mercoledì 24 novembre 2010

I rifiuti nelle strade di Napoli raggiungono le tremila tonnellate


Articolo di Politica interna, pubblicato mercoledì 17 novembre 2010 in Portogallo. [Publico]
La crisi dura da anni

La guerra dei rifiuti a Napoli rimane senza soluzione. Ci sono tremila tonnellate di spazzatura accumulata all’aria aperta nella regione del sud Italia, nonostante le promesse fatte dal governo centrale di risolvere problema entro il 1° novembre.

Ieri altre cento tonnellate sono state rimosse e portate alle quattro discariche vicine, lo Stir di Caivano, Giuliano, Tufino e Battipaglia. Oggi l’assessore all’Igiene Urbana del comune, Paolo Giacomelli, spera di portare via tra le 200 a e le 300 tonnellate.

Alcune settimane fa, la quantità di rifiuti raggiungeva le 1700 tonnellate, ma la situazione si è aggravata quando il comune di Terzigno, dove si trova una delle discariche, ha vietato lo scarico dei rifiuti.

Anche a Boscoreale, una cittadina vicina, a 24 chilometri da Napoli, la tensione rimane alta, secondo quanto riporta il giornale italiano “La Stampa”. Il sindaco Gennaro Langella è stato aggredito dai manifestanti che pretendevano che impedisse con un documento ufficiale il passaggio degli autocompattatori verso lo sversatoio di Cava Sari.

Secondo le stime della comissione parlamentare d’inchiesta, in tutta la regione ci sono quasi novemila tonnellate di rifiuti, ha fatto sapere la France Presse, alla quale il presidente della comissione, Gaetano Pecorella, ha detto che si sta prospettando il rischio di “una catastrofe ambientale entro trenta giorni”, se non ci sarà un intervento da parte delle autorità competenti.

In piena crisi politica, con la dimissione di quattro membri del Governo, il primo ministro Silvio Berlusconi ha promesso di visitare Napoli nuovamente nel tardo pomeriggio di oggi, cosa che non è avvenuta per impegni in agenda, e domani ha convocato d’urgenza il Consiglio dei Ministri per dare una risposta alla crisi.

Il 22 ottobre il premier aveva promesso di risolvere la questione nel giro di dieci giorni, ma il problema, irrisolto da anni, rimane tutt’ora senza la risposta tanto attesa dalla popolazione.

In quel periodo, al culmine della crisi dei rifiuti, la polizia si è scontrata con circa duemila manifestanti che hanno lanciato sassi e distrutto gli autocompattatori ed hanno bloccato l’accesso al sito di Terzigno. Venti poliziotti sono rimasti feriti negli scontri.

La soluzione del problema dei rifiuti è una delle bandiere politiche care a Berlusconi. Nel 2007, era uno dei problemi più importanti, e l’anno successivo ha contribuito alla vittoria del Cavaliere nelle elezioni legislative, ricorda la France Presse. Se l’Italia non adotterà un sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti che permetta di evitare i rischi alla salute pubblica, come ha già fatto capire la Corte europea di giustizia, Berlusconi si troverà sotto pressione per risolvere, assieme con le autorità locali, un problema che persiste da tre anni.
[Articolo originale "Lixo acumulado nas ruas de Nápoles atinge as 3000 toneladas"]
Fonte:  
http://italiadallestero.info/archives/10448

 

La conoscenza nel mirino del potere


Colloquio con Girolamo De Michele di Franz Baraggino
Quella del ministro Gelmini non è una semplice riforma. I tagli alla pubblica istruzione misurano l’involuzione del Paese e i rischi che corriamo. Economia, lavoro, welfare, globalizzazione. Tutto dipende dalla salute della scuola pubblica, imprescindibile indice di democrazia. Considerata la posta in gioco, non può trattarsi di una questione di risorse.
Dati alla mano, è il buon senso (nonché gli anni di insegnamento) a guidare Girolamo De Michele nelle analisi che smontano le ragioni del governo. Dai programmi ministeriali al precariato, l’autore di "La scuola è di tutti. Ripensarla, costruirla, difenderla" (Minimum Fax) attraversa l’intero pianeta scuola, smascherando la miopia di una classe dirigente che non valorizza la conoscenza perché non ne comprende il potenziale. O peggio, perché lo teme.

Volendo fare una premessa, che tipo di società e quale Paese hanno in mente coloro che si definiscono ‘uomini del fare’?
Una società di uomini dalla mente semplice, che ha bisogno di stimoli semplici, elementari, facili da interpretare. Una società di “gente comune”, che non ha tempo di leggere libri: che lascia a chi governa la fatica di pensare per sé e per tutti. Una società che coltiva come un fibroma dell’anima il rancore, affinché ogni problema, ogni ostacolo, ogni contrarietà sia risolto sfogando la propria frustrazione sul vicino: extracomunitario, meridionale, del quartiere di periferia, del pianerottolo di sotto. Una società di superbi, vittime delle illusioni e delle passioni tristi, già narrata da Leopardi nel Discorso sui costumi degl’italiani e nella Ginestra.

Insomma, non dovremmo stupirci. Eppure la scelta di tagliare le risorse è tutt’altro che scontata. Perché i tagli?
Per due ragioni. La prima: nell’istruzione e nella formazione c’è un enorme potenziale di rendita economica per i privati, le lobbies, i gruppi di potere: e-learning, educazione a distanza, apprendimento per tutta la vita, formazione e aggiornamento, e via dicendo. A condizione che alla scuola pubblica sia impedito di entrare in relazione con la società e farsi carico, in modo democratico ed egualitario, del sistema educativo.
La seconda ragione è l’analfabetismo culturale della nostra classe dirigente, incapace di leggere la società globale con strumenti aggiornati. Siamo governati da una classe dirigente incapace di pianificazione a medio termine, che pensa che il capitalismo sia accumulare l’uovo oggi fregandosene della gallina domani, che non capisce (perché sui quattro libri che ha letto non c’è scritto) che oggi, nella società della conoscenza e della comunicazione, conoscenza, sapere, linguaggi sono immediatamente traducibili in valore.

I soldi per le private però li hanno trovati anche quest’anno.
Basta vedere in quali posizioni di rilievo, all’interno degli apparati del ministero dell’istruzione, sono stati collocati gli uomini e le donne della lobby di CL (che sarebbe ora di chiamare una volta per tutte “Comunione e Fatturazione”) per capire perché i soldi per le scuole private non mancano mai. Soprattutto quelli nascosti tra le pieghe della finanziaria, come nel caso dei fondi per la scuola privata della moglie di Bossi.

Secondo Giulio Tremonti, allo stato attuale la scuola pubblica è un salasso. È possibile smontare questa teoria?
Non ci vuole molto: basta leggere i dati ufficiali, cioè quelli ministeriali. Il bilancio dell’istruzione è, in rapporto al PIL, al di sotto della media europea; la quota di bilancio per l’istruzione, all’interno della spesa generale dello Stato, è di nuovo al di sotto della media europea. Le spese per l’istruzione, al 2008 (cioè prima del ritorno di Tremonti al governo), erano in costante diminuzione. Il numero di insegnanti, come pure quello degli edifici scolastici, erano, al 2008, in costante diminuzione. La quota di spesa per l’istruzione sostenuta dagli enti locali, all’interno della spesa generale per l’istruzione, è in costante aumento, ed è più alta della media europea. Mentre gli alunni aumentano, i lavoratori della scuola diminuiscono. Non c’è bilancio più controllabile e controllato di quello dell’istruzione, insomma. E non è una buona notizia.

Ben oltre lo svolgimento dei programmi ministeriali, il suo libro riconosce il ruolo sociale che la scuola si è sempre assunta. Di cosa si tratta?
La scuola svolge un positivo e indispensabile ruolo di ammortizzatore sociale. Gli ammortizzatori sociali sono come l’olio nel motore delle automobili: consentono alle varie parti di funzionare in modo integrato e impediscono al motore, cioè alla società, di grippare, di rompersi, di arrestarsi. La scuola si fa carico dell’alfabetizzazione dei giovani migranti; della cura dei ragazzi, in supplenza di quell’attenzione che la famiglia, sottoposta ai ritmi di lavoro della società globale, non riesce a prestare; di una funzione di supporto psicologico per i ragazzi travolti dalla crisi dell’istituzione familiare; di recupero della devianza e del disagio sociale, perché la percentuale di cosiddetti bulli che la scuola recupera è ben più alta di quella di altre specifiche istituzioni disciplinari (carcere, comunità di recupero). E soprattutto, è ormai l’unico luogo nel quale quei meta-valori tradotti in diritti costituzionali – libertà, democrazia, partecipazione, uguaglianza, giustizia sociale – che costituiscono l’ossatura della società italiana sono appresi, discussi, interiorizzati.

“Di sinistra, poco meritocratica, piena di insegnanti fannulloni”. Perché è diventato così facile attaccare la scuola pubblica?
Perché abbiamo tutti tirato due calci a un pallone e siamo tutti stati a scuola, da piccoli. E quindi siamo bravissimi a criticare l’allenatore della nostra squadra, soprattutto se è la nazionale, e a parlar male della scuola. È una tipica modalità di una società governata da passioni tristi, rancorose e a costo zero: una società che si rispecchia nelle telerisse, a partire da quelle tra cosiddetti giornalisti sportivi, e ne mima i comportamenti nella quotidianità. Non è un caso che prima di dare un incarico politico a una figura di secondo piano li si fa passare per qualche mese nei programmi di gossip o da Biscardi.

Il mondo del lavoro è cambiato molto più di quanto non abbia fatto quello della scuola. Quali rischi comporta questo divario?
Corriamo il rischio di una società nella quale il divario tra un’élite dotata degli strumenti intellettuali e cognitivi necessari per governare la società complessa, e la gran parte della popolazione immobilizzata nelle paludi dell’analfabetismo di ritorno, si allarga. Nella società complessa è indispensabile avere una mente ricca, plurale, in grado di imparare ad imparare per apprendere le novità che ogni giorno invadono la nostra quotidianità, e senza il cui controllo siamo cittadini di serie B; se questo diventa privilegio di pochi, in una società come quella italiana, che è tra quelle con la più alta rigidità sociale nell’Occidente, corriamo un grave rischio: di pagare la stabilizzazione dei gruppi di potere, il controllo sociale, la cosiddetta governance, con la perdita di posizioni rispetto ai paesi industrialmente avanzati. Del resto il capitalismo italiano non è mai stato particolarmente progressivo, e ha sempre preferito il controllo sociale al progresso industriale.

Considerato il contesto, smartphones, facebook, google, sono amici o nemici della scuola?
Né l’uno né l’altro. Esistono, come esistevano ieri le lavagne e i calamai. Sono strumenti che, se utilizzati con consapevolezza critica, consentono di allargare la mente e superare limiti cognitivi; se utilizzati in modo passivo e acritico, aumentano la passività e l’impotenza della mente. La scuola non deve né ignorarne l’esistenza in nome del ricordo dei bei tempi che furono, né farsi invadere acriticamente dalla loro presenza.

Molti insegnanti lavorano con contratti di dieci mesi, rinnovati di anno in anno, col rischio di rimanere precari fino alla pensione. È possibile calcolare il danno?
Aggiungo: con salari che restano sempre al livello più basso, perché per i precari non ci sono mai scatti di anzianità: in violazione di una norma dello Stato che viene applicata solo (guarda caso) per gli insegnanti di religione. Il danno sociale è enorme, se solo pensiamo alla mancata progettazione di un’esistenza degna di essere vissuta; ed anche in termini di crescita economica, perché si tratta di un’intera generazione che non può permettersi di andare in vacanza, di andare al ristorante, di fare un cambio d’abito ogni anno. E pensare che basterebbe poco per regolarizzare i precari che già lavorano nella scuola, e che sono, tra docenti e non docenti, circa 180.000. Ad esempio, per assumere i primi 40.000 basterebbe reintrodurre l’ICI sulla seconda casa; per altri 40.000 basterebbe ridurre gli sprechi del nostro esercito, prepensionando gli ufficiali in eccesso, trasferendo alla protezione civile i soldati in sovrappiù rispetto alle richieste dell’Unione Europea e dismettendo gli edifici inutilizzati, che potrebbero ridare ossigeno al mercato delle abitazioni.

Il ministro Gelmini ha garantito che entro una decina d’anni tutti i precari della scuola saranno assorbiti. Le crede?
È una menzogna colossale. Il blocco dei contratti (e, al momento, anche degli scatti di anzianità, sul quale si rincorrono voci per ora prive di certezza) costringerà molti lavoratori che potrebbero andare in pensione a posticipare l’uscita dalla scuola, per non avere peggiori condizioni di vita per l’intera vecchiaia. E quindi ci saranno meno uscite del previsto. E in ogni caso i posti lasciati liberi dai pensionamenti non restano a disposizione dei precari, ma sono tagliati via, e quindi scompaiono del tutto; le materie tagliate via dal riordino dei cicli delle scuole superiori scompaiono, e con loro le cattedre, quest’anno dalle prime, il prossimo anno da prime e seconde, e via dicendo. Non dimentichiamoci che i tagli non sono finiti: il prossimo anno salteranno altri 30.000 posti di lavoro.

La protesta, anche in questi giorni, continua a crescere. Insegnare è ancora il mestiere più bello del mondo?
Non so se sia mai stato il mestiere più bello del mondo: è un mestiere faticoso (un buon insegnante è, tra i pubblici dipendenti, quello che lavora il maggior numero di ore all’anno), stressante (basta vedere i casi di malattie professionali, come il burn out, in aumento), poco interessante dal punto di vista della società dell’apparire, del glamour, dei salotti televisivi. Ed è un mestiere che ha dei tempi particolari, che quasi sempre non consentono di integrare il magro salario con una seconda attività: il precario, una volta entrato nell’ingranaggio della scuola, non può uscirne, anche se quello che guadagna non gli basta. Ma una cosa va detta con chiarezza: ad illudere i precari, facendo spendere loro migliaia di euro per le Scuole di formazione (le SSIS), non sono stati fantomatici governi comunisti, ma il ministro Moratti e la sottosegretaria Valentina Aprea, ai tempi del secondo governo Berlusconi.

Pensando la difesa della scuola come difesa di un bene comune vengono in mente le battaglie per l’acqua pubblica. Il business e gli interessi privati minacciano anche la scuola?
Si, certo. Le lobbies private, a cominciare dalla galassia che orbita attorno a “Comunione e Fatturazione”, hanno enormi capitali da investire. Ma non hanno un’offerta formativa in grado di competere con la scuola pubblica: le nostre scuole private, ci dicono quei test tanto graditi al ministro, sono le peggiori del mondo, e comunque ben peggiori della scuola pubblica. E dunque hanno bisogno di abbassare, e di molto, il livello della scuola pubblica. Però, in tutta franchezza, io non ho molta voglia di prendermela con la destra perché fa il suo mestiere, cioè fa la destra. È con l’opposizione parlamentare, che non ha mai detto che l’acqua è un bene comune (neanche Bersani a “Vieni via con me”!), che con l’ex-ministro Fioroni lancia profferte di collaborazione a Gelmini, che me la prendo. È solo un caso che su scuola e acqua il cosiddetto centro-sinistra balbetta?
(24 novembre 2010).
Fonte:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-conoscenza-nel-mirino-del-potere/


Le regioni del Nord privilegiano idroelettrico e raccolta differenziata, il Sud è più avanti nelle altre fonti alternative


08 Novembre 2010
La green economy riguarda in maniera trasversale tutto il territorio nazionale: lo ha recentemente evidenziato l'apposito Indice di green economy (Ige) stilato da Fondazione Impresa, secondo cui le regioni più “verdi” d'Italia sono Trentino Alto Adige, Toscana e Basilicata, seguite da Calabria, Valle d'Aosta e Veneto.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonti idriche sono le regioni settentrionali a distinguersi. I primi tre posti nella classifica relativa a questo specifico indicatore sono infatti occupati nell'ordine da Valle d'Aosta (24.657 KWh pro-capite), Trentino Alto Adige (9.684 KWh pro-capite) e Friuli Venezia Giulia (1.707 KWh pro-capite).

Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non idriche (eolico, solare, geotermico, biomasse), le regioni centro-meridionali sono ben posizionate: Toscana (1.534 KWh pro-capite), Molise (1.427 KWh pro-capite), Basilicata (986 KWh pro-capite), Puglia (659 KWh pro-capite), Sardegna (651 KWh pro-capite) e Calabria (616 KWh pro-capite) occupano i primi sei posti nella classifica.

Le regioni meridionali eccellono anche negli indicatori relativi all'agricoltura biologica. Si posizionano infatti nei primi sei posti della classifica relativa agli operatori (agricoltori, trasformatori, commercianti) attivi nella partita del biologico, Basilicata (569,3 operatori/100 mila abitanti), Calabria (326,2), Puglia (153,8), Umbria (149,3), Sicilia (147,1) e Marche (144,8).
Anche della classifica relativa alla superficie destinata all'agricoltura biologica il Sud la fa da padrone: nei primi sei posti si trovano Basilicata (20,7 superficie di agricoltura biologica/SAU), Calabria (17,7), Sicilia (16,5), Lazio (11,8), Toscana (11,8) e Puglia (11,7).

Le regioni del Nord sono invece nettamente in testa relativamente all'indicatore sulla raccolta differenziata: i primi sei posti della classifica sono occupati da Trentino Alto Adige (56,8%/totale rifiuti urbani), Veneto (52,9%), Piemonte (48,5%), Lombardia (46,2%), Emilia Romagna (42,7%) e Friuli Venezia Giulia (42,6%). Rispetto all'indicatore sull'efficienza energetica, invece, Molise (14,1 €/KG di petrolio equivalente), Lazio (13,7), Calabria (12,9), Campania (12,9), Liguria (11,6) e Lombardia (10,3) occupano le prime posizioni della classifica italiana.

Il rapporto della Fondazione impresa prende anche in esame i diversi mix di fonti rinnovabili regionali: i più equilibrati risultano essere quelli di Sardegna, Molise e Basilicata, anche se in realtà in nessuna di queste tre regioni le fonti pulite sono particolarmente sviluppate. Più nel dettaglio in Sardegna, fatta cento la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, l'incidenza dell'idrico è del 28,1%, dell'eolico del 47,0%, del fotovoltaico del 2,1% e delle biomasse del 22,9%. Nel Molise, il peso dell'idrico è del 35,8%, dell'eolico del 41,5%, del fotovoltaico dello 0,4% e delle biomasse del 22,3%. In Basilicata, l'incidenza dell'idrico è del 38,9%, dell'eolico del 42,7%, del fotovoltaico del 2,3% e delle biomasse del 16,1%. In altre regioni meridionali invece, il solo eolico garantisce la grande maggioranza della produzione da fonti alternative: in particolare, Sicilia (85,2%), Puglia (62,6%), Campania (51,2%). Nelle regioni settentrionali l'incidenza dell'eolico è ridotta ed inferiore all'1% e in alcune regioni pari a addirittura a zero (Valle d'Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia).
Fonte: 
http://energia24club.it/01NET/HP/0,1254,51_ART_137350,00.html


Cronaca di una morte annunciata


24 novembre 2010
Hanno ucciso un sindaco ecologista e tutti a dire che era stata la camorra.
A tutt’oggi non sappiamo se è così. Invece di interrogarsi su questa morte, su una voce che non si leverà più, politici e speculatori tornano a parlare di cemento in zone da preservare, come se non bastassero la mondezza, i rifiuti e la dissoluzione di Pompei. Il progetto, 430 appartamenti con campi da golf e calcetto, piscine e un porticciolo a Baia Trentova, perla del Cilento e della Campania, è caldeggiato da una multinazionale francese e da Italia Turismo, società controllata al 51% dall’Agenzia Nazionale per l’attivazione degli investimenti (già Sviluppo Italia) e al 49% della società Turismo Immobiliare (Marcegaglia, Banca Intesa, Ifil).
Il capitale da investire nell’operazione è di 150 milioni di Euro e lo studio di fattibilità è stato presentato al Sindaco di Agropoli Francesco Alfieri, deciso a portare avanti l’iniziativa, nonostante la perplessità della sua maggioranza, di centro sinistra, e degli ecologisti. Il complesso sorgerebbe ai piedi di una collina in località Mandrolla, a 400 metri dal mare.
La zona secondo il PR di Agropoli, non è edificabile, perché rientra nel Parco del Cilento e Vallo di Diano ed è classificabile come Sito d’importanza comunitaria. Territorio dove la macchia mediterranea si alterna a terreni da pascolo. Una morfologia che ha consentito la conservazione a una fauna avicola divenuta rara altrove. Un ecosistema intatto.
L’idea di un viaggio Med a Trentova è figlia di un protocollo d’intesa sottoscritto il 27 Settembre 2007 tra il Comune di Agropoli e Italia Turismo. Le parti si impegnavano: “ A predisporre un programma integrato di valorizzazione dell’area turistica di Trentova”. Si bandiva un concorso per elaborare progetti che presumessero la realizzazione , tra le altre, di strutture ricettive.
L’intesa prevedeva l’espropriazione di aree private attigue a quelle di proprietà di Italia Turismo. Il 15 gennaio 2010, scaduti i termini per la presentazione delle proposte, la commissione giudicante non ha ritenuto valida nessuna proposta pervenuta. Il Club Med e Italia Turismo hanno presentato al Sindaco di Agropoli uno stato di fattibilità di un progetto realizzato in proprio.
La Wilderness Italia, sezione Salernitana, che sostiene in questa battaglia Legambiente nella sua ferma opposizione al progetto, fa sapere : “Che la morte di Angelo Vassallo, sindaco di Montecorice, nulla ha insegnato alla politica locale in materia di tutela ambientale. Se il progetto venisse realizzato a Trentova, cancellerebbe dalle mappe un piccolo paradiso ma, ancor più, renderebbe inutile il sacrificio di un uomo onesto”.
[Felice Turturiello - Addetto Stampa Associazione Wilderness - Sez. Salernitana]
Fonte: 
http://www.olambientalista.it/index.php/associazione-wilderness-salerno-cronaca-di-una-morte-annunciata/


Rifiuti, scende in campo il «re»: «Napoli, rialzati e fatti rispettare»


NAPOLI - Napoli: alzati! Basta con le polemiche, con le guerre tra bande tra gli scaricabarile! Napoli: alzati!
Questo è il momento del nostro orgoglio. Mostriamo agli Ispettori dell'Unione Europea il vero volto della nostra Città, la nostra Capitale. Roberto Saviano ha fatto molto bene a ricordare quanto civilmente moderni fossimo sin dai tempi di Re Ferdinando II. Stiamo perdendo di vista i cittadini, i loro problemi e le loro ansie, ma stiamo negando loro anche il futuro. E lo stiamo negando anche alla nostra Napoli. Verrà il tempo dei bilanci, e verrà il tempo delle responsabilità. Ma ora è il momento di alzarsi: di stringerci attorno al Signor Presidente della Repubblica che ci ha invitato al riscatto.
E ricordiamoci il monito del nostro Arcivescovo: uno scandalo è il ripetersi delle emergenze che sta minando la dignità dei Napolitani. Tutta la mia Famiglia ed io personalmente ci mettiamo a disposizione delle forze sane della Città, delle migliaia di cittadini per bene, imprenditori, professionisti, operai e artigiani che dai Quartieri Spagnoli fino a Fuorigrotta, dal Vomero al Miglio d’Oro che stanno dritti dinnanzi alle avversità e non si piegano, e vogliono che Napoli e tutto il Mezzogiorno siano rispettati in Europa e nel mondo! Napoli: alzati!
Carlo di Borbone
24 novembre 2010
Commento.
Ci voleva pure quest'altro. 
Grazie, Eminenza Illustrissima, Napoli e' gia' pregna.
grecanico
Fonte: 
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2010/24-novembre-2010/rifiuti-scende-campo-renapoli-rialzati-fatti-rispettare-1804238686725.shtml

Natale a Napoli, Pagano: Rinunciamo a contributi dalla Regione


Napoli, 24 nov (Il Velino/Il Velino Campania) - "Il Natale a Napoli è da sempre un appuntamento importante per il turismo, ancora di più in questo delicato momento, nel quale la città vive di nuovo un'emergenza che il Governo aveva dichiarato chiusa. C'è il rischio che il brand Napoli, fortemente attrattivo nel mondo, possa ricevere un ennesimo colpo".
Lo ha detto Graziella Pagano, assessore comunale di Napoli al Turismo. "In vista del Natale, già dal mese di luglio, d'intesa tra gli assessorati, si individuò un tema, "I Contrasti", che fu oggetto di discussione al tavolo di lavoro istituito presso la Regione, cui il Comune è sempre stato presente. Parallelamente il comune, nella sua autonomia gestionale e finanziaria, ha lavorato con le 10 municipalità della città, per mettere a punto un programma, diffuso sul territorio, che puntasse a raccontare la Napoli dei Contrasti - ha ricordato -. Tale programma è stato definito con una Delibera di Giunta Comunale, già approvata, per l'importo di 170mila euro. A questo progetto si sarebbe dovuto affiancare quello proposto alla Regione, per illuminare monumenti e siti storici, animare i 3 castelli della città, prevedere concerti di cori internazionali in alcune chiese prestigiose, visite guidate gratuite e infopoint di accoglienza ai turisti". Pagano precisa che "questo progetto è stato presentato alla Regione e all'Ept, a seguito della pubblicazione della Manifestazione di Interessi, rispettivamente il 9.11.2010 e i l12.11.2010. Il 28 settembre 2010, difatti, la Regione Campania ha pubblicato una manifestazione d'Interessi per gli eventi di Natale, che prevedeva al 12 novembre la scadenza per la presentazione dei progetti, e la relativa approvazione da parte di una commissione appositamente istituita entro il 19 novembre. Ad oggi la suddetta commissione non ha ancora deliberato l'elenco dei progetti approvati. Nonostante che il bando, in maniera bizzarra, non prevedesse tra i soggetti ammessi a presentare progetti i Comuni, il Comune di Napoli, sulla base della collaborazione tra i due assessorati al turismo, ha presentato, come già detto, il progetto. A tuttoggi non è stato prodotto alcun atto ufficiale che consentisse di poter partire con l'organizzazione degli eventi. Siamo al 23 novembre, e ritengo che non si possa attendere oltre. Per questo motivo intendo "ritirare", come atto politico, il progetto presentato alla Regione: il Comune, da solo, nei limiti delle sue disponibilità, si farà carico di realizzare quanto si era previsto nel progetto presentato alla Regione (anche se ridimensionato), per non consentire a nessuno ulteriori speculazioni sulla nostra città, che merita maggiore rispetto ed attenzione, da parte di tutte le istituzioni, al di là dei "colori" politici".
(com/red) 24 nov 2010 12:42
Fonte: 
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1247041

Rifiuti, Polverini: Siamo disposti a prendere rifiuti Napoli Regioni disponibili, no da Piemonte e Veneto





Roma, 24 nov (Il Velino) - “Siamo disposti a prenderci i rifiuti di Napoli”.

Lo ha detto la presidente della Regione Lazio Renata Polverini al termine dell’incontro tra le regioni e il ministro Raffaele Fitto sull’emergenza dei rifiuti in Campania. “Se tutte le regioni sono disposte, anche il Lazio, con le sue criticità, farà la sua parte dopo approfondimenti tecnici relativi alla qualità e alla quantità dei rifiuti che ciascuna regione può assorbire”. A chi le chiedeva se la Regione Lazio è pronta a fare la sua parte la governatrice ha risposto: “Lo ribadisco se dobbiamo rispondere con senso di responsabilità, come ci è stato chiesto dal governo, tutte le regioni devono dare la loro disponibilità”.Oggi tutti abbiamo dato la disponibilità a rispondere in termini positivi al senso di responsabilità che il Governo ci ha chiesto. Alcune regioni hanno invece negato in questo momento la loro disponibilità: il Veneto ed il Piemonte”.
(ala) 24 nov 2010 12:49
Fonte: http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1247102


Berlusconi col compromesso monnezza fa contenti Mara Carfagna e Cosentino. Al via la grande spartizione nel Pdl


Mentre l’immagine dell’Italia affonda in un lago di rumenta, il governo Berlusconi sembra nuotarci dentro con crescente difficoltà, ma per il momento riesce a stare a galla. Il suo salvagente è un grande pateracchio, destinato ad accontentare tutti gli interessati, almeno nel suo partito, da Cosentino alla Carfagna. E forse sarebbe meglio dire: il governo ha dato il via alla grande spartizione della spazzatura.

Il problema non era semplice, perché il povero Berlusconi era tirato, anzi strattonato, dalle opposte pulsioni del suo partito nella regione della monnezza per antonomasia, Napoli e dintorni. Al centro c’era e c’è la ricca torta degli appalti legati alla realizzazione dei termovalorizzatori, in Campania, torta il cui valore vari, secondo le fonti, da 150 a mille milioni di euro, intorno alla quale si stanno azzannando le opposte anime, chiamiamole così, del Pdl nella zona.

Tutta la storia puzza, non solo in senso materiale, e non da iewri, perché sembra impossibile che per secoli i napoletani abbiano potuto smaltire i loro rifiuti di grande capitale, magari un po’ stracciona ma sempre più ricca del resto del meridione d’Italia e che poi tutto si sia bloccato da quanto le esigenze ambientalistiche hanno portato a nuovi strumenti di smaltimento, di valore ingente assai, che ovviamente hanno scatenato interessi e appetiti anche violenti.

Le ultime puntate della vicenda vedono il Pdl campano spaccato attorno a questa torta. Da una parte il  giro che fa capo a Nicola Cosentino, che vuole affidare la gestione degli appalti alle provincie, tutte, in Campania, saldamente in mano a uomini del partito e di Cosentino. Dall’altra la reincarnazione di Giovanna D’Arco, la pulzella di Salerno, Mara Carfagna, che spinge per assegnare ai sindaci la gestione.

C’è stata una altalena di emozioni, con frenetiche riunioni nello studio di Berlusconi, invaso da Cosentino e altri suoi pari e la sceneggiata napoletana messa in piedi dalla Carfagna che ha costretto Berlusconi a un fuori programma al vertice Nato che ha coperto ulteriormente di ridicolo lui e noi tutti. La Carfagna ha minacciato di dimettersi, anche se ha escluso di passare con Fini (dicono che Elisabetta Tulliani, vera anima del nuovo partito, proprio non ce la voglia nei piedi, avendone misurato la scarsa lealtà femministica in occasione degli attacchi subiti dalla stessa Tulliani per i suoi propri scandali). Ha  fatto salire il traffico internet di molti siti con la rissa mediatica che la opposta all’altra gran dama della politica napoletana, Alessandra Mussolini, incrocio tra il nonno duce Benito e la zia diva Sofia Loren. Ha minacciato ma poi ha fatto anche marcia indietro.

Berlusconi, o forse per lui Gianni Letta, è stato costretto a dribblare tra questi contrastanti interessi (appetiti? spinte politiche? tensioni?) con la necessità di portare la nave del partito al voto di fiducia del 14 dicembre con meno falle possibili e magari con qualche nuovo marinaio a bordo.

E così, sei giorni dopo l’approvazione, ”salvo intese”, da parte del Consiglio dei ministri, di giovedì 18 novembre, e dopo essersi perso nei vicoli che separano palazzo Chigi dal Quirinale, tra fontana  di Trevi e via del Tritone, il decreto sui rifiuti sembra finalmente essere pronto.

Frutto di un dosaggio equilibristico, il decreto sembra contenere almeno una novità nel testo rispetto a quello entrato in Cdm: il coinvolgimento delle province nella scelta dei commissari che dovranno realizzare i termovalorizzatori.

La scelta spetta sempre al presidente della Regione Stefano Caldoro, che, secondo quanto raccontano fonti di maggioranza, può ‘nominare commissari straordinari che, attraverso procedure semplificate, diano il via ”alla realizzazione urgente” degli impianti, per i quali comunque occorreranno tra i due e i tre anni se non sorgeranno ulteriori intoppi. Ma nella scelta dei commissari, Caldoro dovrà agire ”in raccordo con le province interessate” – dunque con quella di Napoli guidata da Luigi Cesaro e con quella di Salerno guidata da Edmondo Cirielli – e ”fermo restando le procedure amministrative e gli atti già posti in essere”.

Il testo arrivato al Quirinale, sempre secondo le stesse fonti, mette le basi di un grande prevedibile porcaio, con altrettanto prevedibile successivo arrivo dei carabinieri, tra un po’ di anni, attribuendo inoltre ai commissari ”funzioni di amministrazione aggiudicatrice” nella gestione delle gare d’appalto; commissari che potranno svolgere ”le funzioni del sottosegretario di Stato”, ”avvalendosi degli uffici della Regione e delle Province interessate”.

Questo è il dato importante che sta a cuore a Cosentito e compari: le province dovranno essere consultate per la scelta dei Commissari. E forse non è un caso che Cirielli mostri soddisfazione sottolineando come ”il decreto rispetta e valorizza appieno il ruolo della Provincia”. Anche Cesaro parla di un decreto ”positivo” che ”ci consentirà di operare con maggiore concretezza” perché ”è necessario raccordarsi con le diverse istituzioni per giungere insieme all’unico obiettivo”: risolvere l’emergenza.

Caldoro invece non parla anche se, dicono i suoi, è tranquillo, anche perché la sua richiesta al Cdm era di ”decidere ma non di gestire”, cosa che il decreto sancisce.

Nel testo entrato in Consiglio dei ministri non c’era però alcun riferimento ai presidenti di provincia. Si affermava infatti che, ”al fine di garantire la realizzazione urgente di impianti nella regione Campania destinati al recupero, produzione e fornitura di energia mediante combustione di rifiuti, il ministro dell’Ambiente, d’intesa con il presidente della regione Campania, nomina un commissario ad acta…” che ”in via di somma urgenza” provvede ad ”individuare le aree occorrenti assumendo tutte le necessarie determinazioni”. E lo stesso comunicato di Palazzo Chigi, diffuso al termine della riunione, parlava soltanto di ”poteri commissariali” attribuiti al presidente Caldoro.

In ogni caso il Pdl sembrerebbe aver trovato l’intesa, dopo le polemiche tra i vari maggiorenti del partito in Campania culminate nell’annuncio di dimissioni da parte di Mara Carfagna. Tanto che lo stesso ministro per le Pari Opportunità, pur facendo trapelare di non aver ancora avuto in mano il testo del decreto, avrebbe mostrato ai suoi collaboratori ”ottimismo” per una possibile soluzione dei problemi politici che aveva sollevato. Soluzione che potrebbe arrivare in via definitiva giovedì 25, quando alle 14 si incontreranno alla Camera tutti i Parlamentari campani, insieme col presidente della Regione Stefano Caldoro e al coordinatore regionale Nicola Cosentino, la cui gestione del partito era stata al centro del j’accuse lanciato dal ministro Carfagna.
24 novembre 2010 | 11:32
Fonte:
http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/berlusconi-col-compromesso-monnezza-fa-contenti-652669/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_cacampaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

 

30 anni fa il sisma. Oggi ancora Bucaletto vergogna da nascondere


Sospesi nel’oblio. Bloccati nel tempo. Dimenticati da tutti.
di SANDRO MAIORELLA

Il quartiere simbolo del terremoto del 1980, quello dal quale doveva rinascere una città migliore, più vivibile, è stato praticamente ignorato durante le celebrazioni del trentennale del sisma che devastò Basilicata ed Irpinia. Strade vuote, poca gente in giro e non solo per le cattive condizioni economiche ma soprattutto pochissima voglia di parlare. Solo una troupe televisiva in giro per cercare di «capire» attraverso le testimonianze dei residenti, schivi ad ogni commento, come si vive in un quartiere nato per la «seconda » fase dell’emergenza (dove rimanere in piedi solo per un quinquennio) ventotto anni dopo (Bucaletto è sorta nel 1982) la sua costruzione.

Perchè Bucaletto era questo: una fase temporanea di emergenza dopo le tende, le roulottes e i containers. Domande fatte e rifatte che suonano quasi come una beffa per gente che da tempo si sente abbandonata al suo destino nonostante le tante promesse arrivate ma puntualmente mai mantenute.

«Come si vive a Bucaletto? - risponde Maria Villano - basta dare un’occhiata in giro per capirlo. Siamo nel più totale disinteresse delle istituzioni. Anche nella data del trentennale nessuno si è fatto vedere. Le cerimonie le hanno fatte da altre parti ma non nella Cittadella che di quel terremoto è il simbolo. Certe vergogne vengono tenute nascoste perchè non si saprebbe come spiegarle. Con tutti i soldi che sono arrivati negli anni per la ricostruzione sarebbe difficile infatti, spiegare questa situazione». Parole dure sintomo di una stanchezza «pesante» per una attesa ormai lunghissima.

«Sono venuti nel capoluogo - ha continuato Angelo Quar atino, presidente del Comitato spontaneo di cittadini in lotta per una casa - l’ex ministro Zamberletti, uno dei fautori insieme all’ex sindaco Fierro, di Bucaletto, è venuto anche il nuovo capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, il presidente del’Anci Chiamparino ma nessuno di loro è stato portato nella Cittadella. Come mai? Non si vuole far vedere che dopo trent’anni siamo ancora qui? Si vuole nascondere come si vive da precari, con prefabbricarti ormai marci, in condizioni igienico-sanitarie da far paura? Si ha paura di confrontarsi su questini legate alla riqualificazione dell’a re a che rimane una vera chimera? Di promesse siamo stanchi, ora vogliamo i fatti. E non solo riguardo la riqualificazione. Non si può lasciare un quartiere a marcire in questo modo senza fare niente».

Gente ormai al limite della sopportazione, stanca di denunciare le carenze con cui devono combattere quotidianamente. «Le cose vanno di male in peggio - ha concluso Maria Villano - con il tempo tutto peggiora ma qui non si vede un futuro. Le carenze sono tante, troppe, le denunce ancora di più. Riqualificazione zero, vivibilità sotto zero. Quest’anno è mancata anche la disinfestazione. Abbiamo dovuto fare da soli autotassandoci per tagliare le erbacce, curare il verde pubblico e combatere le invasioni di insetti tra i quali le zecche, pericolose per gli animali ma anche per gli uomini Per non parlare di topi ed altri roditori. Ma si può andare avanti così? Le fogne sono ormai intasate, d’estate l’aria è irrespirabile. Aggiungiamo anche i problemi legati all’amianto e alle conseguenze sulla salute della gente e il quadro che ne viene fuori fa paura».

E la riqualificazione dell’area? Oltre la nuova scuola, i primi trentaquattro alloggi e le due «torri» nulla di più è stato fatto. «I cento famosi alloggi - ha spiegato Quaratino - per il momento non si faranno. Almeno questo abbiamo inteso dall’ultima riunione con l’amministrazione. Motivo? Problemi nella documentazione relativa al nuovo lotto di lavori. Di quale genere non saprei intanto tutto slitterà all’anno prossimo.... se Dio vuole. Insomma per noi l’attesa a Bucaletto continua».
24 Novembre 2010
Fonte: 
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=384877&IDCategoria=12


Placido assolve i napoletani, Fazio esclude epidemie


In Campania "la situazione è gravissima, ma non c'è il rischio di epidemie". Lo assicura il ministro della Salute Ferruccio Fazio in un'intervista al Mattino, ribadendo che il governo "è impegnato senza sosta" per risolvere la questione rifiuti.
Napoli, 24-11-2010

In Campania "la situazione è gravissima, ma non c'è il rischio di epidemie". Lo assicura il ministro della Salute Ferruccio Fazio in un'intervista al Mattino, ribadendo che il governo "è impegnato senza sosta" per risolvere la questione rifiuti e annunciando che presto partirà "una task force coordinata dal sub commissario Zuccatelli" con un ruolo "di primo piano anche per l'epidemiologo Donato Greco".

"Non si tratta di minimizzare - spiega Fazio - come dimostrato da un monitoraggio effettuato dall'Istituto Superiore di Sanita', che sta per essere pubblicato, non c'è aumento di germi nell'aria che si respira intorno ai rifiuti".

Secondo il ministro, "non bisogna attribuire ogni sintomo alla sporcizia". Malgrado i roghi dei cumuli di rifiuti e quindi il rischio di respirare tossine e diossina, "in base ai dati sull'indagine" su 1000 campioni di sangue e latte materno di abitanti di 14 comuni fra Napoli e Caserta "non ci sarebbero alterazioni significative".

Tumori e monnezza
Sull'alta incidenza di tumori in quartieri come Pianura, il ministro ricorda che "i dati prendono in considerazione anche altri fattori, come lo smog, il fumo e la presenza di insediamenti industriali". Per avere invece "numeri certi - dice - bisognerebbe depurare i dati considerando solo gli aspetti strettamente collegati all'emergenza rifiuti".

Il cartellino giallo dell'Ue
In ogni caso, come ricorda sempre sul Mattino, Maria Pia Bucella, capo della delegazione degli ispettori Ue, le amministrazioni dovranno darsi da fare, per uscire "dall'infrazione in tempi brevi" arrivando "almeno al 50, 60% di raccolta differenziata". Altrimenti "dovremo inviare nuovamente l'Italia alla Corte di giustizia".

Nessuna colpa
La città peraltro, dice sul giornale napoletano il regista Michele Placido, "non merita questa mortificazione". Ma i cittadini "sono vittime, non responsabili", perché la colpa è figlia dell'arroganza della politica che non decide".
Fonte: http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=147675