Energia del Mezzogiorno.6







Nella valle del petrolio, serve vera programmazione
La sfida nel coinvolgimento dei livelli istituzionali
Il viaggio del Quotidiano nella valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il Centro Oli alle spalle e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a Villa d'Agri per respirare un'altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di vario genere, il traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono pieni, a ora di pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande realtà, ma anche questo piccolo paragone esalta le differenze...
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – Il viaggio del Quotidiano nella valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il Centro Oli alle spalle e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a Villa d'Agri per respirare un'altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di vario genere, il traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono pieni, a ora di pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande realtà, ma anche questo piccolo paragone esalta le differenze. 
La sensazione è che da queste parti l'economia locale giri un po' meglio rispetto al paese che ospita il Centro Oli. Molto probabilmente  è anche lo stesso personale Eni a fare più riferimento a questo comune che è altrettanto a portata di mano rispetto alla zona industriale.
Ma - ci dicono - è soprattutto grazie a dipendenti  e utenti di ospedale e banche – oltre che al migliore posizionamento geografico - che in giro c'è più movimento. Il polo dei servizi, almeno in superficie, sembra aver portato effetti più immediati sul tessuto economico locale rispetto al petrolio.
Per carità, l'ingente quantità di danaro che l'oro nero ha portato nelle casse del Comune di Viggiano non è neanche lontanamente comparabile al benessere derivante da qualche attività commerciale e dagli uffici. Ma nel paese della Madonna nera e dei piccoli suonatori di Arpa, le giornate sono scandite dallo stesso ritmo di un qualsiasi altro paesino dell'entroterra lucano. La ricchezza puoi vederla nei numeri, ma non toccarla.
Anche le grandi opere che il primo cittadino Giuseppe Alberti rivendica con orgoglio, anche se la gran parte ancora in via di realizzazione, non hanno ancora regalato a Viggiano il volto del paese più pagato in Italia dalla compagnie del petrolio. In giro per i vicoli del centro realtà  ci sono anche due giovani informatori Eni che si stupiscono per una comune che in fondo non ha nulla di particolarmente diverso rispetto a tanti altri. 
Nonostante i bandi dell'amministrazione comunale finanziati dalle compensazioni economiche che derivano dalle estrazioni, che prevedono agevolazioni per l'imprenditoria e l'artigianato locale, i negozi sono pochi e non particolarmente forniti. A Viggiano, poco più di tre mila abitanti per 21 pozzi di petrolio, non c'è nemmeno un forno. In compenso ci sono ben 25 associazioni. Un popolo particolarmente attivo. O semplicemente molto interessato ai contributi elargiti dal Comune per questo tipo di attività che non comportano alcun tipo di rischio imprenditoriale. In paese si respira con un legame con le tradizioni molto forte. Come suggerisce il simbolo dell'arpa disegnato sulle vetrine di diversi negozi del centro e non solo.
L'elemento più moderno è rappresentato dall'ascensore che dal piazzale del Municipio porta ai parcheggi. Un paio di bar nella piazzetta sono affollati soprattutto da gente del posto. Di dirigenti Eni neanche l'ombra.
Ma ci dicono che alcuni di loro abitano sul posto. Una zona residenziale che si distingue per le case spaziose e ben tenute con giardino e ottimi arredi. Anche il centro del paese si presenta ordinato e ben tenuto. Anche se ci sono molti cantieri aperti. Il centro storico ha qualche pecca, nonostante i soldi del terremoto prima e quelli del petrolio dopo.
Molto probabilmente – come dice il sindaco Alberti – quando il grosso dei lavori pubblici sarà completato Viggiano avrà un altro aspetto. Se questo riuscirà a mettere in moto un circuito economico differente e parallelo alle attività estrattive non è da vedere. Fino a ora, però l'impresa non è riuscita.
Ma sarebbe un errore pensare che lacune o i ritardi siano addebitabili solo all'amministrazione comunale. Viggiano è sostanzialmente un paese lasciato solo a gestire una ricchezza impensabile per un comune di quelle dimensioni. Dice bene il sindaco Alberti quando sottolinea che ci sarebbe bisogno di una regia più ampia per programmare le politiche di un'intera valle. Uno sviluppo che invece ancora oggi è ostaggio della latitanza istituzionale, o nel migliore dei casi, dell'accavallamento di competenze di un modello gestionale che fa acqua da tutti le parti.
E lì dove anche solo il buon senso basterebbe a guidare la buona azione bisogna fare inevitabilmente i conti con ostacoli squisitamente “burocratici”. Come la differenza di “giurisdizione” per le aziende dell'area: che pur distando pochi metri l'una dall'altra ricadono chi nel comune di Viggiano, chi nel comune di Grumento, con le conseguenti diversità di trattamento e di opportunità.
Un caso per tutti che dice una cosa: se è vero come da stime che la Val d'Agri potrà vivere per altri 50 anni di petrolio, c’è bisogno al più presto  di una programmazione che veda coinvolti e dia responsabilità a tutti i livelli istituzionali.
sabato 02 novembre 2013 08:20




Nella valle dei petroleuro: come si usano le royalties? Il petrolio c'è ma si vive male
La difficile convivenza tra una terra a vocazione agricola e le attività estrattive
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – La notte ti guarda come un occhio indiscreto. Di giorno la sua fiamma domina tutta la vallata. Visto dall’alto, il Centro Oli di Viggiano, con l’area industriale che si estende intorno, sembra un squarcio inferto a quel polmone verde che fa da cornice agli insediamenti. Fino a pochi metri prima di arrivare ai cancelli Eni è come essere immersi in aperta campagna. Uliveti, vigneti e altri tipi di colture che un tempo erano i settori trainati dell’economia locale continuano a convivere con le estrazioni. Ma a fatica.
I prodotti dei campi dove sgorga il petrolio, “nessuno li vuole più”
 Le attività agricole e gli allevamenti inevitabilmente hanno risentito  della presenza delle multinazionali del petrolio. “Quello che viene prodotto in questi campi ormai non ha più valore”, spiega Nino Marchionna. Abita proprio lì vicino, mentre i suoi vigneti si trovano poco oltre.  “Dicono che inquinamento non ce ne sia. Ma il primo a non crederci sono io. Le ho viste con i miei occhi quelle fiammate che più di una volta si sono alzate dalla torcia. Convivo con il rumore e il cattivo odore. E questo basterebbe a mettere in fuga chiunque. Da qui ma ne andrei volentieri. Ma oggi questi terreni non valgono niente”.  Non è un agricoltore. Vive di altro. Precisamente è uno degli operai che hanno trovato impiego con il progetto assegnato dal Comune al Parco della Val d’Agri. Un milione di euro di royalty per circa una cinquantina di dipendenti che si svolgono attività di tutela ambientale e prevenzione del rischio idrogeologico. “Ma le giornate pagate – dice – sono state solo 92. Inoltre il progetto è finito”. Il Comune lo ha prorogato per un altro anno e molto probabilmente continuerà a farlo fino a quando ci sarà disponibilità di royalty. “Ma per ora – aggiunge – non è ancora ripartito. Evidentemente questo non essere considerato un vero e proprio lavoro”.
“Per noi imprese, dal petrolio nessun vantaggio”
Il vero cuore dell’economia, dai campi si è spostato altrove. Ovvero proprio nell’area industriale. E non solo nell’indotto del petrolio, dove solo da qualche anno si vede qualche segnale più rassicurante in fatto di risvolti occupazionali. Vicino al Centro Oli ci sono altre aziende. Alcune hanno chiuso, ma altre sono attive e rappresentano anche delle buone realtà produttive. Con il petrolio non hanno nulla a che fare. Come la Vibac che dà lavoro a circa 300 operai, quasi tutti dell’area. O la Elbe, che produce alberi e giunti cardanici soprattutto per auto. Azienda tedesca impiega circa una novantina di lavoratori, anche in questo caso per lo più della Valle. Qualche anno fa un decina di operai finirino al pronto soccorso di Villa d’Agri denunciando un’intossicazione da idrogeno solforato, a causa di un’“anomalia” al Centro Oli. A parte questo, con le aziende della filiera estrattiva non hanno nulla da spartire. Per loro il petrolio non si è tradotto in alcun vantaggio. Il direttore dello stabilimento Giacinto Maria Genco spiega: “Fare impresa a Viggiano è esattamente come farlo in qualsiasi altro posto della Basilicata. Vantaggi particolari non ce ne sono”. Non per un’azienda di queste dimensioni. “La maggior parte dei bandi del Comune e anche della stessa Regione – spiega ancora il direttore - sono rivolti per lo più a piccole e medie imprese. Ma noi non rientriamo in questa categoria”. Per il resto non ci sono molte mucche da mungere. Anzi.
Qui dove il metano è ancora un sogno e l’Adsl va a singhiozzi
Nel regno del petrolio la più grossa incongruenza è una: da queste parti ancora non c’è neppure il metano. “Andiamo avanti con il Gpl”, dice Genco. L’altra stortura che salta subito agli occhi è quella relativa alla viabilità: il manto stradale della area industriale del colosso Eni è un colabrodo. Il Comune dice che spetterebbe all’Asi occuparsi di questo tipo di lavori nell’area industriale che per altro è perfettamente divisa in due tra due comuni, Viggiano e Grumento. E sempre il Consorzio è responsabile di un altro grosso disagio. La Elbe – come molte altre fabbriche della zona – è costretta a usare acqua potabile, perché quella industriale contiene sostanze corrosive degli impianti. Uno spreco oltre che un costo notevolmente superiore. E non va meglio in fatto di  infrastrutture immateriali: “L’Adsl qui non va a singhiozzo. Se non avessimo una linea dedicata sarebbe un grosso problema”. Sia Viggiano che Grumento hanno attivato due reti Wifi gratuite. Ma gli imprenditori non vi hanno accesso. E per stare alle cose più semplici, chi ha bisogno di fare bancomat – fanno notare ancora nello stabilimento – è costretto a spostarsi  in paese, a Viggiano o a Villa d’Agri. Perché qui lo sportello non funziona quasi mai.
Usciamo dalla Elbe, per entrare in un’altra bella azienda. E’ la Litoforme di Angelo Pessolano. Lavora manufatti in marmo e, tanto per intenderci, è quella che ha realizzato la pavimentazione della nuova piazza Prefettura di Potenza. Ha dimensione più piccole. Circa una decina gli operai a cui si aggiunge qualche unità che si occupa della parte amministrativa. Insomma, è una di quelle aziende che in teoria potrebbero avere accesso i bandi di cui si parlava prima. Il titolare dice: “Non sono tra coloro che sostengono che non sia stato fatto nulla. Per esempio c’è l’incubatore di Sviluppo Basilicata che per me è una buona cosa ma che rimane poco utilizzato perché c’è poca domanda”. Più che altro, per Pessolano “speso le cose fatte non sono quelle giuste. O comunque non rispondono alle reali esigenze di imprenditore. Si tratta di strumenti concepiti male. Penso a quelli del Comune ma anche della Regione”.
Soldi per ristrutturare? Dateci vetrine distributori di metano
Il titolare della Litoforme fa esempi chiari: “Personalmente ritengo che i soliti contributi per l’acquisto di macchine e per l’aumento della produzione siano poco utili. Mi piacerebbe che l’aiuto pubblico fosse indirizzato a generare domanda, a spostare i prodotti fuori, promuoverli sui mercati che contano. Un po’ come è stato fatto per quella ristretta nicchia del vino lucano. Che ne so, penso all’acquisto di un palazzo a Linate. Una vetrina dove agevolare l’incontro produzione lucana – domanda internazionale”. Di idee ne ha anche un’altra: invece di rassegnarsi a contentini “chiedere a Eni, con l’iniziativa pubblica,  una quindicina di distributori di metano, stimolando un trasporto più “pulito” con un indubbio vantaggio in termini economici: per le famiglie si tratterebbe di un risparmio di quasi 4 mila euro all’anno. Mica male, no, invece dei 90 euro della card benzina”.
“Il problema? – dice a fine visita – Questa classe dirigente non sempre è stata all’altezza della sfida”.
giovedì 31 ottobre 2013 08:05



Benvenuti a Viggiano, nel regno dei petroleuro
Come si vive e come si spendono le royalties nel paese più ricco d’Italia?
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – All’ingresso del paese il cartello recita: “Il paese di Maria”, in onore della Madonna nera che ogni anni porta centinaia di turisti nel santuario che sovrasta la valle. Ma qui il miracolo lo si aspettava un altro santo nero: l’oro che sgorga dalle viscere della terra. Negli ultimi cinque anni ha portato ben 83 milioni di euro. Benvenuti  a Viggiano, il comune più ricco d’Italia. Ma, una volta arrivati, dopo aver percorso strade a rischio foro di gomma, scordatevi di trovare i segni dell’opulenza. La vita, nel comune che ospita il Centro Oli Eni, scorre pressappoco come in qualsiasi comune dell’entroterra lucano.
A mezzogiorno appena trascorso le poche persone che si trovano in piazza, sono per lo più operai che bevono una birra alla fine del turno di lavoro. Molti anziani, pochi giovani. Alcuni al lavoro, molti partiti. Il centro è ordinato e c’è anche qualche aiuola. I marciapiedi sono nuovi, pare che siano stati rifatti più volte. E nella villa comunale c’è anche un parco avventura per bimbi. Ma della ricchezza che ci si aspetterebbe di trovare sul territorio che è il più grande giacimento di petrolio su terraferma dell’Europa occidentale non c’è traccia. Che fine ha fatto il fiume di royalty che le compagnie del petrolio hanno pagato in questi anni? Il termine in italiano rende meglio il senso: se c’è una compensazione economica vuol dire che ci sono anche dei danni. Ma la beffa – opinione condivisa dei cittadini di Viggiano – è che da questi parti gli unici risvolti evidenti di 20 anni  di petrolio siano proprio e solo i mali.
La gente che incontri per strada ti dice che nonostante il tesoro naturale del sottosuolo la disoccupazione è più o meno in media con quella degli altri comuni lucani. Che qualcosa in più, negli ultimi due anni, dopo una battaglia fatta dai cittadini disoccupati, è stata fatta. Ma che non basta. Perché il lavoro spesso dura pochi mesi o comunque non più di un anno. E poi non è qualificato. Raccontano che spesso il “posticino”, quando c’è, va a finire direttamente all’amico dell’amico. Il lavoretto, invece, lo assegnano sempre alla solita impresa. Che venti anni di petrolio sono passati senza che nessuno se ne sia accorto. Se non per i danni, appunto: il cattivo odore, il rumore. Il calo delle attività agricole e d’allevamento, inevitabilmente compromesse dall’immagine di una terra di perforazioni altamente pericolose. La paura che prima o proprio la bomba ecologica possa scoppiare davvero.
Raffaele che è partito più di quarant’anni fa alla volta della Svizzera e che ora che è in pensione viene qualche volta per vedere come vanno le cose nel suo paese d’origine dice che non vorrebbe mai che i suoi figli tornassero qui. “Siamo distanti anni luce, cè poco da fare”. Da Viggiano, negli anni Ottanta, sono partire quasi tre mila persone alla volta dell’Australia. Non ne è più tornato nessuno, neanche adesso che potenzialmente la Val d’Agri potrebbe essere gli Emirati Arabi della Basilicata. Un esercente di un’attività commerciale del centro dice che i suoi quattro figli, di cui due laureati, lavorano con lui perché non cè molto altro da fare. “Noi non ci lamentiamo – spiega – tiriamo avanti bene. Ma, quando mi guardo intorno, penso: è vero, la Basilicata è terra di conquista. E penso che certe cose questi signori del petrolio ce le hanno fatte a posta per provocarci – dice mentre indica con la mano il pozzo che sorge a qualche centinaio di metri della sorgente d’acqua – Perché proprio lì? bastava spostarlo un po’ più giù. Sembra quasi che vogliano sfidarci. Ma tanto qui nessuno dice niente”. Sulla mensola del bar i santini ammucchiati di un candidato alle prossime regionali. La campagna elettorale si fa sentire anche da queste parti. “Vengono a chiedere voti e poi spariscono”. “Ma che gli crede più”, dice un altro cittadino mentre mostra la pratica con cui la Procura ha archiviato la sua denuncia per un parco di pannelli solari realizzato nei lotti Asi che dovevano essere assegnati ad attività industriali.
Qui ti dicono tutti che questi venti anni di petrolio sono stati un fallimento. Che la classe dirigente locale e regionale è stata incapace di gestire quella che potenzialmente poteva essere una ricchezza. E mentre te lo dicono pensi che molto possa essere il frutto di luoghi comuni. Che in fondo criticare è sempre stato molto più facile che apprezzare. Allora inizi a girare il paese di persona. A caccia di segni di un’altra Viaggiano, diversa da come te l’anno raccontata.  Ma non ne trovi. La signora che sbuccia le castagne per essiccarle, dopo aver messo ad asciugare la lana appena lavata del cuscino è la stessa immagine che ho visto trent’anni fa nel paese di mio padre. Il centro storico non è degno di un paese dalle casse così piene. Ci sono molti cantieri, ma anche molte case fatiscenti. Neanche le ingenti somme del post terremoto sono riuscite a dare un altro volto a questo paese. Un fiume di danaro passato invano.
E allora perché non aggiungerci anche altri soldi: l’amministrazione comunale con una parte delle royalty  ha tirato fuori un bando che prevede agevolazioni per chi ristruttura le facciate delle proprie abitazioni. Circa un milioni di euro. Ma al momento pare che siano state finanziate solo il dieci per cento delle domande. Mentre un altro bando di questo tipo sta pere essere riproposto, quando ancora non è stato ancora completato il primo. Finanziamenti ci sono pure, fino al 75 per cento, per chi cambia la caldaia di casa. E combattere la denatalità ci sono tre mila euro per ogni nuovo bebè. Le “grandi opere” impegnano circa venti milioni delle royalty di Viaggiano. Solo che la gran parte – dopo vent’anni – è ancora tutta in cantiere.
Qui aspettano tutti l’inaugurazione di domani. Si tratta del primo e unico campetto in prato in paese. “Una promessa che mi porto dietro da quando ero bambino”, dice il consigliere d’opposizione, Amedeo Cicala. In costruzione sono pure ancora l’asilo nido e la piscina comunale. Per vederle realizzate ci vorrà ancora tempo. E’ vero. In fatto di occupazione, c’è il progetto che l’amministrazione comunale ha messo a punto con il Parco della Val d’Agri: una cinquantina di lavoratori che si occupano di attività ambientali e di  prevenzione del rischio idrogeologico. Un milione di euro di royalty. Per un solo anno però. L’amministrazione comunale ha provveduto a riconfermarlo anche per quest’anno. E probabilmente lo farò anche per quelli a venire. Fino a quando ci sarà disponibilità di cassa. Fino a quando ci sarà petrolio. Siamo molto lontani da quella politica di investimenti che andrebbe messa in campo prima che sia troppo tardi. “Il problema è che fino a ora i soldi del petrolio sono stati utilizzati per spesa corrente e non per investimenti.  E il vero dramma è che manca una programmazione degna di tale nome”, insiste Cicala. E in paese dove non c’è neanche il piano regolatore, è difficile immaginare il contrario. Per le imprese nessun vantaggio localizzativo, non in termini energetici. E per assurdo la paura più grande da queste parti  non è che chiuda il Centro Oli ma che vada via la Vibac, azienda che dà lavoro a più di 300 lavoratori dell’area, come o addirittura più di quelle impiegate nell’indotto delle estrazioni, ma che non gode di alcun tipo di defiscalizzazione. Un’altra fabbrica importante per l’economia locale è andata via da qualche anno. Si chiamava Spalberg e produceva spalline. A certo punto ha chiuso per mancanza di commesse. Sarebbe bastato a esempio, che Eni avesse assegnato all’azienda la realizzazione delle proprie divise. E invece niente. Sul territorio il petrolio non produce economia. E’ vero, adesso c’è il nuovo accordo con Eni e Shell: gas gratis per famiglie e imprese. “Accordo? – precisa Cicala – A mio avviso bisogna stare attenti a non andare troppo in là con la fantasia. Si tratta solo di linee guida. E bisognerà vedere come potranno trovare attuazione in accordo con le normative europee e Antitrust. A mio avviso sarebbe meglio non cantare vittoria troppo in fretta”. Del resto, nella zona industriale di Viaggiano i lavori per la realizzazione della rete del metano sono stati appaltati solo da poco. “Speriamo che con lui cambi qualcosa”, dice un barista mentre indica un manifesto elettorale. Ma a crederci ancora non sono poi in molti.
mercoledì 30 ottobre 2013 08:32









In caso di inerzia delle regioni il Governo potrà dire sì a nuove estrazioni
Se le regioni dovessero continuare a dire no ad ogni nuova intesa in materia di energia, il Governo potrà fare da solo
di LEO AMATO
POTENZA - Se le regioni, e in particolare la Basilicata perchè il riferimento è evidente per quanto implicito, dovessero continuare a dire no ad ogni nuova intesa in materia di energia (si legga su tutto: petrolio, ndr), il Governo potrà fare da solo. Con buona pace del federalismo e delle competenze ripartite. Senza nemmeno dover cambiare il Titolo V della Costituzione.
E’ quanto ha ribadito la Consulta che una settimana fa ha respinto i ricorsi presentati dai legali di via Verrastro contro un articolo del decreto “Misure urgenti per la crescita del Paese” più noto come “Cresci-Italia” approvato dal governo Monti il 22 giugno del 2012 che prevede.
«Fatte salve le disposizioni in materia  di  valutazione di impatto ambientale - sancisce la norma appena promossa dai giudici della Corte Costituzionale - nel caso di mancata espressione da  parte  delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa  comunque denominati inerenti alle funzioni di cui all’articolo 1, comma 7 e 8 (si legga concessioni e autorizzaioni per infrastrutture strategiche in materia di energia, ndr), entro  il  termine  di  centocinquanta  giorni  dalla  richiesta,  il Ministero dello sviluppo economico invita le  medesime  a  provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di  ulteriore inerzia da  parte  delle  amministrazioni  regionali  interessate  lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del  Consiglio  dei Ministri, la quale provvede in merito  con  la  partecipazione  della Regione interessata. Le disposizioni del presente comma si  applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso».
In parole povere: decide il Governo, e se le regioni obiettano qualcosa non conta.   
A rendere nota la decisione è stata l’Organizzazione lucana ambientalista che ne ha anche pubblicato il testo integrale sul suo sito internet. «La Consulta - spiegano gli ambientalisti - ha dichiarato in sostanza non fondato il ricorso anche in riferimento all’articolo 117 della Costituzione e al principio di leale collaborazione in materia di Intese per permessi e concessioni  petrolifere…».
«Dopo la bocciatura della Consulta della cosiddetta “moratoria bluff” proposta dall’ex governatore della Regione Basilicata, Vito De Filippo e votata dal consiglio regionale – fa rilevare ancora la Ola -  la nuova bocciatura della Consulta riguarda anche l’articolo 1 della legge di riordino del settore energetico che stabilisce che le disposizioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate per la terraferma, sono poste in essere dallo Stato d’intesa con le Regioni interessate».
La Regione Basilicata evidenziava nel ricorso come la normativa nazionale vigente in materia di conferimento dei titoli minerari in terraferma prevedesse sempre tale intesa e la previsione di una clausola di superamento violasse il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Ma la Corte Costituzionale è stata di tutt’altro avviso rovesciando l’accusa sulla regioni “no triv-a prescindere”
«Ferma restando la libertà dello Stato e della Regione di esprimere senza alcun vincolo i propri punti di vista e le proprie determinazioni favorevoli o contrarie a certe scelte – scrivono i giudici del collegio presieduti da Gaetano Silvestri - l’adozione, da parte della Regione, di una condotta meramente passiva, che si traduca nell’assenza di ogni forma di collaborazione, si risolve in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale con indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell’azione amministrativa (...) La disposizione, dunque, è finalizzata a superare le dette forme di inerzia e, pertanto, in tali sensi interpretata, non viola le competenze costituzionali della Regione, né si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione, che anzi tende ad attuare».
Come evidenziato dalla Ola  c’è da attendersi che la sentenza della Corte Costituzionale abbia ripercussioni sulle intese istituzionali pregresse e quelle future imprimendo una brusca accelerata alle autorizzazioni per nuove istanze, in presenza di procedimenti Via avviati e/o conclusi con esito positivo.
mercoledì 16 ottobre 2013 09:47






La vertenza petrolio arriva a Roma
Il 18 incontro col ministro Zanonato
Sindacati, Confindustria e Pensiamo Basilicata bypassano la politica e ottengono un incontro col ministro dello Sviluppo Economico. Si tratta di un’iniziativa autonoma delle parti sociali per “ricontrattare” il Memorandum
di MARIATERESA LABANCA
SARANNO a Roma, il prossimo 18 ottobre, per parlare di petrolio direttamente con il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Anche questa volta si tratta di un’iniziativa completamente autonoma rispetto ai livelli istituzionali lucani, sia regionali che nazionali, che per l’ennesima occasione rimangono fuori dalle stanze romane in cui si discute di Basilicata. Saranno Cgil, Cisl e Uil, Confindustria e il cartello delle associazioni datoriali Pensiamo Basilicata a farse interpreti delle istanze della regione in fatto di estrazioni.
L’hanno chiamata “vertenza petrolio”. Consapevoli del fatto che il futuro delle estrazioni lucane passa attraverso un nuovo e non più rinviabile approccio in fatto di programmazione. Oggetto del confronto saranno le proposte contenute nel documento “Vertenza petrolio: per la Basilicata”, presentato nel corso della recente festa della Cgil lucana. Proprio in quella occasione il ministro Zanonato, dal palco di piazza Don Bosco, aveva dato la sua disponibilità a spostare i temi del confronto agli uffici del ministero. E a qualche giorno dalla richiesta dell’incontro è seguita la convocazione. Le parti sociali chiedono,  in primo luogo, che il decreto attuativo dell’articolo 16 - che recepiva, l’anno scorso, i contenuti del Memorandum sottoscritto tra Regione e Ministero nel 2011 - venga modificato: rischia di trasformare le legittime aspettative lucane nell’ennesimo piatto di lenticchie. Prevede che una quota dell’extragettito fiscale versato dalle compagnie del petrolio allo Stato venga sì destinato alla Basilicata, per il finanziamento dei quattro assi (occupazione, infrastrutture, energia “pulita” e ambiente) che erano state individuate all’interno del Memorandum, ma in quantità di molto inferiori rispetto a quelle previste.
Secondo il provvedimento ministeriale la previsione vale solo per le società di nuova costituzioni e soprattutto su nuove estrazioni. Il che allunga i tempi e ridimensiona sensibilmente le risorse destinate alla Basilicata. La proposta di sindacati, Confindustria e associazioni datoriali prevede invece che vengano ricompresi i 95 mila barili già previsti dai progetti di sviluppo e venga eliminato il tetto dei 50 milioni. La modifica del decreto attuativo - è la proposta delle parti sociali - dovrà essere accompagnata da una programmazione della concentrazione delle risorse su pochi e mirati interventi per welfare (a partire dall'istituzione di uno strumento di sostegno al reddito finalizzato all'inserimento/reinserimento lavorativo), lavoro e tutela ambientale. Le royalty dovranno essere esclude dal patto di stabilità, che oggi impedisce alle amministrazioni di poterle spendere. Anche il fondo attualmente destinato alla copertura della carta carburante dovrà essere riprogrammato in questa direzione. Ma, soprattutto, la richiesta inoltrata al Governo è quella di farsi promotore, insieme ai grandi player dell'energia e non solo (Finmeccanica, Enel)  di un piano per portare in Basilicata 4-5 mila posti di lavoro nei settori manifatturieri più avanzati (dalle bio plastiche alla farmaceutica, dai nuovi materiali, alle tecnologie per il risparmio energetico).
«Sosterremo le nostre ragioni - annunciano in un comunicato unitario - con tutti gli strumenti a disposizione, lottando se necessario, per rivendicare il giusto riconoscimento alla Basilicata, regione che responsabilmente da tanto al sistema Italia ricevendone però in cambio molto poco. Oggi le priorità si chiamano difesa del lavoro e del sistema produttivo locale e soprattutto creazione di nuova occupazione, sostegno alla ricerca e all'innovazione,  investimenti in coesione sociale».
Ma l’iniziativa di sindacati, Confindustria e associazioni datoriali ha una portata che va oltre quello che si legge nel documento predisposto e che verrà presentato a Zanonato. Come si diceva all’inizio si tratta un passo avanti compiuto in autonomia rispetto al livello politico istituzionale lucano, al momento impantanato altrove e sempre più distratto rispetto alle questioni concrete che riguardano i temi dello sviluppo lucano. E’ chiaro che lo stallo politico che si è venuto a determinare con la fine anticipata della legislatura ha reso la Basilicata più fragile. Del vuoto regionale lucano ha parlato anche lo storico e giornalista, Giuseppe Galasso, in un intervento pubblicato qualche giorno fa sul Corriere del Mezzogiorno, dal titolo “Il problema del Sud? le sue classi dirigenti”. Abbiamo dato notizia, qualche giorno fa, della lettera inviata dal governatore De Filippo al premier Letta e ai ministri competenti. Un documento con il quale il presidente ha bocciato il decreto attuativo, chiedendone una riformulazione o un’integrazione. Ma nel frattempo le parti sociali fanno un passo in più.
Le risposte non solo le chiedono, ma vanno e prenderle direttamente a Roma. E non sono gli unici. Qualche giorno fa erano stati i sindaci di Lagonegro, Muro Lucano, Craco e Spinoso (che chiedono più royalty da distribuire a tutti comuni lucani) a recarsi nella capitale per incontrare il dirigente del dipartimento dell’Energia del Ministero,  Franco Terlizzese, il quale si è impegnato a portare le istanze degli amministratori sulla scrivania del ministro. Così come altrettanta autonoma è stata l’iniziativa di dieci comuni della Val d’Agri che, guidati dall’amministrazione di Viggiano, hanno contrattato la quantità aggiuntiva di gas estratto da Eni e Shell in cambio di una grossa quantità di gas gratis. La campagna elettorale che viaggia con enormi ritardi a causa dei disguidi interni ai partiti e alle coalizioni,  sembra non essersene neppure accorta.
giovedì 10 ottobre 2013 12:39

Petrolio. Incontro con il ministro Zanonato
Ecco le proposte che saranno presentate
Il testo del documento unitario di sindacati, Confindustria e Pensiamo Basilicata presentato al ministro: più royalty, rimodulazione fondo card benzina, nuovo contratto con i big player
Il contributo che, responsabilmente, la Regione Basilicata da infatti al sistema energetico nazionale deve essere giustamente compensato in termini di maggiore occupazione, sviluppo, coesione sociale, attenzione all’ambiente. Oggi ancora di più alla luce della grave crisi che colpisce i nostri territori.  Ritenere sostenibile un aumento del contributo energetico che la Regione Basilicata da alla Strategia Energetica Nazionale senza fare i conti da un lato con le forti preoccupazioni ambientali delle comunità locali e dall’altro con la crescente disoccupazione, senza un protagonismo delle forze sindacali e datoriali non solo è fortemente sbagliato, ma – alla lunga – controproducente ed inefficace, per l’intero sistema Paese.  Per queste ragioni è giunto il momento di aprire a livello nazionale una vero e proprio “Tavolo per la Basilicata”, con spirito costruttivo, ma anche con la determinazione necessaria per chi ritiene, come noi, che il rilancio della Basilicata sia parte di un’unica idea di rilancio economico e sociale del Mezzogiorno e del Paese.

 1)    decreto 12 settembre 2013, in attuazione dell’art. 16 legge n. 27 del 2012
Attualmente il decreto, se non modificato, altro non sarebbe che una beffa. Poiché la finalità dell’articolo è ristorare, con la costituzione di un fondo nazionale finalizzato allo sviluppo e il lavoro, i territori che contribuiscono all’aumento del proprio contributo alla Sen, occorre applicare la quota aggiuntiva sulle imposte all’aumento dei barili estratti rispetto al contributo dato nel 2012. Tradotto:  le estrazioni e l’aumento già previsto delle estrazioni dell’Eni (ricordiamo ad invarianza del numero dei pozzi, anzi con una graduale diminuzione degli stessi) così come la messa in produzione delle estrazioni a Tempa Rossa (e relativi barili), contribuendo all’aumento su indicato, devono pienamente rientrare nelle prescrizioni del decreto (indipendentemente dalla nascita o meno di nuove società, dalla loro sede legale, ecc.) e relativi prelievi fiscali sulle società beneficiarie. Inoltre va assolutamente eliminato il tetto di 50 milioni, rappresentando un limite che deprimerebbe la funzione stessa di incentivo e ristoro, anche rispetto agli stessi andamenti di mercato. Infine, ma non per importanza, il fondo deve esplicitamente poter essere utilizzato anche per progetti strategici di tutela ambientale e della salute.

 2)    Occorre una rivisitazione dell’attuale politica sulla royalties.
Prima di tutto – e soprattutto se non sarà modificato il decreto del 12 settembre – chiediamo un aumento significativo dell’attuale percentuale (la più bassa al mondo). Quindi le risorse derivati dalle royalties vanno, in ogni caso, esplicitamente sottratte dal Patto di Stabilità per permetterne un impiego finalizzato a poche misure. Dentro questa rivisitazione occorre anche modificare l’attuale normativa sulla carta carburanti, operando bene la giusta ripartizione tra aree estrattive e mere aree di stoccaggio e finalizzando le risorse (che altro non sono che il 3% del 10% complessivo delle attuali  royalties) non più all’acquisto di carburante, ma a progetti mirati, in capo alle regioni beneficiarie, per politiche di coesione sociale. Le risorse proveniente dalle royalties, così riunite, devono essere finalizzate a politiche per il lavoro e per il welfare (testo unico per il sostegno al reddito e al lavoro).

 3)    Nuovo contratto di sviluppo
Visto l’importante contributo che la Regione Basilicata fornisce al Paese, il Governo deve impegnarsi, in concorso con le grandi aziende, a partire da Eni e Total e coinvolgendo anche altri grandi player a definire un vero e proprio nuovo Contratto di Sviluppo avanzato per la regione Basilicata, con la promozione di insediamenti industriali manifatturieri per almeno 4-5 mila posti di lavoro, in settori diversi da quelli della mera estrazione petrolifera: bio plastiche, farmaceutica, nuovi materiali, produzioni connesse alle energie rinnovabili, ecc. Insediamenti da incentivare e accompagnare con la compartecipazione della stessa Regione Basilicata attraverso la nuova programmazione comunitaria 2014-2020.  Su questi punti vogliamo aprire un confronto a tutto tondo, pronti a sostenere le nostre ragioni.
venerdì 11 ottobre 2013 11:30


Basilicata: così ricca, così povera
L'Europa ci declassa, torniamo ex Obiettivo 1
Ufficializzato il declassamento della Basilicata e il ritorno a zona Obiettivo convergenza, cioè nella fascia delle regioni a forte sottosviluppo. Tutto questo nonostante il “tesorone” delle royalties: dal 2008, 762 milioni alla Regione, 83 al solo comune di Viggiano
di MARIATERESA LABANCA
 POTENZA – Una valanga di soldi, cifre che fanno venire i brividi, soprattutto nel giorno in cui Bruxelles ufficializza il declassamento della Basilicata a zona Obiettivo convergenza (ex obiettivo 1), per non aver conseguito una crescita del Pil tale da consentire alla regione di portarsi fuori dalla fascia delle aree sottosviluppate, nonostante le previsioni. L'Europa decide in base a quei dati statistici che ci dicono come il prodotto interno lordo lucano non solo non sia cresciuto, ma addirittura sia tornato a livelli simili a quelli del 2001: fermo al 75 per cento della media europea, facendo così scattare l'automatico passo indietro. Un po' quello che è accaduto anche nelle altre regioni del Mezzogiorno, incapaci di fronteggiare la sfavorevole congiuntura economica.
Ma per la Basilicata l'involuzione ha il sapore di una doppia beffa. E non solo perché a un certo punto del percorso della crescita agevolata dagli aiuti europei la Regione si era distinta tra le altre per i risultati raggiunti. Ma soprattutto perché in base alla ricchezza del suo sottosuolo la Basilicata non può considerarsi al pari delle altre regioni. Nelle casse degli enti pubblici, a partire dalle Regione, per arrivare ai comuni, sono arrivati milioni e milioni di euro. Dire che i traguardi raggiunti, in termini di sviluppo, siano lontani dai risultati attesi in virtù delle estrazioni, è ormai un esercizio di retorica. Ma quando ce li hai di fronte, quei numeri, capisci che il senso di sconforto per il paradosso tutto lucano non sarà mai abbastanza.
Le cifre sono quelle che arrivano dal Ministero dello Sviluppo economico. La direzione generale per le Risorse minerarie ed energetiche ci informa del flusso delle compensazioni economiche derivanti dall'estrazione del greggio: a chi sono andate, e soprattutto in quali quantità. L'ultimo aggiornamento è datato agosto 2013 e ci dà conto delle aliquote della produzione di gas e olio del 2012 versate alla data del 30 giugno del 2013 e quelle relative alla produzione di gas del 2011, versate a seguito della aste effettuate presso la piattaforma di negoziazione P-Gas a gennaio del 2013. Sommando queste due voci il calcolo è facile: il gettito di un solo anno ha portato nelle casse della Regione 168.974.961 euro (più di 91 milioni versati da Eni e altri 77 milioni di Shell Italia). Quasi 50 milioni in più rispetto all'anno precedente. E in totale, dal 2008 ad oggi, più di 762 milioni di euro.
Compensazioni dirette, al netto, a esempio, di quelle derivanti dal Po Val d'Agri. Sappiamo – come ha spiegato il presidente De Filippo nella recente conferenza stampa di fine mandato – che la congiuntura economica negativa degli ultimi anni e il sensibile taglio ai trasferimenti centrali ha portato a utilizzare sempre più spesso questo tesoro per continuare a garantire servizi fondamentali, a partire dall'ateneo lucano. Insomma, una sorta di bancomat – un paragone utilizzato più di qualche volta – a cui attingere per far fronte alla progressiva riduzione di risorse. Attenuanti che però non può bastare a liquidare la questione dell'utilizzo delle royalty e soprattutto non eliminano quell'interrogativo che pesa come una spada di Damocle sulla testa della Regione: perché una parte di quelle risorse non è stata indirizzata verso investimenti che avrebbero dovuto fare da moltiplicatori di sviluppo? 
Sconfitta ancora più cocente se si guarda al flusso delle royalty finite nelle casse dei comuni interessati dalle attività estrattive. Se siete mai stati in Val d'Agri e avete visitato i comuni delle valle che ospita  il Centro Oli, vi sembrerà quasi fantascienza sapere che questa dovrebbe essere la zona più ricca d'Italia. Basta dare un'occhiata alla griglia del ministero che riporta il gettito suddiviso per comuni per concludere che sono quelli lucani i più pagati. Viggiano è in testa alla classifica e stacca di molto quelli che vengono dopo. Dal 2008 ad oggi nelle casse municipali sono finiti ben 83 milioni e mezzo di euro. Che equivale a 25 mila euro per ognuno dei 3200 abitanti. Un'enormità di danaro di cui non ci sono molte tracce sul territorio.  Le aree industriali raccontano un'altra storia. Le attività artigianali o legate all'agricoltura e all'allevamento – ormai compromesse (almeno in termini di immagini) dalla forzata convivenza con le attività estrattive – sono allo stesso livello di quelle di qualsiasi altra area dell'entroterra del Mezzogiorno.
Guadagnano meno, ma comunque tantissimo gli altri comuni lucani interessati dalle estrazioni: nella classifica relativa al gettito del 2013, dopo Viggiano, seguono Calvello (più di 4 milioni in un solo anno), Grumento Nova (tre milioni), Marsico Nuovo (2 milioni), Montemurro (720 mila euro). Non solo. Negli anni hanno ricevuto laute “ricompense” anche comuni come Ferrandina (il fallimento della Valbasento non ha bisogno di troppe presentazioni), Pisticci e Salandra. Va detto che le royalty non possono essere utilizzate per sostenere la spesa corrente. Così com'è vero che anche queste risorse sono vincolate ai limiti del patto di stabilità che le amministrazioni sono tenute a rispettare. Un ostacolo che va superato per evitare di ingessare l'economia degli enti su questo tipo di risorse. Sul punto si è sentito alzare la voce in qualche occasione. Al momento manca, però, un'azione politica forte che vada in questa direzione. Ma, a parte gli ostacoli che si sono frapposti nel tempo, nel paradosso della Basilicata ricca in teoria e povera nei fatti c'è una lacuna che pesa su tutte: la mancanza di programmazione. Perché una cosa è spendere una parte di quelle risorse per un intervento limitato (la realizzazione di un'opera, a esempio) e in grado di produrre occupazione solo per un determinato periodo di tempo. Diverso è, anche in questo caso, tanto per fare un esempio, costruire un impianto a energia “pulita” che consenta di abbassare la bolletta energetica delle aziende, quindi richiamare imprese sul territorio, e creare occupazione di lunga durata. La recente azione dei sindaci della Val d'Agri, guidata dall'amministrazione di Viggiano, che ha chiuso un accordo integrativo con Eni e Shell sul gas aggiuntivo che verrà estratto nella zona, va in questa direzione. Ma le royalty, che comunque continueranno a essere versate, sono un discorso a parte. La legge prevede che il ristoro economico ai comuni del petrolio sia destinato allo sviluppo dell'occupazione, delle attività economiche, all'incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale. A giudicare dai risultati, siamo ampiamente al di sotto di ogni aspettativa.
giovedì 10 ottobre 2013 09:00



Parlamentari in visita in Val d'Agri. E i sindaci "ribelli" fanno irruzione
Sembrava destinata a filare senza intoppi la missione della commissione ambiente della Camera dei deputati in visita in Val d’Agri. Invece i sindaci "rompiscatole" sono intervenuti per dire la loro e non hanno usato mezzi termini per denunciare la situazione delle valli del petrolio
di LEO AMATO e ROSANGELA PEPE
VIGGIANO - «Non è come ve la stanno raccontando». Ma inquinamento dell’aria e dell’acqua, agricoltura e turismo in ginocchio, tumori e morte. Altro che ricchezza e progresso. 
Hanno fatto irruzione senz’essere invitati e non hanno usato mezzi termini per denunciare la situazione delle valli del petrolio i sindaci “ribelli” di Montemurro, Sarconi, Spinoso e Paterno, a nome anche dei colleghi di Moliterno, Marsicovetere, Marsico Nuovo, Tramutola e Grumento Nova.
Sembrava destinata a filare senza intoppi la missione della commissione ambiente della Camera dei deputati ieri in visita in Val d’Agri . Ma nel pomeriggio, terminato il “tour” organizzato dall’Eni all’interno del centro oli tirato a lucido per l’occasione (gli Rsu hanno rivelato che agli operai delle ditte dell’indotto è stata data una giornata di ferie forzate), le cose hanno preso una piega inattesa.
In realtà a scoperchiare il “vaso di Pandora” è stato il sindaco di Pisticci Vito Di Trani, unico dei “rompiscatole” con in tasca un invito in piena regola. Prima di lui, durante le audizioni nell’aula consiliare del comune di Viggiano, erano intervenuti i responsabili della compagnia del cane a sei zampe e di Total, Shell e Mitsui, seguiti dal capo del dipartimento risorse minerarie del Ministero  per lo sviluppo economico Franco Terlizzese. Poi era venuto il turno dei primi cittadini: innanzitutto l’ospite Giuseppe Alberti che ha fatto gli onori di casa e ha accennato alle preoccupazioni per lo stato delle acque del vicino invaso del Pertusillo, quindi la collega di Corleto Perticara Rosaria Vicino, che si è augurata l’avvio immediato del monitoraggio dell’aria non appena partirà l’attività del nuovo centro oli Total.
Subito dopo è toccato a Di Trani che ha messo in guardia i parlamentari, tra cui i lucani Cosimo Latronico (Pdl) e Antonio Placido (Sel) (il senatore Pd Salvatore Margiotta si è aggregato soltanto per la mattinata) rispetto a quanto ascoltato fino ad allora. E ha parlato dei miasmi che si respirano nell’area attorno a Tecnoparco, lo stabilimento che tratta le acque di scarto delle estrazioni in Val d’Agri, la disoccupazione e la carenza di infrastrutture. Mario Di Sanzo, primo cittadino di Montemurro, ha rincarato la dose denunciando le preoccupazioni per la fuoriuscita di sostanze velenose nel suo comune e i possibili collegamenti con il pozzo di reiniezione Costa Molina2 nel territorio di Grumento. Da Sarconi Cesare Marte ha tuonato contro i danni all’agricoltura, il turismo e i rischi di sismicità indotta. «Fareste bene a non avvisare la prossima volta che venite»: è stato invece il suggerimento del primo cittadino di Paterno Michele Grieco, che ha ironizzato sulla “cera” passata per tutto l’impianto del Centro oli  e le ferie forzate per gli operai dell’indotto.
Scossi i membri della commissione che al termine dell’audizione hanno chiesto alla Regione e agli stessi sindaci un supplemento di istruttoria su malattie e distribuzione delle royalties. A tutti ha risposto l’assessore alla sanità Attilio Martorano garantendo che a breve sarà disponibile l’esito degli studi sulla mortalità commissionata all’Istituto superiore di sanità. Più semplice recuperare il dato delle “compensazioni” economiche per le estrazioni. Fino ad allora con ogni probabilità il giudizio resterà sospeso.
martedì 08 ottobre 2013 08:06



Basilicata. Eni ipoteca la trattativa sui barili. Il retroscena dell'accordo sul gas
Le clausole che "inchiodano" la Regione all'aumento delle estrazioni in Val d'Agri dopo il patto con i comuni petroliferi
di LEO AMATO
POTENZA - Con l’ok della giunta regionale il gas comincerà ad arrivare subito. Ma se in futuro qualcuno dovesse ostacolare i programmi di Eni, inclusa anche la trattativa per un nuovo accordo con la Regione sull’aumento delle estrazioni, allora i rubinetti verranno chiusi. E saranno i responsabili a doversela vedere con la delusione degli abitanti della Val d’Agri.
Memorandum o non memorandum, nuovo fondo sì o nuovo fondo no, inteso quello per le infrastrutture e il lavoro anche nei territori vicini, per i comuni petroliferi lucani sembra proprio che non sia destinato a cambiare nulla. Almeno quanto ai 5 milioni di euro di nuove “compensazioni” previsti dall’accordo sottoscritto agli inizi del mese tra il sindaco di Viggiano, Giuseppe Alberti, il consigliere nonché ex senatore Pd Rumualdo Coviello e i vertici della compagnia del cane a sei zampe (vedi foto).
E’ quanto emerge dal testo che è stato già sottoscritto dal Comitato paritetico composto da due dei più stretti collaboratori dell’attuale presidente della giunta Regionale Vito De Filippo (Angelo Rinaldi e Pasquale Briamonte) e da Eni/Shell il 12 settembre. Stessa data, per una diabolica coincidenza, anche del decreto interministeriale che ha istituito il fondo per le infrastrutture e il lavoro, pensato dal presidente della Regione Vito De Filippo e dall’ex sottosegretario azzurro Guido Viceconte, per raccogliere una quota delle «maggiori entrate fiscali» provenienti proprio dall’aumento delle estrazioni in Val d’Agri.
Lunedì i contenuti del patto sul gas gratis sono stati esposti a Viggiano dal sindaco in consiglio comunale, mentre il giorno dopo in una sala del parlamentino di via Verrastro è stato il turno di Coviello con i membri dell’associazione ex consiglieri e parlamentari della Basilicata che alla fine hanno proposto «una riflessione a tutte le forze politiche della regione affinché  si sviluppi un dialogo costruttivo e approfondito sul tema del patrimonio di risorse fossili possedute e si determini una programmazione coerente alle stesse per rispondere alle esigenze di sviluppo e di occupazione che sono oramai improcrastinabili».
In realtà non si tratta di un accordo vero e proprio ma di «linee guida per la redazione e sottoscrizione di un disciplinare per la fornitura di gas naturale tra Regione Basilicata, Comune di Viggiano, Eni spa e  Shell Italia E&P spa». Quindi in sostanza contiene tutti i termini della questione ma rinvia per gli aspetti più tecnici a un disciplinare da stilare dopo la costituzione («quanto prima») di un tavolo di concertazione con tutti i rappresentanti delle parti.
Le premesse rimandano al protocollo d’intenti firmato da Regione ed Eni nel ‘98, che prevedeva l’estrazione di 104mila barili al giorno. Poi si parla delle autorizzazioni per la realizzazione della quinta linea del Centro oli di Viggiano che dovrebbe aumentare di un milione di metri cubi la capacità produttiva giornaliera di gas. Ma definendo le «Attività» di Eni e Shell in Val d’Agri viene spiegato che le due compagnie «intendono perseguire programmi di investimento nel territorio lucano che prevedano la produzione di greggio e gas naturale con una possibile successiva fase di sviluppo sostenibile del giacimento da definire con la Regione Basilicata». Insomma l’una cosa e l’altra. I programmi in essere e quelli futuri. E non è finita.
I firmatari infatti riconoscono che «con riferimento alle Attività, la Regione, Eni e Shell stanno verificando il percorso amministrativo per definire un accordo integrativo» che di seguito è indicato con la maiuscola («Accordo integrativo»). Accordo che «dovrà prevedere, tra l’altro, la messa a disposizione della Regione di un certo quantitativo di gas naturale proveniente dalla produzione addizionale del giacimento Val d’Agri derivante dalle Attività per consentire la riduzione del costo del gas per le utenze finali presenti sul territorio».
Chi ha seguito con attenzione le dichiarazioni in tema di petrolio e affini persino durante le primarie per scegliere il candidato governatore del centrosinistra avrà notato l’eco di tante parole sulla bolletta energetica da abbassare che sono state recitate da entrambi i contendenti. Segno di quanto possa essere sentito il tema, anche in termini di ricadute occupazionali attese dalle produzioni che potrebbero essere attratte sul territorio da condizioni “operative” di questo tipo. Altrimenti non si spiegherebbe nemmeno l’attivismo proprio in questo senso dei comuni della Val d’Agri.
Le successive linee guida fissano quindi in 45mila metri cubi al giorno la “Contribuzione in natura”, ossia la quota di gas  «da destinare al territorio del comune di Viggiano e degli altri comuni interessati dalle Attività». Dopodiché - a scanso di ogni equivoco - Regione, Eni e Shell «si danno reciprocamente atto che il quantitativo di gas naturale di cui alla Contribuzione in Natura è da considerarsi parte di quello oggetto dell’ipotesi di Accordo integrativo la cui definizione non sospenderà la fornitura».
Per capirsi, l’erogazione comincerà non appena sarà approvato il disciplinare e i comuni saranno pronti a ricevere il gas estratto assieme al petrolio grezzo e separato in un secondo momento all’interno del Centro oli. Se poi venisse sottoscritto l’«Accordo integrativo» sulla «produzione addizionale» di petrolio dal giacimento «la durata della Contribuzione in natura sarà adeguata a quella superiore prevista» dallo stesso accordo. In caso contrario resterà di 5 anni, prorogabili soltanto all’esito di un nuovo tavolo con la Regione da convocare per discutere della questione.
Infine, appena prima delle conclusioni, c’è la clausola del “rubinetto”, che prevede che «la Contribuzione in natura e le obbligazioni a carico di Eni e Shell (...) siano immediatamente sospese qualora ostacoli di natura amministrativa che esulino dalle disposizioni legislative o regolamentari vigenti al momento dell’approvazione del presente documento in sede di Comitato paritetico, e/o legislativa e/o giudiziale, o fatti comunque non imputabili a Eni e Shell dovessero provocare una significativa interruzione delle Attività». Un “no” della Regione alla richiesta di aumentare la produzione fino a 129mila barili al giorno può essere considerata «una significativa interruzione» delle attività delle due compagnie in Val d’Agri? Stando alla definizione delle «Attività» con la maiuscola sembrerebbe di sì, dato che è inclusa la rincorsa a «una possibile successiva fase di sviluppo sostenibile del giacimento». Ed è chiaro che anche di fronte a ciò Eni e Shell non andranno dai comuni della Val d’Agri a chiedere indietro il gas già erogato. Piuttosto chiuderanno il rubinetto, ma non prima di aver messo nella stessa stanza la Regione con i valligiani costretti a rinunciare a un taglio sulla bolletta stimato attorno al 30% sulle utenze domestiche e alle occasioni di lavoro offerte dalle aziende attratte dal gas superscontato di Viggiano e dintorni.
A quel punto sarà inutile farsi illusioni su dove penderanno le decisioni, specie se dovesse esserci - come adesso - una campagna elettorale all’orizzonte. Con o senza i soldi del fondo “Memorandum”, i tanti che erano attesi e i pochi che sono stati concessi.
giovedì 03 ottobre 2013 09:48

Basilicata. Memorandum, così De Filippo boccia il decreto
"Deludente e da rivedere in tempi brevi"
De Filippo scrive al premier Letta e ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Economia, Zanonato e Saccomanni bocciando l'atto attuativo approvato dal governo
di MARIATERESA LABANCA
LA lettera porta la data del 30 settembre scorso, cinque giorni dopo l’annuncio del decreto interministeriale attuativo dell’articolo 16 della legge 27 del 2012, ovvero quello che recepisce l’osannato Memorandum lucano sul petrolio.
Il presidente De Filippo scrive al premier Letta e ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Economia, Zanonato e Saccomanni. Quella che arriva dalla massima carica istituzionale della Regione è una sostanziale bocciatura dell’atto attuativo approvato dal governo. Un decreto «sicuramente deludente - scrive il presidente - in relazione sia alle aspettative della Basilicata, sia all’ammontare totale dell’extragettito fiscale ottenibile con un incremento della produzione petrolifera in territorio lucano senza aumento dei pozzi estrattivi previsti». Nell’opinione pubblica il provvedimento dei due ministeri è stato già avvertito come l’ennesimo bluff sulla pelle dei lucani. Gli unici a cantare vittoria sono i parlamentari del centrodestra. Il governatore dimissionario, per altro alle prese in quei giorni con le patate bollenti che ha ritrovato sulla scrivania della segreteria regionale del partito, non esterna alcuna presa di posizione, almeno non ufficialmente. Lo farà solo nella conferenza di fine mandato dello scorso martedì, definendo il decreto «una vera schifezza». Nella lettera inviata qualche giorno prima a Roma, forse ultimo atto, in fatto di estrazioni, da parte del presidente che si avvia a lasciare definitivamente la Regione, è indicata la richiesta: una riformulazione del decreto, in cui venga recuperato lo spirito che ha animato i confronti e gli approfondimenti che si sono sviluppati tra le parti in questi anni.
L’unico elemento positivo dell’atto ministeriale - sottolinea il governatore - è rappresentato dalla ribadita centralità della regione in termini di contributo alla strategia energetica nazionale. Per il resto, il provvedimento va rivisto completamente perché non risponde a quello che la Basilicata aveva chiesto e auspicato di ottenere.
Ma soprattutto non corrisponde alle indicazioni che le parti si erano da date nel corso della trattativa al tavolo tecnico: dove - spiega il presidente - si era detto che il gettito fiscale aggiuntivo andava applicato non alle nuove concessioni e nemmeno alle nuove società insediate sul territorio, ma su società già esistenti  e concessioni già presenti e soggette a incrementi di produzione, sulla base di atti amministrativi e nuovi accordi. E in numeri il grande bluff si traduce in questo: la maggiore entrata fiscale per lo Stato sull’aumento complessivo era stata determinata in 30 miliardi di euro in 20 anni, mentre il decreto pone un limite di 50 milioni di euro annui. Si capisce quale sia il danno per la Basilicata, visto che una parte di queste maggiori entrate avrebbe dovuto finanziare progetti in regione sui quattro assi individuati dal Memorandum sottoscritto nel 2011 dall’ora dirigente del dipartimento energia del Mise, Stefano Saglia, il governatore De Filippo e il senatore, Guido Viceconte, all’epoca dei fatti sottosegretario al Miur:  ambiente, infrastrutture, nuova occupazione derivante dalle attività di ricerca e costituzione di un cluster per l’energia. Un anno dopo, l’articolo 16 della legge sulle liberalizzazioni sembra dar forma agli enunciamneti di principio contenuti del memorandum che in pratica dice: sì all’aumento di produzione, ma solo in cambio di maggiori vantaggi per la Basilicata, attraverso lo spostamento delle risorse derivanti su nuovi “strumenti” in grado di generare sviluppo. Solo che, nel passaggio dalle parole ai fatti, qualcosa, anzi molto, si è perso per strada.
 Senza tener conto - sottolinea ancora il presidente nella lettera - che il provvedimento interministariale  «costringerebbe pure la Regione a sottomettersi a nuove concessioni previste dalla “strategia energetica nazionale” che, al momento della sottoscrizione del memorandum neppure esisteva».
Per questo - dice De Filippo - il decreto va considerato «solo l’inizio, solo una base da implementare». In tempi rapidi, aggiunge il governatore. Perché il provvedimento così com’è non consente alla Basilicata di raccogliere quelle opportunità che potrebbero derivare dalle attività estrattive, per favorire uno sviluppo non solo locale ma funzionale a il Paese. Il governatore chiede «di rivedere integralmente i presupposti per il calcolo del contributo giacché le valutazioni fatte in un anno di confronto anche al tavolo tecnico consideravano».
giovedì 03 ottobre 2013 09:37







Petrolio. Un bando per la ricognizione del patrimonio fossile
E' la proposta dell'ex senatore Romualdo Coviello
Si tratta di una selezione internazionale, da parte della Regione, per trovare uno o più interlocutori affidabili che avranno il compito di stimare in maniera precisa la ricchezza che i lucani non sanno di avere
di LEO AMATO
POTENZA - Il grande capo della direzione risorse minerarie del Ministero per lo Sviluppo economico lo va ripetendo ormai da qualche mese: bisogna tornare a esplorare il sottosuolo in cerca di giacimenti ancora nascosti. Ma da ieri ha una sponda anche in Basilicata: l’ex senatore Romualdo Coviello, già artefice appena due settimane fa dell’accordo per il “gas gratis” ai comuni petroliferi della Val d’Agri.
E’ un bando internazionale per la ricognizione di tutto il patrimonio fossile dall’Ofanto al Pollino la proposta lanciata ieri mattina da Coviello di fronte all’associazione ex consiglieri e parlamentari della Basilicata.
In altri termini, si tratta di una selezione da parte della Regione per trovare uno o più interlocutori affidabili che avranno il compito di stimare in maniera quanto più precisa la ricchezza che i lucani non sanno di avere. Obiettivo: innanzitutto colmare il gap di conoscenze che ancora oggi pregiudica qualsiasi trattativa con lo Stato e le compagnie petrolifere sul destino delle concessioni in essere e quelle ancora da venire. E’ quella che gli economisti chiamano asimmetria informativa, e viene considerata una causa di fallimento del mercato. Ma in secondo luogo - e anche su questo Coviello è stato chiaro - c’è il destino della Basilicata, stretta tra indici demografici ed economici deprimenti e la prospettiva paradossale dell’uscita dalle regioni «in ritardo di sviluppo» che beneficiano dei fondi maggiori dell’Unione europea. In una parola «debiti». E pure belli grossi.
Ecco dunque che i soldi provenienti dai «nuovi accordi di sviluppo» di fonti fossili sul territorio lucano, secondo l’ex senatore del Pd nonché attuale consigliere comunale e animatore della Sustainable developement school di Viggiano (sostenuta anche dalla Fondazione Mattei), andrebbero intesi come il mezzo per provare a innescare «l’imprenditorializzazione» della regione, sulla scia di quanto appena fatto per la Val d’Agri dove la bolletta energetica delle industrie impiantate nei comuni petroliferi verrà ridotta utilizzando parte dei 5milioni e mezzo di euro di gas concessi da Eni all’amministrazione di Viggiano. Sulla base dei 105mila barili di greggio al giorno di produzione attuale. Certo. Però in prospettiva dell’aumento di produzione a 130mila su cui procede nell’ombra un’altra trattativa, tra Regione, Governo ed Eni.
Si parla insomma dello stesso negoziato che ha portato al decreto attuativo del fondo “Memorandum” così com’è. Ma dove era previsto che fosse ceduto del gas alla Società energetica lucana in cambio del via libera a quei 25mila barili in più andranno riconsiderati i quantitativi. Dato che a quelli di partenza vanno già sottratti 45mila metri cubi al giorno destinati alle municipalità dell’area dei pozzi e del Centro oli. Con buona pace del Consiglio regionale che - in teoria - attende ancora di sapere a che punto sono le negoziazioni. Perché - in pratica -quello della riduzione della bolletta energetica per le imprese è diventato un ritornello ripetuto di recente da entrambi i candidati governatore alle primarie del Pd. Idem per chi credeva che rispetto agli accordi del 1998 (Eni-Val d’Agri) e del 2006 (Tptal-Tempa Rossa) sarebbe stata messa al primo posto una prospettiva strategica per l’intera regione.
l.amato@luedi.it
mercoledì 02 ottobre 2013 09:08
http://www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/717445/Un-bando-per-la-ricognizione-del.html

Petrolio, il decreto è un grande inganno
Entrate fiscali solo con nuove società
Da Total non sembra esserci l’intenzione di stabilire una società in Basilicata
di VALERIO PANETTIERI
POTENZA - Più soldi per la Basilicata con il petrolio? Non proprio. la questione del Fondo da costruire con una parte dell’imposta sul reddito delle società, la cosiddetta Ires, è una faccenda molto più cavillosa di quanto si pensi.
Eppure l’articolo 1 del decreto interministeriale appena varato non lascia spazio ad interpretazioni. La quota dell’imposta, infatti, riguarda soltanto i “soggetti - si legge nel decreto - di nuova costituzione che hanno sede legale nelle regioni a statuto ordinario e svolgono nelle stesse regioni, in base a concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, le attività di coltivazione relative a progetti di sviluppo presentati a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente decreto”.
La situazione è abbastanza chiara, la quota del 30%, fino ad un tetto massimo di 130milioni di euro e l’aliquota del 15% sull’eccedenza riguarderanno soltanto le nuove società costituite in loco che presenteranno nuovi progetti di sviluppo.
Questo in Basilicata significa molte cose: prima di tutto tutto ciò che è già presente sul territorio non sembrerebbe rientrare in questa faccenda del Fondo, semplicemente perché non si tratta di progetti di sviluppo presentati dopo la pubblicazione del decreto interministeriale, secondo appunto è la posizione delle società petrolifere presenti sul territorio. In pratica non solo si scavalcano le amministrazioni regionali e locali per aumentare le entrate fiscali, ma si chiede anche alle società petrolifere di costituirsi in loco, in Basilicata, con una nuova società in modo da ottenere il maggior numero possibile di entrate fiscali.
Ovviamente la questione a Total non piace per niente, tant’è che già si è capito che non hanno nessuna intensione a costituire una nuova società, con tutto quello che comporta in termini di spese e tassazione, in regione. Total Basilicata è una cosa attualmente non realizzabile, salvo stabilire in un futuro prossimo la possibilità di attuare nuovi progetti.Una bella presa in giro: perché non solo la basilicata andrà verso il raddoppio spingendo sulla produzione attuale, ma per ottenere maggiori guadagni sullo sfruttamento petrolifero dovrà concedere ulteriori porzioni del suo territorio. Questo però non significa per forza nuove concessioni, le cose potrebbero riguardare già quelle parti di territorio già sfruttate. basterà proporre nuovi “progetti di sviluppo”.
Ora, il discorso è abbastanza cavilloso, perché questo significa che senza società in loco i prossimi progetti non dovranno passare per forza dentro il meccanismo della fiscalità. Alla Regione spetterebbe, quindi, un compito improbo, che andrebbe anche a cozzare con quanto detto e ridetto nella campagna sulle Primarie del centrosinistra.
Dovrebbe convocare le società petrolifere e stabilire nuovi accordi e progetti.Sotto questo punto di vista non c’è un limite o un raggio di azione: potrebbe trattarsi di un qualsiasi progetto. Intanto non è che manchino i permessi di ricerca sul territorio lucano, anzi abbondano. A questo punto il compito della regione sarebbe, quantomeno, quello di costringere Total e le altre aziende ad aprire nuove società sul territorio, cosa che certamente non sarà facile, visto che nessuna delle aziende ha intenzione di spendere un euro in più in tasse. Se non è una presa in giro questa.
domenica 29 settembre 2013 09:23

Petrolio. Si rompe il fronte dei sindaci. Ora Craco accusa Lagonegro
Dopo il sindaco di Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con Franco Terlizzese, direttore generale del settore risorse minerarie del Mise
L’INCONTRO della scorsa settimana non era a una sola voce. E chi come il sindaco di Lagonegro Domenico Mitidieri si è espresso a favore di nuovi progetti di estrazione è «del tutto inadeguato a poter rappresentare nella prossima campagna regionale le istanze dei sindaci e del territorio che in questi anni si battono per mettere uno stop alle trivellazioni».
Dopo il sindaco di Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con l’ingegnere Franco Terlizzese direttore generale del settore risorse minerarie del Ministero per lo sviluppo economico. Per capirsi, il capo dell’ufficio che ogni anno amministra royalties per il petrolio estratto in Basilicata e quanto resta del bonus benzina. Nonché a breve il nuovo fondo per infrastrutture e occupazione nell’area delle estrazioni previsto dalle leggi che hanno tradotto lo spirito del “Memorandum” sottoscritto ad aprile del 2011 tra il presidente della Regione Vito De Filippo e l’ex sottosegretario azzurro Guido Viceconte.
«Ho partecipato poiché invitato a far parte di una delegazione - ha precisato Lacicerchia in un comunicato anticipato all’Organizzazione lucana ambientalista - che consentiva di approfondire le tematiche legate all’estrazione di idrocarburi in Basilicata e portare la voce di amministratori e movimenti che si battono per uscire da tale fase, cosa che ho fatto in evidente dissenso con gli orientamenti del dirigente ministeriale e dello stesso  sindaco di Lagonegro che vorrebbe forse promuovere estrazioni nel suo territorio».
Lacicerchia sottolinea che nell’incontro avrebbe evidenziato la sua contrarietà all’aumento delle estrazioni in Val d’Agri, alle trivellazioni in mare e a nuove trivellazioni su terraferma. Inoltre avrebbe preso posizione per la «fuoriuscita» della Basilicata dal novero delle regioni petrolifere. Quanto al dato politico, invece, ha ribadito che «non esiste una visione unitaria dei sindaci e men che meno esiste la possibilità che con molti di loro si possa condividere opzioni politiche per le prossime regionali».
Sempre ieri l’Organizzazione lucana ambientalista ha inteso contro-replicare, dal canto suo, al sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise, a sua volta presente all’incontro al Ministero dello sviluppo economico la settimana scorsa assieme a Lacicerchia, Mitidieri e il sindaco di Muro Lucano Gerardo Mariani. «È giunto il momento che i sindaci della Basilicata difendano, in prima linea, la nostra terra - assieme a tutti i cittadini - dall’assalto annunciato dal decreto attuativo dell’articolo 16 sulle liberalizzazioni e dalle trivelle promesse dal governo con il nuovo Memorandum che, oggi, anche lo stesso ex presidente della Regione, Vito De Filippo, dichiara essere fallito, dopo aver varato una moratoria bluff bocciata dal governo, e che invece il sottosegretario Bubbico fa finta di non conoscere». Così  gli ambientalisti dell’Ola, che lo esortano a opporsi ai programmi delle compagnie petrolifere nel territorio del suo comune, e a prendere una posizione anche sul piano di emergenza esterna del Centro oli di Viggiano e le eventuali correlazioni tra le attività estrattive in Val d’Agri e l’inquinamento delle acque del Pertusillo.
martedì 01 ottobre 2013 09:12

Petrolio. Scontro De Luise – Ola. Il sindaco replica alle accuse di schiavitù
Dal primo cittadino una risposta dura all'Organizzazione lucana ambientalista che nel suo ultimo documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top manager dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani
SPINOSO - Davvero non ci stanno i sindaci lucani della Val d’Agri a passare per “i cattivi”, per quelli che vendono il territorio per realizzare il raddoppio delle estrazioni petrolifere.
«Spiace leggere le dichiarazioni della Ola (Organizzazione lucana ambientalista) - scrive in una nota il sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise - che dovrebbe conoscere il continuo “ribellarsi” al super potere delle compagnie petrolifere di alcuni sindaci tra cui il sottoscritto e magari, qualche volta, la Ola si potrebbe anche affiancare al difficile lavoro che stiamo facendo, con proposte concrete e tangibili e non solo con proteste che spesso si riducono a sterili e intangibili brusii».
Una risposta dura all’associazione, che da anni si batte per rendere pubblici e denunciare gli abusi ambientali sul territorio, ma che spesso non viene molto sostenuta dalla popolazione, con manifestazioni di protesta che contano davvero pochi cittadini.
«Invito la Ola - continua il sindaco De Luise - a ritrovare atti e documenti nei quali si legge e capisce bene quale fosse l’orientamento dei sindaci sul tema petrolio. Ecco, perchè, essendo forse abituati a prendersela genericamente contro tutti e tutto, inizia a dare fastidio l’atteggiamento responsabile cha sta vedendo sempre più i sindaci allearsi per trattare insieme un tema così importante per l’intera Basilicata. Un’alleanza che trova il suo fondamento nel  riconoscimento di una rinnovata presa di coscienza di una responsabilità che proprio il ruolo di unico e democratico rappresentante diretto delle istanze territoriali, oggi piu che mai si impone ai sindaci».
La Ola, nel suo ultimo documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top manager dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani.
«Non è una “dimostrazione di schiavitù” - replica De Luise - che tra l’altro ci offende, quella di volere un tavolo permanente Ministero-Regione-Comuni sul tema petrolio, ma l’esigenza di vedere i territori tutelati da una presenza costante dei sindaci nei tavoli dove si decide il destino della Basilicata in questa materia». Nessun consenso a prescindere, quindi, nessuna sudditanza a Ministero e compagnie petrolifere, ma la consapevolezza che la questione va affrontata di petto, con proposte che possano avere qualche positiva ricaduta sul territorio. La critica senza proposte non porta da nessuna parte.
«I sindaci - conclude De Luise - si sono già tutti espressi sul “no” ad ogni nuova trivellazione in Basilicata e difenderanno sempre questa posizione, ma oggi hanno il dovere di farsi sentire per governare l’esistente, tracciando linee concrete di intervento in tema di ambiente, occupazione, royalties. Invito la Ola ad affiancare i sindaci in questa battaglia comune nell'interesse della Basilicata e a non farsi prendere da esternazioni che sembrano evidenziare una permalosa "lesa maestà. Questo spazio di tutela dei cittadini e dei territori, troppe volte delegata ad altri, appartiene a tutti, occupiamola insieme».
an. g.
lunedì 30 settembre 2013 09:31


Petrolio. Trattative autonome per il petrolio.
Dopo Viaggiano è la volta di altri quattro comuni
I sindaci di Muro Lucano, Spinoso, Lagonegro e  Craco a Roma per sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei lucani
POTENZA - L’apripista è stato il comune di Viggiano per conto anche dei vicini della Val d’Agri. Ma prima ancora che arrivasse la firma di due settimane fa un’iniziativa simile è partita dal altri 4 primi cittadini, arrivati a Roma per sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei lucani. Inteso quello che è ancora da estrarre.
«Istituire un tavolo di lavoro tra i soggetti attivi nella programmazione. Non solo la Regione ma anche i sindaci in rappresentanza dei propri territori, vista la complessità della materia e visti gli scarsi risultati ottenuti fin ora dalle popolazioni lucane». E’ stato questo il tema centrale dell’incontro che si è svolto due giorni fa negli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma, tra una delegazione di sindaci lucani e l’ingegnere Franco Terlizzese direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche assieme al suo staff.
Si è trattato - hanno reso noto i protagonisti - di un incontro  richiesto da tempo come «conseguenza pratica e operativa delle risultanze del convegno sul Petrolio tenuto a Muro Lucano agli inizi di settembre». Alla riunione erano presenti Vito Mariani per Muro Lucano, Pasquale De Luise per Spinoso, Domenico Mitidieri per Lagonegro e Giuseppe Lacicerchia per Craco. Per il comitato dei primi cittadini l’occasione sarebbe stata utile per ribadire ai tecnici del Ministero che sul «tema petrolio e in relazione alle competenze che il Ministero ha in materia,  si rende necessario istituire un tavolo permanente con Regione e comuni». I temi trattati sono stati tanti, «dalla necessità di un maggiore e più trasparente sforzo nell’assicurare la massima tutela ambientale e della salute, alla maggiore condivisione e partecipazione degli enti locali quali i Comuni nella programmazione degli investimenti che lo stato centrale intende fare sui territori oggetto dell’estrazione, alla maggiore capacità di incidere nel rapporto con le compagnie petrolifere in tema occupazionale, fino ad arrivare al recente decreto attuativo “fondo Memorandum” sul quale si è convenuti di fare un incontro di approfondimento apposito vista la scarsa corrispondenza tra quanto promesso e fatto percepire in Basilicata e quanto deliberato dal Governo centrale».
Acquisita la «disponibilità - conclude la nota dei 4 sindaci - ad una maggior partecipazione attiva dei sindaci nei luoghi dove si decidono le sorti della nostra Regione, non possiamo che essere contenti di aver iniziato un percorso di assunzione di una responsabilità troppo spesso delegata e che da oggi deve toccare tutti i primi cittadini in maniera diretta».
Intanto Laboratorio per Viggiano ha reso noto è stato convocata per lunedì’ 30 settembre alle ore 17.30 una seduta del consiglio comunale di Viggiano che avrà all’ordine del giorno anche le “comunicazioni del sindaco”, Giuseppe Alberti, a proposito della fornitura gratuita del gas ai comuni della Val d’Agri.
Si tratta dell’accordo firmato di recente a Roma per 45mila metri cubi di gas al giorno da destinare a scopi sociali e di sostegno all’imprenditorialità in 10 comuni della Val d’Agri, già annunciato come il primo esempio di protagonismo delle municipalità su temi d’interesse nazionale come il petrolio. Ferme restando le competenze della Regione - almeno in questo caso - che dovrà approvare con una delibera di giunta quanto sottoscritto da Alberti e dall’ex senatore Romualdo Coviello, anche nella prospettiva di un nuovo accordo tra Eni e Regione per portare la produzione giornaliera di greggio a 130mila barili.
Difficile, invece, immaginare l’arrivo di un percorso come quello intrapreso dai 4 primi cittadini ricevuti a Roma giovedì, evidentemente interessati alla prospettiva di ospitare nuovi programmi di estrazioni nei loro territori, ma a condizioni da stabilire con la loro partecipazione».
sabato 28 settembre 2013 09:32

Petrolio. Wwf lancia l’allarmeper le trivellazioni nel golfo dello Jonio
TARANTO - Torna periodicamente. Il pericolo ormai è quasi diventato una realtà. Si avvicina il momento in cui in Puglia potrebbero attivarsi attività di perforazione e sfruttamento di giacimenti petroliferi sottomarini al largo delle coste regionali. Ultimo allarme in ordine di tempo riguarda il golfo di Taranto, area cui è stata assicurata un’ormai prossima attività nel mar Ionio. A rivelarlo, il dossier «Trivelle in vista» del Wwf, secondo cui «su queste zone di pregio marine e costiere continua a incombere la roulette russa del pesante rischio di inquinamento marino derivante dalle attività di perforazione di routine e del rischio di incidente per le piattaforme offshore».
 Il documento è disponibile sul sito dell’associazione, nel quale si può sottoscrivere anche la petizione.








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