venerdì 15 ottobre 2010

L’italia come la fanciulla incinta, di Lino Patruno

15 Ottobre 2010.
Ciò che meraviglia, è che meravigli ancora. Solo qualche risorgimentale più irriducibile è ancora convinto che ci accingiamo a celebrare i 150 anni dell’Italia unita. Poi arriva la notizia che quel 17 marzo 2011 non sarà più neanche «festa nazionale» ma solo «solennità civile», e si ha la conferma che, all’italiana, si fa ma fino a un certo punto. Come quella fanciulla incinta, ma un po’. Unità d’Italia, ma un po’. E i risorgimentali disillusi come la famosa canzone di Giorgio Gaber: è comunista perché così gli hanno detto, è comunista perché non gli hanno detto tutto.
Ai risorgimentali irriducibili non hanno detto che finché il Sud non sarà fatto entrare a pieno titolo in Italia, non ci sarà unità. Ciò che va benissimo alla Lega Nord. Ma non dovrebbe andare bene ai suddetti risorgimentali, perlomeno quelli meridionali.
Così il 17 marzo 2011, anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, il colpo di genio della nostra storia nazionale, non ci saranno scuole e uffici chiusi per scendere tutti in piazza, per sentirci tutti patrioti, per far capire soprattutto ai giovani cosa significò un unico Paese dopo 1400 anni. In un’Italia infarcita di festività, mica stiamo a formalizzarci per una festa in più, e una tantum per l’anno prossimo.
Chissà che in mezzo a tanta ipocrisia, si sia deciso di dire finalmente, come ammoniscono le sacre scritture, «sì a sì e no a no: imperocché tutto il resto è opera del maligno». La Lega non vuole la festa nazionale perché l’unità le va di traverso, dovesse confondersi con quei parassiti del Sud. E il Sud che fa finta di niente deve finalmente convincersi che non lo vogliono in Italia, tanto da cancellare anche la festa nazionale.
Del resto, non si è mai visto un Paese unito in cui una metà del Paese ha metà in tutto rispetto all’altra metà. Metà reddito, metà strade, metà treni, metà lavoro (e il doppio dei disoccupati). Un Paese in cui chi nasce al Sud è già in partenza metà di chi nasce al Nord, una maledizione ereditaria. E in cui il Sud può avere anche tutte le responsabilità di questo mondo, ma non può essere stato in grado di farsi da solo tanti di quei danni cui uno Stato appena appena serio non potesse rimediare. Uno scandalo unico al mondo.
Ma lo Stato non vuole e non ha mai voluto seriamente perché ci sono «poteri forti» determinati a rimanere forti ai danni del Sud. Industria, banche, finanza, Regioni, categorie professionali, giornali, televisioni, centri culturali. Anzi consapevoli di poter essere tanto più forti quanto più il Sud è debole. Anzi di basare la propria forza sulla condanna del Sud alla debolezza. E in cui, dopo non essersi impegnato più di tanto per 150 anni, visto che ci siamo lo Stato dominato dai poteri forti introduce un federalismo che significa: teniamoci il malloppo prima che la gente del Sud capisca e si arrabbi davvero, più veloci siamo meglio è.
Questo federalismo è più fantasioso di Antonio Cassano in campo, ogni giorno ne scopriamo una. Dopo averci detto sotto giuramento che non farà aumentare le tasse, l’altro giorno un giornale economico come Il Sole-24 Ore s’accorge che l’aumento delle addizionali locali sull’Irpef può arrivare fino al 300 per cento (capito bene: 300 per cento). E figuriamoci che Il Sole-24 Ore è appunto più espressione di quei poteri forti che di quei quattro sfessati del Sud.
Ma non è finita. La Premiata Ditta Federalismo & Affini ha poi nel cilindro un’altra perla scoperta dall’Anci (Associazione Comuni d’Italia), figuriamoci se poteva essere un qualsiasi politico meridionale ad aprire gli occhi. Le somme che lo Stato distribuirà ai Comuni, alle Province (che la Lega non vuole eliminare) e alle Regioni diminuiranno del 40 per cento (capito bene: 40 per cento). Il che significa che il Sud, che più ne ha bisogno, non ce la farà più ad aprire asili, a far funzionare i treni per i pendolari, a mettere la mensa nelle scuole, ad assistere gli anziani, a sostenere le famiglie disagiate. Tranne che non voglia massacrare di tasse i suoi.
Epperò già li senti i soloni che fanno la lezione al Sud, coadiuvati dai collaborazionisti locali timorosi di esporsi: dovete governarvi meglio, come se solo governando meglio si moltiplicassero i pani e pesci. Anzi, siccome cianciate di aumento delle tasse, cosa ti va a inventare il genialissimo ministro Tremonti che Dio lo benedica? Una clausola in base alla quale la pressione fiscale locale non potrà aumentare più di tanto.
Uno potrebbe essere contento, ma basta farsi un po’ di conticini: niente tasse in più, 40 per cento in meno dallo Stato, spesa pubblica che aumenterà se non si vorrà finire alle pezze. Se vi troverete non dei sindaci ma degli illusionisti, o un padre Pio che ci pensi lui, potrete farcela. Ecco perché la mancata festa nazionale per l’unità non deve meravigliare, tanto meno un Sud da sempre abituato a essere vilipeso e ingannato.
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=374946&IDCategoria=2682

Turismo? roba per padani