GIORGIO BOCCA – l’Espresso
II lamento meridionalista si rinnova.
Era il 1990 quando Rino Nicolosi, presidente della Regione Sicilia, disse: "Sappiamo in molti qui al Sud che siamo ormai vicini al punto del non ritorno posto dai nostri problemi irrisolti». Ribadito oggi dall'attuale presidente Raffaele Lombardo. Intanto presso Napoli i dimostranti contro i rifiuti nella discarica di Terzigno bruciano la bandiera nazionale. Ritorna la vecchia scoria del Nord ricco e industriale che sfrutta il Sud povero agricolo e lo depreda dal poco di benessere che aveva raggiunto. Facendo eco alla lunga campagna meridionalista durata per tutta l'Italia unita che, accanto a buoni e ragionevoli argomenti, allinea le lamentele di comodo e oggi di nuovo di moda. La Sicilia e il Sud ricchi depredati dai nordisti, come sostiene Lombardo, e’ in buona pane un'invenzione demagogica. Il Sud e la Sicilia del regno borbonico, liberati o conquistati da Garibaldi, ricchi e progrediti certamente non lo erano. Il Sud e’ povero da secoli e lo e’ ancora. Due capitali popolatissime. Napoli e Palermo, e attorno migliaia di villaggi poveri, inospitali, dimenticati. Le differenze con il Nord nell'anno dell'unita’ enormi, a cominciare i dalle strade: al Nord 67 mila chilomerri, al ; Sud 15 mila. Quando il presidente Berlusconi annuncia in Parlamento che in breve! Risolvera’ il problema dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria l'assemblea ride e rumoreggia, perché tutti sanno che e’ sempre in costruzione o riparazione. Il Sud viene definito "uno sfascio pendolo " in perenne frana. Ci sono paesi, si legge in una cronaca di fine Ottocento, dove una lettera messa alle poste a Castrovillari impiega ad arrivare due volte il tempo che da Londra o da Parigi. Neanche un chilometro di ferrovia sotto Salerno nell'anno dell'unita’, il 90 percento di analfabeti in Sardegna, l'89 in Sicilia, l'86 in Calabria e in Campania. Egregio onorevole Lombardo, ci voleva un bei coraggio da parre di un Nord che lei definisce predone e oppressivo a prendere sulle broccia un simile fardello? Quante volte il meridionalismo onirico ci ha raccontato come lei che l'industria del Sud era fiorente e che fu sacrificata al Nord. Le industrie tessili del Sud non vendevano una pezza sul mercato europeo, l'arsenale dei Borboni era certamente per l'epoca un grande complesso industriale, con piu’ di mille operai che producevano navi, locomotive, cannoni e macchine, ma fuori mercato, destinato a fallire gia’ nel 1870. Scrive lo storico Carlo De Cesare: "L'industria napoletana era armonica ma immobilista e senza prospettive. Le campagne separate dalla capitale con scarsissime comunicazioni, un livello culturale infimo, debolissime attrezzature civili". Un altro luogo comune e che nel Sud la rivoluzione agraria falli per colpa del capitalismo nordista. Ma a dire il vero le condizioni dell'agricoltura meridionale erano pessime e cosi ne scriveva in francese Fulchignon: O il latitondo o contadini cosi’ poveri e ignorano da non porer diventare imprenditori. Si accontentano di piantare qualche ulivo o qualche gelso e vivono in condizioni bestiali». I movimenti secessionisti meridionali che copiano quello leghista sono insensati. La crisi del mondo contemporaneo e’ altra, di essere senza governo, di affidare solo agli appetiti del capitalismo la programmazione della produzione e dei consumi, di non capire che questo andare verso il futuro in ordine sparso in affannosa caotica lotta per accaparrarsi i mercati nuovi abbandonando i vecchi porta soltanto al generale disastro.
25/11/10 11.35
Fonte: http://tweb.interno.it/
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