Nella valle del petrolio, serve vera programmazione
La sfida nel coinvolgimento dei
livelli istituzionali
Il viaggio del Quotidiano nella
valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il Centro Oli alle spalle
e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a Villa d'Agri per
respirare un'altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di vario genere, il
traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono pieni, a ora di
pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande realtà, ma
anche questo piccolo paragone esalta le differenze...
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – Il viaggio del
Quotidiano nella valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il
Centro Oli alle spalle e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a
Villa d'Agri per respirare un'altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di
vario genere, il traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono
pieni, a ora di pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande
realtà, ma anche questo piccolo paragone esalta le differenze.
La sensazione è che da queste
parti l'economia locale giri un po' meglio rispetto al paese che ospita il
Centro Oli. Molto probabilmente è anche
lo stesso personale Eni a fare più riferimento a questo comune che è
altrettanto a portata di mano rispetto alla zona industriale.
Ma - ci dicono - è soprattutto
grazie a dipendenti e utenti di ospedale
e banche – oltre che al migliore posizionamento geografico - che in giro c'è
più movimento. Il polo dei servizi, almeno in superficie, sembra aver portato
effetti più immediati sul tessuto economico locale rispetto al petrolio.
Per carità, l'ingente quantità di
danaro che l'oro nero ha portato nelle casse del Comune di Viggiano non è neanche
lontanamente comparabile al benessere derivante da qualche attività commerciale
e dagli uffici. Ma nel paese della Madonna nera e dei piccoli suonatori di
Arpa, le giornate sono scandite dallo stesso ritmo di un qualsiasi altro
paesino dell'entroterra lucano. La ricchezza puoi vederla nei numeri, ma non
toccarla.
Anche le grandi opere che il primo
cittadino Giuseppe Alberti rivendica con orgoglio, anche se la gran parte
ancora in via di realizzazione, non hanno ancora regalato a Viggiano il volto
del paese più pagato in Italia dalla compagnie del petrolio. In giro per i
vicoli del centro realtà ci sono anche
due giovani informatori Eni che si stupiscono per una comune che in fondo non
ha nulla di particolarmente diverso rispetto a tanti altri.
Nonostante i bandi
dell'amministrazione comunale finanziati dalle compensazioni economiche che
derivano dalle estrazioni, che prevedono agevolazioni per l'imprenditoria e
l'artigianato locale, i negozi sono pochi e non particolarmente forniti. A
Viggiano, poco più di tre mila abitanti per 21 pozzi di petrolio, non c'è
nemmeno un forno. In compenso ci sono ben 25 associazioni. Un popolo
particolarmente attivo. O semplicemente molto interessato ai contributi
elargiti dal Comune per questo tipo di attività che non comportano alcun tipo
di rischio imprenditoriale. In paese si respira con un legame con le tradizioni
molto forte. Come suggerisce il simbolo dell'arpa disegnato sulle vetrine di
diversi negozi del centro e non solo.
L'elemento più moderno è
rappresentato dall'ascensore che dal piazzale del Municipio porta ai parcheggi.
Un paio di bar nella piazzetta sono affollati soprattutto da gente del posto.
Di dirigenti Eni neanche l'ombra.
Ma ci dicono che alcuni di loro
abitano sul posto. Una zona residenziale che si distingue per le case spaziose
e ben tenute con giardino e ottimi arredi. Anche il centro del paese si
presenta ordinato e ben tenuto. Anche se ci sono molti cantieri aperti. Il
centro storico ha qualche pecca, nonostante i soldi del terremoto prima e
quelli del petrolio dopo.
Molto probabilmente – come dice il
sindaco Alberti – quando il grosso dei lavori pubblici sarà completato Viggiano
avrà un altro aspetto. Se questo riuscirà a mettere in moto un circuito
economico differente e parallelo alle attività estrattive non è da vedere. Fino
a ora, però l'impresa non è riuscita.
Ma sarebbe un errore pensare che
lacune o i ritardi siano addebitabili solo all'amministrazione comunale.
Viggiano è sostanzialmente un paese lasciato solo a gestire una ricchezza
impensabile per un comune di quelle dimensioni. Dice bene il sindaco Alberti
quando sottolinea che ci sarebbe bisogno di una regia più ampia per programmare
le politiche di un'intera valle. Uno sviluppo che invece ancora oggi è ostaggio
della latitanza istituzionale, o nel migliore dei casi, dell'accavallamento di
competenze di un modello gestionale che fa acqua da tutti le parti.
E lì dove anche solo il buon senso
basterebbe a guidare la buona azione bisogna fare inevitabilmente i conti con
ostacoli squisitamente “burocratici”. Come la differenza di “giurisdizione” per
le aziende dell'area: che pur distando pochi metri l'una dall'altra ricadono
chi nel comune di Viggiano, chi nel comune di Grumento, con le conseguenti
diversità di trattamento e di opportunità.
Un caso per tutti che dice una
cosa: se è vero come da stime che la Val d'Agri potrà vivere per altri 50 anni
di petrolio, c’è bisogno al più presto
di una programmazione che veda coinvolti e dia responsabilità a tutti i
livelli istituzionali.
sabato 02 novembre 2013 08:20
Nella valle dei petroleuro: come si usano le royalties?
Il petrolio c'è ma si vive male
La difficile convivenza tra una terra a vocazione agricola
e le attività estrattive
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – La notte ti guarda come un occhio indiscreto.
Di giorno la sua fiamma domina tutta la vallata. Visto dall’alto, il Centro Oli
di Viggiano, con l’area industriale che si estende intorno, sembra un squarcio
inferto a quel polmone verde che fa da cornice agli insediamenti. Fino a pochi
metri prima di arrivare ai cancelli Eni è come essere immersi in aperta
campagna. Uliveti, vigneti e altri tipi di colture che un tempo erano i settori
trainati dell’economia locale continuano a convivere con le estrazioni. Ma a
fatica.
I prodotti dei campi dove sgorga il petrolio, “nessuno li
vuole più”
Le attività
agricole e gli allevamenti inevitabilmente hanno risentito della presenza delle multinazionali del
petrolio. “Quello che viene prodotto in questi campi ormai non ha più valore”,
spiega Nino Marchionna. Abita proprio lì vicino, mentre i suoi vigneti si
trovano poco oltre. “Dicono che
inquinamento non ce ne sia. Ma il primo a non crederci sono io. Le ho viste con
i miei occhi quelle fiammate che più di una volta si sono alzate dalla torcia.
Convivo con il rumore e il cattivo odore. E questo basterebbe a mettere in fuga
chiunque. Da qui ma ne andrei volentieri. Ma oggi questi terreni non valgono
niente”. Non è un agricoltore. Vive di
altro. Precisamente è uno degli operai che hanno trovato impiego con il
progetto assegnato dal Comune al Parco della Val d’Agri. Un milione di euro di
royalty per circa una cinquantina di dipendenti che si svolgono attività di
tutela ambientale e prevenzione del rischio idrogeologico. “Ma le giornate
pagate – dice – sono state solo 92. Inoltre il progetto è finito”. Il Comune lo
ha prorogato per un altro anno e molto probabilmente continuerà a farlo fino a
quando ci sarà disponibilità di royalty. “Ma per ora – aggiunge – non è ancora
ripartito. Evidentemente questo non essere considerato un vero e proprio
lavoro”.
“Per noi imprese, dal petrolio nessun vantaggio”
Il vero cuore dell’economia, dai campi si è spostato
altrove. Ovvero proprio nell’area industriale. E non solo nell’indotto del
petrolio, dove solo da qualche anno si vede qualche segnale più rassicurante in
fatto di risvolti occupazionali. Vicino al Centro Oli ci sono altre aziende.
Alcune hanno chiuso, ma altre sono attive e rappresentano anche delle buone
realtà produttive. Con il petrolio non hanno nulla a che fare. Come la Vibac
che dà lavoro a circa 300 operai, quasi tutti dell’area. O la Elbe, che produce
alberi e giunti cardanici soprattutto per auto. Azienda tedesca impiega circa
una novantina di lavoratori, anche in questo caso per lo più della Valle.
Qualche anno fa un decina di operai finirino al pronto soccorso di Villa d’Agri
denunciando un’intossicazione da idrogeno solforato, a causa di un’“anomalia”
al Centro Oli. A parte questo, con le aziende della filiera estrattiva non
hanno nulla da spartire. Per loro il petrolio non si è tradotto in alcun
vantaggio. Il direttore dello stabilimento Giacinto Maria Genco spiega: “Fare
impresa a Viggiano è esattamente come farlo in qualsiasi altro posto della
Basilicata. Vantaggi particolari non ce ne sono”. Non per un’azienda di queste
dimensioni. “La maggior parte dei bandi del Comune e anche della stessa Regione
– spiega ancora il direttore - sono rivolti per lo più a piccole e medie
imprese. Ma noi non rientriamo in questa categoria”. Per il resto non ci sono
molte mucche da mungere. Anzi.
Qui dove il metano è ancora un sogno e l’Adsl va a
singhiozzi
Nel regno del petrolio la più grossa incongruenza è una:
da queste parti ancora non c’è neppure il metano. “Andiamo avanti con il Gpl”,
dice Genco. L’altra stortura che salta subito agli occhi è quella relativa alla
viabilità: il manto stradale della area industriale del colosso Eni è un
colabrodo. Il Comune dice che spetterebbe all’Asi occuparsi di questo tipo di
lavori nell’area industriale che per altro è perfettamente divisa in due tra
due comuni, Viggiano e Grumento. E sempre il Consorzio è responsabile di un
altro grosso disagio. La Elbe – come molte altre fabbriche della zona – è
costretta a usare acqua potabile, perché quella industriale contiene sostanze
corrosive degli impianti. Uno spreco oltre che un costo notevolmente superiore.
E non va meglio in fatto di
infrastrutture immateriali: “L’Adsl qui non va a singhiozzo. Se non
avessimo una linea dedicata sarebbe un grosso problema”. Sia Viggiano che
Grumento hanno attivato due reti Wifi gratuite. Ma gli imprenditori non vi
hanno accesso. E per stare alle cose più semplici, chi ha bisogno di fare
bancomat – fanno notare ancora nello stabilimento – è costretto a
spostarsi in paese, a Viggiano o a Villa
d’Agri. Perché qui lo sportello non funziona quasi mai.
Usciamo dalla Elbe, per entrare in un’altra bella
azienda. E’ la Litoforme di Angelo Pessolano. Lavora manufatti in marmo e,
tanto per intenderci, è quella che ha realizzato la pavimentazione della nuova
piazza Prefettura di Potenza. Ha dimensione più piccole. Circa una decina gli
operai a cui si aggiunge qualche unità che si occupa della parte
amministrativa. Insomma, è una di quelle aziende che in teoria potrebbero avere
accesso i bandi di cui si parlava prima. Il titolare dice: “Non sono tra coloro
che sostengono che non sia stato fatto nulla. Per esempio c’è l’incubatore di
Sviluppo Basilicata che per me è una buona cosa ma che rimane poco utilizzato
perché c’è poca domanda”. Più che altro, per Pessolano “speso le cose fatte non
sono quelle giuste. O comunque non rispondono alle reali esigenze di
imprenditore. Si tratta di strumenti concepiti male. Penso a quelli del Comune
ma anche della Regione”.
Soldi per ristrutturare? Dateci vetrine distributori di
metano
Il titolare della Litoforme fa esempi chiari: “Personalmente
ritengo che i soliti contributi per l’acquisto di macchine e per l’aumento
della produzione siano poco utili. Mi piacerebbe che l’aiuto pubblico fosse
indirizzato a generare domanda, a spostare i prodotti fuori, promuoverli sui
mercati che contano. Un po’ come è stato fatto per quella ristretta nicchia del
vino lucano. Che ne so, penso all’acquisto di un palazzo a Linate. Una vetrina
dove agevolare l’incontro produzione lucana – domanda internazionale”. Di idee
ne ha anche un’altra: invece di rassegnarsi a contentini “chiedere a Eni, con
l’iniziativa pubblica, una quindicina di
distributori di metano, stimolando un trasporto più “pulito” con un indubbio
vantaggio in termini economici: per le famiglie si tratterebbe di un risparmio
di quasi 4 mila euro all’anno. Mica male, no, invece dei 90 euro della card
benzina”.
“Il problema? – dice a fine visita – Questa classe
dirigente non sempre è stata all’altezza della sfida”.
giovedì 31 ottobre 2013 08:05
Benvenuti a Viggiano, nel regno dei petroleuro
Come si vive e come si spendono le royalties nel paese
più ricco d’Italia?
di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – All’ingresso del paese il cartello recita: “Il
paese di Maria”, in onore della Madonna nera che ogni anni porta centinaia di
turisti nel santuario che sovrasta la valle. Ma qui il miracolo lo si aspettava
un altro santo nero: l’oro che sgorga dalle viscere della terra. Negli ultimi
cinque anni ha portato ben 83 milioni di euro. Benvenuti a Viggiano, il comune più ricco d’Italia. Ma,
una volta arrivati, dopo aver percorso strade a rischio foro di gomma,
scordatevi di trovare i segni dell’opulenza. La vita, nel comune che ospita il
Centro Oli Eni, scorre pressappoco come in qualsiasi comune dell’entroterra
lucano.
A mezzogiorno appena trascorso le poche persone che si
trovano in piazza, sono per lo più operai che bevono una birra alla fine del
turno di lavoro. Molti anziani, pochi giovani. Alcuni al lavoro, molti partiti.
Il centro è ordinato e c’è anche qualche aiuola. I marciapiedi sono nuovi, pare
che siano stati rifatti più volte. E nella villa comunale c’è anche un parco
avventura per bimbi. Ma della ricchezza che ci si aspetterebbe di trovare sul
territorio che è il più grande giacimento di petrolio su terraferma dell’Europa
occidentale non c’è traccia. Che fine ha fatto il fiume di royalty che le
compagnie del petrolio hanno pagato in questi anni? Il termine in italiano
rende meglio il senso: se c’è una compensazione economica vuol dire che ci sono
anche dei danni. Ma la beffa – opinione condivisa dei cittadini di Viggiano – è
che da questi parti gli unici risvolti evidenti di 20 anni di petrolio siano proprio e solo i mali.
La gente che incontri per strada ti dice che nonostante
il tesoro naturale del sottosuolo la disoccupazione è più o meno in media con
quella degli altri comuni lucani. Che qualcosa in più, negli ultimi due anni,
dopo una battaglia fatta dai cittadini disoccupati, è stata fatta. Ma che non
basta. Perché il lavoro spesso dura pochi mesi o comunque non più di un anno. E
poi non è qualificato. Raccontano che spesso il “posticino”, quando c’è, va a
finire direttamente all’amico dell’amico. Il lavoretto, invece, lo assegnano
sempre alla solita impresa. Che venti anni di petrolio sono passati senza che
nessuno se ne sia accorto. Se non per i danni, appunto: il cattivo odore, il
rumore. Il calo delle attività agricole e d’allevamento, inevitabilmente
compromesse dall’immagine di una terra di perforazioni altamente pericolose. La
paura che prima o proprio la bomba ecologica possa scoppiare davvero.
Raffaele che è partito più di quarant’anni fa alla volta
della Svizzera e che ora che è in pensione viene qualche volta per vedere come
vanno le cose nel suo paese d’origine dice che non vorrebbe mai che i suoi
figli tornassero qui. “Siamo distanti anni luce, cè poco da fare”. Da Viggiano,
negli anni Ottanta, sono partire quasi tre mila persone alla volta
dell’Australia. Non ne è più tornato nessuno, neanche adesso che potenzialmente
la Val d’Agri potrebbe essere gli Emirati Arabi della Basilicata. Un esercente
di un’attività commerciale del centro dice che i suoi quattro figli, di cui due
laureati, lavorano con lui perché non cè molto altro da fare. “Noi non ci
lamentiamo – spiega – tiriamo avanti bene. Ma, quando mi guardo intorno, penso:
è vero, la Basilicata è terra di conquista. E penso che certe cose questi
signori del petrolio ce le hanno fatte a posta per provocarci – dice mentre
indica con la mano il pozzo che sorge a qualche centinaio di metri della
sorgente d’acqua – Perché proprio lì? bastava spostarlo un po’ più giù. Sembra
quasi che vogliano sfidarci. Ma tanto qui nessuno dice niente”. Sulla mensola
del bar i santini ammucchiati di un candidato alle prossime regionali. La
campagna elettorale si fa sentire anche da queste parti. “Vengono a chiedere
voti e poi spariscono”. “Ma che gli crede più”, dice un altro cittadino mentre
mostra la pratica con cui la Procura ha archiviato la sua denuncia per un parco
di pannelli solari realizzato nei lotti Asi che dovevano essere assegnati ad
attività industriali.
Qui ti dicono tutti che questi venti anni di petrolio
sono stati un fallimento. Che la classe dirigente locale e regionale è stata
incapace di gestire quella che potenzialmente poteva essere una ricchezza. E
mentre te lo dicono pensi che molto possa essere il frutto di luoghi comuni.
Che in fondo criticare è sempre stato molto più facile che apprezzare. Allora
inizi a girare il paese di persona. A caccia di segni di un’altra Viaggiano,
diversa da come te l’anno raccontata. Ma
non ne trovi. La signora che sbuccia le castagne per essiccarle, dopo aver
messo ad asciugare la lana appena lavata del cuscino è la stessa immagine che
ho visto trent’anni fa nel paese di mio padre. Il centro storico non è degno di
un paese dalle casse così piene. Ci sono molti cantieri, ma anche molte case
fatiscenti. Neanche le ingenti somme del post terremoto sono riuscite a dare un
altro volto a questo paese. Un fiume di danaro passato invano.
E allora perché non aggiungerci anche altri soldi:
l’amministrazione comunale con una parte delle royalty ha tirato fuori un bando che prevede
agevolazioni per chi ristruttura le facciate delle proprie abitazioni. Circa un
milioni di euro. Ma al momento pare che siano state finanziate solo il dieci
per cento delle domande. Mentre un altro bando di questo tipo sta pere essere
riproposto, quando ancora non è stato ancora completato il primo. Finanziamenti
ci sono pure, fino al 75 per cento, per chi cambia la caldaia di casa. E
combattere la denatalità ci sono tre mila euro per ogni nuovo bebè. Le “grandi
opere” impegnano circa venti milioni delle royalty di Viaggiano. Solo che la
gran parte – dopo vent’anni – è ancora tutta in cantiere.
Qui aspettano tutti l’inaugurazione di domani. Si tratta
del primo e unico campetto in prato in paese. “Una promessa che mi porto dietro
da quando ero bambino”, dice il consigliere d’opposizione, Amedeo Cicala. In
costruzione sono pure ancora l’asilo nido e la piscina comunale. Per vederle
realizzate ci vorrà ancora tempo. E’ vero. In fatto di occupazione, c’è il
progetto che l’amministrazione comunale ha messo a punto con il Parco della Val
d’Agri: una cinquantina di lavoratori che si occupano di attività ambientali e
di prevenzione del rischio
idrogeologico. Un milione di euro di royalty. Per un solo anno però.
L’amministrazione comunale ha provveduto a riconfermarlo anche per quest’anno.
E probabilmente lo farò anche per quelli a venire. Fino a quando ci sarà
disponibilità di cassa. Fino a quando ci sarà petrolio. Siamo molto lontani da
quella politica di investimenti che andrebbe messa in campo prima che sia
troppo tardi. “Il problema è che fino a ora i soldi del petrolio sono stati
utilizzati per spesa corrente e non per investimenti. E il vero dramma è che manca una
programmazione degna di tale nome”, insiste Cicala. E in paese dove non c’è
neanche il piano regolatore, è difficile immaginare il contrario. Per le
imprese nessun vantaggio localizzativo, non in termini energetici. E per
assurdo la paura più grande da queste parti
non è che chiuda il Centro Oli ma che vada via la Vibac, azienda che dà
lavoro a più di 300 lavoratori dell’area, come o addirittura più di quelle
impiegate nell’indotto delle estrazioni, ma che non gode di alcun tipo di
defiscalizzazione. Un’altra fabbrica importante per l’economia locale è andata
via da qualche anno. Si chiamava Spalberg e produceva spalline. A certo punto
ha chiuso per mancanza di commesse. Sarebbe bastato a esempio, che Eni avesse
assegnato all’azienda la realizzazione delle proprie divise. E invece niente.
Sul territorio il petrolio non produce economia. E’ vero, adesso c’è il nuovo
accordo con Eni e Shell: gas gratis per famiglie e imprese. “Accordo? – precisa
Cicala – A mio avviso bisogna stare attenti a non andare troppo in là con la
fantasia. Si tratta solo di linee guida. E bisognerà vedere come potranno
trovare attuazione in accordo con le normative europee e Antitrust. A mio
avviso sarebbe meglio non cantare vittoria troppo in fretta”. Del resto, nella
zona industriale di Viaggiano i lavori per la realizzazione della rete del
metano sono stati appaltati solo da poco. “Speriamo che con lui cambi
qualcosa”, dice un barista mentre indica un manifesto elettorale. Ma a crederci
ancora non sono poi in molti.
mercoledì 30 ottobre 2013 08:32
In caso di inerzia delle regioni il Governo
potrà dire sì a nuove estrazioni
Se le regioni
dovessero continuare a dire no ad ogni nuova intesa in materia di energia, il
Governo potrà fare da solo
di LEO AMATO
POTENZA - Se le
regioni, e in particolare la Basilicata perchè il riferimento è evidente per
quanto implicito, dovessero continuare a dire no ad ogni nuova intesa in
materia di energia (si legga su tutto: petrolio, ndr), il Governo potrà fare da
solo. Con buona pace del federalismo e delle competenze ripartite. Senza
nemmeno dover cambiare il Titolo V della Costituzione.
E’ quanto ha
ribadito la Consulta che una settimana fa ha respinto i ricorsi presentati dai
legali di via Verrastro contro un articolo del decreto “Misure urgenti per la
crescita del Paese” più noto come “Cresci-Italia” approvato dal governo Monti
il 22 giugno del 2012 che prevede.
«Fatte salve le
disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale - sancisce
la norma appena promossa dai giudici della Corte Costituzionale - nel caso di
mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di
assenso o di intesa comunque denominati
inerenti alle funzioni di cui all’articolo 1, comma 7 e 8 (si legga concessioni
e autorizzaioni per infrastrutture strategiche in materia di energia, ndr), entro il
termine di centocinquanta giorni
dalla richiesta, il Ministero dello sviluppo economico invita
le medesime a
provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso
di ulteriore inerzia da parte
delle amministrazioni regionali
interessate lo stesso Ministero
rimette gli atti alla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, la quale
provvede in merito con la
partecipazione della Regione
interessata. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai procedimenti amministrativi
in corso».
In parole povere:
decide il Governo, e se le regioni obiettano qualcosa non conta.
A rendere nota la
decisione è stata l’Organizzazione lucana ambientalista che ne ha anche
pubblicato il testo integrale sul suo sito internet. «La Consulta - spiegano
gli ambientalisti - ha dichiarato in sostanza non fondato il ricorso anche in
riferimento all’articolo 117 della Costituzione e al principio di leale
collaborazione in materia di Intese per permessi e concessioni petrolifere…».
«Dopo la bocciatura
della Consulta della cosiddetta “moratoria bluff” proposta dall’ex governatore
della Regione Basilicata, Vito De Filippo e votata dal consiglio regionale – fa
rilevare ancora la Ola - la nuova bocciatura
della Consulta riguarda anche l’articolo 1 della legge di riordino del settore
energetico che stabilisce che le disposizioni inerenti la prospezione, ricerca
e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria,
adottate per la terraferma, sono poste in essere dallo Stato d’intesa con le
Regioni interessate».
La Regione
Basilicata evidenziava nel ricorso come la normativa nazionale vigente in
materia di conferimento dei titoli minerari in terraferma prevedesse sempre
tale intesa e la previsione di una clausola di superamento violasse il
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Ma la Corte
Costituzionale è stata di tutt’altro avviso rovesciando l’accusa sulla regioni
“no triv-a prescindere”
«Ferma restando la
libertà dello Stato e della Regione di esprimere senza alcun vincolo i propri
punti di vista e le proprie determinazioni favorevoli o contrarie a certe
scelte – scrivono i giudici del collegio presieduti da Gaetano Silvestri -
l’adozione, da parte della Regione, di una condotta meramente passiva, che si
traduca nell’assenza di ogni forma di collaborazione, si risolve in una inerzia
idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale con indubbio
pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento
dell’azione amministrativa (...) La disposizione, dunque, è finalizzata a
superare le dette forme di inerzia e, pertanto, in tali sensi interpretata, non
viola le competenze costituzionali della Regione, né si pone in contrasto con
il principio di leale collaborazione, che anzi tende ad attuare».
Come evidenziato
dalla Ola c’è da attendersi che la
sentenza della Corte Costituzionale abbia ripercussioni sulle intese
istituzionali pregresse e quelle future imprimendo una brusca accelerata alle
autorizzazioni per nuove istanze, in presenza di procedimenti Via avviati e/o
conclusi con esito positivo.
mercoledì 16 ottobre
2013 09:47
La vertenza petrolio arriva a Roma
Il 18 incontro col
ministro Zanonato
Sindacati,
Confindustria e Pensiamo Basilicata bypassano la politica e ottengono un
incontro col ministro dello Sviluppo Economico. Si tratta di un’iniziativa
autonoma delle parti sociali per “ricontrattare” il Memorandum
di MARIATERESA
LABANCA
SARANNO a Roma, il
prossimo 18 ottobre, per parlare di petrolio direttamente con il ministro dello
Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Anche questa volta si tratta di un’iniziativa
completamente autonoma rispetto ai livelli istituzionali lucani, sia regionali
che nazionali, che per l’ennesima occasione rimangono fuori dalle stanze romane
in cui si discute di Basilicata. Saranno Cgil, Cisl e Uil, Confindustria e il
cartello delle associazioni datoriali Pensiamo Basilicata a farse interpreti
delle istanze della regione in fatto di estrazioni.
L’hanno chiamata
“vertenza petrolio”. Consapevoli del fatto che il futuro delle estrazioni
lucane passa attraverso un nuovo e non più rinviabile approccio in fatto di
programmazione. Oggetto del confronto saranno le proposte contenute nel
documento “Vertenza petrolio: per la Basilicata”, presentato nel corso della
recente festa della Cgil lucana. Proprio in quella occasione il ministro Zanonato,
dal palco di piazza Don Bosco, aveva dato la sua disponibilità a spostare i
temi del confronto agli uffici del ministero. E a qualche giorno dalla
richiesta dell’incontro è seguita la convocazione. Le parti sociali chiedono, in primo luogo, che il decreto attuativo
dell’articolo 16 - che recepiva, l’anno scorso, i contenuti del Memorandum
sottoscritto tra Regione e Ministero nel 2011 - venga modificato: rischia di
trasformare le legittime aspettative lucane nell’ennesimo piatto di lenticchie.
Prevede che una quota dell’extragettito fiscale versato dalle compagnie del
petrolio allo Stato venga sì destinato alla Basilicata, per il finanziamento
dei quattro assi (occupazione, infrastrutture, energia “pulita” e ambiente) che
erano state individuate all’interno del Memorandum, ma in quantità di molto
inferiori rispetto a quelle previste.
Secondo il
provvedimento ministeriale la previsione vale solo per le società di nuova
costituzioni e soprattutto su nuove estrazioni. Il che allunga i tempi e
ridimensiona sensibilmente le risorse destinate alla Basilicata. La proposta di
sindacati, Confindustria e associazioni datoriali prevede invece che vengano
ricompresi i 95 mila barili già previsti dai progetti di sviluppo e venga
eliminato il tetto dei 50 milioni. La modifica del decreto attuativo - è la
proposta delle parti sociali - dovrà essere accompagnata da una programmazione
della concentrazione delle risorse su pochi e mirati interventi per welfare (a
partire dall'istituzione di uno strumento di sostegno al reddito finalizzato
all'inserimento/reinserimento lavorativo), lavoro e tutela ambientale. Le
royalty dovranno essere esclude dal patto di stabilità, che oggi impedisce alle
amministrazioni di poterle spendere. Anche il fondo attualmente destinato alla
copertura della carta carburante dovrà essere riprogrammato in questa
direzione. Ma, soprattutto, la richiesta inoltrata al Governo è quella di farsi
promotore, insieme ai grandi player dell'energia e non solo (Finmeccanica,
Enel) di un piano per portare in Basilicata
4-5 mila posti di lavoro nei settori manifatturieri più avanzati (dalle bio
plastiche alla farmaceutica, dai nuovi materiali, alle tecnologie per il
risparmio energetico).
«Sosterremo le
nostre ragioni - annunciano in un comunicato unitario - con tutti gli strumenti
a disposizione, lottando se necessario, per rivendicare il giusto
riconoscimento alla Basilicata, regione che responsabilmente da tanto al
sistema Italia ricevendone però in cambio molto poco. Oggi le priorità si
chiamano difesa del lavoro e del sistema produttivo locale e soprattutto
creazione di nuova occupazione, sostegno alla ricerca e all'innovazione, investimenti in coesione sociale».
Ma l’iniziativa di
sindacati, Confindustria e associazioni datoriali ha una portata che va oltre
quello che si legge nel documento predisposto e che verrà presentato a
Zanonato. Come si diceva all’inizio si tratta un passo avanti compiuto in
autonomia rispetto al livello politico istituzionale lucano, al momento
impantanato altrove e sempre più distratto rispetto alle questioni concrete che
riguardano i temi dello sviluppo lucano. E’ chiaro che lo stallo politico che
si è venuto a determinare con la fine anticipata della legislatura ha reso la
Basilicata più fragile. Del vuoto regionale lucano ha parlato anche lo storico
e giornalista, Giuseppe Galasso, in un intervento pubblicato qualche giorno fa
sul Corriere del Mezzogiorno, dal titolo “Il problema del Sud? le sue classi
dirigenti”. Abbiamo dato notizia, qualche giorno fa, della lettera inviata dal
governatore De Filippo al premier Letta e ai ministri competenti. Un documento
con il quale il presidente ha bocciato il decreto attuativo, chiedendone una
riformulazione o un’integrazione. Ma nel frattempo le parti sociali fanno un
passo in più.
Le risposte non solo
le chiedono, ma vanno e prenderle direttamente a Roma. E non sono gli unici.
Qualche giorno fa erano stati i sindaci di Lagonegro, Muro Lucano, Craco e
Spinoso (che chiedono più royalty da distribuire a tutti comuni lucani) a
recarsi nella capitale per incontrare il dirigente del dipartimento
dell’Energia del Ministero, Franco
Terlizzese, il quale si è impegnato a portare le istanze degli amministratori
sulla scrivania del ministro. Così come altrettanta autonoma è stata
l’iniziativa di dieci comuni della Val d’Agri che, guidati dall’amministrazione
di Viggiano, hanno contrattato la quantità aggiuntiva di gas estratto da Eni e
Shell in cambio di una grossa quantità di gas gratis. La campagna elettorale
che viaggia con enormi ritardi a causa dei disguidi interni ai partiti e alle
coalizioni, sembra non essersene neppure
accorta.
giovedì 10 ottobre
2013 12:39
Petrolio. Incontro con il ministro Zanonato
Ecco le proposte che
saranno presentate
Il testo del
documento unitario di sindacati, Confindustria e Pensiamo Basilicata presentato
al ministro: più royalty, rimodulazione fondo card benzina, nuovo contratto con
i big player
Il contributo che,
responsabilmente, la Regione Basilicata da infatti al sistema energetico
nazionale deve essere giustamente compensato in termini di maggiore
occupazione, sviluppo, coesione sociale, attenzione all’ambiente. Oggi ancora
di più alla luce della grave crisi che colpisce i nostri territori. Ritenere sostenibile un aumento del
contributo energetico che la Regione Basilicata da alla Strategia Energetica
Nazionale senza fare i conti da un lato con le forti preoccupazioni ambientali
delle comunità locali e dall’altro con la crescente disoccupazione, senza un
protagonismo delle forze sindacali e datoriali non solo è fortemente sbagliato,
ma – alla lunga – controproducente ed inefficace, per l’intero sistema Paese. Per queste ragioni è giunto il momento di
aprire a livello nazionale una vero e proprio “Tavolo per la Basilicata”, con
spirito costruttivo, ma anche con la determinazione necessaria per chi ritiene,
come noi, che il rilancio della Basilicata sia parte di un’unica idea di
rilancio economico e sociale del Mezzogiorno e del Paese.
1)
decreto 12 settembre 2013, in attuazione dell’art. 16 legge n. 27 del
2012
Attualmente il
decreto, se non modificato, altro non sarebbe che una beffa. Poiché la finalità
dell’articolo è ristorare, con la costituzione di un fondo nazionale
finalizzato allo sviluppo e il lavoro, i territori che contribuiscono
all’aumento del proprio contributo alla Sen, occorre applicare la quota
aggiuntiva sulle imposte all’aumento dei barili estratti rispetto al contributo
dato nel 2012. Tradotto: le estrazioni e
l’aumento già previsto delle estrazioni dell’Eni (ricordiamo ad invarianza del
numero dei pozzi, anzi con una graduale diminuzione degli stessi) così come la
messa in produzione delle estrazioni a Tempa Rossa (e relativi barili),
contribuendo all’aumento su indicato, devono pienamente rientrare nelle
prescrizioni del decreto (indipendentemente dalla nascita o meno di nuove
società, dalla loro sede legale, ecc.) e relativi prelievi fiscali sulle società
beneficiarie. Inoltre va assolutamente eliminato il tetto di 50 milioni,
rappresentando un limite che deprimerebbe la funzione stessa di incentivo e
ristoro, anche rispetto agli stessi andamenti di mercato. Infine, ma non per
importanza, il fondo deve esplicitamente poter essere utilizzato anche per
progetti strategici di tutela ambientale e della salute.
2)
Occorre una rivisitazione dell’attuale politica sulla royalties.
Prima di tutto – e
soprattutto se non sarà modificato il decreto del 12 settembre – chiediamo un
aumento significativo dell’attuale percentuale (la più bassa al mondo). Quindi
le risorse derivati dalle royalties vanno, in ogni caso, esplicitamente
sottratte dal Patto di Stabilità per permetterne un impiego finalizzato a poche
misure. Dentro questa rivisitazione occorre anche modificare l’attuale
normativa sulla carta carburanti, operando bene la giusta ripartizione tra aree
estrattive e mere aree di stoccaggio e finalizzando le risorse (che altro non
sono che il 3% del 10% complessivo delle attuali royalties) non più all’acquisto di
carburante, ma a progetti mirati, in capo alle regioni beneficiarie, per
politiche di coesione sociale. Le risorse proveniente dalle royalties, così
riunite, devono essere finalizzate a politiche per il lavoro e per il welfare
(testo unico per il sostegno al reddito e al lavoro).
3)
Nuovo contratto di sviluppo
Visto l’importante
contributo che la Regione Basilicata fornisce al Paese, il Governo deve
impegnarsi, in concorso con le grandi aziende, a partire da Eni e Total e
coinvolgendo anche altri grandi player a definire un vero e proprio nuovo
Contratto di Sviluppo avanzato per la regione Basilicata, con la promozione di
insediamenti industriali manifatturieri per almeno 4-5 mila posti di lavoro, in
settori diversi da quelli della mera estrazione petrolifera: bio plastiche,
farmaceutica, nuovi materiali, produzioni connesse alle energie rinnovabili,
ecc. Insediamenti da incentivare e accompagnare con la compartecipazione della
stessa Regione Basilicata attraverso la nuova programmazione comunitaria
2014-2020. Su questi punti vogliamo
aprire un confronto a tutto tondo, pronti a sostenere le nostre ragioni.
venerdì 11 ottobre
2013 11:30
Basilicata: così ricca, così povera
L'Europa ci
declassa, torniamo ex Obiettivo 1
Ufficializzato il
declassamento della Basilicata e il ritorno a zona Obiettivo convergenza, cioè
nella fascia delle regioni a forte sottosviluppo. Tutto questo nonostante il
“tesorone” delle royalties: dal 2008, 762 milioni alla Regione, 83 al solo
comune di Viggiano
di MARIATERESA
LABANCA
POTENZA – Una valanga di soldi, cifre che
fanno venire i brividi, soprattutto nel giorno in cui Bruxelles ufficializza il
declassamento della Basilicata a zona Obiettivo convergenza (ex obiettivo 1),
per non aver conseguito una crescita del Pil tale da consentire alla regione di
portarsi fuori dalla fascia delle aree sottosviluppate, nonostante le
previsioni. L'Europa decide in base a quei dati statistici che ci dicono come
il prodotto interno lordo lucano non solo non sia cresciuto, ma addirittura sia
tornato a livelli simili a quelli del 2001: fermo al 75 per cento della media
europea, facendo così scattare l'automatico passo indietro. Un po' quello che è
accaduto anche nelle altre regioni del Mezzogiorno, incapaci di fronteggiare la
sfavorevole congiuntura economica.
Ma per la Basilicata
l'involuzione ha il sapore di una doppia beffa. E non solo perché a un certo
punto del percorso della crescita agevolata dagli aiuti europei la Regione si
era distinta tra le altre per i risultati raggiunti. Ma soprattutto perché in base
alla ricchezza del suo sottosuolo la Basilicata non può considerarsi al pari
delle altre regioni. Nelle casse degli enti pubblici, a partire dalle Regione,
per arrivare ai comuni, sono arrivati milioni e milioni di euro. Dire che i
traguardi raggiunti, in termini di sviluppo, siano lontani dai risultati attesi
in virtù delle estrazioni, è ormai un esercizio di retorica. Ma quando ce li
hai di fronte, quei numeri, capisci che il senso di sconforto per il paradosso
tutto lucano non sarà mai abbastanza.
Le cifre sono quelle
che arrivano dal Ministero dello Sviluppo economico. La direzione generale per
le Risorse minerarie ed energetiche ci informa del flusso delle compensazioni
economiche derivanti dall'estrazione del greggio: a chi sono andate, e soprattutto
in quali quantità. L'ultimo aggiornamento è datato agosto 2013 e ci dà conto
delle aliquote della produzione di gas e olio del 2012 versate alla data del 30
giugno del 2013 e quelle relative alla produzione di gas del 2011, versate a
seguito della aste effettuate presso la piattaforma di negoziazione P-Gas a
gennaio del 2013. Sommando queste due voci il calcolo è facile: il gettito di
un solo anno ha portato nelle casse della Regione 168.974.961 euro (più di 91
milioni versati da Eni e altri 77 milioni di Shell Italia). Quasi 50 milioni in
più rispetto all'anno precedente. E in totale, dal 2008 ad oggi, più di 762
milioni di euro.
Compensazioni
dirette, al netto, a esempio, di quelle derivanti dal Po Val d'Agri. Sappiamo –
come ha spiegato il presidente De Filippo nella recente conferenza stampa di
fine mandato – che la congiuntura economica negativa degli ultimi anni e il
sensibile taglio ai trasferimenti centrali ha portato a utilizzare sempre più
spesso questo tesoro per continuare a garantire servizi fondamentali, a partire
dall'ateneo lucano. Insomma, una sorta di bancomat – un paragone utilizzato più
di qualche volta – a cui attingere per far fronte alla progressiva riduzione di
risorse. Attenuanti che però non può bastare a liquidare la questione
dell'utilizzo delle royalty e soprattutto non eliminano quell'interrogativo che
pesa come una spada di Damocle sulla testa della Regione: perché una parte di
quelle risorse non è stata indirizzata verso investimenti che avrebbero dovuto
fare da moltiplicatori di sviluppo?
Sconfitta ancora più
cocente se si guarda al flusso delle royalty finite nelle casse dei comuni
interessati dalle attività estrattive. Se siete mai stati in Val d'Agri e avete
visitato i comuni delle valle che ospita
il Centro Oli, vi sembrerà quasi fantascienza sapere che questa dovrebbe
essere la zona più ricca d'Italia. Basta dare un'occhiata alla griglia del
ministero che riporta il gettito suddiviso per comuni per concludere che sono
quelli lucani i più pagati. Viggiano è in testa alla classifica e stacca di
molto quelli che vengono dopo. Dal 2008 ad oggi nelle casse municipali sono
finiti ben 83 milioni e mezzo di euro. Che equivale a 25 mila euro per ognuno
dei 3200 abitanti. Un'enormità di danaro di cui non ci sono molte tracce sul
territorio. Le aree industriali
raccontano un'altra storia. Le attività artigianali o legate all'agricoltura e
all'allevamento – ormai compromesse (almeno in termini di immagini) dalla
forzata convivenza con le attività estrattive – sono allo stesso livello di
quelle di qualsiasi altra area dell'entroterra del Mezzogiorno.
Guadagnano meno, ma
comunque tantissimo gli altri comuni lucani interessati dalle estrazioni: nella
classifica relativa al gettito del 2013, dopo Viggiano, seguono Calvello (più
di 4 milioni in un solo anno), Grumento Nova (tre milioni), Marsico Nuovo (2
milioni), Montemurro (720 mila euro). Non solo. Negli anni hanno ricevuto laute
“ricompense” anche comuni come Ferrandina (il fallimento della Valbasento non
ha bisogno di troppe presentazioni), Pisticci e Salandra. Va detto che le
royalty non possono essere utilizzate per sostenere la spesa corrente. Così
com'è vero che anche queste risorse sono vincolate ai limiti del patto di
stabilità che le amministrazioni sono tenute a rispettare. Un ostacolo che va
superato per evitare di ingessare l'economia degli enti su questo tipo di
risorse. Sul punto si è sentito alzare la voce in qualche occasione. Al momento
manca, però, un'azione politica forte che vada in questa direzione. Ma, a parte
gli ostacoli che si sono frapposti nel tempo, nel paradosso della Basilicata
ricca in teoria e povera nei fatti c'è una lacuna che pesa su tutte: la
mancanza di programmazione. Perché una cosa è spendere una parte di quelle
risorse per un intervento limitato (la realizzazione di un'opera, a esempio) e
in grado di produrre occupazione solo per un determinato periodo di tempo.
Diverso è, anche in questo caso, tanto per fare un esempio, costruire un
impianto a energia “pulita” che consenta di abbassare la bolletta energetica
delle aziende, quindi richiamare imprese sul territorio, e creare occupazione
di lunga durata. La recente azione dei sindaci della Val d'Agri, guidata
dall'amministrazione di Viggiano, che ha chiuso un accordo integrativo con Eni
e Shell sul gas aggiuntivo che verrà estratto nella zona, va in questa
direzione. Ma le royalty, che comunque continueranno a essere versate, sono un
discorso a parte. La legge prevede che il ristoro economico ai comuni del
petrolio sia destinato allo sviluppo dell'occupazione, delle attività
economiche, all'incremento industriale e a interventi di miglioramento
ambientale. A giudicare dai risultati, siamo ampiamente al di sotto di ogni
aspettativa.
giovedì 10 ottobre
2013 09:00
Parlamentari in visita in Val d'Agri. E i
sindaci "ribelli" fanno irruzione
Sembrava destinata a
filare senza intoppi la missione della commissione ambiente della Camera dei
deputati in visita in Val d’Agri. Invece i sindaci "rompiscatole"
sono intervenuti per dire la loro e non hanno usato mezzi termini per
denunciare la situazione delle valli del petrolio
di LEO AMATO e
ROSANGELA PEPE
VIGGIANO - «Non è
come ve la stanno raccontando». Ma inquinamento dell’aria e dell’acqua,
agricoltura e turismo in ginocchio, tumori e morte. Altro che ricchezza e
progresso.
Hanno fatto
irruzione senz’essere invitati e non hanno usato mezzi termini per denunciare
la situazione delle valli del petrolio i sindaci “ribelli” di Montemurro,
Sarconi, Spinoso e Paterno, a nome anche dei colleghi di Moliterno,
Marsicovetere, Marsico Nuovo, Tramutola e Grumento Nova.
Sembrava destinata a
filare senza intoppi la missione della commissione ambiente della Camera dei
deputati ieri in visita in Val d’Agri . Ma nel pomeriggio, terminato il “tour”
organizzato dall’Eni all’interno del centro oli tirato a lucido per l’occasione
(gli Rsu hanno rivelato che agli operai delle ditte dell’indotto è stata data
una giornata di ferie forzate), le cose hanno preso una piega inattesa.
In realtà a
scoperchiare il “vaso di Pandora” è stato il sindaco di Pisticci Vito Di Trani,
unico dei “rompiscatole” con in tasca un invito in piena regola. Prima di lui,
durante le audizioni nell’aula consiliare del comune di Viggiano, erano
intervenuti i responsabili della compagnia del cane a sei zampe e di Total,
Shell e Mitsui, seguiti dal capo del dipartimento risorse minerarie del
Ministero per lo sviluppo economico
Franco Terlizzese. Poi era venuto il turno dei primi cittadini: innanzitutto
l’ospite Giuseppe Alberti che ha fatto gli onori di casa e ha accennato alle preoccupazioni
per lo stato delle acque del vicino invaso del Pertusillo, quindi la collega di
Corleto Perticara Rosaria Vicino, che si è augurata l’avvio immediato del
monitoraggio dell’aria non appena partirà l’attività del nuovo centro oli
Total.
Subito dopo è
toccato a Di Trani che ha messo in guardia i parlamentari, tra cui i lucani
Cosimo Latronico (Pdl) e Antonio Placido (Sel) (il senatore Pd Salvatore
Margiotta si è aggregato soltanto per la mattinata) rispetto a quanto ascoltato
fino ad allora. E ha parlato dei miasmi che si respirano nell’area attorno a
Tecnoparco, lo stabilimento che tratta le acque di scarto delle estrazioni in
Val d’Agri, la disoccupazione e la carenza di infrastrutture. Mario Di Sanzo,
primo cittadino di Montemurro, ha rincarato la dose denunciando le
preoccupazioni per la fuoriuscita di sostanze velenose nel suo comune e i
possibili collegamenti con il pozzo di reiniezione Costa Molina2 nel territorio
di Grumento. Da Sarconi Cesare Marte ha tuonato contro i danni all’agricoltura,
il turismo e i rischi di sismicità indotta. «Fareste bene a non avvisare la
prossima volta che venite»: è stato invece il suggerimento del primo cittadino
di Paterno Michele Grieco, che ha ironizzato sulla “cera” passata per tutto
l’impianto del Centro oli e le ferie
forzate per gli operai dell’indotto.
Scossi i membri
della commissione che al termine dell’audizione hanno chiesto alla Regione e
agli stessi sindaci un supplemento di istruttoria su malattie e distribuzione
delle royalties. A tutti ha risposto l’assessore alla sanità Attilio Martorano
garantendo che a breve sarà disponibile l’esito degli studi sulla mortalità
commissionata all’Istituto superiore di sanità. Più semplice recuperare il dato
delle “compensazioni” economiche per le estrazioni. Fino ad allora con ogni
probabilità il giudizio resterà sospeso.
martedì 08 ottobre
2013 08:06
Basilicata. Eni ipoteca la trattativa sui
barili. Il retroscena dell'accordo sul gas
Le clausole che
"inchiodano" la Regione all'aumento delle estrazioni in Val d'Agri
dopo il patto con i comuni petroliferi
di LEO AMATO
POTENZA - Con l’ok
della giunta regionale il gas comincerà ad arrivare subito. Ma se in futuro
qualcuno dovesse ostacolare i programmi di Eni, inclusa anche la trattativa per
un nuovo accordo con la Regione sull’aumento delle estrazioni, allora i rubinetti
verranno chiusi. E saranno i responsabili a doversela vedere con la delusione degli
abitanti della Val d’Agri.
Memorandum o non
memorandum, nuovo fondo sì o nuovo fondo no, inteso quello per le
infrastrutture e il lavoro anche nei territori vicini, per i comuni petroliferi
lucani sembra proprio che non sia destinato a cambiare nulla. Almeno quanto ai
5 milioni di euro di nuove “compensazioni” previsti dall’accordo sottoscritto
agli inizi del mese tra il sindaco di Viggiano, Giuseppe Alberti, il consigliere
nonché ex senatore Pd Rumualdo Coviello e i vertici della compagnia del cane a
sei zampe (vedi foto).
E’ quanto emerge dal
testo che è stato già sottoscritto dal Comitato paritetico composto da due dei
più stretti collaboratori dell’attuale presidente della giunta Regionale Vito
De Filippo (Angelo Rinaldi e Pasquale Briamonte) e da Eni/Shell il 12
settembre. Stessa data, per una diabolica coincidenza, anche del decreto
interministeriale che ha istituito il fondo per le infrastrutture e il lavoro,
pensato dal presidente della Regione Vito De Filippo e dall’ex sottosegretario
azzurro Guido Viceconte, per raccogliere una quota delle «maggiori entrate
fiscali» provenienti proprio dall’aumento delle estrazioni in Val d’Agri.
Lunedì i contenuti
del patto sul gas gratis sono stati esposti a Viggiano dal sindaco in consiglio
comunale, mentre il giorno dopo in una sala del parlamentino di via Verrastro è
stato il turno di Coviello con i membri dell’associazione ex consiglieri e
parlamentari della Basilicata che alla fine hanno proposto «una riflessione a
tutte le forze politiche della regione affinché
si sviluppi un dialogo costruttivo e approfondito sul tema del
patrimonio di risorse fossili possedute e si determini una programmazione
coerente alle stesse per rispondere alle esigenze di sviluppo e di occupazione
che sono oramai improcrastinabili».
In realtà non si
tratta di un accordo vero e proprio ma di «linee guida per la redazione e
sottoscrizione di un disciplinare per la fornitura di gas naturale tra Regione
Basilicata, Comune di Viggiano, Eni spa e
Shell Italia E&P spa». Quindi in sostanza contiene tutti i termini
della questione ma rinvia per gli aspetti più tecnici a un disciplinare da
stilare dopo la costituzione («quanto prima») di un tavolo di concertazione con
tutti i rappresentanti delle parti.
Le premesse
rimandano al protocollo d’intenti firmato da Regione ed Eni nel ‘98, che
prevedeva l’estrazione di 104mila barili al giorno. Poi si parla delle
autorizzazioni per la realizzazione della quinta linea del Centro oli di
Viggiano che dovrebbe aumentare di un milione di metri cubi la capacità
produttiva giornaliera di gas. Ma definendo le «Attività» di Eni e Shell in Val
d’Agri viene spiegato che le due compagnie «intendono perseguire programmi di
investimento nel territorio lucano che prevedano la produzione di greggio e gas
naturale con una possibile successiva fase di sviluppo sostenibile del
giacimento da definire con la Regione Basilicata». Insomma l’una cosa e
l’altra. I programmi in essere e quelli futuri. E non è finita.
I firmatari infatti
riconoscono che «con riferimento alle Attività, la Regione, Eni e Shell stanno
verificando il percorso amministrativo per definire un accordo integrativo» che
di seguito è indicato con la maiuscola («Accordo integrativo»). Accordo che
«dovrà prevedere, tra l’altro, la messa a disposizione della Regione di un
certo quantitativo di gas naturale proveniente dalla produzione addizionale del
giacimento Val d’Agri derivante dalle Attività per consentire la riduzione del
costo del gas per le utenze finali presenti sul territorio».
Chi ha seguito con
attenzione le dichiarazioni in tema di petrolio e affini persino durante le
primarie per scegliere il candidato governatore del centrosinistra avrà notato
l’eco di tante parole sulla bolletta energetica da abbassare che sono state
recitate da entrambi i contendenti. Segno di quanto possa essere sentito il
tema, anche in termini di ricadute occupazionali attese dalle produzioni che
potrebbero essere attratte sul territorio da condizioni “operative” di questo
tipo. Altrimenti non si spiegherebbe nemmeno l’attivismo proprio in questo senso
dei comuni della Val d’Agri.
Le successive linee
guida fissano quindi in 45mila metri cubi al giorno la “Contribuzione in
natura”, ossia la quota di gas «da
destinare al territorio del comune di Viggiano e degli altri comuni interessati
dalle Attività». Dopodiché - a scanso di ogni equivoco - Regione, Eni e Shell
«si danno reciprocamente atto che il quantitativo di gas naturale di cui alla Contribuzione
in Natura è da considerarsi parte di quello oggetto dell’ipotesi di Accordo
integrativo la cui definizione non sospenderà la fornitura».
Per capirsi,
l’erogazione comincerà non appena sarà approvato il disciplinare e i comuni
saranno pronti a ricevere il gas estratto assieme al petrolio grezzo e separato
in un secondo momento all’interno del Centro oli. Se poi venisse sottoscritto
l’«Accordo integrativo» sulla «produzione addizionale» di petrolio dal
giacimento «la durata della Contribuzione in natura sarà adeguata a quella
superiore prevista» dallo stesso accordo. In caso contrario resterà di 5 anni,
prorogabili soltanto all’esito di un nuovo tavolo con la Regione da convocare
per discutere della questione.
Infine, appena prima
delle conclusioni, c’è la clausola del “rubinetto”, che prevede che «la
Contribuzione in natura e le obbligazioni a carico di Eni e Shell (...) siano
immediatamente sospese qualora ostacoli di natura amministrativa che esulino
dalle disposizioni legislative o regolamentari vigenti al momento
dell’approvazione del presente documento in sede di Comitato paritetico, e/o
legislativa e/o giudiziale, o fatti comunque non imputabili a Eni e Shell
dovessero provocare una significativa interruzione delle Attività». Un “no”
della Regione alla richiesta di aumentare la produzione fino a 129mila barili
al giorno può essere considerata «una significativa interruzione» delle
attività delle due compagnie in Val d’Agri? Stando alla definizione delle
«Attività» con la maiuscola sembrerebbe di sì, dato che è inclusa la rincorsa a
«una possibile successiva fase di sviluppo sostenibile del giacimento». Ed è
chiaro che anche di fronte a ciò Eni e Shell non andranno dai comuni della Val
d’Agri a chiedere indietro il gas già erogato. Piuttosto chiuderanno il
rubinetto, ma non prima di aver messo nella stessa stanza la Regione con i
valligiani costretti a rinunciare a un taglio sulla bolletta stimato attorno al
30% sulle utenze domestiche e alle occasioni di lavoro offerte dalle aziende
attratte dal gas superscontato di Viggiano e dintorni.
A quel punto sarà
inutile farsi illusioni su dove penderanno le decisioni, specie se dovesse
esserci - come adesso - una campagna elettorale all’orizzonte. Con o senza i
soldi del fondo “Memorandum”, i tanti che erano attesi e i pochi che sono stati
concessi.
giovedì 03 ottobre
2013 09:48
Basilicata. Memorandum, così De Filippo boccia
il decreto
"Deludente e da
rivedere in tempi brevi"
De Filippo scrive al
premier Letta e ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Economia, Zanonato
e Saccomanni bocciando l'atto attuativo approvato dal governo
di MARIATERESA
LABANCA
LA lettera porta la
data del 30 settembre scorso, cinque giorni dopo l’annuncio del decreto
interministeriale attuativo dell’articolo 16 della legge 27 del 2012, ovvero
quello che recepisce l’osannato Memorandum lucano sul petrolio.
Il presidente De
Filippo scrive al premier Letta e ai ministri dello Sviluppo economico e
dell’Economia, Zanonato e Saccomanni. Quella che arriva dalla massima carica
istituzionale della Regione è una sostanziale bocciatura dell’atto attuativo
approvato dal governo. Un decreto «sicuramente deludente - scrive il presidente
- in relazione sia alle aspettative della Basilicata, sia all’ammontare totale
dell’extragettito fiscale ottenibile con un incremento della produzione
petrolifera in territorio lucano senza aumento dei pozzi estrattivi previsti».
Nell’opinione pubblica il provvedimento dei due ministeri è stato già avvertito
come l’ennesimo bluff sulla pelle dei lucani. Gli unici a cantare vittoria sono
i parlamentari del centrodestra. Il governatore dimissionario, per altro alle
prese in quei giorni con le patate bollenti che ha ritrovato sulla scrivania
della segreteria regionale del partito, non esterna alcuna presa di posizione,
almeno non ufficialmente. Lo farà solo nella conferenza di fine mandato dello scorso
martedì, definendo il decreto «una vera schifezza». Nella lettera inviata
qualche giorno prima a Roma, forse ultimo atto, in fatto di estrazioni, da
parte del presidente che si avvia a lasciare definitivamente la Regione, è
indicata la richiesta: una riformulazione del decreto, in cui venga recuperato
lo spirito che ha animato i confronti e gli approfondimenti che si sono
sviluppati tra le parti in questi anni.
L’unico elemento
positivo dell’atto ministeriale - sottolinea il governatore - è rappresentato
dalla ribadita centralità della regione in termini di contributo alla strategia
energetica nazionale. Per il resto, il provvedimento va rivisto completamente
perché non risponde a quello che la Basilicata aveva chiesto e auspicato di
ottenere.
Ma soprattutto non
corrisponde alle indicazioni che le parti si erano da date nel corso della
trattativa al tavolo tecnico: dove - spiega il presidente - si era detto che il
gettito fiscale aggiuntivo andava applicato non alle nuove concessioni e
nemmeno alle nuove società insediate sul territorio, ma su società già
esistenti e concessioni già presenti e
soggette a incrementi di produzione, sulla base di atti amministrativi e nuovi
accordi. E in numeri il grande bluff si traduce in questo: la maggiore entrata
fiscale per lo Stato sull’aumento complessivo era stata determinata in 30
miliardi di euro in 20 anni, mentre il decreto pone un limite di 50 milioni di
euro annui. Si capisce quale sia il danno per la Basilicata, visto che una
parte di queste maggiori entrate avrebbe dovuto finanziare progetti in regione
sui quattro assi individuati dal Memorandum sottoscritto nel 2011 dall’ora
dirigente del dipartimento energia del Mise, Stefano Saglia, il governatore De
Filippo e il senatore, Guido Viceconte, all’epoca dei fatti sottosegretario al
Miur: ambiente, infrastrutture, nuova
occupazione derivante dalle attività di ricerca e costituzione di un cluster
per l’energia. Un anno dopo, l’articolo 16 della legge sulle liberalizzazioni
sembra dar forma agli enunciamneti di principio contenuti del memorandum che in
pratica dice: sì all’aumento di produzione, ma solo in cambio di maggiori
vantaggi per la Basilicata, attraverso lo spostamento delle risorse derivanti
su nuovi “strumenti” in grado di generare sviluppo. Solo che, nel passaggio
dalle parole ai fatti, qualcosa, anzi molto, si è perso per strada.
Senza tener conto - sottolinea ancora il
presidente nella lettera - che il provvedimento interministariale «costringerebbe pure la Regione a
sottomettersi a nuove concessioni previste dalla “strategia energetica
nazionale” che, al momento della sottoscrizione del memorandum neppure
esisteva».
Per questo - dice De
Filippo - il decreto va considerato «solo l’inizio, solo una base da
implementare». In tempi rapidi, aggiunge il governatore. Perché il
provvedimento così com’è non consente alla Basilicata di raccogliere quelle
opportunità che potrebbero derivare dalle attività estrattive, per favorire uno
sviluppo non solo locale ma funzionale a il Paese. Il governatore chiede «di
rivedere integralmente i presupposti per il calcolo del contributo giacché le
valutazioni fatte in un anno di confronto anche al tavolo tecnico
consideravano».
giovedì 03 ottobre
2013 09:37
Petrolio. Un bando per la ricognizione del patrimonio fossile
E' la proposta dell'ex senatore Romualdo CovielloSi tratta di una selezione internazionale, da parte della Regione, per trovare uno o più interlocutori affidabili che avranno il compito di stimare in maniera precisa la ricchezza che i lucani non sanno di avere
di LEO AMATO
POTENZA - Il grande capo della direzione risorse minerarie del Ministero per lo Sviluppo economico lo va ripetendo ormai da qualche mese: bisogna tornare a esplorare il sottosuolo in cerca di giacimenti ancora nascosti. Ma da ieri ha una sponda anche in Basilicata: l’ex senatore Romualdo Coviello, già artefice appena due settimane fa dell’accordo per il “gas gratis” ai comuni petroliferi della Val d’Agri.
E’ un bando internazionale per la ricognizione di tutto il patrimonio fossile dall’Ofanto al Pollino la proposta lanciata ieri mattina da Coviello di fronte all’associazione ex consiglieri e parlamentari della Basilicata.
In altri termini, si tratta di una selezione da parte della Regione per trovare uno o più interlocutori affidabili che avranno il compito di stimare in maniera quanto più precisa la ricchezza che i lucani non sanno di avere. Obiettivo: innanzitutto colmare il gap di conoscenze che ancora oggi pregiudica qualsiasi trattativa con lo Stato e le compagnie petrolifere sul destino delle concessioni in essere e quelle ancora da venire. E’ quella che gli economisti chiamano asimmetria informativa, e viene considerata una causa di fallimento del mercato. Ma in secondo luogo - e anche su questo Coviello è stato chiaro - c’è il destino della Basilicata, stretta tra indici demografici ed economici deprimenti e la prospettiva paradossale dell’uscita dalle regioni «in ritardo di sviluppo» che beneficiano dei fondi maggiori dell’Unione europea. In una parola «debiti». E pure belli grossi.
Ecco dunque che i soldi provenienti dai «nuovi accordi di sviluppo» di fonti fossili sul territorio lucano, secondo l’ex senatore del Pd nonché attuale consigliere comunale e animatore della Sustainable developement school di Viggiano (sostenuta anche dalla Fondazione Mattei), andrebbero intesi come il mezzo per provare a innescare «l’imprenditorializzazione» della regione, sulla scia di quanto appena fatto per la Val d’Agri dove la bolletta energetica delle industrie impiantate nei comuni petroliferi verrà ridotta utilizzando parte dei 5milioni e mezzo di euro di gas concessi da Eni all’amministrazione di Viggiano. Sulla base dei 105mila barili di greggio al giorno di produzione attuale. Certo. Però in prospettiva dell’aumento di produzione a 130mila su cui procede nell’ombra un’altra trattativa, tra Regione, Governo ed Eni.
Si parla insomma dello stesso negoziato che ha portato al decreto attuativo del fondo “Memorandum” così com’è. Ma dove era previsto che fosse ceduto del gas alla Società energetica lucana in cambio del via libera a quei 25mila barili in più andranno riconsiderati i quantitativi. Dato che a quelli di partenza vanno già sottratti 45mila metri cubi al giorno destinati alle municipalità dell’area dei pozzi e del Centro oli. Con buona pace del Consiglio regionale che - in teoria - attende ancora di sapere a che punto sono le negoziazioni. Perché - in pratica -quello della riduzione della bolletta energetica per le imprese è diventato un ritornello ripetuto di recente da entrambi i candidati governatore alle primarie del Pd. Idem per chi credeva che rispetto agli accordi del 1998 (Eni-Val d’Agri) e del 2006 (Tptal-Tempa Rossa) sarebbe stata messa al primo posto una prospettiva strategica per l’intera regione.
l.amato@luedi.it
mercoledì 02 ottobre 2013 09:08
http://www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/717445/Un-bando-per-la-ricognizione-del.html
Petrolio, il decreto è un grande inganno
Entrate fiscali solo
con nuove società
Da Total non sembra
esserci l’intenzione di stabilire una società in Basilicata
di VALERIO
PANETTIERI
POTENZA - Più soldi
per la Basilicata con il petrolio? Non proprio. la questione del Fondo da
costruire con una parte dell’imposta sul reddito delle società, la cosiddetta
Ires, è una faccenda molto più cavillosa di quanto si pensi.
Eppure l’articolo 1
del decreto interministeriale appena varato non lascia spazio ad
interpretazioni. La quota dell’imposta, infatti, riguarda soltanto i “soggetti
- si legge nel decreto - di nuova costituzione che hanno sede legale nelle
regioni a statuto ordinario e svolgono nelle stesse regioni, in base a
concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, le
attività di coltivazione relative a progetti di sviluppo presentati a decorrere
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del presente decreto”.
La situazione è
abbastanza chiara, la quota del 30%, fino ad un tetto massimo di 130milioni di
euro e l’aliquota del 15% sull’eccedenza riguarderanno soltanto le nuove
società costituite in loco che presenteranno nuovi progetti di sviluppo.
Questo in Basilicata
significa molte cose: prima di tutto tutto ciò che è già presente sul
territorio non sembrerebbe rientrare in questa faccenda del Fondo,
semplicemente perché non si tratta di progetti di sviluppo presentati dopo la
pubblicazione del decreto interministeriale, secondo appunto è la posizione
delle società petrolifere presenti sul territorio. In pratica non solo si
scavalcano le amministrazioni regionali e locali per aumentare le entrate
fiscali, ma si chiede anche alle società petrolifere di costituirsi in loco, in
Basilicata, con una nuova società in modo da ottenere il maggior numero
possibile di entrate fiscali.
Ovviamente la
questione a Total non piace per niente, tant’è che già si è capito che non
hanno nessuna intensione a costituire una nuova società, con tutto quello che
comporta in termini di spese e tassazione, in regione. Total Basilicata è una
cosa attualmente non realizzabile, salvo stabilire in un futuro prossimo la
possibilità di attuare nuovi progetti.Una bella presa in giro: perché non solo
la basilicata andrà verso il raddoppio spingendo sulla produzione attuale, ma
per ottenere maggiori guadagni sullo sfruttamento petrolifero dovrà concedere
ulteriori porzioni del suo territorio. Questo però non significa per forza
nuove concessioni, le cose potrebbero riguardare già quelle parti di territorio
già sfruttate. basterà proporre nuovi “progetti di sviluppo”.
Ora, il discorso è
abbastanza cavilloso, perché questo significa che senza società in loco i
prossimi progetti non dovranno passare per forza dentro il meccanismo della
fiscalità. Alla Regione spetterebbe, quindi, un compito improbo, che andrebbe
anche a cozzare con quanto detto e ridetto nella campagna sulle Primarie del
centrosinistra.
Dovrebbe convocare
le società petrolifere e stabilire nuovi accordi e progetti.Sotto questo punto
di vista non c’è un limite o un raggio di azione: potrebbe trattarsi di un
qualsiasi progetto. Intanto non è che manchino i permessi di ricerca sul
territorio lucano, anzi abbondano. A questo punto il compito della regione
sarebbe, quantomeno, quello di costringere Total e le altre aziende ad aprire
nuove società sul territorio, cosa che certamente non sarà facile, visto che
nessuna delle aziende ha intenzione di spendere un euro in più in tasse. Se non
è una presa in giro questa.
domenica 29
settembre 2013 09:23
Petrolio. Si rompe il fronte dei sindaci. Ora
Craco accusa Lagonegro
Dopo il sindaco di
Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per
spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con Franco
Terlizzese, direttore generale del settore risorse minerarie del Mise
L’INCONTRO della
scorsa settimana non era a una sola voce. E chi come il sindaco di Lagonegro
Domenico Mitidieri si è espresso a favore di nuovi progetti di estrazione è
«del tutto inadeguato a poter rappresentare nella prossima campagna regionale
le istanze dei sindaci e del territorio che in questi anni si battono per
mettere uno stop alle trivellazioni».
Dopo il sindaco di
Spinoso, anche quello di Craco, Pino Lacicerchia, ha deciso di intervenire per
spiegare il senso della sua partecipazione a Roma all’appuntamento con
l’ingegnere Franco Terlizzese direttore generale del settore risorse minerarie
del Ministero per lo sviluppo economico. Per capirsi, il capo dell’ufficio che
ogni anno amministra royalties per il petrolio estratto in Basilicata e quanto
resta del bonus benzina. Nonché a breve il nuovo fondo per infrastrutture e
occupazione nell’area delle estrazioni previsto dalle leggi che hanno tradotto
lo spirito del “Memorandum” sottoscritto ad aprile del 2011 tra il presidente
della Regione Vito De Filippo e l’ex sottosegretario azzurro Guido Viceconte.
«Ho partecipato
poiché invitato a far parte di una delegazione - ha precisato Lacicerchia in un
comunicato anticipato all’Organizzazione lucana ambientalista - che consentiva
di approfondire le tematiche legate all’estrazione di idrocarburi in Basilicata
e portare la voce di amministratori e movimenti che si battono per uscire da
tale fase, cosa che ho fatto in evidente dissenso con gli orientamenti del
dirigente ministeriale e dello stesso
sindaco di Lagonegro che vorrebbe forse promuovere estrazioni nel suo
territorio».
Lacicerchia
sottolinea che nell’incontro avrebbe evidenziato la sua contrarietà all’aumento
delle estrazioni in Val d’Agri, alle trivellazioni in mare e a nuove
trivellazioni su terraferma. Inoltre avrebbe preso posizione per la
«fuoriuscita» della Basilicata dal novero delle regioni petrolifere. Quanto al
dato politico, invece, ha ribadito che «non esiste una visione unitaria dei
sindaci e men che meno esiste la possibilità che con molti di loro si possa
condividere opzioni politiche per le prossime regionali».
Sempre ieri
l’Organizzazione lucana ambientalista ha inteso contro-replicare, dal canto
suo, al sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise, a sua volta presente
all’incontro al Ministero dello sviluppo economico la settimana scorsa assieme
a Lacicerchia, Mitidieri e il sindaco di Muro Lucano Gerardo Mariani. «È giunto
il momento che i sindaci della Basilicata difendano, in prima linea, la nostra
terra - assieme a tutti i cittadini - dall’assalto annunciato dal decreto
attuativo dell’articolo 16 sulle liberalizzazioni e dalle trivelle promesse dal
governo con il nuovo Memorandum che, oggi, anche lo stesso ex presidente della
Regione, Vito De Filippo, dichiara essere fallito, dopo aver varato una
moratoria bluff bocciata dal governo, e che invece il sottosegretario Bubbico
fa finta di non conoscere». Così gli
ambientalisti dell’Ola, che lo esortano a opporsi ai programmi delle compagnie
petrolifere nel territorio del suo comune, e a prendere una posizione anche sul
piano di emergenza esterna del Centro oli di Viggiano e le eventuali
correlazioni tra le attività estrattive in Val d’Agri e l’inquinamento delle
acque del Pertusillo.
martedì 01 ottobre
2013 09:12
Petrolio. Scontro De Luise – Ola. Il sindaco
replica alle accuse di schiavitù
Dal primo cittadino
una risposta dura all'Organizzazione lucana ambientalista che nel suo ultimo
documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top manager
dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani
SPINOSO - Davvero
non ci stanno i sindaci lucani della Val d’Agri a passare per “i cattivi”, per
quelli che vendono il territorio per realizzare il raddoppio delle estrazioni
petrolifere.
«Spiace leggere le
dichiarazioni della Ola (Organizzazione lucana ambientalista) - scrive in una nota
il sindaco di Spinoso, Pasquale De Luise - che dovrebbe conoscere il continuo
“ribellarsi” al super potere delle compagnie petrolifere di alcuni sindaci tra
cui il sottoscritto e magari, qualche volta, la Ola si potrebbe anche
affiancare al difficile lavoro che stiamo facendo, con proposte concrete e
tangibili e non solo con proteste che spesso si riducono a sterili e
intangibili brusii».
Una risposta dura
all’associazione, che da anni si batte per rendere pubblici e denunciare gli
abusi ambientali sul territorio, ma che spesso non viene molto sostenuta dalla
popolazione, con manifestazioni di protesta che contano davvero pochi
cittadini.
«Invito la Ola -
continua il sindaco De Luise - a ritrovare atti e documenti nei quali si legge
e capisce bene quale fosse l’orientamento dei sindaci sul tema petrolio. Ecco,
perchè, essendo forse abituati a prendersela genericamente contro tutti e
tutto, inizia a dare fastidio l’atteggiamento responsabile cha sta vedendo
sempre più i sindaci allearsi per trattare insieme un tema così importante per
l’intera Basilicata. Un’alleanza che trova il suo fondamento nel riconoscimento di una rinnovata presa di
coscienza di una responsabilità che proprio il ruolo di unico e democratico
rappresentante diretto delle istanze territoriali, oggi piu che mai si impone
ai sindaci».
La Ola, nel suo
ultimo documento, aveva raccontato del tavolo convocato da Terlizzese (top
manager dell’Unmig), con alcuni sindaci lucani.
«Non è una
“dimostrazione di schiavitù” - replica De Luise - che tra l’altro ci offende,
quella di volere un tavolo permanente Ministero-Regione-Comuni sul tema
petrolio, ma l’esigenza di vedere i territori tutelati da una presenza costante
dei sindaci nei tavoli dove si decide il destino della Basilicata in questa materia».
Nessun consenso a prescindere, quindi, nessuna sudditanza a Ministero e
compagnie petrolifere, ma la consapevolezza che la questione va affrontata di
petto, con proposte che possano avere qualche positiva ricaduta sul territorio.
La critica senza proposte non porta da nessuna parte.
«I sindaci -
conclude De Luise - si sono già tutti espressi sul “no” ad ogni nuova
trivellazione in Basilicata e difenderanno sempre questa posizione, ma oggi
hanno il dovere di farsi sentire per governare l’esistente, tracciando linee
concrete di intervento in tema di ambiente, occupazione, royalties. Invito la
Ola ad affiancare i sindaci in questa battaglia comune nell'interesse della
Basilicata e a non farsi prendere da esternazioni che sembrano evidenziare una
permalosa "lesa maestà. Questo spazio di tutela dei cittadini e dei
territori, troppe volte delegata ad altri, appartiene a tutti, occupiamola
insieme».
an. g.
lunedì 30 settembre
2013 09:31
Petrolio. Trattative autonome per il petrolio.
Dopo Viaggiano è la
volta di altri quattro comuni
I sindaci di Muro
Lucano, Spinoso, Lagonegro e Craco a
Roma per sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei
lucani
POTENZA -
L’apripista è stato il comune di Viggiano per conto anche dei vicini della Val
d’Agri. Ma prima ancora che arrivasse la firma di due settimane fa
un’iniziativa simile è partita dal altri 4 primi cittadini, arrivati a Roma per
sentire cosa ha da offrire il Governo in cambio del petrolio dei lucani. Inteso
quello che è ancora da estrarre.
«Istituire un tavolo
di lavoro tra i soggetti attivi nella programmazione. Non solo la Regione ma
anche i sindaci in rappresentanza dei propri territori, vista la complessità
della materia e visti gli scarsi risultati ottenuti fin ora dalle popolazioni
lucane». E’ stato questo il tema centrale dell’incontro che si è svolto due
giorni fa negli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico a Roma, tra una
delegazione di sindaci lucani e l’ingegnere Franco Terlizzese direttore
generale per le risorse minerarie ed energetiche assieme al suo staff.
Si è trattato -
hanno reso noto i protagonisti - di un incontro
richiesto da tempo come «conseguenza pratica e operativa delle
risultanze del convegno sul Petrolio tenuto a Muro Lucano agli inizi di
settembre». Alla riunione erano presenti Vito Mariani per Muro Lucano, Pasquale
De Luise per Spinoso, Domenico Mitidieri per Lagonegro e Giuseppe Lacicerchia
per Craco. Per il comitato dei primi cittadini l’occasione sarebbe stata utile
per ribadire ai tecnici del Ministero che sul «tema petrolio e in relazione
alle competenze che il Ministero ha in materia,
si rende necessario istituire un tavolo permanente con Regione e
comuni». I temi trattati sono stati tanti, «dalla necessità di un maggiore e
più trasparente sforzo nell’assicurare la massima tutela ambientale e della
salute, alla maggiore condivisione e partecipazione degli enti locali quali i
Comuni nella programmazione degli investimenti che lo stato centrale intende
fare sui territori oggetto dell’estrazione, alla maggiore capacità di incidere
nel rapporto con le compagnie petrolifere in tema occupazionale, fino ad
arrivare al recente decreto attuativo “fondo Memorandum” sul quale si è
convenuti di fare un incontro di approfondimento apposito vista la scarsa
corrispondenza tra quanto promesso e fatto percepire in Basilicata e quanto deliberato
dal Governo centrale».
Acquisita la
«disponibilità - conclude la nota dei 4 sindaci - ad una maggior partecipazione
attiva dei sindaci nei luoghi dove si decidono le sorti della nostra Regione,
non possiamo che essere contenti di aver iniziato un percorso di assunzione di
una responsabilità troppo spesso delegata e che da oggi deve toccare tutti i
primi cittadini in maniera diretta».
Intanto Laboratorio
per Viggiano ha reso noto è stato convocata per lunedì’ 30 settembre alle ore
17.30 una seduta del consiglio comunale di Viggiano che avrà all’ordine del
giorno anche le “comunicazioni del sindaco”, Giuseppe Alberti, a proposito
della fornitura gratuita del gas ai comuni della Val d’Agri.
Si tratta dell’accordo
firmato di recente a Roma per 45mila metri cubi di gas al giorno da destinare a
scopi sociali e di sostegno all’imprenditorialità in 10 comuni della Val
d’Agri, già annunciato come il primo esempio di protagonismo delle municipalità
su temi d’interesse nazionale come il petrolio. Ferme restando le competenze
della Regione - almeno in questo caso - che dovrà approvare con una delibera di
giunta quanto sottoscritto da Alberti e dall’ex senatore Romualdo Coviello,
anche nella prospettiva di un nuovo accordo tra Eni e Regione per portare la
produzione giornaliera di greggio a 130mila barili.
Difficile, invece,
immaginare l’arrivo di un percorso come quello intrapreso dai 4 primi cittadini
ricevuti a Roma giovedì, evidentemente interessati alla prospettiva di ospitare
nuovi programmi di estrazioni nei loro territori, ma a condizioni da stabilire
con la loro partecipazione».
sabato 28 settembre
2013 09:32
Petrolio. Wwf lancia l’allarmeper le
trivellazioni nel golfo dello Jonio
TARANTO - Torna
periodicamente. Il pericolo ormai è quasi diventato una realtà. Si avvicina il
momento in cui in Puglia potrebbero attivarsi attività di perforazione e
sfruttamento di giacimenti petroliferi sottomarini al largo delle coste
regionali. Ultimo allarme in ordine di tempo riguarda il golfo di Taranto, area
cui è stata assicurata un’ormai prossima attività nel mar Ionio. A rivelarlo,
il dossier «Trivelle in vista» del Wwf, secondo cui «su queste zone di pregio
marine e costiere continua a incombere la roulette russa del pesante rischio di
inquinamento marino derivante dalle attività di perforazione di routine e del
rischio di incidente per le piattaforme offshore».
Il documento è disponibile sul sito
dell’associazione, nel quale si può sottoscrivere anche la petizione.
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