Difesa e il programma di case popolari LE PROTESTE I sindacati: questa cura ridurrà il Paese in miseria Oggi sciopero generale in piazza Non passa giorno senza che un corteo attraversi Atene Questa mattina la protesta parte da piazza Syntagma alle 11
Grecia:Ue rinvia decisione a mercoledi'
Juncker, non abbiamo elementi per sbloccare ora aiuti
10 febbraio, 01:07
(ANSA) - BRUXELLES, 10 FEB - L'Europa non crede alla Grecia e rimanda la decisione sui nuovi aiuti almeno fino a mercoledi'. Intanto il Parlamento di Atene dia prova di impegno approvando domenica l'intesa trovata dai partiti. ''Domenica il voto e' decisivo, affrontiamo la scelta finale se restare nell'euro oppure no'', ha detto il ministro dell'Economia Evangelos Venizelos.''L'Eurogruppo non ha gli elementi necessari per sbloccare gli aiuti alla Grecia oggi'', ha detto il suo Jean Claude Juncker.
Grecia. Il salvataggio peserà anche sui conti italiani
La Germania fa fuoco e fiamme quando si tratta di mettere mano al portafoglio per la Grecia. E così il Fondo monetario internazionale. Eppure il secondo pacchetto di aiuti ad Atene, che dovrebbe avere un importo di almeno 130 miliardi con una quota europea attorno ai 90-100 miliardi a carico del fondo di stabilità Efsf, vede nel ruolo del soccorritore-garante, al fianco degli Stati "core" con rating AAA, anche l'Italia con il suo debito al 120% del Pil.
Il salvataggio della Grecia, in assenza del fondo permanente European stability mechanism, si ripercuoterà sui conti pubblici degli Stati garanti dell'Efsf, con i rispettivi debiti pubblici aumentati contabilmente da Eurostat pro quota (in base alla percentuale di partecipazione al capitale Bce). All'Italia andrà il 19% circa delle erogazioni Efsf per la Grecia, come è già avvenuto per Irlanda e Portogallo.
È anche per questo motivo che, in vista dei maxi-esborsi previsti per Atene, si rende necessario avviare l'Esm in tempi rapidissimi, senza i ritardi e le lungaggini burocratico-legislative tipiche delle ratifiche dei trattati. Per l'Esm occorrerà la ratifica dei Paesi rappresentanti almeno il 90% dei versamenti del capitale paid-in (80 miliardi). L'iter in Italia è obbligato: trattandosi di un trattato internazionale, la ratifica dovrà essere autorizzata dalle Camere con legge ordinaria. Una volta approvata la legge che autorizza la ratifica, questa avverrà con firma del presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione.
Qualche buona notizia per l'Italia, che attutisce l'impatto greco, è emersa ieri ai margini dei lavori dell'Eurogruppo. Si è appreso che l'avvio del secondo programma di aiuti alla Grecia chiuderà contestualmente il primo pacchetto, che si trova a circa metà del percorso. Questo in soldoni significa che i primi 110 miliardi non si sommeranno ai 130-150 del secondo pacchetto. L'Italia ha già erogato alla Grecia, tramite prestiti bilaterali intergovernativi, 10 miliardi: 6 nel 2010, 4 nel 2011. Circa la metà dell'impegno italiano pari al 20% circa della quota europea da 80 miliardi. Gli aiuti complessivi alla Grecia saranno dati dalla somma del secondo pacchetto e dei 55 miliardi circa sborsati finora.
Un'altra conferma positiva arrivata ieri, per i conti pubblici italiani, è l'assenza di perdite pubbliche: nei piani Eurozona-Fmi, non sono previste perdite per i creditori "ufficiali" cioè gli Stati. L'haircut è circoscritto ai creditori privati. Se i termini dello swap con perdita del 50% del valore nominale, che sarà proposto ai privati (banche e investitori), fossero estesi anche ai Paesi creditori, l'Italia perderebbe 5 miliardi sui 10 concessi già ad Atene. Questa eventualità è esclusa. Una soluzione che indirettamente mette sullo stesso piano i prestiti bilaterali degli Stati creditori e i finanziamenti dell'Fmi, che è un creditore privilegiato. Persino l'Efsf è subordinato al Fondo. Nel caso di default dello Stato assistito, l'Efsf recupera il credito solo dopo il rimborso integrale dell'Fmi.
Qualsiasi prestito erogato dall'Efsf alla Grecia tuttavia non necessita in Italia un intervento parlamentare, come accade invece in Germania. La norma italiana relativa all'Efsf è il decreto legge 78/2010 che autorizza il ministro dell'Economia a concedere le garanzie dello Stato all'Efsf secondo le decisioni assunte all'unanimità dagli Stati membri dell'area dell'euro in conformità con l'accordo quadro che regola il fondo. Quindi, non ci saranno nuovi passaggi parlamentari.
Un'altra nota positiva, per i conti pubblici italiani esposti al crack della Grecia, è giunta ieri da Francoforte. Il presidente Mario Draghi ha chiarito che la Bce non venderà in perdita i titoli di Stato greci acquistati con il Securities markets programme (attivato per ripristinare le cinghie di trasmissione della politica monetaria): questo tipo di perdita, per l'Eurosistema, trasformerebbe l'acquisto dei titoli greci sul secondario (si stima 40 miliardi con valore facciale di 55) in un sostegno diretto ai conti pubblici greci. Una perdita sul bilancio della Bce sarebbe stata coperta dagli Stati azionisti della Banca, Italia compresa. Se invece la Bce dovesse incassare un profitto, vendendo i titoli greci a un prezzo più elevato rispetto all'acquisto o mantenendoli fino a scadenza con rimborso alla pari, la plusvalenza andrebbe ripartita tra gli azionisti. Italia compresa.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
10 febbraio 2012
Grecia. La diffidenza dopo le delusioni
di Alessandro Merli
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha provato a scherzarci sopra. «La Grecia è un Paese unico. In tutti i sensi».
Ha giustificato la sua reticenza sulle modalità della partecipazione della Bce al salvataggio di Atene con il fatto che era in partenza per la riunione dell'Eurogruppo e solo dopo avrebbe potuto essere più preciso, ma ha lasciato aperta la porta a un modo per «ripartire i profitti» sui suoi acquisti di titoli greci. Si è dichiarato «fiducioso che tutti i pezzi andranno a posto».
Anche dopo l'accordo fra i partiti in Grecia per il nuovo (l'ennesimo) programma di austerità, i pezzi che devono andare a posto restano molti. E il puzzle è complicato. Il primo pezzo è l'accettazione del piano greco da parte dell'Europa e del Fondo monetario, oltre che della Bce. E già ieri sera si è visto quanto tiepide fossero le reazioni a Bruxelles. Non perché i numeri del programma non siano più o meno in ordine. Ma perché gli interlocutori della Grecia sono stati troppo volte scottati, negli ultimi due anni, dalle promesse non mantenute da Atene.
La parola che riecheggiava in tutti i commenti era "implementation", la messa in atto del programma. Quella dei piani precedenti è stata quasi inesistente. Draghi lo ha sottolineato ieri: nella crisi greca, e dell'eurozona, si parla tanto di soldi, dei pacchetti di aiuti, del contributo della Bce, dei "firewall", le barriere "antifuoco" contro il contagio. Ma quel che conta più di tutto, ha detto, sono le riforme messe in atto dai Paesi. Nel caso greco, si è visto poco.
Il secondo pezzo che deve andare a posto è l'intesa con i creditori privati che debbono accettare "volontariamente" perdite sui loro investimenti che da ottobre a oggi sono salite dal 21% al 50%, al 70%. Chi li rappresenta nel negoziato parla per meno di metà dei possessori di debito greco. E fra gli altri ci sono hedge fund decisi a dare battaglia. L'adesione volontaria che, affinché il piano funzioni, dovrebbe essere totalitaria, rischia in realtà di essere molto bassa. I creditori privati saranno allora forzati, in un modo o nell'altro, con l'introduzione di clausole di azione collettiva retroattive, a partecipare. I bond in scadenza il 20 marzo (14,5 miliardi di euro), la vera spada di Damocle su tutta la vicenda, verrebbero inclusi nella ristrutturazione. Se si tratterà di un default non "disordinato", anatema per i mercati, resta tutto da vedere.
Il terzo pezzo da aggiungere può essere allora il contributo della Bce, ma non è certo su questo che si decide il destino di Atene, nonostante sia finito negli ultimi giorni sotto i riflettori.
DALLA PRIMA Tutti questi elementi si possono ricomporre. E probabilmente lo saranno, a partire da oggi. Alla fine, però, si torna al punto di partenza. Cosa succederà se i piani greci non verranno rispettati? E, con le elezioni alle porte, ci sono tutti i presupposti perché non lo siano, di fronte a una situazione economica e sociale disastrosa, e suscettibile di restare in questo stato per anni. Magari non subito, ma da qui a qualche mese, forse qualche trimestre, il piano può deragliare.
A quel punto, è meglio che l'Europa si faccia trovare più preparata di quanto non sia stata finora. Avendo messo in sicurezza il proprio sistema finanziario e gli altri Paesi contagiabili. Questo per adesso, nonostante gli sforzi della Bce sul fronte bancario e di alcuni Paesi, Italia in testa, sul fronte fiscale, è un lavoro incompiuto. Non è il "caso unico" della Grecia il problema vero dell'eurozona.
10 febbraio 2012
Germania, -0,4% inflazione definitiva a gennaio
L'indice dei prezzi al consumo in Germania a gennaio è sceso dello 0,4% mese su mese e ha mostrato una variazione tendenziale positiva del 2,1%. Lo ha reso noto Destatis. Il dato preliminare e il consenso si attestavano entrambi a -0,4% mese su mese e a +2% anno su anno.
Spagna: continua crisi immobiliare,-17,7% comprevendite 2011
10 febbraio, 11:22
(ANSAmed) - MADRID, 10 FEB - Il mercato delle compravendite immobiliari in Spagna ha segnato nel 2011 una nuova pesante frenata, con complessive 361.831 operazioni, pari al 17,7% in meno che nel 2010, secondo i dati diffusi oggi dall'Istituto naizonale di statistica (Ine). Il bilancio contrasta con la ripresa registrata nel 2010, quando le transazioni immobiliari erano aumentate del 6,8%. Il settore, molto colpito dalla crisi e dallo scoppio della bolla speculativa edilizia nel 2007, non accenna a segni di ripresa, avendo registrato una caduta del 24,9% delle transazioni nel 2009 e del 28,6% nel 2008. L'Ine attribuisce alla fine delle deduzioni fiscali per l'acquisto della prima casa la diminuzione delle compravendite di alloggi dello scorso anno, quando gli acquisti di case nuove e di alloggi di seconda mano sono crollati rispettivamente del 19,7% e del 15,7%, mentre quelli degli immobili di protezione sociale si sono ridotto del 19,4%.(ANSAmed)
http://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/economia/2012/02/10/visualizza_new.html_77333123.html
Obama: «Piena fiducia in Monti. Porterà l'Italia fuori dalla tempesta»
ROMA - «Ringrazio il premier Monti: sono fiducioso» che sarà in grado di portare l'Italia «fuori dalla tempesta» e «rendere la situazione più stabile». Lo ha detto il presidente americano Barack Obama al termine dell'incontro
avuto oggi alla Casa Bianca con il premier Mario Monti, in visita a Washington.
Obama: riforme efficaci. «Voglio solo dire quanto noi apprezziamo la poderosa partenza e le misure molto efficaci che sta promuovendo» il governo di Monti in Italia, ha continuato Obama.
«La relazione tra Italia e Stati Uniti non è mai stata così forte». Lo ha sottolineato ancora il presidente Usa. «Ho piena fiducia nella leadership di Monti e spero possa traghettare l'Italia attraverso questi tempi difficili», ha aggiunto il presidente americano, che ha poi assicurato: gli Stati Uniti faranno tutto il possibile per contribuire a stabilizzare l'euro.
Ora l'Italia ha più voce in Europa. «Sapere che sia gli Usa sia l'Europa sono orientati» a dare maggiore attenzione alla crescita è «importante e dà più peso alla voce dell'Italia in Europa, perché basata sul riconoscimento degli sforzi fatti dall'Italia verso il risanamento», ha affermato Monti.
Imperativo la crescita. «Oggi il mondo e i mercati vivono di una merce rara che è la credibilità» e il sostegno del presidente Usa agli sforzi che l'Italia sta facendo «è già di per sè un aiuto concreto», ha proseguito Monti. Ci siamo «accordati sul fatto che l'Europa debba andare avanti con la strategia per consolidare bilanci» ma anche che «la crescita è un imperativo», ha detto ancora il premier.
Sostegno Obama a aiuta per continuare su strada riforme. «L'incoraggiamento del presidente Obama» aiuta «il mio governo a continuare sulla strada delle riforme strutturali», ha poi osservato Monti. «C'è la volontà dell'Italia di continuare a giocare il suo ruolo in una alleanza strategica e di valori comuni che condividiamo e difendiamo», ha continuato il premier.
Italia percepita positivamente. «L'Italia qui in America è percepita molto positivamente», ha poi dichiarato il premier iniziando la conferenza stampa seguita al suo incontro con Obama. «Il nostro Paese - ha continuato - è seguito con grande attenzione, più di quanto immaginassi».
La crescita. E' proprio sulla crescita che il presidente del Consiglio italiano ha insistito, oggi a Washington, nel suo intervento davanti alla prestigiosa platea del Peterson Institute, sostenendo che alla costruzione europea mancano alcuni pezzi. Pone in particolare l'accento sulla necessità di rafforzare il mercato unico, puntando il dito contro quei Paesi dell'eurozona che sono molto meno rispettosi delle regole dei partner al di fuori della moneta unica come Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Polonia. Per Monti bisogna fare di più e meglio per liberalizzare e aprire i settori alla concorrenza degli altri paesi. Il suo sguardo si concentra poi sulla situazione italiana.
Sì a liberalizzazioni con poche modifiche. Monti ha detto poi di sperare che il pacchetto liberalizzazioni sia adottato con «modifiche minimali» in Parlamento e ha ribadito che la linea vincente è quella di scontentare tutti in egual misura: ha parlato di «meccanismo virtuoso» di distribuzione dei sacrifici che «massimizza il numero di infelici», ma che alla fine fa comprendere ai cittadini la necessità delle misure adottate garantendo al governo un sostegno che nemmeno lui è in grado di spiegare. Il premier ha quindi confermato che l'Italia non avrà bisogno di aiuti finanziari da parte della Comunità internazionale, ribadendo che la crescita è necessaria per avere conti pubblici sostenibili.
Voglio cambiare il modo di vivere degli italiani. In una intervista concessa la settimana scorsa al settimanale Time, Monti ha rivelato quindi qual è la sua ambizione per l'Italia: quella di «rimuovere gli impedimenti strutturali» che impediscono di crescere. Ostacoli che nascono dal «potere eccessivo di alcuni gruppi di interesse legati al potere pubblico». Il premier ha sostenuto che in Parlamento l'atteggiamento dei partiti che lo sostengono sta cambiando e ha citato come esempio l'intervista di Silvio Berlusconi al Financial Time in cui il suo predecessore auspica che il governo riesca a fare «grandi riforme strutturali». Un cambiamento di atteggiamento da parte del Cavaliere che secondo il premier nasce dalla consapevolezza che così facendo ottiene una maggiore «credibilità» internazionale. Infine, alla domanda se intenda cambiare anche il modo di vivere e la cultura degli italiani, il presidente del Consiglio ha risposto: «Lo spero perché altrimenti le riforme strutturali sarebbero effimere», si deve cercare di avere una maggiore meritocrazia e competizione all'interno del Paese.
Ad ascoltare Monti a Washingtono oggi c'era anche Marchionne. Il numero uno di Fiat-Chrysler, ha definito Monti la «persona giusta» e, ha aggiunto: «Il fatto che ci sia lui è un passo enorme per la credibilità del Paese. Dobbiamo appoggiarlo in tutte le maniere, altrimenti si torna all'era delle caverne. Con lui i Paese ha un'altra faccia».
New York Times: Monti il nuovo volto dell'Italia. «Per tre anni il presidente Obama ha tenuto Silvio Berlusconi a distanza, trattandolo con gelida correttezza», ma ora «l'Italia ha un nuovo presidente del Consiglio e Washington lo accoglie a braccia aperte». E' quanto si legge sul New York Times oggi, dove, nel blog The Caucus, Helene Cooper dà voce al nuovo atteggiamento degli Stati Uniti verso l'Italia con un articolo intitolato "Saying ciao to Italy's new leader" (diciamo ciao al nuovo leader italiano). Monti è descritto come un tecnocrate capace di risolvere i problemi dell'Italia. «Un uomo sobrio, apprezzato sul piano internazionale, apprezzato come un economista capace», in contrapposizione «all'appariscente» predecessore.
Fmi: ok misure governo. Il Fondo Monetario Internazionale approva le misure prese dal governo Monti e prevede che l'Italia arriverà al risanamento del bilancio. Lo ha detto oggi Gerry Rice, capo delle pubbliche relazioni dell'Fmi rispondendo alle domande dei giornalisti sulla visita odierna del premier italiano a Washington. «Non ci sono incontri in programma con Mario Monti - ha detto Rice - ma nell'occasione plaudiamo alle ambiziose misure di correzione prese dal governo italiano e stimiamo che il consolidamento del debito in corso porterà al risanamento del bilancio».
Giovedì 09 Febbraio 2012 - 22:00 Ultimo aggiornamento: Venerdì 10 Febbraio - 09:07
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