sabato 27 novembre 2010

L'ITALIA RESTA UNA PIATTAFORMA STRATEGICA


di Raffaele Bonanni
INTERVENTO. L`Italia resta una piattaforma strategica.

Diventato segretario della Cisl, il problema della salvezza e del rilancio della Fiat è diventato questione a cui non potevo sottrarmi. La prima difficoltà con cui ho dovuto fare i conti è stata quella dello stabilimento di Termini Imerese, realtà produttiva che raccoglie lavoratori di ottimo livello professionale ma che, dovendo usare componenti che arrivano da Melfi o da Torino, non ha possibilità di essere gestita in modo puramente economico: fino agli anni Duemila era vissuta solo grazie alla politica di sostegno dello Stato, ma tale "politica" era arrivata al capolinea a causa del disavanzo pubblico accumulato. Proprio questo Marchionne spiegò alle tre confederazioni in un incontro sull`argomento nel 2007: l`alternativa alla chiusura consisteva solo nel costruire uno stabilimento di produzione di componentistica a fianco della produzione di auto e i costi di questo progetto variavano tra il miliardo e novecento milioni di euro e i due. Di questa cifra il Lingotto poteva farsi carico al massimo per circa un miliardo e duecento milioni. Senza questo investimento lo stabilimento non aveva futuro. Ci mettemmo al lavoro per cercare quei seicentoseicentocinquanta milioni di euro che servivano a completare l`intervento.
L`allora presidente della Regione Sicilia sostenne che poteva trovare nei suoi bilanci trecentotrecentocinquanta milioni.
Ne parlai con il presidente del Senato Franco Marini e con Sergio D`Antoni, che era viceministro dello Sviluppo, ed entrambi erano convinti sostenitori dell`operazione Termini, che avrebbe comportato la stabilizzazione di quel sito e il raddoppio dei livelli occupazionali esistenti. E successivamente ne parlammo anche con Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell`Economia, ma dalle stanche finanze dello Stato già da allora non si recuperavano che centocentocinquanta milioni di euro.
Troppo poco per un rilancio dell`investimento Fiat in Sicilia.
L`alternativa per la Fiat divenne dunque potenziare lo stabilimento di Pomigliano,, d`Arco (mentre per Termini Imerese vi sono, dal 2010, meno di due anni di tempo per organizzare una vera soluzione produttiva alternativa per cui vi sono diverse carte da giocare, grazie all`ottima professionalità dei lavoratori e alla posizione strategica dello stabilimento rispetto al Sud del Mediterraneo).
E evidente come la strategia industriale della Fiat abbia bisogno di un grande stabilimento nel Mezzogiorno collegato a un porto per essere presente sul mercato nordafricano, che nel prossimo periodo non è prevedibile si doti di propri impianti di produzione automobilistica. Su Pomigliano Marchionne aveva espresso le sue preoccupazioni, impegnandosi anche a chiudere gli stabilimenti per tre mesi pur mantenendo il vantaggio della paga piena per riconvertire con la formazione gli operai e prepararli alla fase di rilancio. Quando l`amministratore delegato del Lingotto fece questa proposta, la Fiom sollevò qualche obiezione, successivamente superata, ma questo mi fece capire subito quanto sarebbe stato difficile il rilancio di quello stabilimento. Ma come, dissi, pagano interamente il riaddestramento e ci lamentiamo? Questo è il quadro che caratterizza l`ultimo accordo di Pomigliano, che va valutato nel suo contesto.
È evidente come la Fiat non si muova per pura generosità: sviluppare la produzione nel nostro Paese secondo il progetto Fabbrica Italia che dovrebbe prevedere l`investimento di venti miliardi di euro risponde a diversi obiettivi strategici. Mantenere una produzione di grande qualità che ha consentito alla Fiat di essere competitiva nell`operazione Chrysler, consolidare un mercato tricolore che pur molto diminuito (oggi è il mercato brasiliano quello che, considerandole vendite di auto percentualmente rispetto alla popolazione, vede primeggiare i prodotti Fiat) resta comunque ricco e invitante, e infine usare una penisola che - come si diceva un tempo costituisce una naturale piattaforma per arrivare in tutto il Mediterraneo.
Vi è dunque una base oggettiva per costruire accordi con il management Fiat, naturalmente senza dimenticare come sia finita l`era dell`assistenzialismo e come, se messo alle strette, inchiodato a diseconomicità ingovernabili, l`attuale gruppo Fiat abbia diverse vie di ritirata nel mondo: a partire da Serbia e Polonia per arrivare a Detroit e Belo Horizonte.
asterisco.
Questo tizio le spara grosse, ed infine minaccia pure.
Rileggete le frasi cardini, attentamente:
-      La prima difficoltà con cui ho dovuto fare i conti è stata quella dello stabilimento di Termini Imerese, realtà produttiva che raccoglie lavoratori di ottimo livello professionale ma che, dovendo usare componenti che arrivano da Melfi o da Torino, non ha possibilità di essere gestita in modo puramente economico…..
Mi scusi, emerito sindacalista, ma perche' giustifica il fallimento manageriale degli uomini Fiat? Perche' di questo – in fondo – si tratta. Perche' quelli di Torino hanno investito a Termini Imerese, forse per via della ricetta medica? O perche' volevano guadagnarci? Se lo hanno fatto per motivi diversi dai profitti, son fatti loro, hanno sbagliato. La storiella della componenstistica la vada a vendere ai nesci, non regge, nenche con le stampelle. Gli sbagli interni alla Fiat sono errori interni della Fiat, non della comunita'.
-       ….fino agli anni Duemila era vissuta solo grazie alla politica di sostegno dello Stato, ma tale "politica" era arrivata al capolinea a causa del disavanzo pubblico accumulato.
Ma a chi vuole prendere per i fondelli? Ci vuol dar da bere che quello stabilimento e' il frutto – esclusivamente – di una elemosina assistenziale. Da parte di chi, della Fiat? Per favore, lasci perdere.
-      Di questa cifra il Lingotto poteva farsi carico al massimo per circa un miliardo e duecento milioni. Senza questo investimento lo stabilimento non aveva futuro.
Perfetto, degna chiosa di un'affabulazione per scimmiette ammaestrate.
-      Ci mettemmo al lavoro per cercare quei seicentoseicentocinquanta milioni di euro che servivano a completare l`intervento.
Si, certo, soldi pubblici. Da stornare dal capitolo Mezzogiorno.
-      Ma come, dissi, pagano interamente il riaddestramento e ci lamentiamo?
Ma si, Lei e' proprio un buon pater familias, comprensivo, come si fa a non riconoscere gli indubbi meriti sociali della sorella Fiat?
-      se messo alle strette, inchiodato a diseconomicità ingovernabili, l`attuale gruppo Fiat abbia diverse vie di ritirata nel mondo: a partire da Serbia e Polonia per arrivare a Detroit e Belo Horizonte.
Be', Lei, in quanto a mafiosita', fa proprio pena. Stia attento, Lei sbraga. Fiat lux.

Da "IL SOLE 24 ORE" di sabato 27 novembre 2010

Nessun commento: