Sarcinelli: le vere paure evasione fiscale e fuga dai titoli di Stato
L'economia delle famiglie del nostro Paese è costruita sulla casa, e per fortuna sulla casa e basta
EUGENIO OCCORSIO
ROMA — «Il problema delle disuguaglianze? Certo non mi consola, anzi mi amareggia molto. Ma non sono cifre particolarmente impressionanti: temo che sia una componente inevitabile del sistema capitalistico in cui abbiamo accettato di vivere. Ci sono altre considerazioni fra quelle del bollettino statistico della Banca d'Italia su cui dovremmo soffermarci, come la ricchezza complessiva e gli investimenti immobiliari».
Mario Sarcinelli, presidente del Dexia-Crediop e docente di economia monetaria alla Sapienza, nella sua carriera di grand commis è stato vicedirettore generale della stessa Bankitalia, ministro e presidente del comitato monetario europeo.
Professore, è sicuro che non dobbiamo scandalinarci per il fatto che il 10% delle famiglie detiene il 45% della ricchezza?
«Ma lei lo sa che viviamo in un sistema ad economia capitalistica? In confronto agli altri non siamo messi cosl male: in America l'1% dei cittadini detiene il 40% della ricchezza. Nella maggior parte degli altri paesi la situazione è più sperequata. Il capitalismo stesso, ci piaccia o no, si basa sulle disuguaglianze. Certo, bisogna evitare di superare il livello di guardia».
In questi giorni nelle strade di Roma sembra che questo livello sia stato superato...
«Quella è una protesta rivolta contro una riforma universitaria che non fa sconti a nessuno, un malcontento di origine diversa».
Perché dice che bisogna guardare allo "stato patrimoniale" complessivo del paese?
«Lì si trovano le vere anomalie. Quando leggiamo che la ricchezza in abitazioni delle famiglie era a fine 2009 di 4.800 miliardi e andiamo a incrociare il dato con i redditi dichiarati, appare un'incoerenza da approfondire, quella sì da paese eccentrico. Nell'Ocse in media il rapporto fra reddito e ricchezza è di 1 a 5, ma in Italia viaggiamo su un rapporto di 1 a 8, qualcuno dice 1 a 9. C'è qualcosa che non va, e che attiene alla capacità di controIlare le fonti di reddito degli italiani. Non dimentichiamo che gran parte dell'economia irregolare finisce in aumenti del patrimonio, il che significa soprattutto in case. Ma c'è un altro aspetto dei dati Bankitalia su cui vorrei soffermarmi».
Ovvero?
«Si segnala una fuga dai Bot dovuta ai bassi tassi: è un elemento preoccupante perché metà del debito pubblico italiano è detenuta da italiani, e proprio questo elemento di stabilità che possiamo contrapporre all'abnorme percentuale del debito stesso sul Pil. Una fortuna che non ha la Grecia, né l'Irlanda. Ma se i gestori di portafoglio cominciano a diversificare, qualcosa scricchiola. Resta un'altra ancora di salvezza: il debito privato, dato che spesso viene trascurato, è più basso che nei paesi concorrenti».
Si conferma la vocazione di "formiche" degli italiani? «E' un grosso fattore di stabilità. Non più del 78% del reddito disponibile è costituito da debito, quando in Germania e Francia si arriva al 100%, negli Stati Uniti e in Giappone al 130%. Il dato è significativo se pensiamo alla vocazione degli italiani di investire sul mattone: siamo sempre stati morigerati nei mutui e nei rifinanziamenti vari. L'economia domestica italiana è costruita sulla casa, ma sulla casa e basta. Non abbiamo intrapreso, partendo dalla casa, avventure finanziarie spericolate».
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