domenica 29 maggio 2011

Grecia: perché conviene ritornare alla Dracma


All'illustre schiera di coloro che vedono nel ritorno alla Dracma l’unica soluzione per la Grecia di affrontare, e superare, la crisi si aggiunge l’economista Usa Mark Weisbrot, direttore del Center for Economic and Policy Research (Cepr) di Washington, e ‘columnist’ del Guardian di Londra e del New York Times.



Nell’intervista rilasciata a Michele Paris di altrenotizie.org sull'eventuale uscita della Grecia dall’euro, l’economista illustra i benefici di un default del Paese ellenico e di un ritorno alla Dracma, richiamando l'esempio dell’Argentina nel 2001.
 Weisbret, inoltre, spiega cos’è un default e come l’uscita della Grecia dalla divisa unica non possa scalfire la solidità dell'Ue, anche se l’asse Ue-Fmi non ha mai preso in considerazione questa strada come soluzione alla crisi di un Paese membro.

La soluzione default. “Al momento non si vedono politici con il coraggio, ad esempio, che ebbe il presidente argentino Nestor Kirchner quando dovette affrontare la crisi nel suo Paese nel 2001”, così Weisbrot commenta la scelta delle autorità monetarie internazionali di ricorrere al meccanismo del prestito, rischiando solo, a suo dire, di rimandare di qualche anno la crisi.
 “Per quanto riguarda la Grecia - invece - un qualche tipo di ristrutturazione appare inevitabile, la migliore soluzione”, perché potrebbe “ridurre il debito di Atene e permettere al Paese di andare avanti senza questo fardello insostenibile. Se verrà invece adottata una ‘ristrutturazione soft’, come fece ad esempio la Giamaica, una nuova crisi potrebbe essere soltanto rimandata di qualche anno”. “Il default dell’Argentina nel 2001 - al contrario - permise all’economia di questo paese di tornare a crescere”. “Quello dell’Ecuador del 2008 invece alleggerì soltanto il suo debito e non ci furono conseguenze troppo pesanti”.
 Occorre tener sempre presente, però, che “anche le implicazioni di un default possono essere diverse” e che “ci possono essere costi enormi se il processo non viene gestito in maniera adeguata”.

Default e euro. “Un default può avvenire in svariati modi: si può avere una ‘ristrutturazione soft’ del debito nel quale la maturazione dei bond viene rimandata, così che il pagamento degli interessi viene differito nel tempo: in questo caso gli investitori non devono incassare perdite. Altra cosa è invece quando una ristrutturazione del debito implica delle perdite per gli investitori”.
 Se passasse questa soluzione “l’euro potrebbe sopravvivere senza la Grecia e, nel caso Atene dovesse fare questa scelta in maniera volontaria, ritengo che sarebbe nell’interesse dei principali Governi Ue favorire una transizione senza problemi. In ogni caso, è tutt’altro che certo che ciò possa avvenire”, mentre “in questo momento è invece molto difficile prevedere cosa potrebbe succedere a Irlanda e Portogallo se la Grecia abbandonasse la moneta unica”, ha aggiunto.

L’esempio argentino. La svalutazione della moneta in seguito al default, sull’esempio ‘virtuoso’ argentino evocato da Weisbrot, non mirerebbe al semplice aumento dell’export. “L’impatto maggiore per la Grecia, come per l’Argentina nel 2001, deriverebbe dalla possibilità di implementare politiche macroeconomiche che spingano il Paese fuori dalla recessione invece di peggiorarne la situazione, come sta causando la ricetta prescritta dalle autorità europee”. “Per quanto riguarda l’inflazione, nessuno dei Paesi che hanno svalutato la loro moneta negli anni Novanta – Argentina, Brasile, Russia, Indonesia – hanno dovuto convivere con problemi di inflazione per lunghi periodi. I problemi per il sistema bancario e la fuga dei capitali sono un altro discorso. Probabilmente problemi in questo senso si verificherebbero e sarebbe necessario affrontarli seriamente”.
 “Ma se l’alternativa è una recessione senza fine in vista, anni di economia stagnante e alti livelli di disoccupazione, forse è più accettabile una crisi finanziaria temporanea e una successiva ripresa. Infine, come accadde in Argentina, a subire le perdite in seguito al default furono soprattutto gli investitori stranieri, non quelli locali. Un Governo con una propria moneta, infatti, è sempre in grado di soccorrere il proprio sistema bancario”.

I contribuenti Ue. Weisbrot, inoltre, non vede particolari ripercussioni sui contribuenti Ue di un default della Grecia: “il debito detenuto dalla Bce non rappresenta un problema, dal momento che la Bce è in grado di emettere euro, esattamente come la Fed americana emette dollari. La Bce può inoltre aiutare gli altri governi europei che detengono il debito greco.”

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