venerdì 31 dicembre 2010

Reggio Emilia vive al di sopra delle sue possibilità

Il 20% dei reggiani in età lavorativa è disoccupato, 8mila i minori in difficoltà. E' il segno delle difficoltà nelle quali si dibatte la provincia di Reggio che, secondo la Camera di commercio, vive al di sopra della proprie possibilità.


REGGIO. La nostra è ancora una provincia solida ma sempre più vulnerabile. E' l'immagine scaturita dal seminario dell'«Osservatorio economico, coesione sociale, legalità» promosso dalla Camera di commercio con Provincia, Comune di Reggio Emilia, associazioni d'impresa, organizzazioni sindacali e dei consumatori, componenti del terzo settore. L'indagine sulla coesione sociale della provincia reggiana è stato curato da Gino Mazzoli con la collaborazione di Matteo Rinaldini e Francesca Mattioli, ricercatori all'Università degli Studi di Modena e Reggio. Il Report analizza il territorio nelle varie componenti. Non è solo la classica osservazione degli aspetti economici ma anche un approfondimento sul fronte delle persone.

L'EVOLUZIONE. Il quadro che emerge conferma l'immagine di una provincia ancora solida sul piano dell'economia, dei servizi di welfare e della società civile, ma mostra anche il fenomeno di un'evoluzione demografico-migratoria di proporzioni uniche non solo in Italia ma in tutta Europa.

IMMIGRAZIONE. Fra il 2003 e il 2008, in soli cinque anni, la popolazione è cresciuta di 46.000 abitanti, e tra il 2000 e il 2009 ha avuto un ricambio di più di 460.000 abitanti; l'equivalente dell'intera popolazione. All'inizio del 2010 gli stranieri erano 64.512, il 12,3% dei residenti, una delle percentuali più alte d'Italia. Rappresentano 136 nazionalità - record nazionale - concentrate al 60% in 6 nazioni: Marocco, Albania, India, Pakistan, Cina e Romania. Un nato su 5 a Reggio Emilia è straniero. Di conseguenza nelle scuole si registrano percentuali crescenti di studenti stranieri: nel 2009 erano 6.910, il 15,2% del totale degli studenti, con punte del 24% nelle scuole d'infanzia statali e quasi il 40% a Luzzara.

Consistente il contributo degli stranieri al mondo del lavoro: oltre 30.000 gli immigrati dipendenti cui si aggiungono gli imprenditori che sono oltre il 10% delle ditte individuali, e 5.680 badanti, numero che si ritiene sottostimato. Più di 3.400 gli operatori stranieri all'interno di strutture pubbliche o cooperative sociali tra il 2005 e il 2009. Tutto ciò, nel solo 2009, ha portato all'erario, tra contributi previdenziali e gettito fiscale, una somma di 218,5 milioni d'euro. Sembra insomma stia avvenendo una trasformazione antropologica di tale portata da iniziare ad incrinare l'approccio consueto ai problemi dell'integrazione che immagina una comunità locale autoctona (maggioritaria nella società civile e governante le istituzioni e i servizi) che si mobilita per favorire l'accoglienza degli stranieri e la composizione delle diverse piattaforme culturali presenti nel territorio. Inoltre se fino alla fine degli anni Novanta questo imponente cambiamento è stato riconosciuto come fattore di sviluppo collegato alla crescita della nostra economia, con il tempo - ancor prima della recente crisi economica - ha iniziato a porre problemi di integrazione, resa oggi più critica dal fenomeno diffuso in tutto il mondo occidentale dello sfilacciamento delle reti sociali e familiari. La crisi degli ultimi due anni, rendendo più difficile la condizione economica delle famiglie reggiane, inizia a porre problemi di competizione per le risorse, che si percepiscono in decrescita, da parte degli autoctoni - e degli immigrati dal sud Italia - verso gli stranieri.

LAVORO. All'interno di questa imponente trasformazione si inseriscono segnali di difficoltà che coinvolgono ceti sociali finora mai attraversati dal rischio della povertà. Alcuni sono strettamente legati alla recente crisi economico-finanziaria. La somma delle persone in cassa integrazione e di quelle in cerca di occupazione raggiunge il 20% della forza lavoro, con intuibili rischi di apertura di conflitti sociali. Altri segnali sono invece l'esito di lunghe sedimentazioni. La nostra è una delle province che pare stia vivendo al di sopra dei propri mezzi con famiglie fra le più indebitate d'Italia e un aumento delle sofferenze bancarie triplo rispetto alla media.
31 dicembre 2010

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