Articolo di Società cultura e religione, pubblicato domenica 14 novembre 2010 in Svezia.
[Articolo originale "Berlusconi och kvinnorna" di Kristina Kappelin]
[Dagens Nyheter]
Per molti svedesi è impossibile capire come il premier italiano, con le sue gaffe e i suoi passi falsi, possa essere popolare in patria. Mercoledì esce “Berlusconi – l’italiano”, il libro in cui Kristina Kappelin ne cerca una spiegazione – e tra le altre cose la trova nella dittatura della bellezza.
Federica Rossi Gasparrini, presidente dell’organizzazione delle casalinghe italiane Federcasalinghe, mi ha raccontato una volta dello scarso rispetto di Silvio Berlusconi nei confronti delle donne in politica. L’organizzazione, che conta 850 mila membri, subì il corteggiamento di Forza Italia in occasione delle elezioni del 1994 e decise di dare il suo appoggio all’esordiente Berlusconi. “Berlusconi ha promesso di agire in quei settori che più ci stanno a cuore. Ci ha garantito che farà in modo che ogni donna possa scegliere liberamente se lavorare in casa o fuori”, disse la presidentessa in un’intervista del 1994 al Corriere della Sera. Federcasalinghe decise così di mettere i suoi 300 uffici in tutta Italia a disposizione di Forza Italia, contribuendo in modo significativo alla vittoria elettorale.
Federica Rossi Gasparrini diventò deputato parlamentare, e cercò quindi di far mantenere a Berlusconi le sue promesse alle casalinghe. Ad ogni incontro, Berlusconi non risparmiava battutacce. Inizialmente Federica sorrideva un po’ per essere educata, ma col tempo il suo ribrezzo cresceva, finché sentendosi ingannata chiese apertamente se al governo in realtà interessasse qualcosa delle casalinghe e delle loro richieste.
“Certo che ci interessano le casalinghe”, rispose Berlusconi ridendo.
“A patto che abbiano meno di 25 anni e portino la quarta”.
La mia opinione è che la questione che riguarda Berlusconi e il genere femminile sia centrale per comprendere tanto questo bizzarro politico, quanto la società italiana odierna e il modo in cui lui l’ha plasmata. Oggi si usa spesso la condizione delle donne come metro di valutazione della democrazia e dello sviluppo di una società. Da questo punto di vista, l’Italia fa decisamente una pessima figura.
Non è solo colpa di Berlusconi, d’altronde: il maschilismo ha radici profonde e numerosi estimatori in Italia. Questo non toglie che gli si possa rivolgere, a buon diritto, l’accusa di aver riproposto agli uomini italiani la concezione più retrograda della donna, elevandola a norma.
Trascurando il diritto delle donne al lavoro e a servizi sociali funzionanti, Berlusconi fa un grosso sgarbo all’Italia. Finché le donne verranno relegate al ruolo passivo di “delizia per gli occhi” o di lavoratrice gratuita del welfare basato sulla famiglia, una parte importante del potenziale intellettuale ed economico del paese rimarrà inutilizzata. Tenere le donne fuori dal mondo del lavoro frena il benessere, oltre ad essere un fattore che pesa fortemente sulla scarsa natalità. Malgrado l’insistenza di Berlusconi sul fatto che la crisi economica non sia in realtà così grave e malgrado le sue promesse di un futuro scintillante, la sensazione di insicurezza economica è grande e i giovani italiani hanno poca fiducia nel futuro.
Paradossalmente, i voti delle donne sono decisivi per i successi politici di Silvio Berlusconi, ma questo significa anche che le donne possono contribuire alla sua eventuale sconfitta. Un movimento femminile forte, intelligente e dinamico sarebbe probabilmente una delle poche forze nella società davvero in grado di far vacillare Berlusconi. La liberazione delle donne è un terreno totalmente sconosciuto al premier italiano.
L’Italia è uno dei paesi europei con la più bassa rappresentanza femminile in parlamento. Sono donne solo il 21% circa dei membri della camera dei deputati ed il 18% al senato, di fronte a una media del 23% nell’UE e al 45% in Svezia. L’opposizione è più sensibile alle questioni delle pari opportunità rispetto ai partiti di governo e ha più donne tra i suoi deputati. Tuttavia, quando conta davvero, la rappresentanza e le richieste delle donne vengono messe facilmente da parte.
La scarsa presenza femminile nei palazzi del potere è ovviamente una delle ragioni per cui l’Italia non ha mai sviluppato una politica per la famiglia degna di questo nome. L’Italia spende l’1,4% del PIL per bambini, anziani e altri servizi in favore della famiglia, contro il 3% della Svezia. Gli uomini politici italiani, enormemente privilegiati, non si sono mai posti problemi in proposito, dato che non hanno mai dovuto affrontarli personalmente. A casa loro, quelli erano e sono affari delle donne.
Essere madre e lavoratrice è perciò ancora oggi problematico. Delle donne italiane in età lavorativa, solo il 46% aveva un impiego nel 2008, contro una media UE del 53%. Secondo la strategia decisa dai paesi dell’UE a Lisbona nel 2000, il 60% delle donne dovrà avere un lavoro fuori di casa a partire dal 2010. Quest’obiettivo è già stato raggiunto nell’Italia del nord, ma nel complesso il paese dista anni luce dalle peraltro timide ambizioni dell’UE.
Negli anni ’70, le donne italiane combattevano una dura battaglia per ottenere libertà e diritti fondamentali. La forte ondata femminista che attraversò l’antiquata società italiana non produsse tuttavia effetti positivi duraturi. Le donne più anziane non erano pronte per i cambiamenti e di fronte ad un futuro incerto preferirono tenersi quello che avevano. Le più giovani erano in molti casi così ansiose di rompere con i vecchi schemi che finivano col danneggiare i propri figli. I trentenni italiani non hanno perciò una concezione particolarmente positiva del femminismo.
Gli anni ’70 sono stati una decade drammatica sotto tutti gli aspetti. La crisi petrolifera colpì duramente l’Italia, che non possiede praticamente nessuna fonte di energia. La temperatura del mercato del lavoro cresceva a causa dell’aumento della disoccupazione e delle difficoltà economiche. Il partito comunista diventava sempre più forte, spaventando sia gli elettori di destra che gli alleati stranieri. Le tensioni ideologiche portarono così al terrorismo: estremisti di sinistra e di destra seminavano paura e terrore con attentati esplosivi e attacchi sanguinosi contro i nemici della rivoluzione o quelli dell’ordine sociale reazionario. Nel 1978 le Brigate Rosse riuscirono a sequestrare ed uccidere il democristiano Aldo Moro, già primo ministro.
Nello stesso anno, Berlusconi apriva i battenti del piccolo canale via cavo Telemilano58 nel centro residenziale Milano Due. Telemilano venne presto ribattezzata Canale 5 e sarebbe poi diventata il fulcro dell’impero televisivo di “Sua Emittenza”. L’offerta di programmi si incentrava completamente sull’intrattenimento. La violenza politica e la crisi economica degli anni ’70 rimanevano sullo sfondo come un’ombra sinistra e spaventosa: Berlusconi capì che la maggioranza degli italiani volevano pensare ad altro.
Fu in quel momento che la donna passò dal ruolo di partecipante attiva al dibattito sociale a quello di decorazione passiva della crescente programmazione televisiva. Gli ideatori di programmi televisivi di Berlusconi inventarono “la velina”, un tipo di donna che, sulla questione delle pari opportunità, personifica quel gigantesco arretramento caratteristico della società italiana degli ultimi anni. Una velina è una ragazza bella usata come decorazione vivente in ogni tipo di programma. Se è solo carina, come le libellule, muore dopo una stagione. Ma una velina intelligente, ambiziosa e con personalità ha buone possibilità di fare carriera.
Mamme e figlie fanno la fila fuori dagli studi Mediaset quando si cercano nuove veline per i programmi. È uno spettacolo che per certi versi fa pensare a Cappuccetto Rosso e al Lupo, cosa di cui probabilmente tutte le parti in causa sono coscienti. Il fatto è che le speranze delle ragazze e delle madri rispondono ad un bisogno reale: per le giovani donne italiane, le possibilità di realizzarsi nella società italiana sono scarse. Se si ha la fortuna di essere carine e di avere le curve al posto giusto, sarebbe un vero peccato buttare via l’occasione di fare carriera in tivù.
Se la mamma è la Madonna, la velina è la puttana moderna. Tutto molto semplificato, certo, ma questa è ancora la suddivisione fondamentale del genere femminile in Italia. Tutto ciò che vi è in mezzo rimane senza nome. Una donna che lavora non si può catalogare.
Il maschilismo ha radici profonde in Italia e Berlusconi è solo uno dei tanti specialisti del tema. Il partner di governo Umberto Bossi era solito dire che il suo partito Lega Nord “ce l’ha duro”. Anche il metodo berlusconiano di candidare donne giovani, belle e politicamente inesperte alle elezioni parlamentari, europee e locali non è una novità. Molti ricorderanno senz’altro quando la pornostar Cicciolina fece il suo ingresso in parlamento e come convinse caterve di nuovi elettori a votare il piccolo e anticlericale Partito Radicale negli anni ’80. Allora come oggi, le donne e i loro corpi venivano usati per arraffare più voti. Anche l’artista transessuale Vladimir Luxuria, solo pochi anni fa, aumentò l’interesse e l’attenzione intorno al partito Rifondazione Comunista. Gli italiani hanno già visto questo sfruttamento politico, anche se prima si trattava di casi isolati, non di una strategia.
Nel contesto italiano, la concezione della donna di Berlusconi e le sue idee sulle donne in politica non sono perciò così inaudite come lo sarebbero state da noi. Ciò che accresce la sua responsabilità rispetto ai suoi predecessori è il fatto che lui disponga di un potere infinitamente maggiore. Quelle che prima erano astute provocazioni sono diventate un sistema con Berlusconi, che in pratica ha istituzionalizzato il maschilismo italiano soffiando continuamente sul fuoco e rinchiudendo le donne in ciò che la scrittrice Caterina Soffici chiama “dittatura della bellezza”.
Berlusconi è insomma riuscito a trasferire alla politica quelle concezioni femminili retrograde che propone nelle sue televisioni. Promuovendo donne giovani e belle ma politicamente inesperte a importanti ruoli istituzionali nel governo e in parlamento, ha da una parte abbassato il livello della classe politica e dall’altra rafforzato i pregiudizi sull’incapacità delle donne in politica. Per Berlusconi sono utili, perché questo tipo di alleati non crea mai ostacoli, non vota mai contro il governo, è sempre fedele. Ma per la democrazia rappresentativa e per le donne sono una minaccia decisamente maggiore di quanto possa sembrare a prima vista.
”Vorrei appellarmi a tutte le donne italiane: non votate per Silvio Berlusconi, perché ci vede solo in posizione orizzontale, mai quando stiamo in piedi… Un voto per Silvio Berlusconi è il voto più inutile che una donna possa dare”, disse il candidato premier del partito di estrema destra La Destra, Daniela Santanchè, in occasione delle elezioni del 2008. Sembrava un messaggio veramente sentito. Due anni dopo, Berlusconi le ha offerto un posto da sottosegretario. Da allora non si è più espressa in proposito.
Eppure le donne giocano un ruolo importante per i successi politici di Berlusconi, il cui partito Forza Italia, oggi chiamato Popolo della Libertà, ha esercitato sin dall’inizio una forte attrazione sulle donne. Nel 2001, ad esempio, uno studio mostrò che il 44,8% delle casalinghe italiane votava per Berlusconi e che c’era una relazione tra la loro scelta e quanto guardavano la tivù. Rete 4, un canale diretto principalmente ad un pubblico femminile, svolge una propaganda senza mezzi termini per Silvio Berlusconi. In occasione delle europee 2009, il 42,6% delle donne intervistate e il 37,2% degli uomini hanno dichiarato che avrebbero votato per il Popolo della Libertà.
Berlusconi punta anche consapevolmente sulle donne nelle sue campagne elettorali. Quando rilascia un’intervista importante, non di rado viene pubblicata su Chi, l’equivalente italiano del Svensk Damtidning (settimanale che si occupa soprattutto della famiglia reale svedese, n.d.t.), pubblicato dalla casa editrice di Berlusconi, la Mondadori. Alle ultime elezioni, il leader del Popolo della Libertà è apparso anche in programmi mattutini, visti principalmente da donne. Ha invece evitato i talk-show di politica e si è rifiutato di affrontare il suo avversario in un duello televisivo. È nel dialogo rilassato, intimo, “apolitico” con i telespettatori che Silvio Berlusconi raccoglie molti voti femminili. Paradossalmente, queste apparizioni danno l’impressione che Berlusconi veda e ascolti le elettrici, che si interessi proprio di quelle che l’opposizione non degna nemmeno di uno sguardo.
La strategia non funziona solo con le pensionate e le casalinghe con una scolarizzazione bassa: tra i sostenitori più accaniti di Berlusconi ci sono anche donne giovani ed istruite, che spesso hanno ricevuto un’educazione borghese e tradizionale. Credono nei vecchi ruoli di genere, che danno loro sicurezza. Quando si chiede a queste donne come vivono le gaffe sessiste di Berlusconi, la risposta che si riceve è che il premier è solo “galante”, cioè gentile e cortese con l’altro sesso. I suoi scherzi e i suoi complimenti sono un modo di mostrare rispetto ed affetto. “Che cosa c’è di male?” ripetono guardandomi con divertito disprezzo, essendo io una svedese e quindi una sospetta scribacchina sinistroide.
Con Berlusconi, i confini tra la politica e la messa in scena sono diventati sempre più imprecisi. Da quando lui è entrato in politica è sempre più normale che i partiti, non solo il Popolo della Libertà, candidino personaggi della tivù alle elezioni. Il ragionamento celato dietro è ovviamente che un viso noto e benvoluto attira voti indipendentemente dal programma del personaggio in questione o dalla sua esperienza politica. Per quanto riguarda il Popolo della Libertà, tra le prerogative si potrebbe aggiungere anche la bellezza, almeno se si tratta di donne.
Il settore dell’intrattenimento è uno dei pochi in cui uomini e donne sono relativamente parificati. In un paese come l’Italia, molti ritengono perciò che la trasformazione della politica sia un cambiamento positivo, che apre porte alle donne anziché chiuderle. Un tempo la politica era un’attività dura ed intellettuale, praticata da uomini in fumose sezioni di partito. Adesso è invece una specie di scena in cui uomini e donne magistralmente diretti e finemente vestiti recitano la loro parte, declamando battute imparate a memoria. Non c’è bisogno di passare anni distribuendo volantini in piazze ventose o esaminando a fondo ragionamenti astratti. L’unica cosa di cui c’è bisogno sono persone ottimiste ed energiche. Le giovani donne alle quali vengono proposte candidature nel Popolo della Libertà passano per brevissimi corsi di preparazione alla carriera politica, dopodiché le si considera pronte per cominciare a lavorare.
Non c’è bisogno di essere degli esperti per capire che un tale modo di selezionare i rappresentanti di un popolo impoverisce e peggiora la qualità del parlamento. Ma caldeggiando certe candidate Berlusconi si può difendere dall’accusa di non dare alcuna opportunità alle donne in politica. Va da sé che le “ragazze di Berlusconi”, pur non facendo nulla per risolvere la questione delle pari opportunità, ne aumentino però l’illusione.
È un sistema astuto e funziona: molte donne vedono Silvio Berlusconi come un innovatore e un politico che dà spazio alle donne nel suo partito. Ma l’interesse di Berlusconi in donne che fanno politica sembra fermarsi al loro ruolo di delizia per gli occhi.
La legge elettorale introdotta nel 2005 dalla coalizione di destra di allora non ha solo reso più difficile all’opposizione vincere le elezioni imminenti, cosa che era l’obiettivo della legge stessa, ma ha anche peggiorato sensibilmente la situazione delle donne, dato che ha tolto all’elettore la possibilità di scegliere direttamente il candidato indicando un nome. Chi finisce sulle liste elettorali e in che ordine viene deciso oggi dagli onnipotenti uomini leader di partito. Su dieci posti eleggibili, nove sono occupati da uomini. Le donne vengono piazzate così in basso che hanno già perso ancora prima che si tengano le elezioni.
In concomitanza con la nuova legge elettorale, il ministro delle Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo proponeva che almeno il 25% dei candidati sulle liste fossero donne. Se un partito non avesse riservato tale quota alle donne, avrebbe rischiato di subire una detrazione del 10% dei finanziamenti. Nemmeno una riforma così scialba è riuscita a passare: i partiti di governo hanno votato contro il proprio ministro che, come da copione, ha cominciato a piangere.
A volte però una donna viene promossa, almeno quando c’è la raccomandazione di un potente leader. Capita sia a destra che a sinistra. Alle elezioni del 2009 per il parlamento europeo, è improvvisamente spuntato fuori un intero plotone di donne giovani e belle che si candidavano per Il Popolo della Libertà. Berlusconi diceva di voler dare al partito un look fresco e rinnovato.
In brevissimo tempo la stampa scoprì che diverse candidate erano state veline o starlet della tivù. Secondo quanto riferito dai media, una delle papabili parlamentari europee era una rossa mozzafiato, il cui merito principale sembrava essere quello di aver partecipato a un’edizione del Grande Fratello. Un’altra era stata annunciatrice alla RAI e aveva avuto qualche particina in diverse serie televisive. Berlusconi smentiva quelle voci, ma era evidente che le candidature avevano infastidito i politici di professione, sia uomini che donne, che avevano sperato di poter partecipare alle elezioni europee. Le indiscrezioni intanto continuavano, finché improvvisamente, attraverso l’agenzia di stampa ANSA, alle redazioni dei giornali giunse un’energica risposta.
L’Italia è il paese dei paradossi: chi stigmatizzava questa falsa forma di rinnovamento politico definendola “ciarpame senza pudore” era nientemeno che Veronica Lario, moglie di Silvio Berlusconi.
”Che ci siano belle donne nella politica non è un merito né un demerito… Ma quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere, che offende la credibilità di tutte le donne… Qualcuno ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell’imperatore. Condivido, quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere”.
Veronica Lario ha anche voluto chiarire che lei e suoi figli non sono complici di questa situazione, anzi se ne considerano piuttosto vittime.
Il giorno dopo, alle liste elettorali era stata data una pulitina, ma ovviamente non si potevano sacrificare tutte le pin-up, altrimenti poteva sembrare che si riconoscesse la fondatezza delle critiche. È rimasta, ad esempio, l’annunciatrice sexy Barbara Matera, che adesso dà lustro all’assemblea plenaria di Bruxelles e Strasburgo a spese dei contribuenti italiani. Stando a quanto si afferma sui quotidiani italiani, è “bravissima”, si veste pudicamente con begli abiti ed eleganti camicette, è molto colta ed ha una presenza superiore al 90%. In questo modo si ritiene che ogni dubbio sull’opportunità di eleggere Barbara Matera al parlamento europeo debba svanire.
Anche le donne ministro del governo sembrano essere scelte secondo criteri estetici. Assegnare a Mara Carfagna il posto di ministro per le Pari Opportunità è una chiara indicazione della scarsa importanza data a questo ministero da parte di Berlusconi e del suo governo.
Com’era prevedibile, anche Mara Carfagna viene dalla tivù, dove in abiti succinti faceva l’assistente di un presentatore. Si è anche fatta notare in un calendario, e Berlusconi ha affermato in diverse occasioni di avere un debole per lei.
Ciò che invece non sopporta sono le donne autorevoli e senza peli sulla lingua. Lo scambio di opinioni nel 2009 tra Berlusconi e Rosy Bindi, presidente del maggior partito di opposizione (PD), ne è un ottimo esempio, che oltretutto ha avuto un’eco enorme sia in Italia che all’estero. Rosy Bindi partecipava al talk-show “Porta a porta” dopo che la corte costituzionale aveva rigettato il tentativo del governo di introdurre una legge di immunità per alcune cariche dello stato, tra cui quella di presidente del consiglio. Berlusconi sferrava attacchi al vetriolo in tutte le direzioni, e la Bindi lo criticava accusandolo di non rispettare le istituzioni democratiche.
Berlusconi, in collegamente telefonico, interruppe la parlamentare dicendo: “Sento parlare la signora Bindi, come al solito è più bella che intelligente”. Il conduttore, Bruno Vespa, faticava a dissimulare un ghigno malizioso (Rosy Bindi è considerata brutta). Il solo fatto di chiamarla “signora” era del resto già un insulto, dato che per i parlamentari italiani viene normalmente usato il termine “onorevole” e i titoli in Italia sono molto importanti.
Pochi secondi dopo, una volta mandato giù l’affronto subito, Rosy Bindi disse: “Signor presidente del consiglio, io non sono una donna a sua disposizione”. La traduzione può sembrare criptica, ma il fatto è che l’affermazione arrivava solo alcuni mesi dopo le rivelazioni sulle feste con prostitute nella residenza del premier. Rosy Bindi intendeva puntualizzare che Berlusconi non poteva arrogarsi il diritto di giudicarla per il semplice fatto che lei è una donna. La Bindi ha insomma preso le distanze dalla concezione di Berlusconi che pensa di poter trattare l’Italia, gli italiani ed il parlamento come fossero di sua proprietà.
La reazione portò ad un’ondata di solidarietà per Rosy Bindi: per la prima volta dopo tanto tempo, le donne italiane sembravano reagire contro il maschilismo in politica. Persino il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, disse che il commento del premier era stato inopportuno, lamentando però che non veniva mostrata la stessa solidarietà alle donne di destra quando si trovavano in situazioni simili. Dal ministro per le Pari opportunità non sono invece pervenuti commenti. La Bindi ha poi precisato di non essere mai stata femminista, ma che adesso era arrivato il momento di sollevare la questione della parità tra i sessi. Il corpo della donna, ha detto, viene usato come strumento del potere. “Forse è sempre stato così. La differenza è che mentre prima cercavano di nasconderlo, adesso se ne vantano.”
Sei mesi prima, Silvio Berlusconi era stato coinvolto in affari estremamente imbarazzanti. Il primo riguardava una sconosciuta ragazzina diciottenne di Napoli, Noemi Letizia: un giorno di aprile, i giornali scrissero che Berlusconi era apparso come ospite a sorpresa alla sua festa di compleanno. La ragazza aveva ricevuto una collana d’oro con una cascata di brillanti da parte del presidente del consiglio. Nella sua prima intervista, la giovane protagonista del dramma mostrava una sincerità disarmante.
“Io lo chiamo papi, per me è come se fosse un secondo padre…Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Poi, cantiamo assieme… Papi fa tanto per il popolo. È il politico numero uno. Non dorme mai. Io non riuscirei a fare la sua stessa vita. Quando vado da lui ha sempre la scrivania sommersa dalle carte. Dice che vorrebbe mettersi su una barca per dedicarsi alla lettura. Talvolta è deluso dal fatto che viene giudicato male.”
Alla domanda se pensasse di presentarsi alle imminenti elezioni regionali, rispose: No, preferisco candidarmi alla Camera. Ci penserà Papi Silvio…”
Berlusconi negò tutto e disse di conoscere da tanto tempo il padre della ragazza, di qui la relazione. Le rivelazioni su Noemi convinsero però definitivamente la moglie di Berlusconi a chiedere il divorzio. “Non posso vivere con un uomo che frequenta minorenni… Mio marito è malato e ha bisogno di aiuto.”
Poco tempo dopo lo scandalo di Noemi sono arrivate altre rivelazioni, che hanno offerto un’immagine piuttosto sordida della vita privata del presidente del consiglio. Si è venuto a sapere che Berlusconi dava feste stile harem nella sua residenza privata di Roma, a Palazzo Grazioli. Le ospiti le portava un giovane imprenditore che Berlusconi aveva conosciuto in Sardegna. Diverse di loro erano prostitute e una di loro ha poi raccontato pubblicamente le sue esperienze sessuali con Berlusconi, addirittura registrando parti delle loro conversazioni a letto. Due donne si sono fotografate in un bagno di Palazzo Grazioli, un ricordo con cui avrebbero potuto dimostrare ad altri di essere veramente state lì. Le immagini hanno portato ad una satira dal nome “Lost in WC” all’interno di un programma umoristico sul canale di sinistra RAI 3.
I resoconti delle invitate alle feste descrivono un uomo egocentrico e solo. A volte c’erano anche altri uomini, altre volte le donne erano sole con Berlusconi. I festeggiamenti cominciavano con le ospiti obbligate a guardare interminabili film in cui Berlusconi appariva in compagnia dei leader più potenti del mondo, dopodiché si cantava in coro, tra gli altri classici l’inno del Popolo della Libertà, “Meno male che Silvio c’è”. Si ballava e si ascoltavano i lunghissimi monologhi di Berlusconi. Una donna ha raccontato anche di giochi sessuali. Come ringraziamento per la loro presenza, le ospiti ricevevano dal premier gioielli, quasi sempre farfalle di forme e colori diversi. Al momento non ci sono prove del fatto che Berlusconi pagasse le donne per sesso: era l’imprenditore amico loro ad occuparsi dei soldi.
La tempesta sessuale è andata avanti per diversi mesi, in primavera ed estate, ma come al solito la bomba non è scoppiata. Ha crepitato un po’, ma poi alla fine ha emesso solo un misero fruscio.
Una serie di scandali che in molti paesi avrebbe portato alle immediate dimissioni del politico in questione è velocemente affondata nella coscienza degli italiani come l’acqua nel fondo di caffè. Stesso discorso per la questione Bindi: l’infervorato sentimento di indignazione si è placato e tutto è tornato alla normalità.
Per qualche strana ragione, l’ovvia domanda non ha ancora ottenuto una risposta convincente. Perché le italiane non reagiscono contro questa umiliazione istituzionalizzata, contro questa anacronistica oppressione? D’altronde il discorso vale anche per gli uomini: un uomo moderno dovrebbe sentirsi offeso tanto quanto una donna da un presidente del consiglio che si comporta come Berlusconi.
Ma dopo sedici anni di controversie, abusi di potere, scandali e di una sempre più evidente mescolanza tra la vita privata e quella pubblica di Silvio Berlusconi, gli italiani hanno smesso di indignarsi. Leggi fatte per salvare il premier dai suoi guai con la giustizia, amiconi e amichette di Berlusconi promossi a deputato e ministro, persino le relazioni internazionali del paese sono basate principalmente sui legami di amicizia personali di Berlusconi.
Tutto ciò era nuovo, ma col tempo è diventato vecchio e radicato. Ciò che dieci anni fa faceva indignare è oggi pane quotidiano. Gli scandali esplodono e si placano, il resto lo fa un’informazione fuorviante e la propaganda. Si è fatta strada una specie di rassegnata stanchezza. Un’alzata di spalle e avanti con la propria vita. Crescono il cinismo e il disprezzo per i politici. Niente sorprende più, e reagire non serve a niente.
Berlusconi parla di rinnovamento e riforme, ma la sensazione che in Italia non si possa cambiare niente è più forte che mai. Le disparità sono così profonde che i diversi gruppi sociali non riescono a instaurare un dialogo costruttivo. Due di questi gruppi sono gli uomini e le donne.
Quando avverrà un cambiamento? I politici dell’opposizione non perdono quasi mai l’occasione di commentare le affermazioni machiste di Berlusconi esprimendo la propria preoccupazione per questo maschilismo galoppante. Ma, ad essere onesti, si tratta quasi sempre di prese di distanza e niente più. Oggi in Italia non esiste un movimento femminile degno di questo nome, ma solo un gruppo di femministe di mezz’età piuttosto stanche, che pensano di aver fatto la loro parte. Qualche tempo fa, intervistando la scrittrice e femminista Lidia Ravera, le ho fatto la dolorosa domanda: “Perché le donne non reagiscono?”
“Per noi vecchie è troppo tardi, abbiamo già dato. E le giovani – ha aggiunto – non si rendono conto delle battaglie che sono state necessarie per arrivare dove ci troviamo oggi”.
Fonte:
http://italiadallestero.info/archives/10514
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