Ai Comuni altoatesini cinque volte i fondi dei Comuni italiani
Bari. Il volontariato è la nuova frontiera
Pavia vuole la schedatura dei poveri
Ai Comuni altoatesini cinque volte i fondi dei Comuni italiani
Dalla Provincia i comuni altoatesini prendono cinque volte i fondi che i comuni delle regioni a statuto ordinario ricevonono da Stato e Regione
di Mirco Marchiodi
BOLZANO. «Dalla Provincia i comuni altoatesini prendono cinque volte i fondi che i comuni delle regioni a statuto ordinario ricevonono da Stato e Regione». Lo dice il caporipartizione finanze della Provincia Eros Magnago annunciando qualche inevitabile taglio. Col federalismo fiscale cambierà anche il finanziamento dei comuni. Accadrà anche in Alto Adige, come anticipato dalla senatrice Helga Thaler che spiega come «in futuro il sindaco più bravo non sarà più quello che riesce ad ottenere più fondi dalla Provincia, ma quello che saprà spendere meglio i soldi a sua disposizione». I tavoli aperti sono due: uno tra la Provincia e il consorzio dei comuni, l'altro tra il consorzio e l'associazione degli imprenditori.
Il primo servirà a capire quanto i comuni potranno ancora ricevere, il secondo dove c'è spazio per risparmiare. Eros Magnago, capo della ripartizione finanze della Provincia, è uno dei tecnici che hanno lavorato all'accordo di Milano e che ora sta affrontando la stesura delle relative norme di attuazione: «Sarà necessario rivedere il sistema dei finanziamenti dei comuni - concorda con la Thaler - e qualche risparmio sarà necessario. Oggi i nostri comuni ricevono dalla Provincia 490 milioni, praticamente ogni sindaco altoatesino prende cinque volte quello che i comuni delle regioni a statuto ordinario ricevono da ministero degli Interni e Regione». Anche se molto dipenderà dall'attuazione dell'accordo di Milano, è chiaro a tutti che non sarà possibile mantenere questo livello e il primo ad ammetterlo è il presidente del consorzio dei comuni Arno Kompatscher: «Sul federalismo fiscale ci sono ancora poche certezze, ma sappiamo che in futuro non potremo più chiedere così tanto a mamma Provincia. Ma vorrei anche sfatare un falso mito: molti pensano che i comuni altoatesini funzionino solo grazie ai finanziamenti provinciali. Non è così, perché solo il 37% delle nostre entrate arriva
dalla Provincia. Il resto lo incassiamo attraverso i canoni irrigui, le tariffe comunali, i mutui».
Il federalismo fiscale, assicura Kompatscher, non fa paura: «In Germania esiste già, lì addirittura si è innescata una concorrenza tra comuni, ad esempio per accaparrarsi gli insediamenti di imprese. Non credo che arriveremo a questo livello anche qui in Alto Adige, ma la direzione di marcia è questa. Non temiamo una simile evoluzione, anzi: ci auguriamo che il federalismo fiscale per i comuni comporti più autonomia, ben consapevoli che avremo anche maggiori responsabilità». E i sindaci cosa dicono? Dice Benedetto Zito, primo cittadino di Bronzolo: «Sappiamo che le risorse dovranno essere ricalibrate perché diminuiranno. Stiamo facendo un lavoro importante assieme alla Provincia, perché non possiamo mettere tutti i comuni sullo stesso piano. Ci sono realtà territoriali che possono contare su maggiori entrate perché hanno le centrali elettriche o altri possedimenti, ci sono comuni con una presenza bilanciata tra i gruppi etnici che hanno spese maggiori perché certi servizi vanno garantiti in due lingue e ci sono comuni che devono finanziare infrastrutture che altrove non ci sono. Tutte queste particolarità vanno considerate, bisogna mantenere un equilibrio».
Ma i risparmi sono possibili? Günther Januth, sindaco di Merano, spiega che si sta già facendo molto: «Attraverso il consorzio dei comuni stiamo rafforzando le cooperazioni tra piccoli comuni per sfruttare le sinergie, ma in generale i sindaci sono molto più prudenti nell'amministrare i fondi. Già oggi sono i comuni a incassare per garantire determinati servizi, farlo anche in futuro non ci spaventa. Per noi è importante avere certezze sulle entrate, la maggiore efficienza ne è una conseguenza. E ai politici che dall'alto ci dicono che dobbiamo fare meglio, rispondo che molta della burocrazia che oggi ci appesantisce deriva dalle leggi fatte da loro...».
Bari. Il volontariato è la nuova frontiera
Vendola: «Altro che spesa improduttiva»
«È un delitto sociale devastare l’intervento pubblico»
Il Governatore durante un assemblea regionale a Bari
«Il volontariato è un pezzo fondamentale della capacità di poter corrispondere ai bisogni dei cittadini, di poter organizzare, soprattutto per le persone in difficoltà, una condizione di accompagnamento». L’ha detto il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola nel corso dell’assemblea regionale del volontariato tenutasi a Bari.
VOLONTARI - Il presidente regionale si è soffermato sulla capacità dei volontari di non essere solo uno dei cuori pulsanti della società civile, ma molto di più. «L’unica cosa che il pubblico non può fare - ha aggiunto - è immaginare che il volontario sia un surrogato di uno stato sociale sempre più dimagrito nelle risorse, perché questo non è giusto. I volontari non possono essere il vuoto a perdere di uno Stato che non c’è». Secondo Vendola è un delitto sociale «devastare l’intervento pubblico rispetto alle domande sociali». «Da Roma - ha concluso – la spesa sociale viene considerata una spesa improduttiva e questo è uno dei crimini culturali, oltre che sociale, di questa lunga stagione che sta finendo».
Pavia vuole la schedatura dei poveri
L'assessore: «Poche risorse, evitiamo gli approfittatori». Le associazioni: «Aiutare tutti»
di Anna Ghezzi
PAVIA. Il Comune vuole un registro dei poveri. O meglio, di chi chiede aiuto alle associazioni della Rete solidale nata ieri. «Andremo incontro a tutti, ma razionalizziamo le risorse - ha spiegato l'assessore ai servizi sociali Sandro Assanelli -. Le richieste sono infinite, le risorse limitate: riduciamo gli approfittatori».
Si tratta di «una banca dati dei nominativi e delle richieste dei cittadini che si rivolgono ai centri», si legge nel protocollo. E nell'allegato B, ovvero il foglio che sarà mostrato a chi fruisce dei servizi del Patto rete solidale cittadina, c'è scritto che «il conferimento dei dati è condizione indispensabile e necessaria per la valutazione del possesso dei requisiti necessari per l'erogazione degli eventuali aiuti. Il rifiuto di fornire tali informazioni comporta la mancata prosecuzione del rapporto». Ovvero niente pacchi, niente vestiti, niente mensa. Ma le associazioni assicurano: «Restiamo libere di aiutare chi ha bisogno secondo le nostre valutazioni».
Ieri c'erano la Caritas diocesana, le Caritas parrocchiali di San Francesco, Santissimo Crocifisso, Santa Maria di Caravaggio, Sacra Famiglia, Mirabello, San Luigi Orione, San Lanfranco e Carmine, oltre ai gruppi di volontariato vincenziano e la mensa del povero di Santa Maria di Caravaggio. «Ci è voluto più di un anno per metterci in rete - ha proseguito Assanelli -. Vogliamo rispondere a tutti e fare un'operazione educativa: non dobbiamo solo soddisfare il bisogno immediato, ma costruire percorsi che permettano a chi vuole davvero cambiare il proprio status sociale di farlo. Senza sprecare energie con chi non vuole impegnarsi». Per dare una risposta mirata si lavorerà a un osservatorio delle richieste, tavoli di lavoro per coordinare le iniziativegià attive, dalla distribuzione di borse della spesa alle mense del povero, passando dall'armadio del Fratello per la distribuzione dei vestiti ai panini domenicali, e per costruire nuovi servizi migliorando l'interazione tra volontari ed istituzioni.
Don Dario Crotti, direttore della Caritas diocesana, però, precisa: «Il fine principale non è arginare chi se ne approfitta. Ma contrastare insieme, e sempre meglio, la povertà. Punteremo subito sull'unità d'intenti, sulla condivisione delle risorse e sullo studio di soluzioni atte a migliorare la nostra capacità di aiutare le famiglie che, sempre più numerose, scivolano verso la povertà, i giovani che dopo la laurea si trovano senza lavoro e soldi». Unendosi per farsi sentire sui temi caldi come casa e lavoro: «Uniti potremo contrattare con Aler, Comune, aziende». Il primo tema caldo? La mensa del povero chiude ad agosto,e quest'anno il Ferrotel non è disponibile. «Insieme cerchiamo un'alternativa», conclude Assanelli.
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