sabato 13 novembre 2010

Rifiuti, è un disastro ambientale


Oltre 1200 tonnellate in strada
Ma Salerno e Caserta aiutano Napoli
NAPOLI (13 novembre) - Arriva dalla Provincia di Salerno la disponibilità ad accogliere «anche oggi» i rifiuti di Napoli. Accordo anche con la provincia di Caserta. È quanto fa sapere l'assessore all'Igiene Urbana del comune di Napoli Paolo Giacomelli.
«Stanotte - ha detto l'assessore - saranno sversate tra gli Stir di Caivano, dove già conferivamo, e Battipaglia, Salerno, 300 tonnellate di rifiuti della produzione giornaliera». A queste vanno ad aggiungersi le altre 600 tonnellate abitualmente sversate nella discarica di Chiaiano.
A San Tammaro 1500 tonnellate in cinque giorni. Solidarietà giunge anche dalla provincia di Caserta che si offre di aiutare Napoli nello smaltimento dei rifiuti. «Allo scopo di ripristinare il corretto ciclo dei rifiuti - si legge nella nota della Provincia - riattivando la piena funzionalità degli Stir, e avendo preso atto della drammaticità della situazione dello smaltimento dei rifiuti in alcune zone della Regione e della necessità di una solidarietà che investa tutte le province campane, la Provincia di Caserta ha accolto le pressanti richieste provenienti dalla Regione Campania, dalla Provincia e dal comune di Napoli». «L'ente di corso Trieste - prosegue la nota - in piena condivisione con le forze politiche espressioni dell'intero Consiglio provinciale, si è detto disposto a ricevere a San Tammaro un totale di 1500 tonnellate di frazione organica proveniente dagli Stir di Caivano e Giugliano, con un flusso di 300 tonnellate al giorno per cinque giorni. Parallelamente, saranno ritirate dallo Stir di Santa Maria Capua Vetere 2000 tonnellate di secco trito-vagliato, da spedire successivamente al termovalorizzatore di Acerra. Inoltre, la Provincia di Caserta ha avuto garanzie dalla Regione Campania affinchè dia il via al completamento, con oneri a proprio carico, dell'impianto di compostaggio di San Tammaro già dalla prossima settimana, con l'impegno di concluderli entro la primavera 2011». «È stato concordato - si spiega - con la Provincia di Napoli il piano di rientro dei 14 milioni di euro di debito della Provincia di Napoli nei confronti della Provincia di Caserta, che deve completarsi in non più di 4 mesi a far data da oggi. Infine, la Provincia ha ricevuto garanzie certe in merito all'approvazione del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri contenente la modifica sulla divisione del Consorzio Unico tra le articolazioni di Napoli e di Caserta, con le conseguenti positive ricadute per i lavoratori casertani». L'accordo è stato raggiunto nel pomeriggio, nel corso di un incontro tenutosi nella sede della Provincia di Caserta, al quale hanno preso parte il presidente Domenico Zinzi, il presidente del Consiglio provinciale, Giancarlo Della Cioppa, il capogruppo del Pd, Giuseppe Stellato, il capogruppo del Nuovo Psi, Pietro Riello, il vicecapogruppo del Pdl, Nicola Garofalo, il presidente della Commissione Ambiente della Provincia, Antonio Magliulo.
In strada rimarranno 1500 tonnellate di immondizia. Della produzione giornaliera di immondizia resteranno nelle strade 300 tonnellate che vanno ad aggiungersi alla quantità pregressa non raccolta di 1.200 tonnellate. «Domani - ha affermato Giacomelli - possiamo stimare che avremo in strada 1.500 tonnellate di rifiuti». La Provincia di Salerno è, dunque, la prima a rispondere all'appello di solidarietà lanciato in più occasioni anche dal sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. «Stiamo aspettando le decisioni di Avellino e Caserta - ha concluso Giacomelli - mentre Benevento resta fuori perchè la discarica è in condizioni tali da non poter accogliere più rifiuti di quanti ne prenda». Decisioni che sono arrivate in serata.

Raccolte 1050 tonnellate. Nella tarda serata di ieri i mezzi dell'Asia hanno raccolto poco più di 1050 tonnellate, di cui 700 sversate nella discarica di Chiaiano e la rimanente parte nell'impianto Stir di Caivano. L'assessore all'Igiene Urbana, Paolo Giacomelli, che questa mattina è stato impegnato in un sopralluogo nei quartierI dove il disagio è più grave, non nasconde la sua preoccupazione. Per azzerare le giacenze dovrebbero essere garantita il pieno esercizio degli impianti Stir di Giugliano e Tufino che però hanno i magazzini della 'frazione umida' pieni e che, pertanto, non possono ricevere altri rifiuti.
Situazione a rischio nel Napoletano. Non va meglio, purtroppo, anche in diversi Comuni della provincia, ad iniziare da Giugliano dove la scorsa notte i cassonetti non sono stati svuotati. Lo sversamento ha subito un forte rallentamento dopo la chiusura per saturazione del sito di trasferenza di Taverna del Re, alla periferia di Giugliano.
Fonte:

«Siamo allo stremo»


Inviato da redazione il Sab, 13/11/2010 - 14:30
Alessandro De Pascale
IL QUADRO. L’assessore comunale all’Igiene Giacomelli parla di una «situazione molto critica perché manca un piano strutturale». Il titolare dell’Ambiente in Regione Romano spera si possa evitare una nuova ordinanza.
Nella sede del Palazzo del governo il vertice inizia subito dopo pranzo. Arrivano tutti gli attori coinvolti: il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, il presidente della Provincia Luigi Cesaro, quello della Regione Stefano Caldoro e gli assessori con delega ai rifiuti. Il clima è infuocato. «La situazione è molto critica, in città siamo allo stremo - spiega l’assessore all’Igiene del Comune di Napoli Paolo Giacomelli, prima di entrare in Prefettura -, ma sono ottimista, anche se il vero problema che abbiamo per uscirne è l’assenza di un piano strutturale».
Era stato proprio lui, lo scorso 4 novembre, a chiedere «all’Ufficio Flussi di poter conferire 400 tonnellate di immondizia nello Stir di Caivano». L’autorizzazione venne data, le strade in parte liberate, riducendo però al collasso tutti e tre i tritovagliatori della provincia di Napoli: Caivano, Giugliano e Tufino, oggi quasi del tutto impossibilitati a ricevere e trattare altri rifiuti. Impianti dalla potenzialità autorizzata di  171.500 tonnellate che invece ne riescono a trattare soltanto 26.282. Nella città di Napoli inoltre, cala la raccolta differenziata, a differenza dei rifiuti per strada. A settembre era al 16 per cento, rispetto al 17 di agosto e al 21,4 dell’ottobre 2009. Tanto che lo stesso assessore Paolo Giacomelli ammette: «Purtroppo ultimamente siamo peggiorati per motivi tecnici».
C’è poi il problema della frazione organica, trattata fuori regione per l’assenza di impianti di compostaggio operativi. Tanto che l’amministratore delegato dell’azienda di igiene urbana di Napoli, l’Asia, Daniele Fortini, lancia l’allarme: «I tre Stir sono congestionati e non riescono più ad evacuare i rifiuti trattati, sia secchi che umidi». Per mettere una toppa alla situazione attuale, il presidente della Regione Campania potrebbe usare di nuovo “la forza” dell’ordinanza, emettendo un nuovo provvedimento per ampliare le discariche esistenti. L’assessore all’Ambiente della Regione, Giovanni Romano, durante la riunione in Prefettura, ha spiega che «tutte le ipotesi sono sul tavolo e si valuta attentamente la situazione». Per poi aggiungere: «Spero che alla fine venga evitata l’emissione di una nuova ordinanza». Serre, in provincia di Salerno, Caivano e Terzigno, nel napoletano, sono già in allarme.
«Spero non facciano pagare di nuovo a noi i loro errori», denuncia Massimo Esposito, del comitato anti discarica di Chiaiano. Stessa cosa a Terzigno, dove tornano i blocchi: «Di qui non passerà più un solo sacchetto di spazzatura», promettono i manifestanti. La situazione ai piedi del Vesuvio è tornata tesa da quando ieri sono arrivati i risultati delle analisi condotte dal chimico Michele Moscariello per il Comune di Boscoreale. Nei pozzi situati nei pressi della discarica Sari sono stati trovati metalli pesanti superiori ai limiti di legge anche di 30 volte. Ma per l’Agenzia per la protezione dell’Ambiente della Campania la composizione chimica dei campioni non porta a ritenere che i superamenti riscontrati «siano correlabili ad infiltrazioni di percolato in falda».
Fonte:
http://www.terranews.it/news/2010/11/«siamo-allo-stremo»-0

Nucleare, decide lo Stato. La Consulta boccia lo stop di Puglia, Campania e Basilicata


13 novembre 2010 | 15:19
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l’installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi.
La decisione, spiega l’Ansa, è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni.
Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un’intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all’installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perché, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (art.117, secondo comma, lettera s).
Mentre per quanto riguarda l’installazione di impianti di energia nucleare sarebbe stata lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h). In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un’intesa con lo Stato per l’installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non, come invece hanno fatto Puglia, Basilicata e Campania, riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.
Fonte:
http://www.blitzquotidiano.it/ambiente/nucleare-consulta-boccia-puglia-campania-638858/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Nucleare, via libera della Consula:
bocciato lo stop invocato dalle regioni
ROMA (13 novembre) - La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l'installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio dei siti radioattivi. La decisione è stata presa in una delle ultime camere di consiglio dei giudici costituzionali e le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni.
Secondo la Consulta le tre leggi regionali che in assenza di un'intesa tra Stato e Regioni precludono il proprio territorio all'installazione di impianti nucleari violano specifiche competenze statali. In particolare, le norme di Puglia, Basilicata e Campania sono state bocciate perchè, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi, avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (art.117, secondo comma, lettera s). Mentre per quanto riguarda l'installazione di impianti di energia nucleare - si è inoltre appreso - sarebbe stata lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h). In base al ragionamento dei giudici costituzionali, se le Regioni ritengono giustamente necessaria un'intesa con lo Stato per l'installazione degli impianti allora possono impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non, come invece hanno fatto Puglia, Basilicata e Campania, riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.
Le indiscrezioni finora circolate sui possibili siti che ospiteranno le centrali e i depositi delle scorie nucleari vedono interessate, tra le Regioni di cui oggi la Consulta ha respinto i ricorsi, soprattutto Basilicata e Puglia, sia per la possibile installazione di un impianto (Scanzano Jonico, già in passato al centro di polemiche come destinatario delle scorie) che per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi (l'area a cavallo tra le due Regioni). La Campania, dove più alto è il rischio sismico, non ricorre invece mai nelle liste di cui sono finora circolate notizie ufficiose. Per quanto riguarda le centrali, i luoghi candidati dovranno rispondere infatti a precisi requisiti: in primo luogo dovrà trattarsi di zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d'acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, lontane da aree densamente popolate.
Fra i nomi che puntualmente ritornano, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti poi chiusi in seguito al referendum del 1987, anche se, come spiegano esperti di settore, da una vecchia struttura non è possibile ricavarne una nuova, visto il progredire della tecnologia che ha reso totalmente inutilizzabili le centrali dismesse. Ricorrono spesso Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico e alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell'acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si sono fatti i nomi di Porto Tolle, a Rovigo, Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia). Sulla scelta peserà comunque anche l'atteggiamento dei governatori regionali, finora in gran parte contrari all'installazione di impianti sul proprio territorio.
L'ultimo esempio è quello della Lombardia, proposta dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, come probabile sede. Indicazione respinta al mittente da Roberto Formigoni, secondo il quale la Regione è autosufficiente. Per decidere invece dove collocare lo stoccaggio delle scorie occorre una sorta di 'autocandidaturà da parte degli enti locali individuati dalla mappa, con oltre 50 possibili siti, messa a punto dalla Sogin. Solo laddove non dovesse esserci un accordo con l'ente locale la decisione spetterebbe al Consiglio dei ministri. Le indiscrezioni sulla mappa hanno già sollevato un polverone di polemiche. Tra le zone interessate il viterbese, la Maremma, l'area tra Puglia e Basilicata, quella tra Puglia e Molise, le colline emiliane, il piacentino e il Monferrato.
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Cgil: sfondato il tetto di un miliardo di ore di cassa integrazione


Incremento del +44,2% rispetto al 2009
13 novembre, 11:41
ROMA - Sfondato il tetto di un miliardo di ore di cassa integrazione. Ad ottobre, infatti, secondo quanto riferisce la Cgil, le ore di Cig autorizzate dall'Inps da inizio anno sono state 1.026.479.655, mettendo a segno un incremento del +44,2% rispetto al 2009 quando le ore erano 712.008.425.
Nel dettaglio del rapporto della Cgil si segnala il calo significativo della Cassa integrazione ordinaria, a ottobre -8,4% sul mese precedente per un monte ore pari a 23.852.446, mentre da inizio anno sullo stesso periodo del 2009 la flessione è del 36,9% pari a 299.550.331 ore.
La Cigo ha rallentato la discesa e per ora si va stabilizzando sugli ultimi valori fatti registrare ma, secondo la Cgil, "non si intravede una ripresa produttiva tale da muovere positivamente l'occupazione nei settori produttivi". Nella maggioranza dei settori c'é infatti una riduzione delle ore di Cigo ma in quello alimentare, nell'edilizia, nell'energia e nei servizi si registra la tendenza ad un nuovo aumento.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione straordinaria si registra un calo a ottobre sul mese di settembre del 5,1% con 42.579.361 ore di Cigs mentre da inizio anno l'aumento è consistente: +159,61% sul 2009 per un volume di 406.688.066 ore. I settori con incrementi maggiori sono: il metallurgico +518,4%, il legno +300,3%, il meccanico +279,2%, l'edilizia +175,5%, carta e poligrafiche +154,7% e il commercio +85,1%. Continua il trend di aziende che progressivamente passano dalla Cigo alla Cigs e si acuisce il pericolo sulle prospettive occupazionali: "Si stanno determinando - segnala la Cgil - nuove condizioni produttive nelle aziende che tendono a stabilizzarsi su una minore occupazione, soprattutto nella continua assenza di una ripresa dei consumi".
Per la Cassa integrazione in deroga i settori con il maggiore ricorso continuano ad essere i quelli che non rientrano nella normativa attuale della Cigs. Tra i settori con più occupazione c'è l'edilizia che resta quello con l'aumento più consistente, da inizio anno, pari a +1.150,4% sul 2009. Segue il settore chimico +471,9%, il legno +675,7%, il commercio +369,5%, carta e poligrafiche +325,1% e la piccola industria meccanica +264,38% che ha il volume più alto con 98.076.416 ore. Le regioni maggiormente esposte con la Cigd restano la Lombardia con 78.147.195 ore da inizio anno (+202% sul 2009) e l'Emilia Romagna con 45.772.191 ore (+1109,9%). "Si conferma l'aumento consistente - si legge nel rapporto - soprattutto nei settori direttamente produttivi, frutto di un allargamento ulteriore delle difficoltà del settore manifatturiero e del fatto che molti lavoratori, prima coperti dalla cassa ordinaria e straordinaria, stanno progressivamente ricorrendo alla cassa in deroga".
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Campania, ecco chi devasta i Parchi e le aree protette


Maurizio Fraissinet, biologo naturalista.
Nel territorio sono presenti due Parchi nazionali, otto regionali, tredici tra riserve e zone marine tutelate e decine di Oasi. Ma i controlli sono scarsissimi, e a trionfare sono solo anarchia e impunità.
Entrando in un’Oasi del Wwf, lungo il percorso si incontrano cartelli con su scritto “Qui la natura è protetta”. è un’affermazione importante che sa di impegno dell’organizzazione ambientalista da un lato e di monito per il visitatore dall’altro, oltre ad essere rassicurante per chi ama la natura ed è in pena per le distruzioni operate dall’uomo. In Campania, come ahinoi in gran parte d’Italia, la natura è protetta solo sulla carta. Sulla carta infatti nella Regione sono presenti due parchi nazionali, otto Parchi regionali, 4 riserve naturali dello Stato, quattro riserve naturali regionali, 5 aree marine protette, oltre a diverse decine tra Oasi gestite dal Wwf, Legambiente, territori Zps (Zone di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva Comunitaria “Habitat”) e territori Sis (Siti di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva Comunitaria “Uccelli”).
Di queste si contano sulle dita di una mano quelle che mostrano tentativi, più o meno appassionati, di gestione e di  difesa concreta della natura, quasi sempre a carico di volontari o presidenti lasciati soli ed animati solo dalla personale passione per la natura. Nelle aree protette campane si può fare ciò che si vuole. Il governo ci può aprire le discariche, i bracconieri possono sparare quando e come vogliono, i proprietari di moto da cross e di squad possono scorazzare liberamente indisturbati, i costruttori possono costruire ovunque, dalle rive dei laghi alle cime delle montagne, chiunque voglia può andare a sversare rifiuti di ogni genere sulle rive dei fiumi come nelle faggete più belle, chi è dotato di un motoscafo può tranquillamente navigare a tutto gas tra le boe delle riserve marine divertendosi a fare lo slalom. Tanto non c’è nessuno che controlla e anche se si volesse chiamare qualche corpo di polizia per segnalare un abuso la risposta è che non hanno i soldi per le motovedette o per le auto.
Acquisita in tal modo l’impunità, chi odiava i parchi già prima della loro istituzione perché non voleva sentirsi condizionato nelle proprie sane abitudini, quali ad esempio costruire e cementificare il territorio ovunque, sparare a qualsiasi essere vivente si muove tra i cespugli, scorazzare con le moto e le auto sui prati, pescare impunemente dove si vuole, lo sa e sa di aver vinto la battaglia contro i parchi. Le istituzioni regionali, provinciali e comunali, nonché le comunità montane hanno issato bandiera bianca subito. Eppure avevano vomitato miliardi di parole ai convegni vantandosi di essere stati loro ad aver difeso il territorio, quel territorio che si voleva far diventare parco, quasi fosse una disgrazia sopravvenuta sulla loro testa. Ebbene dove sono quei sindaci che lo dicevano, dove sono oggi quegli assessori che parlavano di conservazione della natura? Quelli che non sono alle prese con vicende giudiziarie e che pertanto sono giustificati perché distratti da altre cose, perché non si fanno avanti e combattono insieme agli ambientalisti campani la sacrosanta battaglia in difesa della natura?
Eppure tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000 la Campania era considerata un esempio da imitare nel campo delle aree naturali protette. Era riuscita a creare tanti parchi regionali e tutti d’intesa con le amministrazioni locali, aveva impegnato ingenti risorse comunitarie nelle aree naturali protette, un autentico record in ambito europeo. Cosa è successo per sprofondare in un baratro così triste e angosciante in pochi anni? Hanno prevalso a mio avviso più fattori concomitanti. L’incredibile mole di investimenti ha fatto aderire molte amministrazioni comunali al solo scopo di poter ottenere i finanziamenti, senza una reale convinzione di tutela del territorio visto come politica pianificatoria utile per rilanciare in maniera sostenibile il proprio territorio. La legge regionale della Campania sulle aree naturali protette, al fine di non gravare troppo sul bilancio regionale, non prevede la figura dei guardiaparco e la sorveglianza quindi è affidata ad un “pugno di uomini” del Corpo Forestale o delle guardie provinciali. In alcune zone questi ultimi sono assolutamente impreparati a svolgere questo compito, mentre il Cfs è presente nei territori appenninici con piccole stazioni condotte da 2, massimo 3 (ma è raro!) agenti, da tempo ormai integrati nel tessuto sociale dei paesini e non in grado quindi di restare imparziali dinanzi ai reati ambientali.
Ma l’aspetto più grave che ha rappresentato il principale problema del rapido declino delle aree protette campane è stato sicuramente l’oscena lottizzazione politica delle nomine dei presidenti. A parte poche ed eroiche eccezioni, i presidenti sono stati nominati con il metodo classico dell’appartenenza ai partiti. Il fatto che il soggetto non sapesse che i pipistrelli siano mammiferi e non uccelli non contava minimamente, contava che avesse la tessera del proprio partito e che, magari ma non sempre, godesse di un buon consenso elettorale in loco. A che serve nominare un presidente di Parco privo di qualsiasi conoscenza minima di base di gestione di aree naturali protette? Molto semplice: serve a indirizzare i fondi comunitari verso le realtà economiche e professionali vicine al partito e a collocare in qualche modo quei personaggi che non si è riusciti a piazzare altrove (assessorati, sindacature, Cda “importanti”, ecc.). La logica è: costoro stiano lì a fare i presidenti dei Parchi, e se rispettano le consegne, che non sono certo quelle di difendere la natura, potranno fare ulteriormente carriera!
La prova di ciò è che quando poi, terminati i cinque anni, si è provveduto al cambio delle nomine, quelli bravi che avevano lavorato solo nello spirito della legge e per amore della natura non sono stati confermati o sono stati trasferiti. L’ultima mazzata, poi,  è arrivata con il patto di stabilità che sta congelando da mesi la spesa pubblica della Regione Campania e che ha visto la chiusura di qualsiasi struttura aperta e funzionante nei parchi campani per mancanza di finanziamenti e quindi di personale. Funzionano solo quelle delle associazioni ambientaliste che si basano sul volontariato. Questo sta avendo anche gravi ripercussioni economiche sul territorio, a dimostrazione della falsità di molti amministratori che si dicono preoccupati per la crisi economica e che, invece, protestano solo per avere i fondi che favoriscano le lobby  economiche a cui sono legati (edilizia, cave, acque minerali, ecc.).
Coloro che avevano investito, e in Campania sono tanti, nel turismo sostenibile all’indomani della grande stagione dei parchi campani, ora si sentono totalmente abbandonati. Sta naufragando una grande occasione di crescita di un’economia sana e durevole, un’economia che però contrasta con quella di chi deve costruire le case, noleggiare i macchinari per l’edilizia, vendere moto e squad, vendere le cartucce, di chi i Parchi non li voleva e non li vuole. è triste vedere turisti stranieri a Punta Campanella, nell’Area Marina Protetta, dover fuggire via dalla costa perché infastiditi dal rumore assordante dei motoscafi che scorazzano dove non dovrebbero (e dove non si fa in tutto il resto d’Europa!), è triste vedere gruppi di appassionati di trekking tornare indietro perché il sentiero è occupato da motociclisti che fanno motocross (è vietato in tutta Europa nelle aree protette!), è triste dover assistere all’agonia di un giovane falco pescatore con anello finlandese sparato poche ore prima in un’area protetta. Ma protetta da chi? Protetta contro chi?
Fonte:

L'Italia perde quota in attrattività. Sempre ai massimi per il cibo e la cultura, frena il turismo


di Marika Gervasio
13 novembre 2010
Il brand Italia perde appeal a livello globale ed esce dalla top ten della classifica del Country Brand Index 2010, lo studio sull'immagine dei principali paesi del mondo condotta da FutureBrand in collaborazione con Bbc World news. Scende infatti al dodicesimo posto dal sesto dell'anno scorso cedendo terreno a paesi come la Svizzera (quinta, l'anno scorso non era tra le prime dieci), Giappone (sesto, l'anno scorso era settimo), Finlandia (ottava), Gran Bretagna (nona, perde una posizione rispetto al 2009) e Svezia (decima). Al primo posto si classifica il Canada, seguito da Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti che perdono lo scettro.
Il nostro paese mantiene però la leadership nella classifica dei 25 migliori paesi per il patrimonio artistico e culturale avendo ottenuto ottimi piazzamenti nei parametri di valutazione della categoria: prima per arte e cultura davanti alla Francia; seconda, alle spalle di Israele, per il ruolo nella storia.
Si posiziona, però, al quindicesimo posto nella classifica dei 25 migliori paesi per il turismo dietro Spagna (dodicesima), Francia (tredicesima) e Austria (quattordicesima) tra le destinazioni Europee, e superata da Mauritius (al primo posto seguita da Australia, Nuova Zelanda, Canada, ma anche Giappone e Stati Uniti tra le mete più lontane.

Un primato però nei parametri di valutazione della categoria turismo l'Italia lo guadagna: quello del cibo (l'anno scorso era seconda), seguita da Giappone e Francia; mentre è terza (nel 2009 era settima), dopo Stati Uniti e Francia per lo shopping; settima per la vita notturna (da sedicesima l'anno scorso) con gli Usa primi; ottava (dal 48° posto del 2009) per bellezza e cura delle spiagge (qui il primato spetta all'Australia).
Non appare, però, come l'anno scorso, nella top ten dei parametri rapporto qualità-prezzo resort e offerta alberghiera, due segmenti fondamentali per un paese, come il nostro, a forte vocazione turistica, che sta cercando di guadagnare le quote di mercato cedute ai competitor.
«La classifica del Country Brand Index – spiega Susanna Bellandi, amministratore delegato di FutureBrand Italia e Francia – riconferma la nostra forza in storia, arte e cultura, ma anche food e shopping anche se nel turismo non eccelle per il rapporto tra prezzo e qualità, ma anche la Francia, che solitamente ha un buon rapporto, è andata male. Questo è attribuibile, oltre che a motivi interni, forse anche al fatto che sta aumentando la concorrenza di altri paesi che stanno migliorando la loro offerta. Bisognerebbe continuare a investire sugli asset nei quali siamo più forti, arte e cultura, perché l'attenzione da parte della gente c'è».
I paesi primi nella classifica generale, fa notare l'amministratore delegato, hanno stabilità politica e un'immagine di posti in cui si vive bene. «L'Italia – si legge nello studio – nonostante gli sforzi compiuti e le iniziative per presentarsi internamente ed esternamente quale destinazione turistica ricca di arte, cultura, bellezze naturali, paga lo scotto della continua litigiosità, degli scandali e, naturalmente, delle difficoltà della crisi globale».
L'instabilità del governo, ma anche fatti di cronaca come i rifiuti in Campania, alluvioni, terremoti e scandali di vario genere, secondo Bellandi «hanno offuscato la filosofia tutta italiana della "dolce vita". Infatti abbiamo perso, come marchio-paese, anche nella qualità di vita percepita dal di fuori e dalla facilità di fare affari nel nostro paese. Tutto questo dipende dai valori che comunichiamo come la trasparenza e la correttezza per il business. Quando sia parla di buon cibo, shopping e spiagge bisogna capire che è necessario tenere alta la qualità e le industria italiane, dall'alimentare alla moda, possono contribuire in maniera importante».
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-11-12/litalia-perde-quota-attrattivita-222640.shtml?uuid=AYNJ5DjC

Rifiuti: a Napoli ancora 1.200 tonnellate di “monnezza” per le strade


13 novembre 2010 | 10:19
Sono ancora 1200 le tonnellate di rifiuti accumulate lungo le strade di Napoli. Nella tarda serata di venerdì i mezzi dell’Asia hanno raccolto poco più di 1050 tonnellate, di cui 700 sversate nella discarica di Chiaiano e la rimanente parte nell’impianto Stir di Caivano.
L’assessore all’Igiene Urbana, Paolo Giacomelli, che questa mattina è stato impegnato in un sopralluogo nei quartierI dove il disagio è più grave, non nasconde la sua preoccupazione. Per azzerare le giacenze dovrebbero essere garantita il pieno esercizio degli impianti Stir di Giugliano e Tufino che però hanno i magazzini della ‘frazione umida’ pieni e che, pertanto, non possono ricevere a pieno regime altri rifiuti.
Non va meglio, purtroppo, anche in diversi comuni della provincia, ad iniziare da Giugliano dove la scorsa notte i cassonetti non sono stati svuotati. Lo sversamento ha subito un forte rallentamento dopo la chiusura per saturazione del sito di trasferenza di Taverna del Re, alla periferia di Giugliano.

Campania, il maxideficit non frena
i benefit dei consiglieri: c'è anche l'iPad
NAPOLI (14 novembre) - Frigobar, iPad, computer a scelta, ma sempre dei tipi più innovativi. E ancora telepass, viacard, due tesserini di riconoscimento e uffici di superlusso, con poltrone e arredi di prima scelta: nella Campania del deficit alle stelle, i sessanta consiglieri regionali possono contare su dotazioni di tutto rispetto, del costo di mezzo milione.
L’elenco dei benefit è folto e a dire il vero si presenta anche alquanto bizzarro, ma è assicurato da una precisa delibera approvata il 28 settembre scorso, con la quale l’ufficio di presidenza della Regione Campania ha regolamentato all’unanimità l’assegnazione di arredi e attrezzature. E non manca neanche il disco auto «Regione Campania» da poter esibire per passare ovunque senza problemi.
Il lusso è anche quello di poter scegliere: meglio il computer portatile, il notebook per la precisione, o l’iPad della Apple? È il dubbio che in queste ore vivacizza la vita dei consiglieri regionali. Gli uffici hanno lasciato un’ampia libertà di scelta. «I rispettivi costi sono abbastanza simili», precisa in una lettera datata 8 novembre il dirigente del settore.
«Quisquilie e pinzillacchere», direbbe il grande Totò se potesse leggere l’elenco dei beni (o dei benefit) in dotazione ai sessanta consiglieri della Campania. L’elenco è contenuto della delibera numero 54 del 28 settembre 2010 con la quale l’Ufficio di presidenza (unico assente il questore Francesco Nappi) ha regolamentato all’unanimità l’assegnazione di arredi e attrezzature. I consiglieri che ricoprono incarichi istituzionali (i sette componenti dell’Ufficio di presidenza, i dodici presidenti di commissione, gli otto capigruppo) si fregano le mani perché possono avere di più dei consiglieri semplici. La bandiera, per esempio. Anzi, le bandiere: ai big spetta un trittico Italia-Regione-Unione europea.
E vogliamo parlare del frigobar? Poiché è scomodo chiamare il bar al piano (peggio ancora alzarsi e scendere) per sorseggiare un drinkerino o mangiare uno yogurt meglio tenere tutto a portata di mano. Ma non finisce qui. Passi per il televisore e il fax e pure per due telefoni fissi digitali e passi pure per il computer fisso. E passi anche per il telefonino. Ma lo studio dirigenziale? Ne hanno diritto tutti i consiglieri. È così composto e la cosa ci ricorda l’esilarante Fantozzi ragionier Ugo che racconta dell’ufficio del megadirettore generale: scrivania, trittico di poltrone in pelle, divano a due posti in pelle, mobile basso a quattro ante, appendiabito, armadio libreria. Ci manca solo la pianta di ficus.
Ovviamente questo studio dirigenziale va corredato di optional. Ecco allora un bel completo da scrittoio. In pelle ovviamente. Sì, l’oggetto in pelle è uno status symbol, forse fa sentire più importanti: in pelle è infatti anche il tesserino di riconoscimento. Uno dei due tesserini, in verità, perché per farsi riconoscere i consiglieri hanno in dotazione pure il più proletario badge.
Fonti:
http://www.blitzquotidiano.it/ambiente/rifiuti-napoli-monnezza-strade-discarica-638582/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Rifiuti, lo sfogo di Bassolino “Io attaccato, Berlusconi no”
13 novembre 2010
(di Roberto Fuccillo da la Repubblica Napoli)
«QUALCUNO nutre l´illusione di poter lasciare Napoli a se stessa. Ma Napoli, per il suo peso e il suo valore anche internazionale, sarebbe un problema per il governo nazionale oltre che per quello locale». Antonio Bassolino tira fuori la zampata. La Napoli di oggi non è molto diversa da quella che gli costò voti, popolarità e peso politico. I rifiuti obbligano allo slalom anche chi si avventura nella centralissima sede della sua Fondazione Sudd, dove si discute di un libro sulla pianificazione del territorio del suo ex assessore Gabriella Cundari.
Bassolino lo sa, e ammonisce: «Se non si interviene si può arrivare a una situazione peggiore di tre anni fa. Allora si fecero comunque leggi importanti. Ci fu corresponsabilità, Berlusconi e il governo a un lato del tavolo, io e i sindaci all´altro. Oggi invece sembra prevalere lo scaricabarile». Sicché, invece di usare la spazzatura in chiave elettoralistica per dare l´assalto a Palazzo San Giacomo, Bassolino consiglia a Berlusconi: «Fossi in lui chiamerei Bersani, che oggi ha detto cose importanti («il governo ha fallito», ndr), e tenterei di lavorare insieme. E se c´è chi vuole lucrare elettoralmente, vada a casa». Un invito a un patto bipartisan: tenere fuori dalle liste chi mesta nel torbido, «e vediamo se i rifiuti finiscono di essere giacimenti elettorali».
Un affondo che viene accolto dall´uditorio con il sollievo tipico di chi, essendo stato messo in croce per molto tempo, può tentare almeno in parte di rovesciare il teorema. Non a caso solleva applausi ogni reclamo di Bassolino sul fatto che «è difficile sostenere che da sinistra sia stato fatto a Berlusconi anche solo un millesimo di quello che venne fatto a me dal centrodestra e dal centrosinistra», oppure che «nel centrodestra non c´è certo oggi il fuoco amico che avemmo noi contro».
Resta l´accusa al centrodestra di giocare un gioco infido e pericoloso. E allo stesso Berlusconi di avere in passato «suonato la grancassa mediatica per ottenere tutto il possibile elettoralmente». Strategie poco lungimiranti, come quelle che non affrontano il «filo rosso che unisce il Veneto al Sele e a Pompei». Anche il dissesto idrogeologico è questione nazionale, perché anche in Veneto «si costruiscono fabbrichette e case sotto il livello dei fiumi». Un Bassolino di stampo ministeriale, che difende anche i suoi quindici anni di governo: «Noi avanzammo un´idea urbanistica, quella di innestare anche ceto medio nelle periferie, e farne delle cerniere pluriclasse dell´area metropolitana. Ci venne meno l´economia, ma l´idea c´era. Quali sono le idee nuove di città e regione ora? Stento a vederne».
 

Ricolfi: Alle origini del vittimismo meridionale


Di Luca Ricolfi
Articolo nella rubrica Valeriana@Morfina.
Commento provvisorio all'articolo, di grecanico: sto arrivando, asino.

La crescita latita le chiacchiere no


13 novembre 2010
La ripresa in Italia diventa timida, quasi impercettibile. Un rallentamento della crescita era a dire il vero atteso: tutti gli indicatori lo segnalavano e anche le previsioni del governo erano tutt'altro che rosee. Ma quella registrata dall'ultima rilevazione dell'Istat è certamente una frenata. Nel terzo trimestre di quest'anno il Pil è cresciuto soltanto dello 0,2%: lo 0,3% in meno dei tre mesi precedenti, con una andamento ben al di sotto della media europea (0,4%). Né può consolare la sostanziale tenuta delle entrate fiscali, in linea con le stime del ministero dell'Economia, visto che anche su questo versante il barometro continua a far registrare un segno meno. Dati che confermano la necessità di alimentare, senza perdere altro tempo, la fiammella della ripresa. Interventi per spingere lo sviluppo non sono più rinviabili. Le parti sociali, sindacati compresi, lo hanno ribadito ancora giovedì scorso con un comunicato congiunto. La politica però non riesce a produrre risposte adeguate ma solo un rincorrersi di chiacchiere. Un fiume di parole che fa da rumoroso sottofondo tanto al cammino parlamentare, all'insegna dell'indecisione, della legge di stabilità, quanto al susseguirsi di agende e programmi per lo sviluppo, perennemente in attesa di tradursi in misure operative e fondi da stanziare.
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2010-11-13/crescita-latita-chiacchiere-063911.shtml?uuid=AYWqBGjC

Metafora della monnezza

 Di Dina Galano INTERVISTA. Articolo  nella rubrica FesteFarina@Forca.
«'A gente poche cose deve fare per forza: magnà, durmì, evacuare e produrre munnezza».  

Marotta: «La Campania è morta, noi siamo ombre»


12 novembre 2010
(di Mirella Armiero da il Corriere del Mezzogiorno)
Apocalittico Marotta. «La Campania è morta, noi abitanti siamo solo ombre». Immagine forte, ma in che senso? «Il disastro ambientale è conclamato, noi lo avevamo detto nel 2004, allora ci chiamarono allarmisti».
Oggi l’avvocato assisterà all’ennesima celebrazione del suo Istituto per gli studi filosofici, arrivato a 35 anni di attività, che riceve il Premio Napoli alle 17.30 in una cerimonia a Palazzo Serra di Cassano con lectio magistralis di Roberto Esposito. Una premiazione che vuole rimarcare la necessità di difendere Marotta, amato in Europa ma talvolta poco apprezzato in patria; nella motivazione del Premio è scritto infatti che «se l’istituto viene considerato un ente inutile, vuol dire che c’è un solco profondo tra la coscienza civile di Napoli e i reggitori della cosa pubblica».
Il Premio si schiera apertamente con l’avvocato, dunque. Eppure Marotta si sente spesso isolato e sempre più calato nel ruolo di Cassandra. Soprattutto sulle questioni ambientali: il «giacobino» di Monte di Dio non può fare a meno di sventolare i bollettini delle Assise di Palazzo Marigliano risalenti ad anni fa, in cui si parla di «pandemia silenziosa» per indicare le conseguenze della sciagurata gestione dei rifiuti. «Dopo l’esaurimento del cratere di Pianura», spiega Marotta, «la raccolta dell’immondizia ha preso una direzione cieca e disordinata. Abbiamo denunciato tutto alla presenza dell’ex procuratore generale Galgano: il professore Ortolani spiegò che dalla cava di Chiaiano viene un grande pericolo. Da lì passano gabbiani e cani randagi che si spostano nei pressi degli ospedali che sono troppo vicini ai rifiuti».
Molti oppositori hanno tacciato le assise di immobilismo: dire sempre no non aiuta a trovare soluzioni, secondo questa corrente di pensiero.
«Non è vero. L’Assise è un’accademia dove arrivano esperti e si elaborano idee. Abbiamo pubblicato pagine e pagine…».
Ma la vostra posizione è sempre la stessa?
«Certamente: diciamo no agli inceneritori. Il governo Prodi stabilì contributi per chi li costruiva e da allora sono diventati un affare. L’Impregilo usava le balle di rifiuti come garanzia bancaria, perché su ciascuna riceveva più soldi. Dall’Italia si è diffusa anche in Europa questa voglia di inceneritori. Il problema sta nell’associazione tra la finanza del Nord e la delinquenza organizzata. E pensare che basterebbe la differenziata». Che i napoletani non sanno fare? «Non è assolutamente vero. I napoletani la vogliono fare, ma sono stati diseducati. Loro fanno la differenziata e poi i camion mettono tutto insieme. Così è chiaro che ciascuno smette». La politica campana è responsabile di questo disastro? « È ovvio. Ormai è evidente a tutti che in Italia e in Campania non c’è più classe dirigente. Ci vorrebbero un governo nazionale e uno locale che si facessero portatori di un nuovo principio: la lotta contro la corruzione. Ma non vedo alcun barlume di novità».
Allora direbbe ai giovani napoletani di andare via, come fece Eduardo?
«No, devono restare e resistere, però mi è chiaro che se la speranza erano le nuove generazioni ormai si può dire che sono state appestate, quando non sono fuggite via. Ma io farei un discorso più ampio: non si tratta di una decadenza solo napoletana, è l’Europa intera che diventerà presto un’appendice geografica dell’Asia, se ne impadronirà il più forte e ne faranno un luogo di pattumiere e di basi militari».
Dai rifiuti a Pompei: un altro disastro annunciato?
«Inutile dire che quella di Bondi è una follia, pensare a una fondazione privata ora sarebbe la peggiore soluzione. Ma io penso anche alle altre emergenze della Campania: i vostri figli non potranno mai vedere l’anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere, che sta per essere cancellato dalla storia. Io propongo che se ne faccia un esempio dell’orrore a cui siamo arrivati con visite guidate didattiche. In Francia le mura romane sono oggetto di manutenzione quotidiana, gli archeologi abitano in loco. Qui vincono ovunque scempio e incuria».
Lei appoggiò la Iervolino: oggi chi sosterrebbe alle elezioni comunali?
«Io sostenni la Iervolino solo perché lei si dichiarò per l’acqua pubblica. Oggi sono pronto a sostenere chi si farà carico di garantire una legge sulla differenziata. Ma voglio le garanzie, non mi fido più di nessuno».
Si riferisce al suo difficile rapporto con Bassolino?
«Bassolino avrebbe potuto fare la fortuna del nostro e dell’Istituto Croce, ma ha fatto altre scelte».
Qual è la situazione di Palazzo Serra di Cassano?
«Non riceviamo finanziamenti dal 2009 e così l’Istituto fondato da Croce. Le difficoltà sono sempre le stesse, dal canto mio, dopo l’attico di Roma, ho venduto tutto il resto. E sono convinto che se i due istituti chiudessero i battenti sarebbe una sciagura per l’umanità. Come Pompei che crolla».
Fonte:
http://www.napolionline.org/new/marotta-«la-campania-e-morta-noi-siamo-ombre»/comment-page-1#comment-15942