venerdì 21 gennaio 2011

Notizie Federali della Sera: 21 gennaio 2011

Sezione padana, derivati, evasori e funerali:
1. Padania. Derivati: banche preoccupate per Comuni.
2. Emilia Romagna. Un quarto delle evasioni fiscali da residenti nel Modenese.
3. A Venezia il primo funerale ecologico.

Sezione sesta repubblica federale iugoslava:
4. Trieste: calo demografico mascherato dagli stranieri.
5. Federalismo in Fvg, il piano di Tondo.

Sezione sfrattati, avvelenati e grandi business:
6. Matera, 100 famiglie a rischio sfratto.
7. Melfi. Veleni nelle falde acquifere ma Fenice torna a bruciare.
8. Termoli jet, l’ennesima beffa: nessuno lo vuole, verso il fallimento.

Sezione grandi pensatori, i calabro-lucani:
9. Cosenza. Federalismo, il presidente Provincia di Cosenza. Oliverio: "Impugneremo il decreto".
10. Calabria. Sull’inquisito il marchio dell’infamia morale.
11. Made in Basilicata ecco i cibi da tutelare.
12. Basilicata. I bonus dei manager: populismo e rigore dall'Inghilterra all'Italia.

Sezione finale, la fregatura italica:
13. Salerno-Reggio di Calabria. Pedaggio.



1. Padania. Derivati: banche preoccupate per Comuni. Ricorso alla Corte di Londra per verificare validita' contratti. (ANSA) - MILANO, 21 GEN - Sempre piu' banche si rivolgono alla Corte di Londra per verificare la validita' dei contratti sui derivati stipulati con Comuni e Regioni italiane e in qualche caso anche per chiedere l'intervento dei giudici inglesi in alternativa ai tribunali italiani. E' quanto riferisce l'agenzia Bloomberg, secondo cui tra queste banche ci sono Jp Morgan, Ubs e Bofa-Merril Lynch. Tra le amministrazioni coinvolte, i Comuni di Firenze, Pisa e Verona e le Regioni Piemonte, Toscana e Lazio.
2. Emilia Romagna. Un quarto delle evasioni fiscali da residenti nel Modenese. MODENA. Affitti e rendite catastali non dichiarati, auto di lusso, abitazioni di pregio. Stili di vita in contrasto con quanto dichiarato al fisco: un quarto delle evasioni fiscali accertate in regione proviene dai contribuenti della provincia di Modena. É quanto emerge dalla "mappa delle evasioni" disegnata dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, frutto di un protocollo d'intesa siglato nel luglio 2009 con Anci. In 18 mesi, ammonta a 3,1 milioni di euro (su un totale di 11,5 milioni) l'evasione scoperta in 20 dei 32 Comuni modenesi che hanno aderito all'accordo. Medaglia d'argento per la nostra provincia nella graduatoria stilata dall'Agenzia delle entrate. Una medaglia dal doppio risvolto: da un lato Modena, subito dopo Bologna, con 1.566 episodi è la seconda provincia in regione per numero di segnalazioni su presunte evasioni. Meno decoroso invece è il fatto che, sempre dietro Bologna, degli 11,5 milioni di euro evasi scoperti (già 3 milioni rientrati nelle casse dell'erario), ben 3,1 milioni provengano dalla nostra provincia (Bologna guida la graduatoria con 4 milioni). Numeri che l'Agenzia regionale ha diffuso ieri, registrando il successo del protocollo d'intesa con i Comuni, tappa del federalismo fiscale entrata nella sua fase operativa dal luglio 2009: oltre 7 mila le segnalazioni totali (contro le 1.866 al 31 dicembre 2009), 1.400 gli accertamenti (contro 364) e evasioni scoperte per 11,5 milioni di euro (contro 1,33 milioni. Sono 214 su 348 i Comuni che hanno aderito al patto (61%): di questi, 32 i Comuni modenesi, sebbene siano una ventina quelli già completamente operativi. Di questi, a dover restituire al fisco la cifra più alta per imposte non pagate è Mirandola, con 828.339 euro, frutto di 327 segnalazioni. Una graduatoria, quella provinciale, che non va di pari passo con la densità abitativa, nè con il numero di segnalazioni inviate dai funzionari agli 007 del fisco per i controlli incrociati: dietro Mirandola, per numero di segnalazioni c'è Carpi (325), ma è Soliera con 563.524 mila euro il secondo Comune in provincia per imposte non versate rispetto al dichiarato. Per la città di Modena, 53 segnalazioni e 18.566 mila euro di evasioni accertate. Il settore più a rischio, secondo i dati diffusi, è quello della "proprietà edilizia e del patrimonio immobiliare": il 68% delle segnalazioni riguarda rendite catastali o affitti non dichiarati (evasioni per 1,5 milioni di euro). Auto di lusso e abitazioni di pregio hanno invece fruttato un migliaio di segnalazioni (14% sul totale, 4 milioni di euro), mentre enti non commerciali che svolgono attività lucrativa, professionisti senza partita iva e residenze fittizie all'estero rappresentano il 6% delle segnalazioni (imposte non pagate per 830 mila euro). Altri 5,2 milioni di euro, inoltre, pari all'11% del totale, è la cifra di imposte evase accertate su operazioni di speculazione edilizia. Mancano nella nostra provincia casi eclatanti. Come quello di un bolognese, proprietario di 8 fabbricati, che dal 2002 non ha più presentato dichiarazione dei redditi. O come un circolo culturale di Ferrara che, in realtà, era un ristorante. A Modena, secondo quanto riferiscono dall'Agenzia, si tratta di un fenomeno diffuso su larga scala. «In attesa del varo definitivo del federalismo fiscale - dichiara il direttore regionale Antonino Gentile - i dati dimostrano che la strada della collaborazione con i Comuni è quella giusta. L'alleanza antievasione può dare i suoi frutti». Dei 3,1 milioni di euro già incassati (incremento record rispetto agli appena 63 mila al dicembre 2009), le segnalazioni provenienti da Bologna hanno fruttato 1 milione di euro, 600 mila da Cesena e 450 mila da Soliera.
3. A Venezia il primo funerale ecologico. «Bare di cartone e urne di mais, costano meno». Onoranze funebri Pagliarin stamattina in azione a San Michele: «In caso di cremazione meno esalazioni dal legno e dalle vernici»
VENEZIA. Il cimitero dell'isola di San Michele ha ospitato questa mattina il primo funerale «ecologico» sul territorio comunale veneziano. La bara di un'anziana signora del centro storico, deceduta nei giorni scorsi, non era di legno verniciato bensì di cartone. E' questa la grande novità introdotta dalle onoranze funebri Pagliarin, storica società del settore con oltre un secolo di attività alle spalle. «Abbiamo recepito le indicazioni che il Comune ha dato lunedì scorso» spiega il titolare Renato Savoldello.
«Eravamo già pronti a questa soluzione per chi decideva di essere cremato - continua - e così saremo di fatto i primi a concretizzarla a Venezia. Il Comune ha chiesto soluzioni meno inquinanti, dal momento che le casse in legno verniciato, bruciando, producono esalazioni inquinanti dati i prodotti chimici contenuti. Le bare di cartone hanno solo un rivestimento in cellulosa, e con lo stesso materiale vengono fatti i nastri adesivi per sigillare il contenitore». Un funerale ecologico, quindi, ma anche meno costoso. «Stiamo ancora facendo le stime, perciò non siamo in grado di fornire cifre esatte, ma di sicuro ci sarà un risparmio» garantiscono dalla Pagliarin di Cannaregio, dove chiunque può vedere l'esposizione con le nuove casse ecologiche. «Per utilizzarle abbiamo dovuto modificare anche gli elevatori delle imbarcazioni - aggiunge il titolare - Le casse normali alla spalla sono larghe 65 centimetri, queste in cartone arrivato a 73. Inoltre, hanno un limite di peso, perchè il defunto non può superare i cento chili».
Ma il vero problema rimane la pioggia. «Abbiamo predisposto dei drappi per ricoprire la bara nel corso del funerale di questa mattina per evitare, in caso di maltempo, che il materiale si bagni con le logiche conseguenze che si possono immaginare». La salma dell'anziana è partita questa mattina dalla camera mortuaria dell'Ospedale Civile diretta all'isola di San Michele, quindi la cerimonia e nei prossimi giorni la cremazione. «Già ad altri clienti avevamo proposto questa soluzione ma avevano preferito la scelta tradizionale. Quello di oggi è quindi il primo funerale ecologico anche se le normative ufficialmente non sono ancora entrate in vigore. Anticipiamo in un certo senso la scelta del Comune».
Al cartone della bara si aggiunge il rivestimento in cellulosa che comunque può far sembrare più realistico il contenitore: si va dalle sembianze della quercia al frassino, dal ciliegio al rovere fino al grezzo, cartone così com'è. Ma biodegradabile è anche l'urna per le ceneri. «Le abbiamo in derivati del mais - sottolinea Savoldello - e siamo già pronti anche per quando si potranno spargere le ceneri 700 metri al largo delle bocche di porto. Disponiamo di una imbarcazione d'altura che deve solo essere preparata per l'occasione coi drappi neri e gli spazi per la cerimonia. Abbiamo già ricevuto richieste da Stati Uniti, Russia e Giappone. Appena avremo le autorizzazioni partiremo per primi anche con questa operazione». Dopo il successo rappresentato dai matrimoni in città, che vedono ogni anno sposarsi in laguna decine di coppie straniere, ora è da capire se troverà spazio a Venezia anche il turismo funerario, ultimo viaggio per la propria vita terrena.
4. Trieste: calo demografico mascherato dagli stranieri, ormai più di 18mila. Mille in più all’anno in una città dove i settantenni sono il triplo dei bambini fino a 4 anni. Ma di fronte all’entrata nell’arco del solo 2009 di 1067 stranieri la popolazione è aumentata di sole 12 unità. In città vivono adesso 18.257 cittadini di provenienza non italiana. TRIESTE. Dodici abitanti in più iscritti all’anagrafe nel corso del 2010. Ma se non ci fosse il compatto e costante ingresso di stranieri, ormai assestato sull’8% all’anno, e numericamente pari o superiore ai 1000 cittadini, che poi fanno anche più figli, sarebbe irreversibile il prosciugamento di una città come Trieste. Che ha due volte e mezza il numero di persone con età superiore ai 65 anni rispetto a bambini e adolescenti tra zero e 14 anni.
Meno di due persone come composizione media della famiglia. Solo 18 bambini ogni 100 donne in età fertile. Un record di 133 persone che hanno superato il secolo di vita. Il triplo di settantenni rispetto ai bimbi fino ai 4 anni (25.231 contro 7.829), bambini piccoli battuti poi ampiamente anche dai battaglieri ottantenni che sono il doppio, 15.295. E il saldo resta sempre negativo tra nati a morti (dice - 149 solo nel mese di dicembre).
ANALISI. L’immigrazione non compensa le perdite. Di fronte all’entrata nell’arco del solo 2009 di 1067 stranieri la popolazione è aumentata appunto di sole 12 unità. Dallo scorso marzo l’Ufficio statistica del Comune pubblica i dati anagrafici non soltanto mese per mese, ma per la prima volta distinguendo a parte l’analisi della popolazione straniera: dal 2008 a oggi è cresciuta di 2.462 unità.
KOSOVO. In città vivono adesso 18.257 cittadini di provenienza non italiana. Sono come una piccola città integrata nella città. Nella quinta circoscrizione (Barriera vecchia-San Giacomo) rappresentano il 16% degli abitanti. In grandissima maggioranza, oltre un terzo del totale, sono iscritti come serbi (il 30% degli stranieri a fronte del 5,7% di cinesi), ma da un anno all’altro i kosovari sono più che raddoppiati (passando da 303 a 622).
DOCUMENTI. C’è una ragione, però, dietro questi numeri. Come spiega l’Ufficio statistica, i provenienti dalla ex Jugoslavia venivano un tempo sempre iscritti come serbi, ma via via che si sono andate configurando nuove entità statali autonome i nuovi arrivati hanno cominciato a presentarsi con documenti di fresca nazionalità, mentre i già residenti non sono obbligati ad aggiornare i documenti in linea coi destini politici dei paesi d’o rigine.
CINESI. Dopo i serbi i più numerosi sono i romeni (1905, 230 in più sul 2009), seguiti dai croati (1372, in lieve decremento) e cinesi (in crescita, 1040 rispetto ai 984 dello scorso anno). Non vengono segnalati, nelle tabelle, i gruppi minori di ogni altra (e sono certamente tante) nazionalità diverse.
BAMBINI. Ma mettere a confronto la popolazione locale con i «non indigeni» riserva a ogni voce molte sorprese. Per esempio, gli stranieri di bambini piccoli ne hanno, eccome. Sono 1/7 del totale: 1098 sui citati 7829. E ovviamente in queste fasce di popolazione le età sono distribuite in maniera diversa e più uniforme, con una prevalenza netta dei più giovani: i ventenni rappresentano il 21,4% del totale, seguiti dai trentenni (18,6%).
GIOVENTU’. Ovvio dunque che il saldo nati-morti sia qui ampiamente positivo (+ 15 a dicembre 2010) e che l’indice di vecchiaia sia lontano anni-luce da quello locale: se quello della città dice 245,46 (appunto due volte e mezza gli over-65 rispetto ai giovani 0-14 anni) tra gli stranieri è di 27,73, la percentuale secca di anziani è localmente di 27,27, quella degli «arrivati» solo del 4,22. Così a Trieste è negativo il ricambio della popolazione attiva, ma fra gli stranieri no.
QUARTIERI. Detto questo, la radiografia della città è sempre interessante anche nei suoi aspetti territoriali, e nell’a nalisi dei nuclei familiari. Intanto si conferma che il quartiere di San Giacomo-Barriera vecchia accoglie praticamente un quarto della popolazione totale ed è in aumento (50.949 abitanti nel 2009, e 51.163 nel 2010). È, con la quarta (Città nuova, Barriera nuova, San Vito e Cittavecchia), anche quella più anziana (gli stranieri più numerosi hanno invece 35-39 anni). Le due sezioni di città ospitano il maggior numero di centenari: 34 e 38 a testa. Per popolazione segue la settima circoscrizione (Servola, Chiarbola, Valmaura, Borgo San Sergio) che viaggia stabile sui 41 mila residenti: ed è proprio qui che vive l’unico straniero che abbia superato i 100 anni.
OVEST. La meno abitata è la prima, Altipiano Ovest: 3643 abitanti (ma ugualmente 4 centenari) e solo 78 stranieri. Qui le fasce di popolazione più rappresentate hanno 40-44 anni (303 persone) e 60-64 anni (288).
FAMIGLIE. Un altro dato che caratterizza la configurazione di Trieste in modo sempre più accentuato è la composizione delle famiglie. Crescono quelle con un singolo componente. Poco meno della metà è composta da una singola persona: i mononuclei nel 2010 erano 49.833 su un totale di 107.305 famiglie. Poco meno di un terzo è fatto da coppie: 30.878. In confronto la tipologia classica e minima (genitori e due figli, quattro componenti) conta a Trieste solo 8.906 unità. Con 9 o più membri l’anagrafe registra 36 nuclei.
SOLITARI. Il confronto con gli anni precedenti mostra che il fenomeno è in ascesa: i «solitari» sono cresciuti di 318 rispetto al 2009, e di ben 932 guardando alla fotografia del dicembre 2008. Solo le zone più periferiche e meno urbane (Altipiano Est e Ovest) raggiungono in media i due familiari per nucleo. Tutte le altre sezioni di città sono sotto.
CEDUTI. C’è infine un’altra «vivisezione» che l’Ufficio statistico del Comune mette a tabella, e che al di là di ogni altra considerazione misura anche la consistenza della popolazione nata nei cosiddetti «territori ceduti» (questa la dizione per indicare l’Istria). Il decremento, poiché si tratta di una fascia di popolazione che non può crescere essendosi formata per ragioni storiche, è visibile: in due anni questo segmento ha perso 1737 cittadini (932 dal 2008 al 2009, e 318 dal 2009 al 2010). Il totale di questi giorni è di 20.385 persone.
INVISIBILI. Ma per fotografare tutto, e non lasciare fuori dalla vista nessuno, il Comune crea anche una casella speciale, e cioé una «ottava circoscrizione» che in realtà non esiste, non ha terreno, non ha rappresentanti, non ha confini. È la zona dei senza fissa dimora, dei senzatetto, o di quelli che vanno e vengono ma non prendono dimora. E sono così catalogati in una circoscrizione virtuale, «non definita», di superficie «zero». Quanti sono? In totale 172 cittadini lo scorso anno, 170 nel 2009, e ben 204 l’anno prima. O sono andati definitivamente via, oppure, chissà, si sono infine accasati.
5. Federalismo in Fvg, il piano di Tondo: tagli a tasse e spese. Presentato il documento di cento pagine elaborato da Luca Antonini, consulente del ministro Giulio Tremonti. Il governatore Renzo Tondo Tondo:  la fiscalità di vantaggio rappresenta una partita decisiva per lo sviluppo. di Renata D'Argenio. TRIESTE. È cominciato, ieri, in giunta regionale a Trieste, il percorso che porterà il Friuli Venezia Giulia al federalismo fiscale. Uno studio di oltre centro pagine elaborato da Luca Antonini, consulente del Ministro Giulio Tremonti, che arriva – come riferiamo a pagina 2 – nel giorno in cui il presidente dell’A nci nazionale, Sergio Chiamparino, assieme al Terzo Polo, boccia il testo della legge.
In una Regione a statuto speciale come la nostra il Federalismo fiscale potrebbe essere ancor più efficace, ma è chiaro fin d’ora che non sarà semplice, e scontato, garantire grossi vantaggi a famiglie e aziende. «Non si tratta di una partita che si gioca sulle risorse, ma sulle competenze e sui trasferimenti – ha spiegato Renzo Tondo che assieme all’assessore alle Finanze, Sandra Savino ha presentato alla stampa Luca Antonini –». Un esempio: tagliare l’Irap significa “togliere” 700 milioni l’anno dalle casse della Regione. Fondi che non possono essere compensati da parte dello Stato e che, quindi, vanno recuperati da qualche altra parte, riorganizzando altri servizi. «Un processo questo – ha detto il giurista Luca Antonini – che assicura la lotta alle inefficienze pubbliche a vantaggio dei servizi. Il Federalismo fiscale è questo: sfrutta normative europee e sentenze della Corte di Giustizia per garantire maggiore autonomia alle Regioni; scelte politiche più efficaci e, quindi, lotta alla burocrazia. Il cittadino avrà più evidenza di quanto paga e di quanto, poi, gli ritorna in servizi. In sostanza un “vedo, voto e pago”, cioè vedo come si spendono i soldi, pago e, quindi, voto di conseguenza. Il cittadino sarà un giudice molto severo sul federalismo».
Il percorso. «Il federalismo è una opportunità fondamentale e un passaggio storico per la Regione Friuli Venezia Giulia», ha affermato il Presidente Renzo Tondo. «Siamo di fronte ad uno studio che evidenzia come la Regione prima di altre, ha sottoscritto un protocollo con il governo (il 29 ottobre 2010), che ci dà una grande opportunità. Si darà corso ad un percorso di federalismo che la Regione ha sperimentato negli anni in virtù della sua autonomia. Questo comporterà delle scelte». Il percorso di attuazione, ha spiegato Tondo, «chiede un metodo» e «coinvolgerà il Consiglio regionale e la Commissione Paritetica Stato-regione. Le scelte saranno conseguenti a un dibattito politico». «Cercheremo di portare a casa il risultato entro il primo semestre del 2011 – ha evidenziato Sandra Savino –, che guiderà il gruppo di lavoro da ufficializzare in una delle prossime riunioni dell’esecutivo, per la traduzione dello studio in proposte concrete».
Lo studio. Lo studio affidato al giurista Luca Antonini, un documento di oltre 100 pagine, è sostanzialmente suddiviso in due parti: nella prima sono analizzate le implicazioni per la Regione degli otto decreti legislativi sul federalismo fiscale, alcuni già approvati altri in fase di preparazione; nella seconda si tocca il tema specifico della fiscalità di vantaggio. Per quanto riguarda il primo tema, nello studio sono illustrati gli effetti immediati dei decreti su una Regione a Statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia, e quegli aspetti che invece, per trovare attuazione, avranno bisogno di passare di passare attraverso la Commissione paritetica e quindi un accordo con lo Stato.
Fiscalità nei Comuni. Il Federalismo «introduce le possibilità per nuove competenze e potere di manovra su gettiti tributari. Alcune di queste novità - ha continuato Luca Antonini - sono immediatamente operative a prescindere da norme attuative». Norme attuative che diventeranno, per esempio, decisive per quanto riguarda la fiscalità dei Comuni. «L’Imu – la nuova imposta comunale sugli immobili che prevede un prelievo sul possesso, con aliquota da definire, e un tributo sulle compravendite: del 3% sulle prime case e del 7% sulle seconde –, anche in Friuli Vg, dovrà essere adeguata a norme attuative. Una parte dello studio cominciato oggi – ha spiegato Antonini – punta proprio a chiarire come la Regione intende adeguarsi. Se l’imposta versata dai cittadini resterà nelle casse dei Comuni o se, una parte, sarà comunque girata alla Regione». Tondo. «Il percorso è appena iniziato ed è inutile ipotizzare cosa o dove andremo a togliere o ad aggiungere – ha tenuto a precisare il presidente Tondo –. Il federalismo fiscale e la fiscalità di vantaggio rappresentano una partita decisiva per lo sviluppo. Meno tasse – e mani nelle tasche dei cittadini – e meno spese. In sostanza, l’azione dell’Amministrazione regionale potrà concentrarsi sulla riduzione delle imposte, alla fonte, sostituendo molte delle attuali leggi di spesa, con un risparmio decisivo sui costi di gestione delle risorse pubbliche e quindi con un alleggerimento della burocrazia.
In questo quadro – ha continuato il governatore –, fondamentale è stata la scelta del rigore sui conti regionali, con la riduzione del debito e la conferma del “rating” da parte delle agenzie Standard e Poor’s e Fitch. Una vera e propria marcia in più, che ci permetterà di manovrare in modo più ampio sul fronte fiscale, ma anche di negoziare da una posizione più forte l’acquisizione di nuove competenze dallo Stato».
6. Matera, 100 famiglie a rischio sfratto. di EMILIO SALIERNO. MATERA - Circa cento famiglie materane sono sotto la spada di Damocle dello sfratto. Il 31 dicembre è scaduta la proroga per tutte le famiglie economicamente deboli e il Governo non ha rinnovato il fondo sociale riservato a questa categoria che comprende anche anziani, malati terminali, portatori di handicap. «L’esecutivo nazionale - dice Franco Casertano, segretario del Sunia, Sindacato unitario inquilini e assegnatari - invece di ridurre i disagi delle fasce più vulnerabili della popolazione, ha preferito sorvolare sul problema. C’è un totale disinteresse del Governo e del ministro delle Infrastrutture rispetto al dramma di numedrose famiglie. Lo stesso fondo per il pagamento dei mutui alla famiglie in difficoltà ancora non è partito, a due anni dalla sua istituzione. E il mirabolante piano di edilizia abitativa, come il nostro sindacato ha sottolineato a livello nazionale, per il quale il ministro Tremonti garantì 10.000 alloggi di edilizia sociale già nel 2010, ad oggi non ha prodotto neanche una casa».
Il Sunia chiede «una nuova proroga degli sfratti estesa alle morosità per tutti i casi in cui è previsto il diritto alla sospensione del mutuo e di dotare il fondo sociale di risorse adeguate. Serve un piano poliennale di edilizia pubblica e sociale con risorse certe e tempi di attuazione definiti. Non di meno sono necessari una riforma del regime delle locazioni che dia un reale potere contrattuale agli inquilini e il ritiro della norma sulla cedolare secca che, così come formulata, è solo un enorme regalo alla proprietà senza alcuna contropartita in termini di riduzione degli affitti».
L’Ater di Matera, intanto, ha 60 milioni euro per costruire case popolari, ma i Comuni non concedono i suoli. Nel capoluogo di provincia molti non pagano per morosità perché non in condizioni economiche felici, mentre bandi di concorso per le case popolari non se ne fanno. Risultato, una grave situazione con 3000 alloggi invenduti perché fitti e prezzi di vendita sono esosi o comunque non accessibili in queste condizioni e con un mercato nero dei fitti a studenti (la casa dello studente resta sulla carta). Di recente, l’amministratore unico dell’Ater di Matera, Innocenzo Loguercio, ha incontrato i rappresentanti dei sindacati degli inquilini (Sunia, Sicet, Uniat e Asia) ed è stata manifestata la volontà di concordare un percorso condiviso per la predisposizione di una «agenda» delle priorità per lasoluzione delle criticità inerenti la residenzialità sociale.
«Fondamentale risulterà la realizzazione del progetto “Anagrafe del patrimonio e dell’utenza” - ha chiarito Loguercio - perchè costituisce uno strumento per il monitoraggio dinamico dei fabbricati rientranti nel patrimonio di edilizia pubblica. L’agire amministrativo sarà improntato al principio della trasparenza e al rispetto delle regole ponendo al centro gli inquilini e garantendo funzionalità ed ascolto. Per l’efficienza e l’efficacia sarà indispensabile una interattività positiva e fattiva sia delle parti sociali sia dei sindaci considerati “attori privilegiati”». Per i sindacati, inoltre, obiettivo prioritario sarà quello di contribuire alla soluzione di molti problemi come l'incremento del fondo per le manutenzioni, la destinazione di risorse risparmiate, la dotazione di un regolamento sulla manutenzione degli immobili e una programmazione sulle manutenzioni. 20 Gennaio 2011
7. Melfi. Veleni   nelle falde acquifere ma Fenice torna a bruciare. di MASSIMO BRANCATI. Un altro via libera. Un’altra porta spalancata nonostante i timori, le perplessità, le «mancanze», l’inquinamento conclamato delle falde acquifere di San Nicola di Melfi. Con determina dirigenziale n. 3065 del 14 ottobre scorso, la Provincia di Potenza ha rinnovato all’inceneritore Fenice, di proprietà della multinazionale francese Edf, l’autorizzazione all’esercizio. È una decisione che suscita riflessioni e critiche. Il segretario regionale dei Radicali, Maurizio Bolognetti fa notare che a pagina 21 della determina c’è una frase da «sviscerare» e che riguarda la durata del rinnovo all’esercizio: «È fissata in 10 anni, a decorrere dal 19 ottobre 2010 - si legge - e comunque fino al rilascio dell’Aia da parte della Regione Basilicata». Insomma, si tratta di un’autorizzazione provvisoria, vincolata al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale da parte della Regione Basilicata. A pagina 20 della stessa determina - come sottolinea Bolognetti - si fa riferimento a una nota Arpab datata 7 ottobre 2010, con la quale l’agenzia per la protezione ambientale esprime parere favorevole «al rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’inceneritore». La stessa Arpab a tutto settembre 2010 segnala nell’a re a dell’inceneritore un inquinamento da nickel nei pozzi 5-6-7-8-9 anche 18 volte superiore ai limiti previsti dalla legge e una presenza di trielina fuori norma nel pozzo 1. «Sul sito dell’Arpab - evidenzia Bolognetti - al momento non sono disponibili i dati relativi al bimestre ottobre-novembre 2010 e vista l’«allegra» gestione Sigillito (l’ex direttore dell’Arpab, ndr) potrebbe anche essere che per il bimestre in oggetto di monitoraggi non ce ne siano affatto».
Particolarmente inquietante è ciò che si legge a pagina 6, dove si riferisce che il 23 settembre 2010, Fenice Spa, «a causa della fermata della sezione inertizzazione, allocata presso l’impianto, per interventi manutentivi di tipo strutturale e a causa delle difficoltà sopraggiunte per la reperibilità di ricambistica sul mercato nazionale», ha chiesto una proroga per il conferimento delle ceneri volanti aventi codice «Cer 190113» presso centri autorizzati a svolgere il processo di inertizzazione. «Concludendo - dice Bolognetti - ci chiediamo e chiediamo alla Provincia di Potenza e al Dipartimento ambiente della Regione se sia normale concedere un’autorizzazione provvisoria all’esercizio in assenza dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Nel caso in cui la Regione non emanasse l’Aia, l’autorizzazione durerebbe 10 anni? Se così fosse - conclude il segretario regionale dei Radicali - quella che appare come u n’autorizzazione provvisoria di fatto diventerebbe un’autorizzazione permanente».
Tutta la vicenda che ruota attorno a Fenice vivrà un momento di chiarezza (almeno si spera) il 30 gennaio prossimo, quando Edf-Fenice dovrà presentare il documento di analisi del rischio, così come da impegni presi durante la conferenza di servizi che si è tenuta il 14 dicembre scorso. La multinazionale francese, che si è autodenunciata per inquinamento delle falde acquifere, è chiamata a presentare questo documento da due anni. Due anni che hanno ritardato ulteriormente le procedure del piano di caratterizzazione e la conseguente bonifica del sito inquinato, con il rischio che la contaminazione possa aver subito, nel frattempo, un peggioramento. Infatti, il perdurare del grave avvelenamento delle falde nell’area di San Nicola di Melfi, con valori di cromo, nichel e tricloroetilene ancora ben oltre il limite - sostanze queste altamente cancerogene - «dimostra - sostiene la Ola, organizzazione lucana ambientalista - come non siano stati affrontati e risolti i problemi di un impianto che continua bruciare rifiuti di ogni tipo ed ad inquinare le falde, palesando così la sua pericolosità per la salute dei residenti e per l'ambiente».
Secondo l'aggiornamento Arpab al mese di novembre 2010, sull'attività di monitoraggio dei 9 pozzi Fenice, emerge che l'attività di analisi della qualità delle acque di falda si ferma al 24 del mese di settembre 2010. Per quanto riguarda i composti organici volatili (Cov), l'unico valore fuori norma riguarderebbe il tricloroetilene (trielina) per il pozzo Fenice n.1 che registra un 2,7 ug/l rispetto al valore limite di 1,5 ug/l (decreto legislativo 152/2006). Rispetto al monitoraggio del mese di maggio 2010 vi è stato un incremento del +0,4 ug/l, mentre il dato di luglio 2010 era classificato come valore limite di rilevabilità inferiore a 0,05. 19 Gennaio 2011
8. Termoli jet, l’ennesima beffa: nessuno lo vuole, verso il fallimento. Nuovo disastroso capitolo per la nave di collegamento con la Croazia costata 8 milioni di fondi pubblici tratti dal famoso articolo 15: la gara per l’individuazione del partner privato, ultima carta giocata dalla Regione per risollevare le sorti del catamarano, è andata deserta. Che cosa accadrà ora? La nave sarà messa in vendita o si continuerà a spendere altri fondi pubblici?
E’ proprio il caso di dire che la Regione Molise ha fatto l’ennesimo buco, anzi voragine, nell’acqua. La storia di sprechi, paradossi e inchieste giudiziarie legate al Termoli Jet, la nave di collegamento con l’altra sponda dell’Adriatico e costata oltre 8 milioni di fondi pubblici tratti dal famigerato articolo 15, si arricchisce infatti di un nuovo disastroso capitolo che in realtà era ampiamente prevedibile: l’asta per l’individuazione del partner privato che avrebbe dovuto affiancare la Ltm (società interamente a capitale pubblico dopo la fuoriuscita di Larivera) è andata deserta. Non è una notizia da poco: la individuazione di un partner privato era in qualche modo l’ultima carta da giocare per provare in qualche modo a rilanciare l’attività del Termoli Jet e giustificare almeno in parte lo sperpero di 8 milioni di euro prelevati dalle tasche dei cittadini. Ora anche questa carta sembra essere sfumata.
E pensare che c’erano voluti più di due anni per bandire la gara scaduta a luglio scorso. I due anni, cioè, trascorsi dalla seduta di Giunta Regionale del 2 ottobre 2007 in cui si prendeva atto delle sentenze con le quali il Tar e il Consiglio di Stato avevano dichiarato nulla la costituzione della società mista con Larivera (che era stata selezionata senza un obbligatorio appalto pubblico) e la pubblicazione del bando avvenuta nel luglio scorso. Un tempo, si era detto, per mettere a punto un capitolato di gara che fosse allettante, ma che in realtà era servito a tutt’altro visto che il bando era infarcito di macroscopici paradossi e incongruenze tanto da far dire anche ai profani che nessun socio privato si sarebbe fatto avanti a quelle condizioni per entrare in società con la Regione e gestire il catamarano.
La Regione cercava evidentemente un socio “impossibile”, e così è stato. Era richiesta prima di tutto una cifra stratosferica al privato: il prezzo a base di gara per l’acquisto del pacchetto azionario pari al 51 per cento del capitale sociale ammontava a 4 milioni e 335mila euro, di cui 1.700.000 corrispondenti al valore nominale delle azioni acquistate, e 2.365.000, a «titolo di sovrapprezzo». Il socio privato avrebbe inoltre dovuto garantire fino al dicembre del 2017, data di scadenza del mega appalto, un collegamento quotidiano, tutto l’anno, con le località croate di Spalato, Ploce e Dubrovnik, assicurando anche il trasporto di merci e di auto. E visto che il Termoli Jet non è in grado di trasportare né merci né auto ma solo passeggeri, la società subentrante avrebbe dovuto mettere a disposizione anche una nave nuova. Insomma: un assurdo. Con un dubbio conseguente riguardante le reali motivazioni che hanno spinto la Regione a pubblicare un bando pubblico assolutamente non allettante: semplice inettitudine o voglia di chiudere la "partita Termoli Jet" con un naufragio pilotato?
Nell’attesa che il bando di gara fosse preparato, il catamarano dell’amore, pur essendo fermo in porto, è costato altre centinaia di migliaia di euro provenienti direttamente dalle tasche dei molisani e ha attirato le attenzioni della magistratura che ha aperto un’inchiesta giudiziaria, trasferita a Campobasso, e che vede 18 persone tra politici e tecnici iscritti nel registro degli indagati.
Come più volte ricordato da Primonumero.it e come ricapitolato dal consigliere regionale del Pd Michele Petraroia – il quale il 20 gennaio è tornato sulla vicenda del Termoli Jet con una interrogazione urgente rivolta a Iorio - dal 2008 sono stati sborsati altri 850mila euro, per l’ordinaria operatività, la salvaguardia del valore patrimoniale del catamarano e la ripresa temporanea dell’attività marittima.
Dopo il naufragio sull’ultima spiaggia, quella della gara andata deserta, e due stagioni estive in cui i pochi viaggi effettuati certamente non hanno risollevato le sorti economiche della nave, a questo punto il futuro sembra sempre più nero. E quel che è ancora più sconfortante è che la Regione per ora non ha neanche una minima idea di come sbrogliare la matassa: «Il governo regionale ha fatto una scelta tempo fa – ammette l’assessore alla Programmazione Gianfranco Vitagliano – il problema va risolto, attendiamo che la struttura individui altre proposte».
Che cosa accadrà nei prossimi mesi? La nave sarà messa in vendita o si continuerà con il solito andazzo prelevando altri fondi pubblici? (Pubblicato il 21/01/2011)
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/stampabile.php?id=7910
9. Cosenza. Federalismo, il presidente Provincia di Cosenza. Oliverio: "Impugneremo il decreto". Ieri il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio ha lanciato il suo grido d’allarme contro il provvedimento del Governo. 21/01/2011 «Abbiamo deciso di impugnare il decreto sul Federalismo fiscale per chiederne l’annullamento». Lo ha annunciato, nel corso di una conferenza stampa, il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, del Pd, sottolineandone le «gravi conseguenze che ne deriveranno per gli enti locali».
«Nel provvedimento, infatti – ha aggiunto Oliverio – non si fa solo riferimento ai trasferimenti erariali, ma si interviene anche sulle risorse per trasferimento delle funzioni. Il prossimo anno il taglio si raddoppierà. Si tratta di uno strumento che provoca la disarticolazione del Paese e che non può essere accettato. Abbiamo chiesto già gli adeguati correttivi».
Oliverio si è detto «seriamente preoccupato perchè il Governo – ha sostenuto – non ha tenuto conto delle proposte avanzate dalle Province e dai Comuni. Con la pubblicazione del Decreto del 9 dicembre 2010 del Ministero dell’Interno veniva determinata una riduzione dei trasferimenti per ciascuna Provincia per un ammontare pari al 22,9%. L’incidenza di tale 'sforbiciatà, per quanto riguarda la Provincia di Cosenza, in base alla popolazione, ha inciso per 18 euro circa per abitante.
Le riduzioni sono ripartite secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. In caso di mancata deliberazione della Conferenza permanente entro il termine stabilito e per gli anni successivi al 2011 entro il 30 settembre dell’anno precedente, il decreto è comunque emanato entro i successivi 30 giorni, riportando la riduzione dei trasferimenti secondo un criterio proporzionale».
«Per le Province ed i Comuni – ha aggiunto Oliverio – nel 2011 il taglio sarà, rispettivamente, di 300 milioni e di un miliardo e mezzo di euro. Per la Provincia di Cosenza, in particolare, il taglio sarà di 11 milioni e 300 mila euro, mentre per la Provincia di Milano sarà di 700 mila euro. Viene fuori un quadro, dunque, che metterà i Comuni e le Province nelle condizioni di non potere chiudere i bilanci perchè non tiene conto delle condizioni economiche e territoriali».
Il presidente Oliverio ha poi annunciato una serie di iniziative. «Per domani – ha detto – abbiamo convocato tutte le forze sociali della provincia e abbiamo anche chiesto all’Upi di organizzare qui un incontro. La prossima settimana, inoltre, incontrerò i presidenti delle altre Province calabresi e successivamente anche quelli delle altre Province italiane. Non vogliamo fare allarmismo, ma lanciamo un grido d’allarme che nasce dai dati». All’incontro con i giornalisti hanno partecipato il presidente del Consiglio provinciale, Orlandino Greco, sindaco di Castrolibero, il responsabile dell’ufficio Ragioneria della Provincia, Antonio Molinari, e molti sindaci e amministratori locali.
10. Calabria. Sull’inquisito il marchio dell’infamia morale. 21/01/2011. di PIETRO MANCINI. Da lunedì una bufera politico-giudiziaria, anzi uno tsunami, si è abbattuto su Palazzo Chigi, con danni per l' immagine del Paese, nelle capitali europee, e commenti al vetriolo anche da parte di numerosi siti ed autorevoli giornaloni esteri, in primis il "Financial Times". Prende quota l'ipotesi di uno scioglimento anticipato del Parlamento da parte di Napolitano, che sta seguendo, con preoccupazione e turbamento, l'evolversi dell' "affaire-Ruby". Allo stato degli atti, non si può non concordare con la amara, ma realistica, considerazione dell' ex direttore del "Corriere della sera", Piero Ostellino: «In attesa che la magistratura ne precisi la natura, attraverso una serie di prove fattuali, portate in sede di giudizio, tutto ciò che appare dai media è che anche al bavero della giacca dell'"inquisito" Berlusconi è stato applicato un marchio di infamia morale. E che ciò, quale sia poi l'esito di un eventuale processo, è già sufficiente ad averne infangato la reputazione e l'immagine». Non sarebbe il primo caso di una condanna, decretata in anticipo da media e opinione pubblica rispetto ai tempi del dibattimento processuale. All'allarme di Ostellino sulla violazione della privacy e la dignità non solo degli indagati, ma anche di persone estranee all'inchiesta, di cui tuttavia sono state rese note "urbi et orbi" conversazioni private, aggiungiamo 4 considerazioni. 1) Perché nessun autorevole giornale, in primis il "Corriere della Sera" di de Bortoli - che ha pubblicato, in esclusiva, i verbali dell'inchiesta - ha rivolto al capo della Procura della Repubblica di Milano la seguente domandina: scusi, dottor Bruti Liberati, lei, a novembre del 2010, non aveva dichiarato che non c'era proprio nulla da indagare per chiarire gli "ineccepibili comportamenti" -così li definì- di tutti i protagonisti della vicenda Berlusconi-Minetti-escort Ruby, nella notte del maggio del 2010, alla Questura di Milano ? "Nulla quaestio" sulla famosa telefonata di Silvio anche da parte del capo di gabinetto dell'allora questore, dottor Pietro Ostuni. Cosa le ha fatto cambiare idea? Ci azzeccano qualcosa, nella sua adesione alla linea processuale anti-Berlusconi, le "bacchettate", che le hanno affibbiato noti opinionisti di sinistra, in primis Marco Travaglio, e toghe, impegnate nelle correnti di estrema sinistra della associazione nazionale Magistrati? 2) La dottoressa Ilda Boccassini, titolare dell'"inchiestona Ruby-Minetti-Cavaliere", è un esempio di magistrato "terzo, imparziale e sereno" ? Nel 1991, "Ilda la rossa" fu estromessa dal pool milanese, che si occupava di criminalità orga-nizzata, in seguito a forti scontri con i colleghi, tra cui Spataro. L’allora capo della Procura, Francesco Saverio Borrelli, ne tracciò il seguente ritratto: "La collega Ilda Boccassini ha dimostrato una mancanza di controllo nervoso, una carica incontenibile di soggettivismo, una mancanza di volontà di porre in comune risultati, riflessioni, intenzioni". E, nelle sue esternazioni, Boccassini non esitò a definire la Corte di Cassazione, che tenne bloccato per mesi il suo avanzamento di carriera, "un avamposto militare" contro l'attività delle toghe coraggiose, come lei. Tutto il Parlamento insorse contro la toga milanese perché espresse solidarietà al collega Gherardo Colombo, dopo gli attacchi ricevuti a causa di una discussa intervista, in cui il magistrato aveva ipotizzato che i lavori della Commissione bicamerale, presieduta da D'Alema, fossero "condizionati dal ricatto". 3) Gianfranco Fini non ha rinunciato a bacchettare, severamente, Berlusconi, parlando di "ennesima storia triste" e invitandolo a presentarsi, subito, dalla Boccassini. Nel 2005, invece, l'allora presidente di "Alleanza nazionale" intervenne a favore di un altro indagato, il suo portavoce, Salvatore Sottile, accusato di concussione sessuale: fu arrestato, con l'accusa di aver ottenuto favori sessuali - in pratica, un "servizietto" analogo a quello, praticato da Monica Lewinsky a Bill Clinton - dalla aspirante valletta calabrese, Elisabetta Gregoraci, poi sposata da Flavio Briatore, in cambio della possibilità di lavorare in tv. In difesa di Sottile, Gianfranco Fini, intervistato a "Porta a Porta" da Bruno Vespa, fu molto duro con l'allora sostituto procuratore della Repubblica di Potenza, John Woodcock: «Devo fare uno sforzo diplomatico. Se dovessi dare sfogo all' indignazione, che provo in questo momento, farei scintille: conosco da una vita Sottile e non nutro dubbi sulla sua totale estraneità alle vicende addebitategli». «Inoltre Woodcock - aggiunse il ministro degli Esteri del secondo governo del Cavaliere - è noto per una certa fantasia investigativa e ritengo che il magistrato avrebbe dovuto già da tempo prendere provvedimenti. In un altro Paese sarebbe stato già costretto a cambiare mestiere !». Duro e giustizialista con il premier, l'attuale presidente della Camera fu garantista con Sottile, che fu poi condannato a otto mesi di reclusione, per il reato di peculato in relazione all’uso improprio delle auto blu del ministero degli Esteri, per scarrozzare la avvenente Gregoraci da via Sistina fino al suo ufficio alla Farnesina. E, solo qualche anno fa, il Fini garantista, in una nota firmata con Berlusconi e Casini, proclamò: «Noi riteniamo che l'intreccio tra politica e giustizia, l'uso distorto, che parti politiche hanno fatto di alcune vicende giudiziarie, e il carattere politicamente partigiano di troppi procedimenti giudiziari debbano essere oggetto di un limpido confronto a cui la classe dirigente del Paese non si può e non si deve sottrarre». 4) Concordiamo con Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino, che furono stretti collaboratori di Massimo D'Alema, quando l'allora leader dei Ds, nel 1998, subentrò a Prodi a Palazzo Chigi: "La valanga di fango, che la Procura di Milano sta riversando sul presidente del Consiglio, non per provare i reati che gli vengono imputati (una telefonata in Questura e un rapporto sessuale a pagamento con una minorenne) ma al solo scopo di distruggerne l’immagine, la credibilità e la carriera, è destinata ad infliggere un colpo mortale alla vita democratica e civile del Paese".
11. Made in Basilicata ecco i cibi da tutelare. di GIOVANNA LAGUARDIA. Stop al falso made in Italy e al falso made in Basilicata. Sono state presentate ieri mattina nel Punto Vendita Campagna Amica in via Isca del Pioppo a Potenza, le nuove norme sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari, approvate il 18 Gennaio dalla Commissione Agricoltura della Camera, in una conferenza stampa alla quale hanno preso parte Piergiorgio Quarto e Giuseppe Brillante, presidente e direttore Coldiretti Basilicata e i rappresentanti delle associazioni dei consumatori, Vittoria Marzione (Adiconsum) e Antonio Santarsiero (Arco). Nuove norme grazie alle quali sarà più difficile spacciare per italiani o, peggio, per lucani, materie prime e prodotti agro-alimentari provenienti da altre nazioni, dove magari le norme sanitarie sono meno severe che qui. Era da tempo che la Coldiretti e le associazioni dei consumatori chiedevano maggiore tutela su questo fronte, dal momento che la cosiddetta agropirateria è un fenomeno che negli ultimi anni ha conosciuto grande espansione e dal quale nemmeno la Basilicata è risultata esente.  «L’approvazione del disegno di legge – ha detto Piergiorgio Quarto - è motivo di orgoglio per la Coldiretti, che da oltre dieci anni combatte affinché vengano tutelati la salute dei consumatori e i diritti degli imprenditori agricoli che, a causa del furto di valore e d’identità a danno del Made in Italy, non si vedono corrisposto il giusto compenso per il lavoro svolto. Un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio made in Italy».
In Basilicata si ricordano il caso della truffa smascherata nello scorso settembre dalla Guardia di finanza che ha coinvolto anche allevatori lucani di suini e quello del grano canadese lavorato dalla Candeal di San Nicola di Melfi. Ma grazie al nuovo disegno di legge, sulle etichette dei prodotti alimentari ora bisognerà indicare oltre all’eventuale presenza di Ogm, il paese di produzione o, per i prodotti trasformati, il luogo dove è avvenuta l’ultima trasformazione e quello di coltivazione o allevamento della materia prima. Chi immette in commercio prodotti privi dell’indicazione d’origine rischia una sanzione fino a 9.500 euro. Coldiretti, comunque, è già un passo avanti rispetto al disegno di legge: A Potenza così come in tutti i mercati e punti Vendita Campagna Amica, gli imprenditori agricoli indicano già non solo il Paese, ma anche l’azienda e territorio di provenienza dei prodotti commercializzati a garanzia e tutela dei consumatori. 21 Gennaio 2011
12. Basilicata. I bonus dei manager: populismo e rigore dall'Inghilterra all'Italia. 21/01/2011. di FRANCESCO BOCHICCHIO. Il Parlamento inglese ha bocciato l’ipotesi di interventi draconiani sui “bonus” dei “manager” e quindi di porre limiti stringenti in materia, ma la bocciatura non è stata affatto unanime: vi è stato il voto contrario, estremamente significativo, dei laburisti. Il voto contrario dei laburisti prefigura una sinistra dura e coerente, ma con contenuti non da condividere, in quanto ha ad oggetto un istituto di incentivazione economica a favore di chi dirige l’impresa. L’incentivo è fondamentale in un sistema capitalistico, basato sulla massimizzazione del profitto e quindi sulla partecipazione agli effetti di tale massimizzazione a favore degli elementi di spicco dell’impresa, ma qualsivoglia sistema economico richiede incentivi individuali, proprio per la natura dell’economia, ruotante intorno all’utile e quindi all’interesse, e la storia ha dimostrato che sistemi basati sulla socialità possono pure funzionare ma a condizione che la socialità non sia pura -come dimostra il ricorso, pur temporaneo e strumentale della rivoluzione russa, nei primi anni ‘20, alla NEP, basata sulla valorizzazione della piccola proprietà contadina. In ogni caso, in un momento, quale quello attuale, in cui il sistema capitalistico si rivela senza alternativa, il ruolo di una sinistra socialdemocratica rigorosa a favore della tutela dei ceti deboli e di un controllo dell’iniziativa imprenditoriale a mezzo di programmazione, non può prescindere da condizioni di efficienza del sistema, criteri di efficienza inimmaginabili senza incentivi. Il discorso decisivo è piuttosto quello di ancorare gli incentivi ad elementi razionali, vale a dire non solo a fattori di vantaggi e di risultati positivi a breve, ma anche a valori aziendali a medio e lungo termine: Tremonti a suo tempo pose il problema in termini di rapporti tra conto profitti e perdite e patrimonio aziendale, e si tratta come al solito di termini del tutto impropri in quanto il patrimonio aziendale è determinato alla lunga dai risultati dei vari esercizi economici; il vero problema è quello di individuare gli elementi idonei a rappresentare il valore aziendale non solo a breve ma anche a medio termine. La Banca d’Italia per le banche sta cercando meritoriamente di individuare tali elementi. Il problema è centrale ed è quello di individuare l’essenza dell’efficienza aziendale: solo in tal modo si può sfuggire da impostazioni populistiche e moralistiche nell'approccio all'economia. Marchionne è stato criticato per l’alta remunerazione, con elevati incentivi, a fronte della linea dura nei confronti degli operai: è un approccio criticabile, in quanto Marchionne è del tutto elogiabile nel momento in cui ha raggiunto risultati positivi per la Fiat, solo che tali risultati positivi devono coesistere con una tutela del lavoro, ma i risultati positivi sono necessari per la stessa tutela del lavoro. Il vero nodo è quello di non rendere i risultati positivi incompatibili con una tutela del lavoro e quindi di rifuggire da una visione unilaterale dei primi, in ogni caso essenziali. Marchionne non deve essere criticato perché viene premiato generosamente per i risultati positivi arrecati e, a monte, nemmeno perché raggiunge tali risultati positivi, ma solo perché persegue tali risultati positivi in modo unilaterale e penalizzando gli altri fattori pur essenziali per l’azienda. Da qui si può partire per un approccio generale alla relazioni sindacali ed alla loro riforma: l’efficienza aziendale è un valore assoluto in quanto consente anche la tutela del lavoro, mentre occorre evitare scappatoie di chi si disinteressa dell'efficienza aziendale, convinto di far pagare il costo al lavoro ed agli altri fattori coinvolti. Un approccio, non moralistico e non populistico, ma estremamente rigoroso, al problema degli incentivi aziendali è importante anche per moderne e non punitive relazioni sindacali. In sintesi, è estremamente importante che in Europa spiri un’aria veramente socialdemocratica, tesa a correggere la storture del sistema capitalistico ed a introdurre misure effettivamente sociali: ciò a differenza dell’Italia dove la sinistra è diventata liberale e quindi condivide l'approccio conservatore secondo cui le riforme da inserire sono quelle tese a ridimensionare drasticamente le conquiste sociali, di modo che il riformismo è diventato una versione del conservatorismo e del liberismo. Tale aria socialdemocratica deve essere di rigore ed anche conflittuale nei confronti delle imprese, ma senza dimenticare le leggi dell'economia in cui inserire un'impronta di socialità e in prospettiva anche, perché no, da socializzare, ma senza trascurare la loro essenza ed il valore dell'efficienza. La socialdemocrazia inglese, meritoria nell’impostazione generale, deve quindi correggere il tiro.
13. Salerno-Reggio di Calabria. Pedaggio. Dovrebbero essere comprese in Dpcm su totale 1200 km a pagamento. 21 gennaio, 12:33. (ANSA) - NAPOLI, 21 GEN - 'Un primo tratto dell'autostrada Sa-Rc e il GRA di Roma dovrebbero essere compresi nella lista delle tratte di strade e autostrade Anas a pedaggio' dall'1 maggio prossimo. Secondo il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri che indichera' la lista delle tratte che saranno a pagamento, dovrebbero essere indicati 'oltre 1.200 km' da sottoporre a pedaggio. 'Saremo senz'altro al di sotto della tariffa media nazionale del settore autostradale'.

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