giovedì 11 novembre 2010

Il fotovoltaico può azzerare le bollette di 400 comuni


Con il progetto Aspea del consorzio Asmez, sempre più enti locali vogliono puntare sull'energia solare
05 Novembre 2010
Scade il 30 novembre l'ultimo dei quattro bandi lanciati dal consorzio Asmez, per aiutare i comuni italiani a installare impianti solari sul suolo pubblico. Asmez riunisce oltre 1500 enti locali in tutta la Penisola e con il progetto Aspea (Azzeramento spesa energetica associati), pensa di coinvolgere circa 400 comuni, cancellando o quasi le loro bollette elettriche. L'obiettivo, riferisce un articolo di Solarplaza, è sviluppare l'energia fotovoltaica nelle nostre municipalità, con impianti da due a cinque Mw, arrivando a 300 Mw totali nel 2012. Al primo bando di settembre hanno aderito 142 comuni, soprattutto calabresi e campani, per un totale di 500mila residenti; ad aggiudicarsi questo lotto sono state due società, Rti CIE Costruzioni ed Impianti Europa - GPS Costruzioni e Finanza e Ingegno Energia, che investiranno entrambe un centinaio di milioni di euro.
L'iniziativa è nata dal consorzio Asmez per superare gli ostacoli che frenano gli enti locali a investire in modo autonomo nelle fonti rinnovabili. Il conto energia assicura tariffe molto vantaggiose per l'elettricità prodotta dal solare con impianti installati dalle amministrazioni pubbliche, ma è una strada poco battuta perché complessa e rischiosa se intrapresa senza supporto esterno. Ci sono i tipici rischi imprenditoriali che un comune raramente è disposto a correre. Il progetto Aspea serve proprio a gestire tutte le procedure burocratiche, dai bandi di gara agli incentivi statali fino alla costruzione degli impianti. Ogni comune partecipante deve dichiarare quanto ha speso per la bolletta elettrica del 2009. Gli incentivi statali andranno in parte alle amministrazioni locali, per coprire le spese energetiche, in parte alle compagnie private che hanno investito nel programma. I pannelli dovranno assicurare, infatti, una quantità di energia superiore almeno del 6% a quella necessaria per azzerare le bollette nel corso di venti anni.
Fonte:

Sette Poli museali al Sud


Golfo di Napoli, Palermo, Sibari, Melfi-Venosa, Taranto, L'Aquila e Sassari-Porto Torres.
Sono i 7 candidati a Polo museale di eccellenza che, nell'ambito del "Progetto pilota Poli museali di eccellenza nel Mezzogiorno", finanziato da una delibera del Cipe, hanno superato la valutazione di prefattibilita' e per i quali sono pronti a partire i progetti.
I risultati della prima fase di attuazione del progetto pilota sono stati illustrati a Roma, presso l'Associazione Civita, nel corso del convegno "Opere per lo sviluppo: il patrimonio museale del Mezzogiorno".
Il Progetto, promosso dal MiBac e dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS) e realizzato da Invitalia, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, punta a potenziare l'offerta di un gruppo selezionato di musei e aree archeologiche del Sud, contribuendo a trasformare delle emergenze culturali in vere e proprie leve di sviluppo.
E' un chiaro riconoscimento del ruolo primario che una parte del patrimonio culturale e museale del  Mezzogiorno può svolgere per la crescita di questa area del Paese.
Il progetto "Poli museali" mette immediatamente a disposizione delle amministrazioni responsabili concreti interventi da attuare. In meno di un anno sono stati realizzati i progetti preliminari di 95 interventi.
L'Italia, trent'anni fa era il primo paese al mondo per attrazione di turisti stranieri, oggi occupa la quinta posizione.
Nel 2009 su 70 milioni di turisti stranieri solo 31 milioni si sono fermati per più giorni in Italia, e di questi solo tre milioni si sono a sud di  Roma, e la maggior parte solo in Sicilia e Campania.

Rlianciare il turismo in Italia e nel Sud, rimuovere le cause che determinano il calo di visite e di interesse per il nostro patrimonio.
Il Mibac e le Regioni del Sud, lavorano ad un approccio sistematico e capillare a politiche di sviluppo territoriale dove ce ne sono le condizioni, proprio sulla valorizzazione e sulla tutela del patrimonio culturale che si deve necessariamente trasformare in risorsa, in grado di innescare processi di crescita territoriale che coinvolgano cittadini, imprese e forme associative che vivono e operano nel territorio.
E' soprattutto indispensabile superare una vecchia modalità di gestione delle risorse, eliminando la frammentazione e l'intervento diffuso, a favore di una selezione che permetta di concentrarsi su specifici obiettivi.
osvaldo amari - redazione internet www.governo.it

Pompei, crollati altri due muri alla fine del Vicolo del citarista.


L'altra parete, per metà di epoca recente, ha ceduto nella casa numero dieci
11 novembre 2010 - NAPOLI - Pompei continua a sbriciolarsi sotto i colpi del maltempo. Due cedimenti di muri sono stati segnalati oggi nel sito archeologico di Pompei. Alla fine del «Vicolo del citarista», in corrispondenza con l’edificio San Paolino, è crollato un muretto di contenimento di circa un metro di altezza, rifatto in epoca recente con pietre antiche che - afferma la direzione degli Scavi di Pompei - «era stato scalzato dalla radice di un albero».
PARETE PER META' ANTICA - Il muretto limitava un’insula non ancora scavata nella «Regio 1» della città pompeiana. Una parete grezza alta circa due metri per un metro e mezzo di larghezza ha ceduto nella casa numero 10, collocata nella «Regio 9». La parete era realizzata in parte in pietra antica, in basso, mentre la parte alta era di recente costruzione in seguito ad un restauro.
COLPA DELLA MALTA DECOESA - «I due cedimenti sono dovuti - ha detto il direttore degli scavi di Pompei, l’archeologo Antonio Varone - alla malta ormai de-coesa, cioè priva di capacità legante della muratura. Sono già in corso gli interventi di ripristino dei due muri». (Fonte Ansa)
Fonte:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2010/11-novembre-2010/pompei-crollati-altri-due-murialla-fine-vicolo-citarista-1804149505516.shtml

Pompei, fragile gioiello che perde 3 milioni l'anno


Scritto da: Sergio Rizzo alle 16:18 - 11/11/2010
L'architetto Luciano Di Sopra ricorda bene ciò che accadde nel 1981. Non fosse altro perché in quel periodo lui, l'autore del piano di ricostruzione del Friuli terremotato, era sulla cresta dell'onda. Ricorda che quando gli diedero l' incarico di fare un progetto per Pompei era ministro dei Beni culturali il repubblicano Oddo Biasini. Ricorda che riuscì a ottenere 100 miliardi dal Fio, il fondo per gli investimenti e l'occupazione. Cento miliardi: più di 170 milioni di euro di oggi. Ricorda poi che quando i denari arrivarono, ministro era Vincenzo Scotti, lo liquidarono senza troppi complimenti: «Architetto, si accomodi. Non abbiamo più bisogno di lei». E il progetto? Nel cassetto. E i soldi? Boh... Perché a Pompei, per dire come il problema venga da lontano, è successo anche questo. Nessuno stupore, dunque, che qualche anno fa, fra le incessanti grida di dolore per lo stato degli Scavi, abbiano scoperto che la Soprintendenza al cui vertice è stato per quasi tre lustri lo stimato archeologo Pier Giovanni Guzzo, aveva in cassa 79 milioni inutilizzati. Ma non poteva essere diversamente. Quella che governa le aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Oplontis, Boscoreale e Castellammare di Stabia è una Sovrintendenza «speciale». Al pari, per intenderci, di quelle di Roma o Firenze. Significa, semplificando, che ha grande autonomia contabile: i soldi che incassa li può investire nel sito. E siccome negli anni spendeva circa un terzo degli incassi, ecco svelato l'arcano. Colpa della sabbia negli ingranaggi degli appalti, delle lungaggini burocratiche nei processi decisionali e di altro ancora. Magari, chissà, anche di frizioni ai vertici, dove a un certo punto il Soprintendente era stato fiancheggiato da un dirigente amministrativo. Una specie di manager che si occupava degli appalti, stilava i contratti... Fatto sta che ogni anno il tesoretto aumentava sempre più. Fino ad arrivare, appunto, a sfiorare 80 milioni (7 euro a persona). Che fine hanno fatto? Una trentina se li è ripresi il ministero al tempo di Roco Buttiglione. Quaranta, in un colpo solo, sono stati trasferiti d' autorità alla Protezione civile che ha finanziato così le opere realizzate in deroga alle norme ordinarie dal commissario Marcello Fiori. Operazione, manco a dirlo, che ha diviso gli esperti anche per le modalità con cui è stata fatta. Chi però ne deduce che in un luogo unico del pianeta come quello si facciano soldi a palate, come sarebbe normale in qualunque altro Paese del mondo, è completamente fuori strada. Anche se può sembrare un'assurdità, gli Scavi di Pompei ed Ercolano sono economicamente in perdita. Lo sono nonostante la modesta entità degli investimenti: 7 milioni l' anno su 22 circa di incassi dai biglietti. In questo calcolo però non c'è il personale, che non è a carico della Soprintendenza ma del ministero dei Beni culturali. Ma poco importa: sono sempre soldi della collettività. I dipendenti sono 524 e costano 18 milioni di euro. Se consideriamo questa voce, allora per pareggiare i conti mancano all'appello 3 milioncini tondi. E pensare che l' area archeologica sarebbe perfino pesantemente sotto organico, stando almeno al sindacalista della Uil Gianfranco Cerasoli: «C'è uno studio del ministero secondo il quale servirebbero 872 addetti alla vigilanza invece dei 312 attualmente in servizio». Tiriamo le somme. Per arrivare a 872 «vigilanti» bisognerebbe fare altre 560 assunzioni, con il risultato che la spesa per il personale raddoppierebbe. E anziché di 3, il buco sarebbe di 20 milioni. Il tutto mentre la Soprintendenza ha lì in servizio appena 9 (nove) archeologi e tre restauratori. Il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali Andrea Carandini, nominato dal ministro Sandro Bondi a febbraio 2009, dice che l' assenteismo dei custodi è «incredibile». E lamenta un'ovvia conseguenza, la piaga delle guide abusive. Cerasoli replica che per la carenza di organico i custodi «non vanno in ferie da due anni». Comunque sia, la situazione generale di Pompei è sotto gli occhi di tutti. Se volete una spiegazione del perché l'area archeologica più grande e sorprendente del mondo sia visitata ogni anno da metà dei turisti che entrano al centro Georges Pompidou di Parigi (tre milioni contro sei), eccola: mancanza dei servizi decenti (avete visto i parcheggi?), contesto ambientale difficile, ricettività a dir poco scadente. Secondo una classifica stilata da The European House-Ambrosetti la Campania è al quintultimo posto in Italia per numero di visitatori ai siti archeologici in rapporto al numero degli abitanti, alla pari con la Calabria. Anche per questo sarebbe ingeneroso caricare la croce soltanto sulle spalle dei sovrintendenti, che qualcuno dipinge (non sempre a torto) come una corporazione potentissima abbarbicata alla poltrona. Sulla quale, però, finiscono inevitabilmente per scaricarsi tutte le tensioni. Come dimostra il memorabile siluro sparato cinque anni fa a Guzzo dal senatore di An Luigi Bobbio, che non contento di averlo marchiato come uomo del governatore diessino della Campania Antonio Bassolino ha raccontato che sua moglie Rosanna Cappelli era consigliere di amministrazione della società che gestisce il bookshop di Pompei, la Electa Mondadori (incarico peraltro nel quale è stata riconfermata ad aprile 2010). Ma in un mestiere così delicato certe ruvidezze della politica sono da mettere nel conto. Ora si vorrebbe risolvere la questione, come ha già segnalato tempo fa il Giornale dell' arte, separando le funzioni di tutela della Sovrintendenza (affidata fino al 31 dicembre a Jeannette Papadopoulos) da quelle di gestione, da assegnare di nuovo a un manager, stavolta però di una Fondazione privata. «Il cuoco non può stare contemporaneamente in cucina e gestire la sala», ha tagliato corto il direttore del ministero Mario Resca. Naturalmente, crisi di governo permettendo. Sergio Rizzo Fonte: http://laderiva.corriere.it/2010/11/pompei_fragile_gioiello_che_pe.html

L'Espresso pubblica la lista di «investimenti» del sito nel periodo di bondi, profili e fiori
Pompei, i soldi ci sono. Ma li spendono per transenne, sondaggi e divise di autisti
Ben 724 mila all'Università di Tor Vergata per lo «sviluppo di tecnologie sostenibili». Ottantamila euro impiegati per una visita di Berlusconi, poi saltata.
NAPOLI - I soldi sono pochi. Pochissimi. La coperta è corta. Il ritornello che accompagna le sventure di Pompei ha sempre lo stesso testo. Eppure, come riferisce L'Espresso, i quattrini scorrono a fiumi nel sito archeologico. Spesso però si tratta di iniziative che suonano futili rispetto alle urgenze di restauro e conservazione dell'inestimabile patrimonio. Per una visita del presidente del Consiglio, per esempio, furono previsti «sessantamila euro» come risulta alla voce contabilità del commissariato. Vanno aggiunti 11 mila euro per la «pulizia delle aree di visita del Presidente del Consiglio» e 9.600 euro per «l'accoglienza». La spesa venne giustificata come promozione culturale. Ma Berlusconi a Pompei non ci metterà mai piede.
L'ELENCO - I giornalisti claudio Pappaianni e Emiliano Fittipaldi elencano anche una lunga serie di investimenti intrapresi sotto Bondi, quindi dal 2008, e nel periodo dei commissari Renato Profili e Marcello Fiori. La lista comprende di tutto: 12 mila euro pagati per rimuovere 19 pali della luce; 100 mila per il «potenziamento dell'illuminazione» delle strade esterne al sito; 99 mila finiti a una ditta che ha rifatto «le transenne». «Oltre 91 mila euro sono andati a un Centro di ricerche musicali per l'installazione di planofoni (strumenti per la diffusione del suono nello spazio), e 665 euro sono serviti a cambiare le serrature di un punto di ristoro. Quasi 47 mila euro sono serviti per metter in piedi l'evento "Torna la vite". E poi le convenzioni: «547 mila euro sono stati spesi per un progetto intitolato "Archeologia e Sinestesia" curato dall'Istituto per la diffusione delle Scienze naturali, altri 72 mila sono state dati all'associazione Mecenate 90 (presidente onorario Gianni Letta, presidente Alain Elkann) per un'indagine conoscitiva sul pubblico, e ben 724 mila all'Università di Tor Vergata «per lo sviluppo di tecnologie sostenibili».
CENTOMILA EURO ALLA LAV - Ancora: sempre secondo quanto scrive il settimanale la Protezione civile elargì alla Lav ben 102 mila euro per l'arresto dell'incremento dei quadrupedi. Infine, il commissario Fiori spese 1.668 euro per i nuovi arredi del suo ufficio e 1.700 euro per la divisa del suo autista.
Redazione online - 11 novembre 2010
Fonte:
 

Lettura dei dati Inps sui trattamenti erogati nel 2010


di Daniele Cirioli - 11 Novembre 2010
su http://www.loccidentale.it
L’articolo completo e’ nella rubrica I polli di Trilussa.
Commento di grecanico.
Sintetizziamo – per quanto siamo capaci – il mirabile contributo alla scienza sociologica del Sig. Cirioli, tuorlo d’uovo e guru dell’analisi statistica. Egli ci spega:

“Se è vero, come è vero, che le pensioni hanno una diretta correlazione con l’attività lavorativa…”
Incipit di chi vuole mettere le mani avanti, con un immediato assioma, imposto al lettore, quasi ad esorcizzare la sua capacita’ di critica. Inoltre il contenuto dell’incipit e’ un falso ideologico; infatti l’INPS gestisce codeste erogazioni: gestioni previdenziali, gestione interventi dello stato, pensioni e assegni sociali, assegni vitalizi, pensioni CDCM ante 1989, pensionamenti anticipati, pensioni ostetriche ex enpao, pensioni invalidi civili (esclusa la spesa relativaall’indennita’ di accompagnamento), pensioni invalidi civili con maggiorazione sociale.

 “….i dati riassuntivi dell’Inps sul numero dei trattamenti erogati nei singoli territori possono fornire un’idea, sufficientemente attendibile, delle problematiche insistenti nelle singole regioni d’Italia.”
Si, ma dove sono questi dati riassuntivi? Il tizio non li palesa, il lettore non puo’ vederli. Coniugato all’incipit imposto, il lettore e’, da questo momento, passivizzato. Non puo’ controllare quanto il novello guru ciancia.

“Prendiamo, ad esempio, un raggruppamento di cinque regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.”
Questa impostazione e’ sbagliata, la giusta e’ quella ISTAT, le interpretazioni su campioni territoriali di dimensione diversa, hanno l’alternativa della singola regione, provincia, comune, Stato. Punto.

“Nell’insieme, in questi territori, l’Inps sta erogando quest’anno una pensione diretta (il cui diritto, in altre parole, è direttamente derivante dall’attività lavorativa esercitata) a circa il 50% degli anziani; in tutt’Italia, la media è di circa il 60% (70% circa nel Nord). Se aggiungiamo le pensioni indirette (o di reversibilità, quelle di cui hanno diritto i familiari alla morte del pensionato diretto), la coperta dell’Inps raggiunge quasi il 72% degli anziani, contro quasi il 100% del nord Italia e dell’80% del centro Italia”.
Bravo ragazzo, il Cirieli, ha letto giusto, ma – proprio per questo, ragazzo caro - non ti dicono niente i numeri che hai appena mensionato? Magari una piccola e sfuggente mensione sulla grave sperequazione tra Nord e Mezzogiorno sui sacrosanti diritti acquisiti? Ed ancora, nessuno ti ha detto che si commentano i consolidati, non i dati in real-time?

“C’è poi il capitolo assistenza, con quei trattamenti (sempre pensioni sono) il cui diritto non deriva direttamente (pienamente e/o proporzionalmente) ad un’attività lavorativa esercitata.”
Ragazzo devi deciderti, prima dici una cosa e poi un’altra. Hai esordito con l’assioma Se è vero, come è vero, che le pensioni hanno una diretta correlazione con l’attività lavorativa… e qui: (sempre pensioni sono).

“Lo stesso raggruppamento di territori, in tal caso, registra un vero e proprio trionfo raddoppiando il risultato medio dell’intera nazione: l’Inps raggiunge il 12,3% degli anziani, contro il 6,9% del dato Italia. Infine, le cinque Regioni osservate assieme fanno bene anche sul tema invalidità: 15 cittadini su 100 fruiscono di un assegno mensile, contro i 12 in media nazionale. In altre parole, qui finiscono ben 36 pensioni d’invalidità ogni 100 erogate dall’Inps.”
Certo, i dati quantitativi sono questi. Pero’ c’e’ uno sbaglio intrinseco. Questi dati sarebbero accettabili se facessero riferimento ad erogazioni pensionistiche di eguale valore. Non e’ cosi’, l’ISTAT – dati consolidati del 2007 – ci dice quanto segue:

Prestazioni e contributi sociali degli enti di previdenza.
Impegni/Accertamenti- Anno 2007 (in milioni di euro)
nord
milioni di euro in Previdenza € 121.365
milioni di euro in Assistenza € 9.193
milioni di euro in Sanità € 73
Totale  milioni di euro in prestazioni € 130.631
milioni di euro in Contributi sociali € 117.258

centro
milioni di euro in Previdenza € 51.014
milioni di euro in Assistenza € 3.864
milioni di euro in Sanità € 31
Totale  milioni di euro in prestazioni € 54.909
milioni di euro in Contributi sociali € 45.523

mezzogiorno
milioni di euro in Previdenza € 67.673
milioni di euro in Assistenza € 5.126
milioni di euro in Sanità € 41
Totale  milioni di euro in prestazioni € 72.840
milioni di euro in Contributi sociali € 46.300

mezzogiorno/centro
(divario in milioni di euro)
milioni di euro in Previdenza € 16.659
milioni di euro in Assistenza € 1.262
milioni di euro in Sanità € 10
Totale  milioni di euro in prestazioni € 17.931
milioni di euro in Contributi sociali € 777

variazione %
mezzogiorno/centro
milioni di euro in Previdenza 32,7
milioni di euro in Assistenza 32,7
milioni di euro in Sanità 32,3
Totale  milioni di euro in prestazioni 32,7
milioni di euro in Contributi sociali 1,7

mezzogiorno/nord
(divario in milioni di euro)
milioni di euro in Previdenza -€ 53.692
milioni di euro in Assistenza -€ 4.067
milioni di euro in Sanità -€ 32
Totale  milioni di euro in prestazioni -€ 57.791
milioni di euro in Contributi sociali -€ 70.958

variazione %
mezzogiorno/nord
milioni di euro in Previdenza -44,2
milioni di euro in Assistenza -44,2
milioni di euro in Sanità -43,8
Totale  milioni di euro in prestazioni -44,2
milioni di euro in Contributi sociali -60,5

media del nord più il centro 
milioni di euro in Previdenza € 86.190
milioni di euro in Assistenza € 6.529
milioni di euro in Sanità € 52
Totale  milioni di euro in prestazioni € 92.770
milioni di euro in Contributi sociali € 81.391

mezzogiorno/media del nord più il centro
(divario in milioni di euro)
milioni di euro in Previdenza -€ 18.517
milioni di euro in Assistenza -€ 1.403
milioni di euro in Sanità -€ 11
Totale  milioni di euro in prestazioni -€ 19.930
milioni di euro in Contributi sociali -€ 35.091

variazione %
mezzogiorno/media del nord più il centro
milioni di euro in Previdenza -27,4
milioni di euro in Assistenza -27,4
milioni di euro in Sanità -26,8
Totale  milioni di euro in prestazioni -27,4
milioni di euro in Contributi sociali -75,8

Signore e Signori, benvenuti al Nord! Ed il Ciriello termina come meglio non poteva:
“Il dato si “corregge” leggermente se viene letto non in funzione geografica (cioè, con riferimento alle regioni), ma con riguardo alla popolazione residente. Infatti, in tal caso, il divario tra i dati resta ma si riduce: al Sud, ogni 100 abitanti, ci sono 15 invalidi che percepiscono un’indennità; in tutt’Italia se ne registrano 12.”
No comment. Gli piace scherzare.

A Salerno è emergenza


Da redazione
Creata il 11/11/2010 - 10:30
Alessandro De Pascale
MALTEMPO. La Provincia chiede lo stato di calamità. Oltre 3.000 ettari di terreno allagati, diverse frane, strade chiuse e 300 persone evacuate. Danni per decine di milioni di euro, 14 Comuni saranno senz’acqua per giorni.

I danni del maltempo si trasferiscono in Campania. Le abbondanti piogge degli ultimi due giorni stavolta hanno mandato in tilt soprattutto la provincia di Salerno. La Coldiretti parla di oltre 3mila ettari di terreno sott’acqua in tutto il salernitano con intere colture di frutta e verdura, destinate ad essere vendute già tagliate e pulite in sacchetto, andate distrutte. A rischio l’olivicoltura e il bestiame, bufale comprese. Più di 300 le persone evacuate e danni per decine di milioni di euro. Quattro i fiumi esondati (Tanagro, Sele, Sarno e Solofrana), cui si aggiungono le frane, gli smottamenti e la caduta di massi che hanno costretto a chiudere totalmente al traffico cinque strade provinciali, mentre altre 53 sono parzialmente bloccate. In 14 Comuni è stata sospesa per i prossimi giorni anche l’erogazione dell’acqua potabile per danni alle infrastrutture dell’acquedotto Basso Sele.
 Rubinetti vuoti anche nella zona orientale di Salerno, Pontecagnano, Battipaglia, Eboli e Agropoli. Interrotti per frane, allagamenti e alberi caduti diversi tratti di statali: la 268 del Vesuvio, la 166 degli Alburni, la 163 Amalfitana e la 18 Tirrena inferiore. Disagi anche sull’autostrada A3 per l’allagamento del piano viabile e il forte vento. Vigili del fuoco, forze dell’ordine e Croce rossa sono al lavoro per limitare i disagi. Oltre 200 persone, nonostante l’invito delle autorità, non hanno voluto lasciare le proprie abitazioni minacciate dall’acqua temendo episodi di sciacallaggio. Il presidente della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli (Pdl), parla di una situazione che «potrebbe ulteriormente peggiorare», tanto da aver chiesto un «intervento immediato da parte del governo» per l’attuale stato di calamità.
«Non c’è solo il Veneto», ha spiegato il governatore, mentre l’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Marcello Feola, sollecita la Regione Campania a scendere in campo quanto prima, dal momento che «le risorse economiche a disposizione non bastano a fronteggiare i numerosi danni causati dalle piogge e dai conseguenti allagamenti registrati in tutta la provincia». Per Legambiente, ben 474 Comuni campani sono a rischio frane o alluvioni. In pratica l’86 per cento del totale. E la provincia di Salerno, tra i 5 capoluoghi della Campania, è la più fragile con addirittura il 99 per cento delle municipalità classificate a rischio. I problemi maggiori si registrano soprattutto nella Piana del Sele e nell’agro nocerino-sarnese. I vigili del fuoco hanno tratto in salvo tre persone trovate aggrappate ad un tronco di albero in località Ponte Barizzo, per lo straripamento del Sele.
 «Diverse aree della Piana, tra cui Ponte Barizzo, spesso chiuso perché allagato, per l’Autorità di bacino rientrano nella zona rossa ma gli interventi non sono stati mai fatti - denuncia il geologo Rocco Tasso -. Inoltre, a causa dello sviluppo urbano non pianificato, in alcune aree mancano le fognature e l’impermeabilizzazione della Piana per uso agricolo fa affluire tutte le acque reflue nel Sele che non regge il carico». Critica anche la situazione del fiume Sarno. «Nell’agro nocerino-sarnese - continua il geologo - ai problemi di carattere geologico, la conformazione calcarea può dare luogo a colate rapide di fango (vedi Sarno e Costiera amalfitana), si somma l’utilizzo selvaggio della montagna con assenza di controlli e mancata cura del territorio. Completa il quadro la rete di raccolta delle acque, inesistente in quasi tutta la provincia di Salerno», conclude Tasso. Il presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo, chiede a gran voce «un monitoraggio costante che servirebbe anche a salvare vite umane».
 Partendo dalla Costiera amalfitana, «più fragile di quanto si possa immaginare e che richiede interventi costanti», spiega Buonomo. Basta ricordare la recente tragedia di Atrani. «Nella piazza principale - denuncia il presidente di Legambiente Campania - stanno già ripristinando il parcheggio, nonostante durante l’esondazione del fiume Dragone dello scorso settembre siano state proprio le auto a contribuire a sbarrare la strada alle acque che tolsero la vita alla 25enne Francesca Mansi».