giovedì 30 dicembre 2010

Pensionati Paperone della politica lucana

di MASSIMO BRANCATI
Una bocciatura passata quasi inosservata, nonostante fosse un argomento di grande presa popolare. Il deputato Antonio Borghesi dell'Italia dei Valori aveva proposto l'abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo soli 5 anni di legislatura in quanto riteneva cha il trattamento riservato ai deputati risultasse iniquo rispetto a quello previsto per i «comuni mortali».


Lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad uno straccio di pensione. Ecco com'è andata a finire: in aula, nel corso di una seduta del 21 settembre scorso, erano presenti in 525. Hanno votato 520, si sono astenuti 5 deputati. La maggioranza si raggiungeva con 261 voti. I «sì» sono stati 22, mentre i «no» ben 498. La proposta di abolizione, dunque, è stata respinta con larghissima maggioranza.

Come si sono espressi i nostri deputati? Tutti d’accordo nel respingere la proposta di abolizione, ricalcando esattamente il trend di Montecitorio, con pidiellini, esponenti del Pd e finiani in perfetta sintonia. Salvatore Margiotta (Pd), Vincenzo Taddei (Pdl) e Donato Lamorte (Fli) hanno detto «no» alla proposta di Italia dei Valori, mentre Antonio Luongo (Pd) al momento della votazione non era presente in aula (assenza strategica?).

Prima del voto Borghesi ha tuonato: «Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando qui dentro sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza - ha sottolineato l’esponente dell’Idv - tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. C’è la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un assegno di reversibilità».

Gli ex parlamentari attempati, dunque, continueranno ad essere i «pensionati d’oro» d’Italia.

Uno sguardo ai lucani che hanno avuto la fortuna di passare dalle parti di Montecitorio e Palazzo Madama: il vitalizio più sostanzioso tocca a Vito Gruosso e Tonio Boccia che con 15 anni di parlamento portano a casa una pensione lorda di 6.590 euro. Segue a ruota Giampaolo D’Andrea che con 14 anni ha maturato 6.217 euro. «Fuori concorso» - con una pensione che supera i 10mila euro - Emilio Colombo (parlamentare dal ’46 al ‘94 per poi diventare senatore a vita nel 2004) e Angelo Sanza (dal ‘72 al 2008). Molti dei nostri parlamentari, inoltre, possono contare sull’effetto «accumulo», dal momento che sono destinatari anche del vitalizio della Regione, avendo ricoperto l’incarico di consigliere o assessore regionale. È il caso, solo per citarne alcuni, di Giampaolo D’Andrea, Tonio Boccia, Romualdo Coviello, Antonio Potenza, Salvatore Adduce (attuale sindaco di Matera), Maria Antezza, Carlo Chiurazzi, Rocco Curcio e Giacomo Schettini, Tuccino Pace, Vincenzo Viti, Filippo Bubbico, Felice Belisario, Nicola Pagliuca.

C’è, infine, chi potrà attingere da tre canali pensionistici, vale a dire l’europarlamentare Gianni Pittella, dal ‘75 ininterrottamente nei vari livelli istituzionali, passando da Regione, Camera dei Deputati e Parlamento europeo. A lui, probabilmente, spetterà la palma del «pensionato d’oro».
30 Dicembre 2010
 

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