mercoledì 21 settembre 2011

Federali.mattino_21.9.11. Lo ha reso noto l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro, secondo il quale la situazione non è più un problema che riguarda i codici d'identificazione dei rifiuti ma il codice penale.----Vola ad un record storico il rischio default dell'Italia percepito dagli investitori sulla scia del taglio del rating da parte di Standard & Poor's. I credit default swaps (cds) sono balzati a 520 punti dai 489 di ieri, secondo i dati di Cma.----Gheddafi s'e’ condannato a morte?

Rifiuti dalla Campania, la Puglia diffida
Italia: nuovo record rischio default
Il Fmi taglia le stime sull'Italia: addio al pareggio di bilancio nel 2013
Dopo la scure di S&P, la Bce acquista i titoli italiani
Fincantieri: ordini 1* sem 874 mln, sotto capacita' impianti
Gheddafi: «La rivoluzione è una farsa»


Rifiuti dalla Campania, la Puglia diffida
 «Siamo quasi al codice penale»
BARI - La Regione Puglia ha diffidato gli organi campani e i gestori delle discariche pugliesi dal ricevere senza le omologhe necessarie i rifiuti provenienti dalla Campania (con codice 19.12.12) prodotti dal trattamento meccanico e non contenenti sostanze pericolose. Lo ha reso noto l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro, secondo il quale la situazione «non è più un problema che riguarda i codici d'identificazione dei rifiuti ma il codice penale». Insieme con l'assessore regionale pugliese al Bilancio, Michele Pelillo, Nicastro ha denunciato il fatto che «nelle discariche di Taranto continuano ad arrivare rifiuti campani non differenziati».
La vicenda ha origine dal protocollo d'intesa firmato all'inizio di dicembre a Bari (e poi divenuto inefficace) sui rifiuti provenienti dalla Campania e smaltiti in Puglia nelle tre discariche gestite dalla Cite (Consorzio interprovinciale trasporti ecoambientali) tra Taranto, Grottaglie e Fragagnano. Allora come oggi - è stato spiegato dai due assessori pugliesi - il punto è che i rifiuti devono rispettare appieno le norme di legge. «La Campania - ha spiegato Pelillo - non può credere di chiudere il suo ciclo dei rifiuti in Puglia. Va oltre la nostra solidarietà ampiamente dimostrata nei fatti visto che la Puglia ha accolto dal 2008 al 2011 ben 120mila tonnellate di rifiuti campani». «La situazione in cui ci troviamo - ha spiegato Nicastro - vede la decadenza del decreto legge (1 luglio 2011, n.94, dettante disposizioni urgenti in tema di rifiuti) e l'ordinanza di sospensiva dall'esercizio dell'attività nei riguardi d'Italcave, cui farà seguito la discussione nel merito del ricorso il 6 dicembre davanti al Consiglio di Stato». «Con l'ausilio dell'Arpa - ha aggiunto - abbiamo verificato la situazione che è ormai regolata dal libero mercato, da accordi tra stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti (Stir, ex impianti Cdr) ed i siti pugliesi gestiti da società private. Siti che oltre i tre del consorzio Cite riguardano anche quello di Canosa». In particolare - ha spiegato Nicastro - «a seguito di due verifiche effettuate dall'Arpa il 12 ed il 14 settembre nel sito d'Italcave a Statte (Taranto) i carichi provenienti da aziende di San Vitaliano e dell'Irpinia sono stati rispediti indietro. Si trattava in definitiva di 'tal qualè e di rifiuti che non avevano subito alcun trattamento. Da qui la diffida che riguarda i siti pugliesi ad accogliere dalla Campania rifiuti aventi codice Cer 19 12 12, previo accertamento della presenza di diossine, furani e policlorobifenili (pcb)».
«Le verifiche dell'Arpa hanno riguardato soltanto Italcave e non abbiamo notizie - ha aggiunto Nicastro - che negli altri siti siano arrivati rifiuti dalla Campania che abbiano subito questo grossolano trattamento meccanico di separazione della frazione umida da quella secca; trattamento che noi sosteniamo non trasformi il rifiuto in speciale (non muta la natura di solido urbano) e che quindi non possa circolare senza un accordo tra le Regioni. Su questo abbiamo già avuto ragione dal Tar Lazio in primo grado». «È una situazione che purtroppo - ha spiegato Pelillo - interessa un territorio molto vulnerabile come quello di Taranto, dove il governo regionale è intervenuto negli anni con particolare attenzione per contrastare il fenomeno dell'inquinamento. E poi c'è il fatto che la Campania non può chiudere stabilmente il suo ciclo di rifiuti qui in Puglia».
 L'Arpa: più controlli. «Come Arpa - ha detto il direttore generale dell'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente, Giorgio Assennato - abbiamo incrementato le attività di controllo e definito procedure dirette a tutelare la salute della popolazione e l'ambiente». «Abbiamo riscontrato due livelli di criticità - ha spiegato il Direttore scientifico dell'Arpa Puglia, Massimo Blonda - relativi a deficit documentali (la caratterizzazione di base e la verifica di conformità mancavano di alcuni parametri analitici), non si potevano cioè definire rifiuti non pericolosi. Quanto ai soli rifiuti provenienti da impianti di preselezione meccanica abbiamo riscontrato un'incompleta ed inefficace operazione di selezione che poteva dirsi del tutto assente o inefficace. C'è poi una questione statistica: nelle due volte in cui l'Arpa era presente i carichi sono stati rifiutati e da una relazione chiesta ad Italcave sul numero di carichi rigettati dall'inizio dell'anno ne risultano 22 (13 dalla Campania) a fronte di 92 accettati». «Dall' inizio 2011 è cioè altamente probabile - secondo Blonda - che la qualità del carico sia stata con una certa frequenza quella che poi ha riscontrato l'Arpa». I referti dei controlli - è stato spiegato nella conferenza stampa - sono stati inoltrati per conoscenza all'autorità giudiziaria. Su queste basi l'assessore Nicastro, secondo cui potrebbe anche configurarsi l'ipotesi di traffico illecito di rifiuti, ha chiesto a tutte le forze sul territorio di continuare a svolgere controlli. «Si tratta di rompere - ha detto - la marginalizzazione sociale cui si sta provando a condannare la Puglia in tema di rifiuti. Si tratta di tutelare la salute dei pugliesi e l'ambiente in cui vivono».

Italia: nuovo record rischio default
Credit default swaps balzati a 520 punti
20 settembre, 16:51
(ANSA) - ROMA, 20 SET - Vola ad un record storico il rischio default dell'Italia percepito dagli investitori sulla scia del taglio del rating da parte di Standard & Poor's. I credit default swaps (cds) sono balzati a 520 punti dai 489 di ieri, secondo i dati di Cma.

Il Fmi taglia le stime sull'Italia: addio al pareggio di bilancio nel 2013
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) taglia le stime di crescita per l'Italia. Il Pil salirà quest'anno dello 0,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di giugno, e dello 0,3% nel 2012 (meno 1 punto percentuale). Il problema dell'Italia è che «il tasso di crescita é relativamente basso», ha detto Jorg Decressin, economista del Fmi, durante la conferenza stampa a commento del World Economic Outlook, rispondendo a chi chiedeva se l'istituto di Washington fosse d'accordo con la decisione dell'agenzia di rating Standard & Poor's di tagliare il rating tricolore. Secondo Decressin, «bisogna andare avanti con le azioni di risanamento».
Addio pareggio di bilancio nel 2013
Il deficit dell'Italia nel 2013 si attesterà all'1% del pil rispetto al pareggio di bilancio dell'obiettivo del governo. E' quanto indica il Fmi nel rapporto sui conti pubblici indicando che la differenza è dovuta alle stima su una crescita meno sostenuta. Nell'ambito del G7 tuttavia l'Italia si colloca al secondo posto come deficit più basso. Il debito pubblico italiano - continua il Fmi - si stabilizzerà l'anno prossimo e inizierà a scendere dal 2013. Il Fmi inoltre rileva che l'andamento dei conti pubblici dell'Italia nell'anno in corso é in linea con gli obiettivi.
Rallenta anche il resto d'Europa
Il Fmi rivede al ribasso anche le stime delle maggiori economie europee. Il Pil della Germania salirà quest'anno del 2,7% (-0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di giugno) per rallentare all'1,3% nel 2012 (-0,7 punti percentuali). La Francia crescerà dell'1,7% nel 2011 e dell'1,4% nel 2012 (rispettivamente -0,4 e -0,5 punti percentuali). Il pil spagnolo crescerà dello 0,8% nel 2011 (invariato) e dell'1,1% nel 2012 (-0,5 punti percentuali).
La frenata di Stati Uniti ed emergenti
Secondo il Fmi, l'economia americana crescerà dell'1,5% nel 2011 e dell'1,8% nel 2012 (rispettivamente l'1 e lo 0,9% in meno rispetto alle stime di giugno), con un rialzo dell'1,1% nel quarto trimestre di quest'anno e del 2% nell'ultimo trimestre del 2012. Il rallentamento economico associato alla crisi sarà «di lunga durata»: il gap negli Stati Uniti è stimato attorno al 5,5% del Pil potenziale del 2011. Per gli Stati Uniti il Fmi prevede inoltre un deficit delle partite correnti al -3,1% nel 2011 e al -2,1% l'anno prossimo.
Rallentano anche le economie emergenti: il Pil 2011 crescerà del 6,4% (-0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di giugno) e del 6,1% nel 2012 (-0,3%). Per il Fmi la Cina continuerà, anche se con una leggera frenata, a essere il motore dell'economia mondiale, con un Pil in crescita quest'anno del 9,5% (-0,1 punti percentuali) e del 9,0% nel 2012 (-0,5 punti percentuali). L'India crescerà del 7,8% quest'anno (-0,4 punti percentuali) e del 7,5% nel 2012 (-0,3 punti percentuali).
«Rafforzare il sistema finanziario»
«Rafforzare il sistema finanziario resta la priorità dell'Europa» e «alle istituzioni finanziarie fragili deve essere chiesto di raccogliere capitale, preferibilmente attraverso soluzioni private». Il Fmi sottolinea che se soluzioni private non sono disponibili le istituzioni finanziarie «dovranno accettare iniezioni di capitale pubblico o l'appoggio dell'Efsf o la ristrutturazione». Alcune banche europee «avranno bisogno di ulteriori capitali, sia privati sia pubblici».
«Rompere il circolo vizioso debito-banche»
«Nell'area euro è necessario rompere il circolo vizioso avverso fra deboli debiti sovrani e istituzioni finanziarie - afferma il Fmi - una crescita debole indebolisce le banche e il risanamento dei conti pubblici può ulteriormente indebolire la crescita. Banche deboli e con il potenziale bisogno di più capitale fanno temere per la stabilità di bilancio».
 20 settembre 2011

Dopo la scure di S&P, la Bce acquista i titoli italiani
Dopo lo spauracchio-declassamento inferto da Standard & Poor's sul rating italiano, abbassato a sorpresa di un gradino ieri notte dalla "A+" alla "A"di Standard & Poor's, il nostro paese riceve una boccata d’ossigeno dopo la decisione presa dalla Banca Centrale Europea di acquistare i titoli italiani.
Una mossa, quella della Bce - che per settimane si è mossa per sostenere i mercati riguardo i titoli di stato italiani e spagnoli, dove l’effetto contagio del debito ha minacciato di far salire i loro costi di finanziamento a livelli insostenibili -, dettata dalla volontà di mantenere bassi i rendimenti sul debito italiano data la richiesta da parte degli investitori di più alti premi di rischio. Il rendimento su 10 anni dei titoli di stato italiani è salito di 0,3 punti percentuali  arrivando a toccare il 5,603% nei primi scambi di oggi, dopo aver precedentemente toccato il 5,67%.
Dopo la scure di S&P, l'Italia è a rischio di ulteriori declassamenti nei prossimi 12 mesi. Gli analisti di Barclays Capital hanno detto che la visione negativa è stata una sorpresa, che il downgrade è arrivato prima del previsto ed è ben più grave di quello previsto dal Moody’s Investitor Service perché il rating del credito italiano di S&P era già il più basso rispetto a quello delle altre tre principali società di rating, che oltre alle due citate comprende anche Fitch.
Il downgrade ha contribuito a portare il costo del potenziale salvataggio del debito italiano contro il default a un nuovo record. S&P, annunciando la sua decisione di abbassare il rating italiano, ha espresso inoltre preoccupazioni rispetto al rallentamento della crescita della terza più grande economia dell’area euro, cosa che renderà più difficile raggiungere gli obiettivi fiscali prefissati. Mentre lo scorso maggio l’agenzia americana aveva stimato la crescita del Pil dell’1,3% annuo, adesso ha ritoccato questo valore al ribasso facendolo scendere allo 0,7%.
S&P, che aveva messo sotto osservazione il rating dell'Italia dallo scorso maggio, ha motivato il taglio con la considerazione che “le prospettive di crescita dell'economia si sono deteriorate” e che il governo Berlusconi “non sembra in grado di dare risposte efficaci”. Ora si teme che questo declassamento possa avere delle ripercussioni sull’Eurozona: come prospettato da molti analisti il rischio di “contagio” rimane alto a causa dello scetticismo che travalica i confini italiani.
Dal canto suo, il governo italiano ha minimizzato il declassamento di S&P, affermando che le valutazioni della società sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose, per lo più viziate da considerazioni politiche. Nel comunicato diffuso dalla presidenza del Consiglio si specifica che “l'Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e che il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”.

Fincantieri: ordini 1* sem 874 mln, sotto capacita' impianti
 ROMA (MF-DJ)--Nei primi sei mesi 2011 gli ordini del gruppo Fincantieri sono calati a 874 milioni, a fronte degli 1,49 mld dei primi sei mesi del 2010. Il portafoglio ordini e' pari a 7,92 miliardi. Il carico di lavoro che ne deriva, pari a 5,57 miliardi, pur rimanendo significativo, continuera' a non essere in grado di saturare la capacita' produttiva di tutti gli stabilimenti.
 La crisi del mercato della cantieristica, spiega l'azienda in una nota, determinera', anche in prospettiva, per Fincantieri uno squilibrio tra capacita' produttiva e carico di lavoro acquisito/acquisibile. In particolare, nel primo semestre 2011, l'eccedenza della capacita' produttiva ha comportato la cessazione completa delle attivita' in alcuni cantieri dell'area mercantile, mentre per gli altri siti si prevede che si possano manifestare nel prossimo futuro, anche parzialmente, analoghe situazioni.
 Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, l'azienda sta fronteggiando la situazione attraverso il blocco del turnover, con una riduzione dell'organico rispetto a fine 2010 di 115 unita' in Italia, e con il ricorso alla Cig che ha interessato a fine giugno 1.772 unita' e per la quale attualmente esistono accordi con i sindacati per interessare circa 3.000 unita'. red/ren

Gheddafi: «La rivoluzione è una farsa»
Messaggio audio del rais nega il cambio del regime
Obama: Nato andrà avanti finché popolo è minacciato
MILANO - Gheddafi torna a far sentire la propria voce: «È difficile rovesciare questo regime perché rappresenta milioni di libici» e «il solo potere legittimo è quello che deriva dal popolo e dai comitati popolari: tutti gli altri sono nulli e illegittimi». L'ex rais ha diffuso un nuovo messaggio audio attraverso l'emittente Arrai, precisando di non esercitare più il potere «dal 1977, quando è stato rimesso nelle mani del popolo».

LA «FARSA» DELLA RIVOLUZIONE - Gli avvenimenti in corso in Libia, ha poi aggiunto il colonnello, rappresentano solo una «farsa». Il colonnello ha chiesto ai libici di «non credere» a un cambiamento di regime. «Ciò che sta accadendo in Libia è una farsa che regge soltanto grazie ai bombardamenti aerei (della Nato, ndr) che non dureranno in eterno», ha detto Gheddafi in questo messaggio diffuso dalla televisione Arrai: «Non rallegratevi e non credete che il regime sia stato rovesciato e ne sia stato imposto un altro con l'aiuto dei raid aerei e marittimi».
IL RITORNO DELL'AMBASCIATORE- Intanto anche il presidente americano Barack Obama è intervenuto sulla questione Libia. L'annuncio è quello del ritorno dell'ambasciatore americano a Tripoli. Ma Obama ha anche spiegato che la missione Nato «andrà avanti finché la popolazione corre pericoli». E proprio per questo ha chiesto a Gheddafi di arrendersi. Perché «nel Paese si apre una nuova fase» a cominciare con «elezioni libere».
LA RUSSA: LA NATO CHIEDE DI INSISTERE - In visita a Catania, prima di recarsi alla base militare di Sigonella, il ministro della Difesa, La Russa ha rivelato che l'impegno in Libia non è finito: «La Nato ha chiesto che la missione in Libia duri per altri tre mesi, l'Italia non ha ancora deciso, daremo la disponibilità delle basi, ma l'idea è di partecipare coprendo parte delle spese con i risparmi messi in moto dal ministero».

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