mercoledì 21 settembre 2011

L'investitore è più severo: l'Italia è già in «serie B»

di Morya Longo
Il Governo non dovrebbe prendersela con l'agenzia Standard & Poor's che ha bocciato l'Italia. Perché quella 'A' assegnata al Belpaese dall'agenzia americana è solo uno zuccherino rispetto al rating che implicitamente i mercati finanziari affibbiano all'Italia. Guardando le quotazioni su titoli di Stato e derivati, si scopre infatti che il mercato è ben più pessimista: assegna implicitamente al Belpaese rating compresi tra la 'B' e la 'CCC'.

  

Questo non significa che il mercato abbia ragione, ovvio. Ma vuol dire che la democrazia-speculativa degli investitori è già ben oltre le valutazioni di Standard & Poor's. Ecco perché ieri la decisione del declassamento ha avuto un impatto risibile su Borse e titoli di Stato: Standard & Poor's in fondo ha solo servito l'antipasto, già digerito da tutti, mentre gli investitori sono già alla frutta.

Vediamo perché. Secondo le tabelle storiche di Standard & Poor's sui casi di insolvenza tra il 1981 e il 2010, il voto 'A' significa che l'Italia ha una probabilità di finire in default dello 0,68% nei prossimi cinque anni. Questo è quello che, implicitamente, pensa Standard & Poor's quando assegna il giudizio 'A'. Insomma: l'agenzia non sta lanciando alcun allarme di insolvenza. L'allarme, per contro, lo lanciano gli investitori. Esistono formule matematiche che permettono di associare le quotazioni dei credit default swap (polizze assicurative sul rischio-Italia) alle probabilità di insolvenza di un Paese. Ebbene: il mercato, quotando da giorni l'Italia intorno ai 500 punti base, stima per il Belpaese una probabilità di finire gambe all'aria del 34% (secondo i calcoli di StatPro) o del 32% (secondo quelli del Credit Suisse). Probabilità non coerenti con la 'A', ma con rating ben più bassi: compresi tra la 'B' e la 'CCC'. Rating che affiancherebbero l'Italia a Paesi come l'Argentina, l'Ecuador, il Libano. Meglio di noi starebbe persino il Vietnam (valutato 'BB-' da S&P ma quotato a 400 punti base).

È bene ribadirlo: questo non significa che il mercato abbia ragione. Più volte ha sbagliato nella storia: dalla bolla di Internet alle scommesse perse, anni fa, sul default del Brasile. Questi numeri un'indicazione però la danno: fanno capire cosa a torto o ragione la comunità finanziaria pensa di noi oggi. E fanno capire perché il mercato non abbia reagito male ieri e perché probabilmente non reagirà nei prossimi giorni: S&P non ha detto nulla di nuovo, anzi è stata ben più tenera degli investitori.

Ora si può dunque rispondere alla domanda che tanti si pongono: che impatto potrà avere il declassamento del rating dell'Italia sui titoli di Stato e sui bond emessi da banche e imprese? Insomma: che impatto potrà avere sulle tasche dei risparmiatori? Premesso che nessuno ha la sfera di cristallo, per le considerazioni appena fatte si può azzardare che l'effetto-rating sui BTp potrà essere quasi nullo. I titoli di Stato quotano infatti con rendimenti elevatissimi non per il rating, ma per il possibile default della Grecia, per l'instabilità politica in Italia e in Europa, per l'elevato debito pubblico, per la bassa crescita economica. Il mercato sconta già più di quanto scritto da Standard & Poor's: ecco perché il rating non dovrebbe avere alcun impatto aggiuntivo.

Vediamo ora che effetto potrà esserci su obbligazioni di banche e imprese. Quando S&P annunciò di avere messo sotto osservazione l'Italia, a maggio, pochi giorni dopo annunciò la medesima decisione anche su alcune società (Cassa depositi e prestiti, Poste italiane e Terna), su alcune banche (Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Bnl e Findomestic) e su 12 Enti locali (dalla città di Bologna, alle Regioni Sicilia, Emilia, Friuli, Liguria, Umbria). È dunque probabile ma non c'è alcun automatismo che presto anche questi soggetti verranno declassati. Eppure anche per loro l'impatto sui mercati probabilmente non sarà eclatante. Un bond quinquennale di Intesa Sanpaolo ieri rendeva il 5,93% (20 centesimi in più della vigilia): se il tasso salirà, sarà per altri motivi e non per il rating. I problemi sono altri.
 

 

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