giovedì 30 dicembre 2010

Moneta unica con debiti multipli

di Guido Tabellini – 29.12.2010
Come evolverà la crisi del debito sovrano che incombe sull'Euroarea? Poiché non è possibile dare una risposta univoca, è meglio cominciare da alcuni interrogativi che riguardano aspetti fondamentali del sistema economico europeo.


1) Supponiamo che un paese dell'Euroarea sia costretto a ristrutturare o a ripudiare il suo debito pubblico. Può questo paese restare nella moneta unica? In linea di principio la risposta è sì. Questa risposta è stata sancita anche dall'ultimo Consiglio europeo. Nel proporre un meccanismo permanente di sostegno ai paesi dell'euro in difficoltà, il Consiglio ha sottolineato che in futuro i creditori potranno essere costretti a subire delle perdite.

In pratica, tuttavia, la risposta è molto più incerta. Il sistema finanziario europeo è stato costruito sul presupposto che i titoli di stato fossero privi di rischio. L'insolvenza di un debitore sovrano si ripercuoterebbe sul suo sistema bancario, e scatenerebbe una corsa ai depositi. È difficile immaginare che un paese stretto nella doppia morsa dell'insolvenza dello stato e del suo sistema bancario possa restare privo della capacità di stampare moneta.
Il principio che il debito pubblico potrebbe non essere rimborsato è stato ribadito in questi mesi su insistenza della Germania, per sottoporre i governi miopi alla disciplina dei mercati. Ma il sistema finanziario europeo non è pronto per questo tipo di disciplina, tant'è vero che gli stress test condotti nell'estate del 2010 sulle banche europee hanno escluso l'ipotesi di una ristrutturazione del debito sovrano. Molto probabilmente, oggi un paese che non riesce a far fronte al suo debito pubblico sarebbe costretto ad abbandonare l'euro.

2) Può un paese uscire dall'euro senza uscire dall'Unione europea? In linea di principio la risposta è no. Almeno, questa è la conclusione a cui è giunto uno studio recente della Bcc sugli aspetti legali della questione. In pratica la risposta è incerta, perché difficilmente gli aspetti formali possono avere il sopravvento quando la sostanza degli interessi economici e politici è così rilevante. Ma non c'è dubbio che l'uscita dall'euro sarebbe fonte di enormi problemi legali e politici.
Se poi a uscire dall'euro fosse uno dei grandi paesi, tutto il progetto politico dell'Unione europea sarebbe rimesso in discussione. Mettendo insieme le risposte a questi primi due interrogativi, si capisce perché il presidente dell'Unione, Herman Van Rompuy, pochi mesi fa si era lasciato scappare l'affermazione che la crisi del debito pubblico di un paese dell'euro avrebbe messo a repentaglio la sopravvivenza della Ue. L'affermazione di Van Rompuy è stata criticata, ma non va sottovalutata.
Il fatto che la posta in gioco sia così alta spiega perché, in pochi mesi, i governi europei hanno istituito meccanismi di sostegno reciproco che, anche solo un anno fa, sembravano impensabili. Questo ci porta alla domanda successiva:

3) È possibile che in tempi brevi l'Euroarea evolva in un sistema di tipo federale, con una rilevante componente di politica fiscale comune? In parte la risposta qui dipende dai dettagli di cosa si intende per politica fiscale comune. Sono certamente possibili forme di sostegno reciproco e condivisione d'impegni anche maggiori di quelle attuate finora, ad esempio mediante emissioni di e-bond sostenute dal potere tributario congiunto di tutti i paesi dell'euro. Tuttavia, l'evoluzione verso un sistema pienamente federale è da escludere. Le barriere linguistiche e culturali sono troppo alte, la tradizione della politica nazionale troppo radicata, per immaginare uno scenario così radicale. L'evoluzione possibile sarà guidata dagli interessi nazionali, non da una visione politica europea.

Torniamo alla domanda da cui siamo partiti: come evolverà la crisi della finanza pubblica nella zona dell'euro? In questi giorni, su una scadenza a cinque anni il debito pubblico della Grecia rende più del 13%, quello dell'Irlanda quasi l'8 per cento. Se fossero costretti a indebitarsi a questi tassi d'interesse, e con un reddito nominale pressoché stagnante, entrambi i paesi sarebbero insolventi. Una ristrutturazione del debito pubblico potrà essere evitata solo se, quando torneranno sul mercato, questi paesi potranno indebitarsi a tassi significativamente più bassi, e se le loro economie saranno tornate a crescere.

I prestiti concessi dalla Ue consentono di guadagnare tempo, in una fase di ripresa della crescita e di congiuntura mondiale favorevole. Ma non sappiamo di quanto tempo ci sia bisogno. Ora che il rischio d'insolvenza è entrato nei calcoli dei mercati, e che il debito pubblico di alcuni paesi ha perso la sua caratteristica di essere privo di rischio, non è detto che sia possibile far tornare le cose come prima.
Alla luce delle implicazioni sopra descritte, sappiamo che i paesi della Ue e la Bce faranno tutto il possibile per evitare la ristrutturazione del debito dei paesi più deboli. I loro sforzi saranno aiutati dalla ripresa mondiale in atto e dalla crescita tedesca che ancora una volta farà da traino per il resto dell'Europa. Per ora la ristrutturazione del debito sarà rinviata. Ma non è detto che possa essere evitata su un orizzonte più lungo.
È impossibile prevedere come evolverà la crisi della finanza pubblica nella zona dell'euro. L'unica cosa che possiamo dire è che la crisi durerà ancora a lungo.
 

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