sabato 27 novembre 2010

Emergenza in carcere


Articolo di Giustizia, pubblicato sabato 6 novembre 2010 in Germania.
[Sueddeutsche Zeitung]
Le prigioni italiane sono disperatamente sovraffollate, gli agenti di custodia e i detenuti si ammalano – e qualcuno muore pure.
Il direttore Claudio Piccari offre con orgoglio il corposo vino rosso. Si chiama “Le sette mandate”. Come il “Recluso”, con le grate stilizzate sull’etichetta, proviene dalla cantina del carcere di Velletri, nel Lazio. Le viti crescono sulle terre vicino al carcere, una catena di supermercati vende il vino. Tutto ciò sembra un nuovo sistema di detenzione.Eppure Velletri è afflitto dagli stessi problemi di cui soffrono gli altri 206 istituti di pena presenti in Italia e per tutti loro è scattato lo stato di emergenza.
I penitenziari sono sovraffollati: in totale ci sarebbe posto solo per 44’612 detenuti, in realtà ne contengono ben 68’527. Ciò significa che in media per ogni 100 posti disponibili le carceri ospitano in realtà 152 detenuti, quando la media europea è di 107. Troppi detenuti da un lato e poche guardie dall’altro, con conseguenze negative per tutti. “Siamo in una fase critica” dice Franco Ionta, capo della polizia giudiziaria e commissario per lo stato di emergenza nelle carceri. “Il sistema è al limite della sopportazione“. Nel suo nuovo report l’organizzazione Antigone constata che nelle prigioni sovraffollate hanno la meglio condizioni illegali. Dal 1998 e per conto del ministero della giustizia Antigone osserva l’andamento delle pene detentive. “Ci sono prigioni in cui il detenuto vive in meno di 3 metri quadrati” dice Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Antigone ha contato 1300 ricorsi alla Corte Europea riguardanti l’articolo 3 della convenzione sui diritti dell’uomo: il divieto a punizioni umilianti o inumane.
La morte di Simone L. nel carcere romano di Regina Coeli ha recentemente destato attenzione: il ragazzo alla fine pesava 45 kg per 180 cm. Soffriva di problemi psichici. Era stato arrestato per piccoli reati di droga, ma non era stato condannato. Ora si indaga sul motivo per cui non abbia ricevuto sufficienti cure mediche. Un altro grosso caso è stato quello di Stefano C. Dopo soli 6 giorni di detenzione a Regina Coeli, anch’egli per piccoli reati di droga, è stato trovato morto. Secondo le indagini, sarebbe stato maltrattato e malamente assistito.
Potrebbe trattarsi di casi estremi, forse, ma il sovraffollamento delle carceri ne favorisce alcuni. Anche i suicidi fanno riflettere. Nel 2009, si sono uccisi 72 detenuti; nei primi 9 mesi di quest’anno sono 55. A Velletri la situazione è meno drammatica, ma l’assistente del direttore afferma che ogni giorno succede qualcosa. Dal tetto dell’ala centrale si vedono appese a tutte le celle magliette colorate, scarpe, asciugamani. Il motivo per il quale i detenuti le mettano lì, è evidente dando uno sguardo nella cella. Nei 10 metri quadrati di spazio si trovano 2 letti di ferro, un paio di sedie, un tavolino e un cucinino. Dove sono rinchiusi due detenuti, dovrebbe essercene solo uno. Il sorvegliante capo ammette che, fortunatamente, le celle non sono più alte altrimenti sarebbero stati montati letti a castello per far posto ad altre persone. L’edificio è stato progettato per accogliere 250 persone, ma ne ospita, in realtà, 380.
La prigione non ospita solo mafiosi o criminali: questi sono solo una piccola parte. 30’000 detenuti non sono stati condannati o non lo sono ancora in via definitiva, un record in Europa. I processi possono durare anni. Secondo stime, la metà dei prigionieri viene assolta. 28’154 persone sono in carcere per reati legati alla droga. Sono così tanti perché, da qualche anno, non c’è differenza tra essere in possesso di droga pesante o leggera. C’è un continuo via vai di gente, che vengono arrestate per reati di poco conto e rilasciate poco dopo e che intasa le case circondariali. Lo stesso commissario Ionta afferma che determinati reati dovrebbero essere depenalizzati e i processi velocizzati.
Questi spera nella parità del sistema giudiziario all’interno dell’Unione Europea. Se le sentenze vengono reciprocamente legittimate, i detenuti possono scontare la pena nel paese d’origine. Un terzo abbondante dei detenuti è straniero, ma non tutti provengono da paesi della comunità europea. Il commissario speciale afferma che il governo ha introdotto dei provvedimenti per la stabilizzazione del sistema carcerario, ma non ha voluto dichiarare di aver ricevuto soldi dal governo. L’ anno scorso il ministro della giustizia Alfano ha annunciato la costruzione di 24 nuove carceri e ha promesso 2000 funzionari in più. Dovrebbero essere testate anche delle alternative al carcere, come gli arresti domiciliari, ma gli addetti ai lavori fanno sapere che la spesa derivante dai controlli sarebbe troppo elevata. Il ministro della giustizia ha parlato all’inizio di 1,4 miliardi di euro da destinare al progetto, poi di 600 milioni in quanto il bilancio statale si è stato notevolmente ridotto. In ogni caso, anche se venissero confermati gli stanziamenti per le nuove costruzioni, queste saranno pronte solo tra qualche anno.
Nel frattempo crescono emergenze e assurdità. Vicino all’istituto di Velletri c’è una costruzione quasi identica, un carcere nuovo di zecca. Il direttore Piccardi spera che non entri in funzione. Non c’è personale. 40 celle sono vuote, senza motivo apparente. Vuota è anche la maggior parte della giornata dei detenuti. Mentre in Germania il 90% dei detenuti lavora, in Italia la percentuale è solo del 10%. Il reinserimento nella società è, quindi, più difficile. Questo perché c’è un continuo via vai dei detenuti: non vale la pena reinserirli. Ci sono però altri motivi. All’istituto di Velletri, oltre la cantina per la produzione di vino, c’è anche una serra per la coltivazione dei funghi che, però, non viene utilizzata e in cui marciscono piante di pomodoro. Non ci sono abbastanza funzionari che possano controllare questi posti. Per i datori di lavoro, i detenuti non sono considerati una forza lavoro conveniente. Ricevono la paga base e costano come dei normali lavoratori. La produzione vinicola a Velletri dà lavoro solo da 4 a 8 detenuti, e’ cosi’ lavorano solo circa 35 persone, soprattutto in campagna, su 380.
Noia e sovraffollamento rendono i detenuti più aggressivi sia tra loro che con i loro sorveglianti. Giovanni Battista De Blasis, segretario del sindacato Sappe, definisce la condizione dell’istituto esplosiva. Sappe, con 15’000 aderenti, è il più grande sindacato della polizia penitenziaria/ Lo stress dei 38’000 sorveglianti si riflette in una indennità di malattia del 30 per cento, dice De Blasis. Molti di loro richiedono il pensionamento anticipato. Per coloro che possono essere sostituiti velocemente, la formazione professionale viene ridotta. Andrea Quattrocchi, comandante della polizia giudiziaria di Velletri, è in servizio da 36 anni. Il siciliano sembra tranquillo, ma ora che tra qualche giorno andrà regolarmente in pensione, dice: “Per prima cosa devo disintossicarmi da tutto ciò che ho vissuto qui”. Dal 2001 il numero dei funzionari è diminuito di 6000 unità, attualmente è in servizio un funzionario per ogni 80-90 detenuti. Il sindacato Sappe fa sapere che mancano almeno 7000 poliziotti giudiziari, i quali vengono addestrati anche per l’uso di armi nei centri di formazione come quello di via Aurelia poco fuori Roma. Lì si possono vedere poliziotti che si allenano nel corpo a corpo con manganelli e scudi per essere pronti in caso di manifestazioni e rivolte.
Anche il Gruppo Operativo Mobile (GOM) ha qui la sua base, un’unità speciale di 600 uomini. Sorvegliano i boss mafiosi che si trovano nell’ala di massima sicurezza, scortano giudici che hanno ricevuto minacce di morte. Il loro lavoro è duro. Al massimo ogni sei mesi vengono sostituiti per evitare minacce o tentativi di corruzione. Il personale del GOM guadagna sui 1300 euro mensili, non più degli altri funzionari. I loro colleghi tedeschi guadagnano in media 2000 euro. Il segretario della Sappe, Donato Capece, ha scritte in faccia tutte le preoccupazioni. Afferma che non solo i detenuti, ma anche i funzionari hanno dovuto assuefarsi a questi disservizi. Vengono loro chiesti grossi sacrifici. Recentemente si è lamentato con il ministro della giustizia e con Ionta perchè alle promesse non sono subentrati i fatti: né aumenti di stipendio, né formazione, né riconoscimento per il contributo dato alla polizia giudiziaria per la loro sicurezza.
Il giurista e presidente di Antigone, Gonnella, è stato lui stesso un direttore di carceri. Conosce gli inconvenienti che derivano da un reinserimento in società troppo rapido o il problema degli istituti di cura che restano mezzi vuoti, mentre i tossicodipendenti affollano le carceri. Crede che al commissario Ionta manchi la copertura politica per rispondere alle emergenze, quella che ha permesso di costruire in Germania dei container per ovviare il problema dell’emergenza posti. Da qui si evincerebbe che in Italia i diritti umani non vengono considerati. Gonnella ricorda come qui, lo sconto della pena, funzionasse bene fino agli anni 90; invece, dalla fine del vecchio sistema partitico in cui attacchi arrivavano sia dai cattolici che dalla sinistra, il tema delle carceri non attrae più i politici, perché molte persone credono che in tempi difficili ci siano cose più importanti da finanziare prima delle carceri.
[Articolo originale "Not im Knast" di Andrea Bachstein]
Fonte: http://italiadallestero.info/archives/10449

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