martedì 18 gennaio 2011

Notizie Federali del Mattino,18 gennaio 2011, martedì

Sezione economia:
1. Torino. Il patron dell'Espresso loda il manager italo-canadese.
2. Cuorgnè, Torino. Nella città che parla il romeno.
3. Vogogna. Piemonte: Indebitamento e costo della pubblica amministrazione.
4. Aslago, Bolzano. La spesa arriverà a casa degli anziani.
5. Belluno. Popolazione in leggero calo.
6. Chioggia. Rischiamo di perdere i fondi.
7. Mantova. Sull'acqua Lega schizofrenica.

Sezione balle:
8. Molise. La minaccia arriva dai Balcani.
9. Potenza: «capitale delle offerte».
10. Campania, revocati fondi a 66 associazioni.
11. Napoli, degrado piazza Garibaldi. Rispoli: situazione intollerabile.
12. Latiano, Taranto. La nuova zona Pip su un'area archeologica?

1. Torino. Il patron dell'Espresso loda il manager italo-canadese: la sua è una svolta storica, auguri. E l'Ingegnere scaricò la Repubblica. De Benedetti sta con Marchionne e molla Mauro e Giannini. di Michele Arnese. L'Ingegnere. alla fine ha parlato: «È una svolta storica inevitabile, auguro a Sergio Marchionne il successo per questa avventura: Torino e non solo Torino devo essergli grati per il lavoro fatto». Questo il pensiero di Carlo De Benedetti, presidente del gruppo Espresso. Ma il quotidiano la Repubblica condivide l'opinione del suo editore? Leggendo nell'ultimo mese il quotidiano diretto da Ezio Mauro qualche osservatore potrebbe rispondere di no. Negli ultimi giorni dell'anno sulla prima pagina di Repubblica si sono accavallati editorialisti e commentatori critici con la svolta all'americana dell'amministratore delegato di Fiat, Fiat automobiles e di Chrysler, nonché presidente di Fiat industrial. I toni più secchi sono stati quelli del sociologo Luciano Gallino che alla vigilia di Natale ha scritto un commento, «L'America a Torino», nel quale stigmatizza a esempio «la sottosviluppata legislazione sociale Usa». Il 30 dicembre è stata la penna affilata del vicedirettore Massimo Giannini a scrivere che «il sistema Marchionne» è di fatto la nuova frontiera della reazione. Insomma, siamo nel «regime dei padroni», come sostiene anche Giorgio Cremaschi della Fiom-Cgil. Conclusione di Giannini: «Chi oggi parla di svolta storica abbia il buon senso di riconoscere che si è trattato di una firma su un accordo-capestro basato su un ricatto. Legittimo, per un'impresa privata. Ma pur sempre ricatto». Ricatto, ricordiamoci questa parola. Certo le cronache di Salvatore Tropea da Torino e di Roberto Mania non erano antipatizzanti, né le corrispondenze dall'America di Federico Rampini, ma la linea era dettata da Giannini e Gallino, mentre l'economista di punta Tito Boeri, ed esperto di mercato del lavoro, si occupava soprattutto di una soluzione legislativa alla rappresentanza. Fino a quel momento l'unica voce dissonante fra i commentatori di Repubblica era quella di Mario Pirani: «Si tratta di rispondere al quesito: vogliamo o no mantenere nel nostro paese un'industria dell'auto assicurandone la competitività o no?», scriveva nella sua rubrica del 13 dicembre. Ma la posizione di Pirani era isolata. Per questo, anche visto il silenzio osservato sul tema sino alla fine del 2010 dal direttore Mauro e dal fondatore Eugenio Scalfari, la firma economica del Foglio, Stefano Cingolani, si chiedeva il 31 dicembre: «Che ne pensa Carlo De Benedetti? L'Ingegnere ha un'idea dell'imprenditore più che schumpeteriana, quasi nietzschiana. Marchionne gli farà di sicuro simpatia. In cuor suo sta con lui e ammette di condividere la scossa al sistema di relazioni industriali. La sua vera obiezione è di natura tattica».Sarà un caso o forse no, il Fondatore domenica 2 gennaio scrive: «L'economia globale e la crisi hanno portato la Fiat alla resa dei conti_ Tutto il resto è chiacchiera». Da qui deriva la stessa rottura della vecchia logica delle relazioni industriali: «Noi pensiamo che sia un'alternativa, non un ricatto», scrive Scalfari respingendo la tesi Fiom che aveva trovato rispondenza nel commento di Giannini del 30 dicembre. «Non è un ricatto», aggiunge il Fondatore, perché «non c'è dolo» e l'ad di Fiat agisce «in stato di necessità». Si penserà che se il Fondatore dà la linea, il giornale la segue.Ma negli ultimi giorni Repubblica ha ripreso posizione, virando in parte anche negli scritti di Scalfari. La sequenza è la seguente. 14 gennaio editoriale di Mauro. Sintesi: «Le ragioni di Marchionne sono quelle della globalizzazione. Ma ci sono anche le ragioni degli altri, che sono le ragioni di tutti, perché chiamano in causa addirittura la democrazia». Quindici gennaio, giorno in cui si sapranno i risultati del referendum di Mirafiori, commento di Giannini dal titolo eloquente: «Il patto diseguale». Sedici gennaio, editoriale di Scalfari: «L'ipotesi Marchionne è correggibile, anzi deve essere corretta al più presto perché non è accettabile». Domanda: l'azione di Marchionne è inaccettabile come denuncia Scalfari o è una svolta storica inevitabile come dice l'Ing?
2. Cuorgnè, Torino. Nella città che parla il romeno. Popolazione stabile e più fiocchi azzurri nel 2010. di Chiara Cortese. CUORGNE'. Popolazione in lieve calo ma che continua ad attestarsi sopra i 10mila abitanti. Residenti di origine straniera che arrivano a superare il 10% del totale e provengono da 41 diverse nazioni del pianeta. La comunità rumena che costituisce ormai una significativa realtà nel contesto cittadino e, c'è da scommetterlo, avrà il suo peso anche nella prossima tornata amministrativa di primavera.  Sono dati interessanti, che si prestano a diversi spunti di riflessione, quelli forniti dall'Ufficio Anagrafe comunale, del quale è referente Pierfranco Cena. La popolazione residente, nell'arco dei dodici mesi che ci siamo appena lasciati alle spalle, è passata da 10mila 171 del 1º gennaio 2010 a 10mila 141 di fine anno. A fare la parte del leone sono ancora le donne (5mila 163) contro 4mila 978 uomini. Per il sesso forte, la parziale 'rivincita' sta nel dato relativo alla natalità. Degli 89 nuovi cuorgnatesi venuti alla luce nel 2010, infatti, i fiocchi azzurri sono stati 48, 41 quelli rosa. Per contro, i morti risultano 117, con un saldo negativo tra nascite e decessi di meno 28 (nell'anno appena concluso sono mancati 48 uomini e 69 donne).  Gli iscritti all'anagrafe sono stati 407, di cui 206 maschi e 201 femmine, 328 dei quali provenienti da altri Comuni e 72 dall'estero. I cancellati ammontano a 409 unità (224 uomini e 185 donne). In 358 hanno lasciato la città per prendere residenza in altri Comuni, 19 sono emigrati all'estero. In questo caso, la differenza tra iscritti e cancellati fa annotare un meno 2 unità.  La popolazione residente in famiglia è pari a 10mila 98 persone, di cui 4mila 955 maschi e 5mila 143 femmine. le convivenze sono 43 unità, di cui 23 uomini e 20 donne. Da rilevare che a Cuorgnè non sono presenti persone senza tetto o senza fissa dimora. Particolarmente interessanti i movimenti relativi alla popolazione straniera, salita dai mille 9 componenti del 1º gennaio 2010 ai mille 29 del 31 dicembre 2010 (500 maschi e 529 femmine). Gli iscritti per nascita sono stati 13, per trasferimento da altri Comuni italiani 52 e per trasferimento dall'estero 40.  Tra le curiosità, da rimarcare come fra la popolazione di origine straniera non si registri alcun decesso. I cancellati per trasferimento ad altri Comuni italiani sono stati 58, per trasferimento all'estero cinque. Ventuno residenti di origine straniera, invece, hanno acquisito la cittadinanza italiana. Gli stranieri minorenni, ovvero nati dopo il 31 dicembre 1992, risultano 272, quelli nati in Italia di tutte le età sono 169, mentre il numero di famiglie con almeno un componente straniero è pari a 438 ed i nuclei familiari con un intestatario straniero ammontano a 377.  La comunità più numerosa, come detto, è quella romena (167 maschi e 215 femmine), che precede i cittadini provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese (che si fermano a quota 215, di cui 108 uomini e 107 donne) e dal Marocco (205 membri di cui 110 maschi e 95 femmine). La quarta comunità è quella albanese composta da 86 persone (52 uomini e 34 donne). Nettamente più ridotte le dimensioni delle altre comunità straniere che vivono a Cuorgnè, sostanzialmente senza particolari problematiche di integrazione con la popolazione locale.
3. Vogogna. Piemonte: Indebitamento e costo della pubblica amministrazione: Vogogna tra le migliori “performance” nazionali. Il debito medio dei Comuni italiani, infatti, vale 1.621 euro per abitante, sulla base dei dati del Ministero dell'Interno relativi al 2008. Decisamente migliore la posizione di Vogogna, che registra un indebitamento pro capite pari a 217,31 euro. Secondo il Viminale, la classifica dei municipi sulla base dell'indebitamento pro capite vede “maglia nera” il Comune di Torino con 3.421 euro a testa (eredità evidente del periodo olimpico). Non se la cavano bene neanche Milano (2.958 euro pro capite), Roma (2.927 euro) e Siena (2.528 euro). Decisamente migliore la posizione di Vogogna, che registra un indebitamento pro capite pari a 217,31 euro.
Analogo discorso vale per il personale. La spesa pro capite media dei Comuni italiani è 418 euro per abitante, fatta di picchi verso l'alto come Firenze (591 euro pro capite), Bologna (558 euro) e Trieste (555). Anche in questo caso Vogogna registra una buona “performance”, attestandosi a 269,48 euro per abitante.
“I risultati di bilancio emersi –dichiara il Sindaco di Vogogna, Enrico Borghi- confermano Vogogna come comune virtuoso nel quale si è guardato storicamente con attenzione agli impegni finanziari, e all'equilibrio tra indebitamento ed entrate proprie. I dati dimostrano che a Vogogna non si è seguita la politica delle cicale, e il fatto di essere abbondantemente al di sotto della media nazionale per indebitamento e costi della pubblica amministrazione è il viatico migliore per affrontare i complessi momenti del federalismo fiscale che rischiano di scaricarsi in maniera pesante sui piccoli comuni montani in assenza di una riforma adeguata ed equilibrata”.
4. Aslago, Bolzano. La spesa arriverà a casa degli anziani via libera del Comune. BOLZANO. Spesa a domicilio per gli anziani di Aslago. Una soluzione tampone per alleggerire gli effetti dell'assenza di collegamenti con la parte alta del quartiere. Il servizio, che viene chiesto con insistenza dalla circoscrizione, dovrebbe partire. «Abbiamo avuto il via libera dagli esercenti, entro la fine del mese il progetto sarà pronto», fa sapere l'assessore Mauro Randi (Pd). Giovedì Randi si è incontrato con alcuni commercianti del quartiere. La risposta è positiva. «Abbiamo il consenso anche della grande distribuzione».  Nella parte alta di Aslago vivono numerosi anziani che, privi di auto, non possono contare neppure su un autobus per fare la spesa. «E' uno dei problemi storici di questo quartiere», ricorda Wally Rungger (Verdi), presidente della circoscrizione Oltrisarco-Aslago, «ed è stata una delle richieste che abbiamo presentato alla giunta comunale subito dopo l'insediamento».  L'obiettivo è individuare le persone che hanno maggiori difficoltà con il rifornimento di alimentari e organizzare la consegna a domicilio.  L'anziano non dovrà pagare, il servizio sarà finanziato dal Comune. Per la prima fase, anticipa Randi, i nominativi verranno segnalati dagli operatori dei servizi domiciliari. Funzionerà così una prima fase di sei mesi per tarare il servizio. «Speriamo poi di allargare il raggio», prosegue, «coinvolgendo altre persone. Non solo anziani possono avere problemi a fare la spesa. Ci possono essere altre situazioni, anche mamme con figli piccoli. Se l'esperimento funziona, si potrà pensare di servire più persone, magari chiedendo un contributo se il reddito lo consente». Il progetto permetterà a due persone di tornare in attività. «Si tratta di persone che hanno perso il lavoro. Invece di ricevere un sussidio economico potranno riprendere a lavorare», conclude Randi. Giuliano Gobbetti (Pd), vicepresidente della circoscrizione, conferma che «tutti i consiglieri sono a favore di questo aiuto agli anziani» ma ricorda al Comune che «è una soluzione accettabile e attesa, ma non rinunciamo alla richiesta di migliorare il collegamento di Aslago con la parte bassa. Visto che stiamo parlando di anziani autosufficienti, è bene che continuino ad avere rapporti con il quartiere. Abbiamo chiesto un incontro al presidente della Sasa Pagani: insisteremo con la richiesta diprolungare il percorso del 7 nella parte alta di via dei Castagni. C'è poi la navetta che collega piazza Walther con Castel Roncolo: abbiamo chiesto all'assessore Kofler Peintner di destinare ad Aslago il minibus per qualche ora al giorno». Il consigliere di quartiere Giovanni Cuda (Pdl) gestisce un negozio e accusa: «Gli anziani mi raccontano quanta fatica fanno per la spesa. E' ora che il Comune si occupi di loro». (fr.g.)
5. Belluno. Popolazione in leggero calo. Primo saldo «negativo» dall'inizio del terzo Millennio. BELLUNO. Una leggera flessione dopo dieci anni consecutivi di crescita. Il 2010 nella città di Belluno si era concluso con la popolazione residente a quota 36.599 unità, 19 in meno rispetto ai 36.618 fatti registrare nel 2009. Un calo che non preoccupa il sindaco Antonio Prade, anche perché frutto di un saldo naturale estremamente negativo. In positivo, e questo è il dato più importante, il saldo tra immigrati ed emigrati.  Diminuisce la popolazione. Dall'inizio del terzo millennio era aumentata costantemente, passando dai 35.047 residenti del 2000 ai 36.618 di fine 2009. Durante il 2010 la popolazione a Belluno è scesa a quota 36.599, con un irrisorio calo dello 0,051%. Una città in rosa, visto che il numero delle donne, supera di oltre 2mila unità quella degli uomini (19.386 contro 17.213).  Saldo naturale negativo. Il numero delle persone decedute durante il 2010 è di gran lunga superiore a quello dei nuovi nati: 411 contro 299. Maschietti alla riscossa, visto che dei 299 lieti eventi, 156 sono stati fiocchi azzurri e 143 rosa. Da segnalare che le 299 nascite sono comunque il dato migliore registrato negli ultimi trent'anni a Belluno. Marzo e novembre sono stati i mesi con la maggiore mortalità (44), settembre quello con più nascite (32), sintomo che le festività natalizie sono i giorni in cui mogli e mariti vanno maggiormente "d'accordo".  Aumentano gli immigrati. 1.146 le persone (525 uomini e 621 donne) che nel corso del 2010 hanno deciso di portare la propria residenza a Belluno. Di questi, 442 sono gli stranieri (166 uomini e 276 donne, soprattutto badanti). Gli emigrati, invece, sono abbondantemente sotto le mille unità e precisamente 898, per un saldo migratorio che segna un +248 unità.  Stranieri con la freccia all'insù. Dai 513 del 2000, gli stranieri residenti a Belluno sono quintuplicati, passando ai 2.557 (965 uomini e 1-592 donne) di fine 2010. Anche rispetto al 2009 l'aumento è stato consistente: +135 unità. I principali filoni etnici in città (in tutto sono 65 le nazionalità presenti) sono quelli ucraini (417), albanese (303), moldavo (273) e rumeno (262), con le badanti che fanno scattare in avanti le presenze dai paesi dell'Est. Seguono brasiliani,
marocchini, algerini, cinesi, filippini, kossovari e croati.
 Iscritti all'Aire. Sono 4.612 i bellunesi che hanno scelto la residenza all'estero, in sensibile aumento rispetto ai 4.372 di fine 2009.  Pochi matrimoni. Se a Belluno è stato registrato il dato migliore degli ultimi trent'anni in fatto di nascite, discorso diametralmente opposto deve essere fatto con i matrimoni: nel 2010 sono state 105 le coppie che si sono unite in matrimonio (60 con rito religioso, 45 con rito civile), quasi la metà rispetto ai 208 registrati nel 1990. Settembre il mese col maggior numero di fiori d'arancio: (18).  Sindaco soddisfatto. «Dalla lettura di questi dati, emergono le caratteristiche della nuova Belluno: una città donna, giovane e dove l'immigrazione, assolutamente necessaria, si sta integrando in maniera eccellente con i bellunesi», sottolinea il sindaco Antonio Prade. «Ci sono tutte le premesse per continuare ad essere ottimisti, con la città che conferma ancora una volta la sua grande capacità attrattiva. Una città che, nonostante polemiche e luoghi comuni, mostra tutte le sue potenzialità, che noi amministratori dovremo essere bravi a sfruttare».  Prade punta il dito sull'immigrazione: «Da noi il fenomeno è caratterizzato soprattutto dall'arrivo di tanti giovani, gente che viene a Belluno per lavorare. Senza di loro la città sarebbe al palo, ferma, più vecchia. L'immigrazione crea vitalità, lavoro ed economia e c'è da sottolineare come da noi questo sia un fenomeno soft, nel senso che non ci sono problemi di integrazione come in altre realtà. Gli stranieri si adattano al nostro modo di vivere, perché lavorano e vanno a scuola: sono questi i due contesti maggiori dove si registra l'integrazione». (a.f.)
6. Chioggia. Rischiamo di perdere i fondi. L'Ascom accende la polemica sui finanziamenti per la citta’. CHIOGGIA. «Se il Comune dovesse perdere il milione e mezzo di fondi ottenuti nel 2009 per il restyiling urbano, siamo pronti anche ad azioni legali». La presa di posizione dell'Ascom cittadina alimenta una piccola polemica a distanza (ma con comunanza di intenti).  I protagonisti sono l'ex assessore comunale al marketing, Maria Grazia Marangon e l'attuale assessore provinciale alle attività produttive Massimiliano Malaspina. «La nostra associazione - dice la Marangon, che era ed è anche direttore dell'Ascom - ha contribuito in modo determinante a portare a casa quei fondi, per migliorare l'appeal del nostro centro. Quando si tratta di difendere gli interessi della categoria, non ci tiriamo indietro e siamo pronti anche a ricorrere alle vie legali». «Chissà se intende far causa a se stessa - ironizza Malaspina - visto che era assessore di quella giunta che, l'anno scorso, pur avendone la disponibilità, non ha utilizzato quei contributi. Così nel 2010 il Comune non ha potuto presentare altri progetti da finanziare con i medesimi fondi Ipa (Intesa programmatica d'area) di Chioggia, Cavarzere e Cona. E c'erano 700mila euro disponibili. Ora il Comune rischia di non poter presentare progetti neppure per il 2011, se non usa prima i fondi già ottenuti nel 2009». Ma la Marangon rifiuta ogni responsabilità: «Io quei fondi sono riuscita a portarli a casa. E non è stato facile, vista la concorrenza con Cavarzere e Cona. Ma utilizzarli era compito dell'assessorato ai lavori pubblici che, come noto, è stato campo di battaglia politico nella precedente amministrazione. Ricordo, poi, che proprio lo scontro con Cona e Cavarzere sui fondi Ipa 2009 aveva portato alla decisione che Chioggia non avrebbe presentato progetti per il 2010, per lasciare agli altri due comuni più spazio di manovra. Tra l'altro, la «alleanza» tra Cona e Cavarzere che ha portato il sindaco di Cona, Anna Berto, alla presidenza della conferenza dei sindaci dell'Asl 14, ascapito del sindaco Romano Tiozzo, era nata anche come ripicca alla vicenda dei fondi Ipa».
7. Mantova. Sull'acqua Lega schizofrenica. Carra: a Roma ha chiesto la proroga per le società in house. Il Governo Berlusconi deve garantire che i privati non superino la soglia massima del 40% nel capitale delle società miste (il cosiddetto «partenariato pubblico privato istituzionalizzato») che dovranno gestire i servizi idrici. A chiederlo è il gruppo della Lega Nord nella commissione affari costituzionali della Camera con una risoluzione presentata lo scorso 21 dicembre da Pierguido Vanalli.  La risoluzione impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative normative al fine di «prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle società in house fino al 31 dicembre 2012» (il termine attuale scade il 31 dicembre di quest'anno) e per «prevedere, limitatamente al caso di costituzione di società mista per la gestione dei servizi idrici, che la quota di capitale sociale da cedere ai privati non superi la soglia massima del 40% del capitale delle società pubbliche». I leghisti rilevano che per quanto riguarda la sola gestione dei servizi idrici, «l'inserimento del limite minimo del 40%», previsto dall'attuale normativa, per la partecipazione del privato nelle società miste «non garantisce pienamente il controllo pubblico sulla gestione della risorsa idrica». Per Marco Carra, deputato del Pd, questo dimostra la «schizofrenia della Lega che in commissione chiede di mantenere in house tutti i servizi idrici prorogando lo statu quo, mentre a Mantova vuole cedere il 40% di Tea acque ai privati. Questo - aggiunge - rafforza il mio convincimento, e cioè che occorre vigilare sulla gara perchè c'è stata troppa fretta di bandirla. Peraltro, su questa materia c'è il referendum che rischia di annullare tutta la legislazione attualmente vigente». 17 gennaio 2011
8. Molise. La minaccia arriva dai Balcani. Carceri stracolmi di albanesi e montenegrini dediti allo spaccio di droga. Daniela Lombardi Il Molise quale territorio messo a rischio dall'aumento della criminalità nell'area Adriatica, ma il Molise visto anche come regione che, attraverso il giusto potenziamento della cooperazione con i Balcani, potrà dare un rilevante contributo per ristabilire la sicurezza, assieme alla percezione della stessa da parte del cittadino. Sono questi i due lati della «medaglia» rappresentata dalla sempre maggiore apertura dei confini tra le due sponde dell'Adriatico, analizzati nel corso della prima conferenza internazionale su «le politiche per la cooperazione e la sicurezza nell'area adriatica», organizzata da ProAdria, dalla Regione Molise e patrocinata dall'Ordine degli avvocati di Campobasso. Una riflessione che è apparsa necessaria di fronte a dati allarmanti, che non fanno altro che aumentare lo strisciante razzismo da sempre legato all'arrivo di Albanesi, Montenegrini e più in generale cittadini dei paesi della ex Jugoslavia in Italia. Il dato c'è ed è innegabile, visto che come sottolineato a più riprese dagli appartenenti alle forze dell'ordine intervenuti alla conferenza, le carceri molisane «traboccano» di detenuti provenienti dall'area balcanica e che hanno commesso reati sul territorio regionale, per la maggior parte legati allo spaccio di sostanze stupefacenti, ma la «chiave» per avere una visuale più ampia del fenomeno e poterlo quindi combattere in maniera incisiva, l'ha fornita Francesco Mandoi, sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia. "Siamo di fronte ad una battaglia che non è lo scontro tra l'Italia e le regioni balcaniche. Ci troviamo ad assistere alla lotta delle istituzioni delle stesse regioni balcaniche contro la criminalità interna che si espande all'estero e che mina in questo modo le fondamenta della politica avviata da paesi che vogliono guardare con ottimismo all'altra sponda dell'Adriatico. A questa battaglia dobbiamo unirci, cooperando affinché la nostra vicinanza diventi fonte di reciproche opportunità e non di svantaggi", ha inteso chiarire Mandoi. Da questo punto di vista si ritiene che il Molise, come area di «primo approdo» di soggetti portatori della «cultura d'oltremare» e come regione attiva nelle politiche di cooperazione nella zona adriatica, possa svolgere un ruolo determinante in termini di mediazione e di analisi preventiva dei fenomeni sociali, giuridici, economici, che sono potenzialmente atti a favorire la diffusione e la radicalizzazione dei fenomeni criminali. 18.01.2011
9. Potenza: «capitale delle offerte». POTENZA, 17 GEN – Per acquistare “un paniere di 20 prodotti alimentari di prima necessità”, una famiglia di Potenza ha speso nel 2010 “'solò 2.926 euro”: la città lucana è la “capitale delle offerte”: lo dice un’elaborazione del quotidiano “Il Sole 24 Ore” sui prezzi rilevati dall’Osservatorio del Ministero dello sviluppo economico. I risultati dell’indagine (i dati si riferiscono al novembre 2010) sono stati pubblicati oggi dal quotidiano economico-finanziario. Per acquistare lo stesso paniere, una famiglia di Rimini ha pagato lo scorso anno 4.151 euro. Rimini risulta, quindi, il capoluogo di provincia più caro d’Italia, seguito da Ferrara e Aosta. In testa alla classifica della città più conveniente, Potenza ha spodestato Napoli, prima nel 2009. Secondo l’analisi de “Il Sole 24 Ore”, “i dati ripropongono per l’ennesima volta la frattura fra il nord e il sud del Paese”. 17 Gennaio 2011
10. Campania, revocati fondi a 66 associazioni: in tutto 675mila euro. Pubblicati sul Burc i provvedimenti dell'Ufficio di Presidenza. Napoli, 17 gen (Il Velino/Velino Campania) - Fondi revocati a 66 associazioni in Regione Campania. L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, come pubblicato sul Burc, ha sottratto infatti i contributi a 66 associazioni regionali, concessi per l’organizzazione di manifestazioni, convegni, congressi, scambi culturali, indagini conoscitive, studi, ricerche, mostre e rassegne. Si tratta di in totale di 675 mila euro stanziati nel 2005 con due delibere di dicembre: finanziamenti a fronte dei quali le associazioni beneficiarie avrebbero dovuto presentare documentazione e rendiconto previsti dal disciplinare del 2001, ma a distanza di cinque anni non lo hanno fatto. Tra le associazioni che dovranno restituire il contributo figurano tra gli altri “Centro Polvica” di Nola, “Gioco Immagine Parole” di Napoli, “Giovani Nuovi Orizzonti” di Avellino, I”uvenes Saticulae” di Sant’Agata dei Goti (Benevento), l’associazione musicale “G.Verdi” di Faicchio (Benevento), la “Soccer Pomigliano”, “Amica Cicogna” di Salerno, “Club Europa Samnium” di Benevento, “Giovani Europa” di Napoli, “Giuovanni Palatucci” di Volturara Irpina (Avellino). (rp) 17 gen 2011 16:46
11. Napoli, degrado piazza Garibaldi. Rispoli: situazione intollerabile. Napoli, 17 gen (Il Velino/Il Velino Campania) - “La situazione di estremo degrado sociale in tutta l’area di Piazza Garibaldi, richiede una risposta immediata e ferma da parte delle istituzioni. In più occasioni abbiamo denunciato che la folta presenza di extracomunitari e Rom, unita a quella di personaggi della malavita locale, hanno trasformato questi luoghi in una sorta di zona franca dove è possibile commettere, impunemente, ogni genere di reato”. È quanto ha dichiarato stamattina Luigi Rispoli, presidente del Consiglio provinciale di Napoli durante la conferenza stampa a cui a partecipato, in piazza Garibalidi, insieme al presidente dell’associazione Vento del Sud, Raffaele Bruno, e, in rappresentanza dei Comitati civici della zona, l’Avv. Carmine Ippolito. Un occasione, come hanno dichiarato i partecipanti "per verificare l’attuale stato di mantenimento dell’area di Piazza Garibaldi dopo la manifestazione del 10 settembre scorso contro il degrado della zona". "Nei mesi scorsi - ha aggiunto Rispoli - abbiamo continuato a lanciare appelli verso tutte le istituzioni interessate per fermare il degrado della zona. Abbiamo anche fatto proposte come quella riprendere iniziative già intraprese a Milano dalla Moratti, con le quali si possa disciplinare gli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, ma soprattutto vietare la vendita per asporto di bevande alcoliche, nonché il consumo degli stessi per strada". "Purtroppo - ha concluso Rispoli - restiamo del tutto inascoltati e i cittadini abbandonati al degrado più' assoluto e la piazza simbolo dell'ingresso dei turisti in città è diventata, ancora di più teatro di quel degrado in cui ormai sembra del tutto caduta Napoli". “Nelle ultime settimane – ha proseguito Rispoli- sono continuati anche gli episodi di violenza, sfociati in fatti molto gravi. Credo che la situazione sia divenuta talmente drammatica da dover essere affrontata, come vera e propria emergenza cittadina, all’interno di un apposito tavolo del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, con la presenza di tutti gli attori istituzionali. Non chiediamo altro che un intervento adeguato come c'è stato per il quartiere Chiaia, che sicuramente vive una condizione di allarme e degrado notevolmente inferiore". “In quella sede - ha continuato Rispoli- dovranno essere valutate, in accordo con esercenti e albergatori locali, le soluzioni più adeguate atte a garantire in questa importante area della città di Napoli le condizioni di pace sociale, senza escludere interventi drastici quali, la delocalizzazione degli stazionamenti dei servizi di trasporto”. (red) 17 gen 2011 17:31
12. Latiano, Taranto. La nuova zona Pip su un'area archeologica? Indagine della Svrintendenza Decisione senza coinvolgere Consiglio LATIANO - I terreni individuati dalla amministrazione comunale (che finora non aveva mai spiegato le ragioni di questa scelta così onerosa e difficile) sui quali doveva sorgere l'insediamento della nuova zona artigiana di Latiano - ora si scopre - coinciderebbero esattamente con un’area di importanza archeologica. La notizia dell'esistenza di questo insediamento di età romana conosciuta dagli archeologi, e - incredibilmente - non invece nè dai tecnici del Comune, nè dalla nuova giunta che starebbe per avviare le procedure di perimetrazione dell'area - se confermata dalle autorità regionali (Sovrintendenza), potrebbe adesso far fallire l'audace progetto di delocalizzazione. Per realizzare il quale l’amministrazione comunale, lo scorso 6 ottobre deliberò (con atto n.164) di affidare un incarico professionale ad un professionista di Grottaglie per «l'esproprio e l'ampliamento della nuova zona Pip». «Una decisione - fecero rilevare le opposizioni - presa senza prima discutere questo argomento cruciale in Consiglio Comunale».
L'idea di realizzare un nuovo insediamento artigiano, distante qualche chilometro dall'attuale zona Pip (un'area perfettamente sviluppata e nella quale operano da alcuni decenni una trentina di artigiani) apre ora nuovi scenari.  Il sito che confinerebbe con i suoli sui quali questa giunta vorrebbe espropriare i nuovi terreni per destinarli ad attività produttive si trova infatti nei pressi della località San Nicola, in prossimità del confine fra il territorio comunale di Latiano e quello di Mesagne. Proprio qui infatti, insiste una grande area archeologica nota fin dagli anni settanta.
L’area pare abbia restituito numerose testimonianze archeologiche che hanno consentito di identificare una villa romana molto importante (la struttura, infatti, sorgeva proprio lungo la via Appia) sostituita durante il Medioevo da un casale oggi scomparso noto come Malegnano (o Moleniano) citato per la prima volta in un documento del 1091 dove doveva sorgere una chiesa dedicata all'arcangelo Michele e dove nel 1349 è documentata una chiesa dedicata a San Nicola. Il Cedularia Terrae Ydronti lo cita come casale nel 1378, mentre nell'aprile del 1603 la chiesa di San Nicola si presentava oramai abbandonata. Attualmente l’area non è tutelata da nessuno degli strumenti di pianificazione in vigore. Ora si aprono due interrogativi: l'amministrazione era a conoscenza dell'esistenza di questa area archeologica? E, inoltre: quali saranno adesso le azioni conseguenti delle autorità per la tutela del patrimonio archeologico? «Alla luce di questa notizia - dice alla Gazzetta il direttore responsabile del settore archeologico della Sovrintendenza di Taranto, Assunta Cocchiaro - verificheremo la segnalazione e avvertiremo il Comune di sottoporci ogni progetto che dovesse interessare quest’area». f.g.
 

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