Le telematiche potranno riconvertirsi in atenei tradizionali
di Giampaolo Cerri
Il ministro che più di ogni altro nella storia dell'università si è battuto contro la proliferazione degli atenei, fino farne un mantra politico, rischia di produrne di nuovi. Lo prevede infatti il Decreto ministeriale per la programmazione 2010-2012, il cui schema è stato da poco trasmesso il 27 ottobre agli organi consultivi (Conferenza dei rettori-Crui, Consiglio nazionale degli studenti, Cnsu e Consiglio universitario nazionale-Cun) per il necessario parere.
Nel documento, che ItaliaOggi ha potuto consultare e che sarà approfondito da CampusPRO (online il prossimo 22 novembre su www.campus.it), viene infatti inserita la possibilità di convertire le università telematiche in atenei tradizionali. Il Decreto di programmazione, previsto per dalle legge 43/2005, è il documento con cui, di triennio in triennio, chi ha la responsabilità politica dell'università stabilisce obiettivi strategici e criteri generali operativi entro i quali gli atenei, provvisti di autonomia, possono muoversi. In genere, è anche provvisto di un finanziamento ad incentivarne l'applicane. Scorrendone lo schema, all'articolo 4 si richiama la possibilità di «fusioni e federazioni di università statali», al fine, si può leggere, «di migliorarne l'efficienze e la qualità didattica e di ottimizzare l'utilizzazione delle strutture». Ancora più in coerenza col pensiero gelminiano l'articolo 5, con cui si precisa «che non si dà luogo all'istituzione dei nuove università statali». È all'articolo 6 che, di colpo, il rigore del ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini,sembra entrare in crisi. Laddove si parla di «Nuove università non statali», il decreto comincia a contemplare qualche possibilità. Si prevede infatti, al punto “a”, l'istituzione di nuovi atenei privati «che prevedano corsi di laurea (...) in lingua inglese, rivolti anche a studenti extracomunitari, finalizzati a soddisfare i fabbisogni formativi del mondo del lavoro». Stessa possibilità, al punto “b” per le «filiazioni italiane di università straniere», a condizione che i titoli rilasciati siano in linea con le nostre norme. Ma è al punto “c” che la Gelmini dura e pura della prima ora diventa, politicamente, l'ombra di se stessa. Vi si può infatti leggere, in una sintassi e una punteggiatura così incerte da sfiorare l'arcano, che «nelle prospettive del potenziamento della formazione a distanza presso le università non telematiche, la trasformazione delle università non statali telematiche esistenti in università non statali (non telematiche), su proposta delle interessate». Come la rottamazione degli atenei online e la loro riconversione in tradizionali possa potenziare la formazione a distanza è un mistero, ma il documento stabilisce invece, in un allegato, quali saranno le condizioni: basterà adeguare statuto e regolamento, («senza aumentare i corsi di laurea», stabilisce il decreto come in un sussulto) e produrre relazioni sulla didattica, un piano di fattibilità finanziaria e di reclutamento e indicare le risorse edilizie disponibili. Le università riconvertite, come le altre private, potranno anche beneficiare di una quota di finaziamento statale (69 milioni nel 2010). Ma quale degli 11 atenei telematici esistenti potrebbe candidarsi – e forse informalmente l'ha già fatto – a convertirsi in università tradizionale? Secondo fonti ministeriali che voglio restare anonime, sul trampolino di lancio c'è eCampus, l'ateneo fondato da Francesco Polidori, patron di Cepu, gigante della ripetizione scolastica e dell'assistenza universitaria. L'ateneo di Novedrate (Como) – l'unica telematica accreditata malgrado il parere contrario del Comitato nazionale di valutazione-Cnsvu e del Cun – proprio alla vigilia di una difficoltosa verifica delle proprie strutture da parte degli esperti ministeriali – sta tentando il grande balzo. Mr. Cepu, che con le sue 120 agenzie, che gli fanno sfiorare i 100 milioni di fatturato annuo, da settembre, sta vendendo la Formula College, che vede studenti di lauree a distanza a convitto nel campus di Novedrate, seguiti da tutor didattici, per poi sostenere gli esami in presenza con professori di ruolo in altri atenei ma lautamente pagati per fare i supplenti a eCampus. Pareva una scena di Ionesco, padre del teatro dell'assurdo, e invece erano probabilmente prove tecniche di università.Polidori, che a fine luglio si era candidato a riorganizzare la militanza del Pdl in un incontro a Palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi, conferma di prediligere i fine legislatura: come in quel gennaio 2006, quando Letizia Moratti accreditò eCampus, anche oggi ci si muove a camere quasi sciolte.
Fonte:
http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1687292&codiciTestate=1&sez=hgiornali
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