Quarto Potere padano




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Bufala campana: l'aggressione mediatica non ha precedenti
www.qualeformaggio.it
Qualcuno l'avrà chiamata "informazione a orologeria": probabilmente al Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana, dove ormai non sanno più a che santo votarsi per evitare i riflettori accesi su una vicenda a dir poco fastidiosa. Dopo la fiumana di articoli seguiti all'arresto e al rilascio di Giuseppe Mandara, l'estate scorsa, ci si poteva aspettare una tregua mediatica, se non altro sino all'appuntamento con il giudizio che il Tribunale del Riesame di Napoli dovrà esprimere proprio sul "re della mozzarella" e i suoi affiliati, il 30 novembre prossimo, scagionandolo definitivamente o tornando ad incriminarlo.
E invece no: lunedì scorso  all'unisono due articoli, uno su "Il Fatto Quotidiano" e uno sul settimanale "L'Espresso" sono tornati sulla questione con contenuti analoghi e titolazioni quantomeno errate, oltre che discutibili: il primo strillando un "Napoli, mozzarella dop fatta con latte congelato dell’est Europa" (di Vincenzo Iurillo) e il secondo con un poco fantasioso "La mozzarella Dop? Una bufala" (di Pietro Falco). La sostanza, espressa da informazioni in parte imprecise (perché Napoli se il "caso" è scoppiato nell'area del litorale casertano?) e in parte datate (intercettazioni già pubblicate) non ha lasciato indifferenti i lettori stessi delle due testate, nella loro versione web.
E così sono piovuti a centinaia i commenti, molti di condanna - per una  situazione in cui il consumatore medio si trova quantomeno a disagio - e altri di taglio totalmente diverso, vale a dire di stampo minaccioso nei confronti delle due testate e di almeno uno dei due giornalisti (vi confessiamo: non siamo riusciti a leggerli tutti, per quanti sono!). Insomma, un polverone senza che nulla di nuovo sia accaduto in questo ultimo periodo.
Senza una risposta plausibile ai dubbi che questa convergenza di editoriali intenti produce, ci piace dare spazio ad un bel pezzo di Mimmo Pelagalli, giornalista campano tra i più esperti conoscitori di quella realtà. Il suo è un pezzo obiettivo e pacato - finalmente - che ben descrive il clima esistente in quel comparto oggi, e che verosimilmente lo accompagnerà sino alla data del prossimo pronunciamento dei giudici. _____________
Mozzarella di Bufala Campana Dop, la Storia utile a capire il presente
di Mimmo Pelagalli
Alla Mozzarella di Bufala Dop tocchera' attendere il 30 novembre per sapere se alcuni dei suoi principali produttori saranno o meno arrestati per associazione per delinquere semplice,  finalizzata alla frode in commercio,  con l’aggravante di frode su prodotti a Denominazione di origine.
A decidere sulla misura cautelare per trentanove persone e sul sequestro di circa trenta caseifici, sara' il Tribunale del Riesame di Napoli.
Il giudice per le indagini preliminari del capoluogo campano, Anita Polito, ha respinto con ordinanza motivata – ben 124 pagine – la richiesta d'arresto formulata dai sostituti procuratori della Repubblica della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea Giovanni Conzo, Alessandro D’Alessio e Maurizio Giordano, richiesta in relazione all’ipotesi di reato prevista dall’articolo 416 del Codice Penale: l’associazione a delinquere. Ma ha confermato la sussistenza del reato di frode in commercio aggravata. Il giudice Polito, tra l’altro, non ritiene che sussista il pericolo per un danno grave ed irreparabile per il settore e l’attualità dello stesso.
Alla Mozzarella di Bufala Campana Dop tocca ancora attendere per sapere se risponde al vero che una complessa organizzazione criminale, capeggiata da Giuseppe Mandara, sia o meno esistita, abbia o non abbia effettivamente frodato la pubblica fede con l’utilizzo di latte concentrato, congelato e di provenienza estera. Magari di bufala ma non Dop.
Fatti avvenuti - secondo l’indagine - tra il 2007 ed il 2010, gravissimi se provati, e non solo per le persone sottoposte ad indagine.
La Mozzarella di Bufala Campana Dop non e' solo un formaggio fresco a pasta filata, prodotto con il 100% di latte fresco di bufale mediterranee italiane nate nell’area descritta dal disciplinare di produzione: province di Caserta e Salerno, comuni delle provincie di Napoli, Benevento, Isernia, Frosinone, Latina, Roma e Foggia.
Mozzarella di Bufala Campana e', al tempo stesso, un formaggio, un marchio collettivo che appartiene a tutti noi, non ad un gruppo di persone ed è soprattutto il frutto di una Storia incredibilmente fortunata.
La mozzarella e le paste filate furono inventate nel periodo caldo-medioevale. Un effetto serra prodigioso - tra la fine del 900 e i primi anni dopo il 1000 - fece si che nell’Appennino centro-meridionale non nevicasse più con l’abbondanza di un tempo. E diventasse così difficile conservare il latte nelle nevere o con la neve ed il ghiaccio che si poteva portare più a valle coi mezzi di allora. Ecco, al fine di conservare il latte, e poterlo poi consumare nei giorni successivi, fu inventata la pasta filata ad alta temperatura: cio' che non si pote' fare più col freddo, lo si fece col caldo. Pasta filata che, se prodotta ad elevato tasso di umidita', dava vita alla mozzarella. Poco prima, nel 915, l’assedio della cittadella Araba della foce del Garigliano da parte dei principi Longobardi di Benevento e Capua, Salerno, Spoleto, convocati dal Papa Giovanni X porta nel piano campano un animale nuovo: la bufala, proveniente dall’India e ambientatasi nei pantani e negli acquitrini all’epoca presenti nella zona. L’unione delle nuove tecnologie nate in Appennino, con l’allevamento delle bufale, divenute preda di guerra, fa si che proprio tra Lazio e Campania nasca un prodotto unico, che in molti di noi conoscono e stimano: una mozzarella fatta con latte di bufala finalmente ambientata nel clima mediterraneo.
Occorre tornare alla storia per capire l’importanza del patrimonio del quale siamo depositari? Sembra di si.
Ci vuole molto a capire che se la mozzarella e' stata inventata per conservare il latte e differirne il consumo nel tempo, non ha senso conservare il latte per produrre la mozzarella?
Ecco, produttori di latte bufalino di oggi e trasformatori trovino un accordo alto e nobile su come continuare a rifornire le nostre tavole di Mozzarella di Bufala Campana Dop. I disciplinari di produzione si possono cambiare e limare.
Ma non sia violato il senso della storia, che e' radice ed e' alla base di questo gustoso prodotto. Le vicende giudiziarie facciano chiarezza su cio' che è stato in anni recenti. Ma tocca a chi oggi dirige il settore – Mipaaf e Consorzio di Tutela in testa – evitare che in futuro si possa ancora dubitare del prodotto di punta dell’agricoltura della nostra regione, di un patrimonio che appartiene alla nostra collettività.
3 novembre 2012


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A leggere, uno si convince che – quasi quasi -  il decreto salva comuni riguardi Napoli e Palermo. In realta’ i comuni falliti ed inguaiati sul serio sono padani: Torino, Alessandria, Parma, solo per citare i noti. Tanto per ridere: i dati sul debito delle amministrazioni locali, analisi per aree geografiche, sono nei post del Bollettino della Banca d’Italia.

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Framing padanino: a leggere gli occhielli e l’articolo pare sia tutta colpa della Sicilia, se guardi le tabelle e’ tutta un’altra storia, che i due pennucoli non sono – evidentemente - in grado di leggere.




1. Se per Sud s’intende cose mal messe, allora codesto e’ il Centro, non il Mezzogiorno; che gli e’ nettamente superiore in tutti i settori, meno che per l’effetto turismo indotto su Roma dalla Citta’ del Vaticano (quantita’ di transito, spesso non altro che pellegrini). 2. Il Mezzogiorno e’ nettamente meglio del nord nel settore primario ed in molti comparti del terziario e del secondario. Il resto non conta perche’ i fondamentali dell’economia sono quindi al Sud. 3. La curva demografica del nord e quella del centro sono artificiose, sostenute dall’immigrazione che viene e va, ma non si radica. 4. La curva demografica del Sud e’ elastica, si adegua al ciclo storico, e gli immigrati che riescono ad inserirsi si radicano. 5. Il gioco delle tre carte, che diventano due (Nord+Centro vs Sud) incomincia a saper di vecchio. Non vorrei che sia stato inventato per mettere le pezze ai calzoni del Nord e le mutande al Centro. Inventati altro. 6. Questo articolo e’ framing invernizzina, la tizia e’ stata pagata per sparar cazzate, e le spara pure male.



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Quando lo fanno in padania e’: mobilita’ delle risorse umane, oppure efficienza nella gestione della manodopera. E puttanate similari. Se lo fa la Regione Sicilia e’: “un’invenzione”.



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Framing padanino, dove il titolo distorce il contenuto generale dell’articolo


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Fratelli d’Italia. I sabaudi hanno una citta’ fallita (Alessandria), Torino pignorabile, la Regione spazzatura (per Moody’s), ma si fanno coraggio, puntano l’indice contro le citta’ del Mezzogiorno; sperando che qualcuna fallisca. Cosi’ loro sono uguali, o addirittura meglio, dipende dall’abilita’ retorica del pennucolo di turno alla Stampa di Torino.

Dieci grandi città a rischio crac
In cima alla "lista nera" i capoluoghi di Campania e Sicilia. Boom di commissariamenti negli ultimi due anni
paolo baroni
roma
Ci sono dieci grandi città italiane con più di 50 mila abitanti che sono ad un passo dal crac. Napoli e Palermo in cima alla «lista nera», anche se da settimane una task force a Palazzo Chigi sta facendo di tutto per evitare il peggio. Poi Reggio Calabria, finita in rosso già nel 2007-2008 ed ora oggetto di un’inchiesta della magistratura. E poi tante altre amministrazioni, grandi e meno grandi (come Milazzo), magari fino ad oggi virtuose, potrebbero essere costrette a chiedere il «dissesto», che significa scioglimento della consiglio, entrata in campo della Corte dei Conti e commissario prefettizio.
L’ultimo colpo, o se vogliamo il colpo di grazia, sta infatti per arrivare: è una norma inserita nel decreto sulla spending review che nelle pieghe delle nuove regole che impongono l’«armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio» impone di svalutare del 25% i residui attivi accumulati sino ad oggi. Si tratta di entrate contabilizzate ma non ancora incassate, come possono essere i proventi delle multe e le tassa sui rifiuti. Cifre importanti, che servono a «fare» il bilancio di un ente che spesso, per prassi, gonfia queste voci pur sapendo di non riuscire a poter incassare il 100% degli importi messi a bilancio. Incassi spesso molto dubbi insomma, che ora non possono più servire a far quadrare i conti.
«A rischio sono almeno una decina di grandi città» confidano i tecnici del governo che stanno monitorando la situazione. «La situazione sta diventando ogni giorno più difficile», conferma il presidente dell’Anci Graziano Del Rio. Che punta il dito contro l’ennesimo taglio dei trasferimenti, contro le misure introdotte dalla spending review, e che rilancia l’allarme di tanti colleghi sindaci. «Tagliando di colpo i residui attivi è chiaro che i bilanci non quadrano più». Di per sè il principio, argomenta Del Rio, non sarebbe nemmeno sbagliato, «ma serve più gradualità per dare tempo ai sindaci che hanno utilizzato questa modalità di adattarsi. Perché altrimenti anche Comuni virtuosi, come ad esempio Salerno, a questo punto sono a rischio».
In base ai dati a disposizione del Viminale il fenomeno dei Comuni che hanno dichiarato il dissesto negli ultimi due anni è letteralmente esploso: da 1-2 casi all’anno si è passati a circa 25, comprese anche amministrazioni del Centro-Nord dove questo tipo di fenomeno fino a ieri era sconosciuto. Eclatante il caso di Alessandria, il cui sindaco solo poche settimane fa, ha gettato la spugna sotto il peso di 100 milioni di euro di debiti. Stessa sorte in precedenza era toccata a Comuni più piccoli come Riomaggiore (Sp), Castiglion Fiorentino e Barni in provincia di Como.
C’è un problema di tenuta dei bilanci e ce n’è uno ancora più forte di cassa. Che spesso il sindaco di turno si trova vuota. Perché la centralizzazione della Tesoreria decisa di recente ha sì fatto affluire alla cassa nazionale qualcosa come 9 miliardi di liquidità aggiuntiva ma, al tempo stesso, ha reso più complicato da parte degli enti poter beneficiare di anticipazioni da parte del sistema bancario. Prima col proprio tesoriere municipale ogni sindaco poteva contrattare e in casi di emergenza otteneva liquidità praticamente anche gratis, ora se si rivolge ad una banca deve certamente pagare gli interessi. Ammesso che il prestito riesca ad ottenerlo. A tutto ciò occorre poi aggiungere gli ennesimi tagli ai trasferimenti imposti dalla spending review: 500 milioni già entro fine 2012 e 1 miliardo all’anno dal 2013.
«A 4 mesi dalla chiusura dei bilanci 2012 - spiega Del Rio - anche i 500 milioni di tagli ai trasferimenti previsti per quest’anno sono molto pesanti. Rappresentano una quota molto importante dei nostri bilanci e cancellarli così di colpo non solo crea altri problemi di cassa ma sconvolge anche gli obiettivi del patto di stabilità». Per questo l’associazione dei Comuni, che domani tornerà a manifestare a Roma contro i nuovi tagli, manda a Monti un messaggio preciso: «Attenzione a forzare la mano, perché avanti di questo passo il giorno in cui comuni come Milano, Napoli e Torino usciranno dal patto di stabilità basterà questo solo gesto a scassare i conti dell’intero Stato». Conclude Del Rio: «Siamo disponibili a ragionare, ma le cose vanno fatte con criterio. E soprattutto bisogna tenere conto che come Comuni negli ultimi anni abbiamo già dato 22 miliardi di euro».
twitter @paoloxbaroni

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Dov'e' il framing padanino?
Consiglio Basilicata boccia la proposta per ridurre compensi
POTENZA – Il Consiglio regionale della Basilicata ha respinto una proposta di legge popolare sulla riduzione dell’indennità di carica, i rimborsi e i vitalizi dei consiglieri regionali (24 votanti, di cui un astenuto – il consigliere della Sel, Giannino Romaniello – e 23 contrari) : il testo, firmato da 3.849 persone, era stato illustrato in mattinata ai capigruppo dai proponenti, tra cui alcuni rappresentanti del “Movimento cinque stelle”.
La raccolta di firme della proposta di legge era stata organizzata da un gruppo di cittadini lucani in collaborazione con il “Movimento cinque stelle” della Basilicata. Il testo prevede la riduzione del 50 per cento dei compensi dei consiglieri regionali, l’eliminazione del vitalizio, dell’indennità di fine mandato e dei rimborsi forfettari. Alcune di queste proposte erano già state approvate dal Consiglio regionale in un disegno di legge presentato nei mesi scorsi.
Nel corso del dibattito sono intervenuti Luca Braia (Pd), Mario Venezia (Pdl), Antonio Autilio (Idv), Roberto Falotico (Mpa), e Giannino Romaniello (Sel).




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La stampa italiana evita di parlare di austerità
di Caterina Froio, Pietro Castelli Gattinara – 19 dicembre 2011
Pubblicato in: Francia
[Articolo originale "Quand la presse italienne évite de parler d'austérité" di Caterina Froio, Pietro Castelli Gattinara]
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
“Le parole sono importanti!” Si tratta di una delle frasi più citate del cinema italiano. Le parole sono importanti perché la scelta di un vocabolo per definire un fenomeno sociale, politico o economico da analizzare vuol dire caratterizzarlo e attribuirgli un significato ed una interpretazione ben precisi. La stessa realtà può essere descritta e ridisegnata in maniera diversa e questa molteplicità di visioni garantisce il pluralismo e la diversità della realtà descritta dai media. In breve, il senso delle parole è strettamente legato ad una interpretazione specifica del fenomeno reale.
 Se le parole hanno un significato, allora è il caso di analizzare il modo con cui i giornali italiani stanno descrivendo le manovre finanziarie approvate dal Consiglio dei Ministri.
Di cosa stiamo parlando esattamente? Molto semplice, parliamo di una serie di riforme che il neo governo italiano ha dovuto approvare, costretto dalle pressioni congiunte dei mercati e delle istituzioni internazionali. Niente di diverso da quanto è accaduto e sta ancora accadendo in Grecia, Spagna o in Irlanda. Parliamo evidentemente delle ormai note “misure di austerità” pretese a più riprese dai governi francese e tedesco, appoggiati da Barroso e Van Rompuy, oltre che dal Primo Ministro greco Papandreou. Le stesse misure già adottate in Spagna dall’ex Primo Ministro socialista Zapatero.
 Nonostante ciò, qualche giorno fa, leggendo le prime pagine dei quotidiani italiani, sembrava di trovarsi di fronte ad una realtà completamente diversa. Le misure di austerità sono scomparse si preferisce parlare di un “pacchetto di riforme strutturali” necessarie ed inevitabili.
 Dal punto di vista della terminologia e del lessico c’è un evidente tentativo di difendere ciò che, nel caso dei paesi PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), oppure di crisi politica del governo (come durante la recente agonia dell’ultimo governo Berlusconi), la stampa italiana aveva subito definito col suo nome: la trasformazione in legge di un diktat dei mercati, della BCE, del FMI o ancora del Cancelliere tedesco Angela Merkel.
Per dare un valore all’importanza di queste mistificazioni linguistiche, basta mettere a confronto i giornali italiani di oggi con quelli di qualche settimana fa, quando riportavano la situazione politica in Grecia e in Spagna. L’espressione “misure di austerità” è sparita e al suo posto sono state usate: “riforme”, “manovre di risanamento” o, ancora più sensazionalista ed enigmatica, “pacchetto salva Italia”.
 Ciononostante, se si legge la stampa estera, la situazione italiana viene descritta in tutta la sua gravità, e si pone l’accento sulle notevoli somiglianze tra le misure che il governo Monti sta approvando in Italia e ciò che è successo negli altri Paesi europei più duramente colpiti dalla crisi economica.
 Questo destino comune sembrava palese nelle parole dei giornali pubblicati oltralpe, oltremanica o oltreoceano. Senza vergogna, senza timore di creare del panico, indipendentemente dalla cura con cui veniva scelto il vocabolario tecnico della nostra politica italiana, i giornali stranieri non esitavano a definire “misure di austerità” le manovre approvate dal governo Monti, le stesse che sono state approvate (e sono ancora in vigore) nei mesi scorsi in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. La questione quindi è molto semplice: se si tratta della stessa cosa, perché chiamarla con nomi diversi?
Questa riflessione ci è stata suggerita, domenica 4 e lunedì 5 dicembre, da una rivista della stampa internazionale molto puntuale e critica. L’attenzione dei principali giornali italiani, europei e americani è rivolta allo stesso obiettivo: le misure preparate e presto attuate dal governo Monti, che includono tra le altre la riforma pensionistica, quella fiscale e altri “sacrifici”. Sia la stampa nazionale che quella straniera dedicano alcune prime pagine alle lacrime (incomprensibili) del Ministro del Lavoro e delle Politche Sociali Elsa Fornero.
 Cambia tuttavia il modo con cui i giornali italiani e internazionali hanno riportato le notizie. Questo comporta, inevitabilmente, una differenza nel modo in cui l’opinione pubblica italiana e la comunità internazionale le hanno percepite.
Il confronto delle prime pagine di BBC, The Wall Street Journal, Le Monde, The Guardian e quelle di La Repubblica, Il Giornale, L’Unità, Il Manifesto e La Padania è in questo senso costruttivo.
La Repubblica titolava: “La manovra: stretta pensioni, Irpef immutata” e il Corriere della Sera rilanciava “Stretta pensioni. Supertassa sulle case. Niente aumenti Irpef, supertagli alla politica”. O ancora La Stampa: “Ecco il decreto Salva Italia, pensioni, IVA, tagli alla politica, casa. Tutti i provvedimenti punto per punto”, L’Unità: “Non cambia l’Irpef, torna l’ICI e c’è stretta alle pensioni”.
 In constrasto con gli eufemismi delle prime pagine italiane, la stampa estera parlava molto più apertamente di “misure di austerità”. Infatti Le Monde scriveva: “Il governo italiano adotta un nuovo piano di austerità”, The Guardian: “Il Governo italiano si prepara ad adottare misure di austerità”, BBC: “Approvate le nuove misure di austerità in Italia” e The Wall Street Journal: “Monti rivela le misure di austerità”.
Appare abbastanza evidente da questa breve analisi del contenuto di giornali italiani ed esteri che la stampa italiana preferisce usare la sineddoche, ossia preferisce parlare dei singoli contenuti anziché dell’intero argomento (pensioni o tasse sul reddito anziché misure di austerità). Una scelta che comporta inevitabilmente una decontestualizzazione dell’opera di Monti per fronteggiare eventi internazionali come la crisi finanziaria, il crollo del sistema euro e il dominio da parte del governo francese e tedesco.
 Questa strategia, che i sociologi definiscono framing (secondo Lakoff, sarebbe il processo con cui si propone una percezione cognitiva, al fine di favorire determinate interpretazioni e scoraggiarne altre), e che [sic] attribuisce alle misure di austerità e agli eventi connessi un significato ben diverso se confrontato con quello della “tragedia” e della “fatalità” attribuiti agli stessi eventi che hanno colpito la Grecia, l’Irlanda o la Spagna.
Si tratta quindi di una decontestualizzazione della realtà italiana dalla crisi finanziaria internazionale. Nel caso della stampa italiana, questo processo va ben oltre la “semplice” non-esistenza (o scomparsa) delle parole “misura di austerità”. Si tratta della trasformazione di un’interpretazione “contestuale” in una visione asettica, che viene confermata dal fatto che nessuno degli articoli italiani sopra riportati fa riferimento alla pressione dell’UE o alla crisi dell’euro, che invece vengono regolarmente sottolineati dalla stampa estera.
Se, come fa notare Wittgenstein, la lingua è il medium con cui si costruisce la realtà, allora pare che ciò che la stampa italiana vorrebbe ottenere con una particolare scelta del linguaggio è di presentare una realtà diversa da quella reale. Da questa scelta consegue la differenza fondamentale nel modo in cui la stessa situazione viene descritta e interpretata in Italia e all’estero.
 Ma non è tutto. Per gli italiani, la realtà viene descritta in modo diverso quando si parla di noi (gli italiani) o dei nostri compagni di viaggio nella crisi. Siamo senza pietà, critici ed esigenti quando si tratta dei greci e degli irlandesi. Siamo asettici, legittimisti e faziosi quando si tratta di noi stessi.
Le misure di austerità e le riforme non sono semplici manovre. Non si possono riassumere in frasi come: “aumento delle tasse” o “innalzare l’età pensionabile”. Fanno parte di un cosiddetto “piano d’emergenza” che le classi economiche e finanziarie (prima che quelle politiche) in Europa hanno definito senza alcuna consultazione democratica.
 Chiamare le cose con il proprio nome sarebbe un buon inizio per tentare di capire ciò che succede in Italia e, forse, anche come andrà a finire questa storia.
http://italiadallestero.info/archives/13505



Ecco un caso di framing endogeno, made in terrone griffato. E’ il piu’ pericoloso, ad opera del meridionale stipendiato dallo stato padano, con aggiunta di collaborazioni e partecipazioni scientifiche. Insomma il framing dell’intellettuale ufficiale del Sud, uno de “I basilischi” (film della Wertmuller, 1961). Questo tipo antropologico trova – per diritto di status - corsie preferenziali sui giornali, e’ privato della verifica redazionale ed esonerato dai riscontri di quanto afferma per iscritto, con la disinvoltura dell’aerostato e la sicumera dell’uomo superiore. L’effetto mitridatizzazione e’ assicurato.
Il Sud sospeso tra il primo ed il terzo mondo
Domenico De Masi





Quanto segue sono solo bozze, materiale di supporto


e' sempre e comunque colpa dell'irresponsabile, incosciente gente del Sud. 
Quell'oro che se ne va (e pesa sul debito)
Federico Fubini




se non fosse colpa della gente del Sud, c'e' camorra 
Il miracolo di Volla: alle porte di Napoli il record di conti correnti
Ferruccio Fabrizio e Paola Zanuttini




e se non fosse colpa della camorra, mafia e compagnia cantante, ci sono le amministrazioni locali.
Essendo incapaci per antonomasia, ed unitamente al quadro macroeconomico, costringono il governo a dirottare gli investimenti in padania.
Ministero dell'Economia e delle Finanze. Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese, 2010
Dal capitolo 1. Sintesi: lo stralcio sulla spesa in conto capitale e pubblica nel Mezzogiorno





Espropriare, tassare, prendere i ricavi e portarli in padania.
Cipe, DELIBERAZIONE 3 agosto 2011 . Individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l’attuazione del piano nazionale per il Sud. (Deliberazione n. 62/2011).





















Framing collaterale ed effetti indotti



Del come un pettegolezzo si trasmuta in una Non Notizia, e poi in un articolo, con l’aggiunta gratuita di un giudizio moralistico incorporato nel titolo. L’autore scrive meschinita’ basate su presunti rumors, ovviamente non verificabili. Non come le smentite, invece ufficiali. Un esempio emblematico e concentrato del modus pensandi ed operandi della stampa belpaese galbanino.
Coppa America, figuraccia Napoli. Fabio Pozzo


Delle due l’una: i titolisti del Sole24Ore lo fanno apposta, oppure sono asini. Il titolo e’ subdolamente inesatto e carente di completezza. Il problema riguarda anche altri 9milioni circa di residenti: circa 5 nel Lazio e 4 circa in Piemonte. A pensarci bene, considerati i precedenti, lo fanno apposta, quindi e’ framing, decontestualizzazione mirata ad addossare sul groppone dei Governatori del Sud il peso morale e di immagine del contrasto con il Governo di Roma.

I Governatori del Sud contro l’esclusione dai decreti sui crediti Pa. Vera Viola