17.01.2011
di Giuseppe Marci - L'UNIONE SARDA
Li abbiamo riabbracciati per le feste. Tornano da Roma, da Milano, da Bari; dalla Francia, dall'Inghilterra, dall'Olanda; dall'Asia e dall'America, dall'Australia e dall'Africa. Figli che vanno per il mondo. Con onore.
Sono giuristi e ingegneri, economisti, fisici, medici, professori, giornalisti, diplomatici. Formano una sorta di club internazionale, parlano le lingue, hanno amici nei cinque continenti, un compleanno lo festeggiano a Londra e l'altro, magari, a New York. Anche i genitori formano un club, soprattutto le madri che hanno preso dimestichezza con i voli low cost, vanno a trovare i figli in città dove da ragazze non avrebbero mai sognato di mettere piede e, quando hanno un nipotino, imparano l'inglese, se vogliono coccolarlo. Per fortuna abbiamo il valore aggiunto della Sardegna e della sua potente malìa che li richiama, certe volte, anche d'estate: chi resiste al fascino della spiaggia di casa dove ha giocato bambino? Di più è difficile sperare: e non sarebbe né giusto, né logico. Al di là della retorica con cui parliamo di rientro dei cervelli, non c'è un solo motivo razionale per cui questi tecnici di altissimo livello debbano, possano e soprattutto vogliano trovare lavoro in Sardegna. All'Isola natale pensano con affetto ma anche con lucido distacco: va bene per le vacanze e, forse, per la pensione. Difficile dar loro torto osservando il panorama politico, economico e culturale che ci circonda. Eppure fa rabbia. Anche lasciando da parte la mozione degli affetti, fa rabbia pensare allo sforzo che abbiamo fatto per allevarli, aggiungendo al loro talento naturale il sostegno delle famiglie e della collettività. Abbiamo speso molto danaro, privato e pubblico, per far sì che frequentassero università internazionali, master prestigiosi e sofisticati corsi di specializzazione. Le competenze così formate, se le godono altri. E pensare che sarebbero disposti tutti, dal primo fino all'ultimo, a restituire qualcosa alla terra che li ha nutriti. Basterebbe avere l'idea giusta e la capacità di creare un coordinamento agile, un filo di rete che li leghi - in qualunque continente siano - e li faccia essere presenti qui, con la somma delle loro competenze che è incalcolabile. Non si farà mai, naturalmente. Per lo stesso motivo per cui li abbiamo lasciati andare. Perché noi amiamo le seconde file; i modesti che chiedono appoggio al potente di turno per trovare un posticino di lavoro, tanto per campare la vita; coloro che non sanno volare alto. E costruiamo carrozzoni, uffici costosi, funzionari e dirigenti ben retribuiti. Quando basterebbe molto di meno per dar vita a un sinedrio di intelligenze in grado di sostenere con suggestioni tecniche e pareri politici i nostri deboli amministratori regionali. Ma per capirlo ci vorrebbe cervello. E il nostro è emigrato.
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