al Sud non serve il nucleare











Per un Processo di Ricostruzione dell’ Identità del Sud e della Basilicata, per la Democrazia e la Pace nel Mediterraneo, la Reazione a Catena dei Movimenti… Manifesto di: http://www.olambientalista.it/
Un assalto senza precedenti al territorio e all’ambiente investe il sud. Attraverso la “legge-delega ambientale” viene prefigurato un devastante momento di evoluzione politica e legislativa in materia ambientale, con una deregulation finalizzata a favorire ogni forma di aggressione e sfruttamento del territorio e nel contempo tesa ad azzerare i sistemi di controllo e sanzione, favorendo di conseguenza le illegalità e gli abusi ad ogni livello. Il sistema politico-istituzionale appare inadeguato a contrastare questo processo. In molti casi esso è il “soggetto attuatore” di queste politiche di deregulation, essendo grave la crisi di partecipazione democratica e quella del sistema dei partiti che investe anche l’apparato istituzionale-amministrativo. Le scelte vengono effettuate spesso contro la popolazione, la salute, l’ambiente e le vocazioni dei territori, favorendo i grandi interessi economici nazionali e multinazionali con il risultato di produrre deliberatamente fenomeni di degradazione sociale, territoriale con il conseguente impoverimento di vasti comprensori.
Dopo la lotta contro le scorie nucleari a Scanzano, i movimenti lucani sono consapevoli che è necessario agire direttamente nelle contraddizioni, nel tessuto sociale e culturale travolto dai stravolgimenti imposti dall’alto. E’ importante agire privileggiando prioritariamente i processi di identità culturali per fissare nelle coscienze dei singoli e quelle plurali, le conquiste civili e le consapevolezze di quanto sta avvenendo. Cìò significa adottare strategie tendenti a chiedere ed ottenere scelte coerenti per i diversi territori secondo un modello di sviluppo basato sulla sostenibilità, sulla tutela delle risorse naturali e dei valori riconosciuti, rafforzando l’identità collettiva attraverso la partecipazione e la condivisione. L’irrefrenabile tendenza alla deregulation politico/legislativa sui temi ambientali con il conseguente e logico aumento di ogni sorta di reati ambientali flagella in modo sempre più violento la convivenza civile costringendo i cittadini a non poter esercitare in modo compiuto i loro diritti democratici.
E’ proprio in questa contraddizione sono impegnati i movimenti della rete locale con l’obiettivo di coniugare le scelte politiche e realtà territoriali. Esperienze queste simili ad altri movimenti presenti in Italia ed in Europa che oggi intendono conquistare uno spazio per un dibattito generale sulle scelte intese come “priorità”. L’assenza di un confronto relativo alla situazione ambientale evidenzia il quadro politico attuale che appare caratterizzato da una concezione generale secondo cui l’ambiente non è più considerato un valore in sé ma viene volutamente considerato esclusivamente un appendice del mercato, per cui la sostenibilità viene intesa non rispetto all’ambiente ma rispetto alle esigenze economiche. La conseguenza è che si stanno eliminando tutte le norme di tutela sostituendole con meccanismi premiali, di mercato, condoni, incentivi finanziari ecc. L’ultima dimostrazione di tale orientamento è costituita dalla legge delega sull’ambiente, la quale è nata per demolire definitivamente, al di fuori della dialettica parlamentare e con una delega al governo praticamente in bianco, quel poco che è rimasto della normativa di tutela ambientale”; tanto è vero che le norme immediatamente applicabili in essa contenute riguardano la liberalizzazione dei rifiuti ferrosi, anche contaminati e una assurda sanatoria per gli abusi anche in aree protette.
In questo modo, il nostro paese non solo si sta collocando sempre più fuori della legalità comunitaria (l’Italia è di gran lunga il paese con il maggior numero di procedure e condanne in sede europea) ma sta sempre più diventando preda di una criminalità ambientale ogni giorno più libera di distruggere il territorio, la salute, le risorse naturali e la qualità della vita. In questo quadro appena abbozzato i movimenti particolarmente attivi sul territorio (reazione a catena dei movimenti) possono contrastare la crescente illegalità sia per intensificare il contatto con i cittadini, attualmente preda di questa distorta informazione mediatica, spinti ogni giorno ad intensificare i consumi per alimentare la ricchezza di pochi.
LA OLA PER I MOVIMENTI E PER IL CAMBIAMENTO
La OLA (Organizzazione Ambientalista Lucana) non è una nuova associazione ambientalista. E’ un’organizzazione che vuole creare una linea di collegamento tra i problemi di aggressione al territorio con i valori e la programmazione e le scelte. Intende agire prevalentemente attraverso la comunicazione, il coinvolgimento emotivo, la proposta culturale, l’adesione consapevole dei cittadini;
La OLA nasce per potenziare l’azione delle associazioni e dei cittadini sul territorio;
La OLA intende colmare lo scollamento fra politiche e problematiche ambientali regionali. Intende farlo con la creazione di uno “spazio” in cui i cittadini attuano il cambiamento attraverso le scelte. Un passaggio questo delicato e cruciale, per il quale sono forti le pressioni al conformismo, all’autocelebrazione, al mantenimento dello status quo da parte del sistema politico, capace di inglobare o annnullare anche i movimenti;
La OLA è anche strumento di “contro informazione”. Intende perciò chiarire “le trappole terminologiche” che spesso i processi di deregulation ufficiali si servono per imporre le scelte imposte dall’alto;
La OLA intende favorire la creazione della rete delle coscienze per il cambiamento: lo hanno dimostrato le lotte di Scanzano, Rapolla, Mercure e Pisticci;
Lo sviluppo non è un risultato economico come solitamente si vuol far credere. Rappresenta un processo che ha molto a che vedere con i valori riconosciuti e l’identità dei territorio, con la partecipazione alle scelte e la condivisione delle stesse da parte di tutti;
I movimenti richiedono di essere sostenuti dalla rete delle coscienze. Tale processo è essenziale per dare continuità ed incisività alle loro azioni nello spazio e nel tempo. Un processo questo che va continuamente alimentato e sostenuto sul piano dell’informazione, della formazione, della cultura e della politica;
La OLA costituisce lo “spazio“ per i movimenti sul terreno del confronto, per la condivisione nella lotta, per la democrazia, per la pace e per il cambiamento che richiedono azioni capaci di incidere sulle scelte dei governi. Le conquiste civili e democratiche non dipendono solo dalla politica esercitata dai sistemi dei partiti: anche i movimenti possono porsi come soggetto della società civile capaci di operare i cambiamenti attraverso le scelte. La OLA non è e non deve essere un soggetto politico, un partito. E’ un organizzazione che vuole creare una linea di collegamento tra i problemi di aggressione al territorio con i valori e la programmazione e le scelte;
La OLA è un “campo aperto” ove determinare processi che determinino le crisi “continue” del sistema politico, orientando così le scelte in direzione dei bisogni collettivi, sostenendo uomini giusti al posto giusto. Un processo questo necessario per la democrazia e la pace.
Fonte:
  
06 Dicembre 2004
Il commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari e presidente Sogin, Carlo Jean: in Finanziaria tagli per 70 mln e problemi per il rientro negli Usa dell'uranio-torio di Trisaia
POTENZA - Dalla legge finanziaria «abbiamo avuto la brutta sorpresa di tagli consistenti alle risorse finanziarie della Sogin per circa 70 milioni di euro». Lo ha detto oggi a Potenza il commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari e presidente della Sogin, Carlo Jean, che ha partecipato al «tavolo di trasparenza» della Regione Basilicata.
«Nonostante i tagli - ha aggiunto Jean - Sogin ha deciso di proseguire i programmi attingendo alle riserve finanziarie della socetà, che ammontano a 482 milioni di euro, in attesa che la situazione si chiarisca».
JEAN, TRATTATIVE CON USA RALLENTATE DOPO AVVICENDAMENTO DIPARTIMENTO USA ENERGIA
Le trattative per il rientro negli Stati Uniti, a Savannah River, dei 64 elementi di combustibile nucleare irraggiato uranio-torio, provenienti dalla centrale americana di Elk River, e custoditi dagli anni ’70 in una piscina dell’ impianto Itrec della Trisaia di Rotondella (Matera), hanno subito un rallentamento dopo l’ avvicendamento al vertice del dipartimento dell’ Energia dell’ amministrazione americana. Lo ha detto oggi a Potenza, il commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari e presidente della Sogin, Carlo Jean, che ha partecipato al «tavolo di trasparenza» della Regione Basilicata.
«Stiamo lavorando - ha detto Jean - affinchè la questione possa essere affrontata in occasione del viaggio del presidente del Consiglio Berlusconi a Washington il 15 dicembre».
«Tuttavia - ha concluso - a prescindere dalle conclusioni delle trattative con gli Stati Uniti stiamo lavorando per mettere le barre a secco in speciali contenitori, i cask».
Incidente alla centrale atomica di Trisaia
Il sindaco di Rotondella, Mario Di Matteo: s'è verificato il 6 ottobre 2003 ma non c'è stato rilascio di radiazioni.
POTENZA - Il 6 ottobre del 2003 un incidente, senza rilascio di radiazioni, si è verificato all’ interno della zona controllata dell’ impianto Itrec della Trisaia di Rotondella (Matera), che per alcuni anni è stato attivo per il riprocessamento del combustibile nucleare. Lo ha reso noto oggi il sindaco di Rotondella, Mario Di Matteo, durante il «tavolo della trasparenza» della Regione Basilicata.
L’ incidente è stato confermato dalla Sogin, la società incaricata dello smantellamento delle strutture nucleari italiane, che dall’ agosto del 2003 ha rilevato dall’ Enea l’ impianto Itrec.
Secondo quanto riferito al «tavolo della trasparenza» durante operazioni di trasferimento nel capannone 9.1 di circa 2.000 fusti contenenti materiale radioattivo cementificato una fune di una gru si è spezzata facendo cadere un fusto contenente 400 litri di materiale contaminato (pari a una tonnellata). Sul fusto si è abbattuto lo stesso braccio telescopico della gru che è rimbalzato. Un operaio è stato ferito di striscio dalla fune e sono state attivate le procedure di soccorso previste dall’ impianto. Il fusto - da quanto riferito dai dirigenti della Sogin - è rimasto integro e non vi sono state fuoriuscite di materiale radioattivo. L’ operaio - è stato riferito - ha subito lievi ferite, ma non ha subito contaminazioni, ed è stato medicato prima all’ interno del centro, poi nell’ ospedale di Policoro (Matera).
Sul fatto - è stato riferito - la Procura della Repubblica di Matera ha aperto un’ indagine.
Secondo la Sogin, la rottura del cavo è stata accidentale: il cavo era stato sostituito 18 giorni prima dell’ incidente, era stato certificato ed era adeguato agli impieghi nei quali era adoperato. La stessa Sogin ha aperto un’ inchiesta che ha stabilito la causa dell’ incidente nel cedimento del «fine corsa» della fune. Sulle cause dell’ incidente la Procura di Matera ha disposto una perizia tecnica.
Si è trattato «di una disfunzione troppo banale» ha commentato il presidente della Regione Basilicata, Filippo Bubbico che ha ribadito la «preoccupazione sulle procedure esecutive nell’ impianto» che «per noi sono un aspetto rilevante».
Dopo l' incidente avvenuto il 6 ottobre 2003 nell' area protetta dell' Itrec del centro della Trisaia di Rotondella (Matera), la Sogin ha disposto «un' ispezione a tappeto dei mezzi di sollevamento» presenti nella centrale. Lo ha detto l' amministratore delegato di Sogin, Giancarlo Bolognini, avvicinato dai giornalisti a Potenza a margine del «tavolo della trasparenza» della Regione Basilicata.
«Contestualmente - ha continuato - i fornitori sono stati impegnati al rispetto di un programma di garanzia e qualità di tutti materiali».
06 Dicembre 2004
Scorie all'estero, una vittoria per Scanzano Jonico
SCANZANO JONICO (MATERA) - Il decreto Marzano per il trasferimento delle scorie radioattive all’estero a distanza di oltre un anno è implicitamente un’altra vittoria della battaglia della Basilicata e di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, dove il Governo aveva deciso di localizzare il deposito unico nazionale. Sempre qui il Governo aveva deciso anche di trasferire tutte le scorie presenti in Italia in via provvisoria.
Scanzano scese in prima linea per due settimane, dal 13 novembre al 27 novembre, dal giorno del decreto in Cdm alla decisione del Parlamento di modificare il decreto del governo depennando l’indicazione geografica di Scanzano Jonico. In pratica, se la decisione del governo fosse passata oggi le scorie che la Sogin porterà all’estero sarebbero state trasferite a Scanzano per essere poi stoccate in via definitiva nel sito geologico da realizzare nel sottosuolo delle cave di salgemma a 650 metri di profondità a Terzo Cavone.
Resta il fatto che tutti gli spettri per Scanzano non sono ancora spariti del tutto perchè potenzialmente il sito potrebbe ancora rientrare nella rosa dei siti da selezionare per il deposito unico nazionale per le scorie radioattive ed i materiali derivanti dallo smantellamento delle centrali.
Scanzano, paese di 7.200 abitanti a vocazione agricola e turistica sulla costa jonica, era stato individuato come deposito unico nazionale di scorie radioattive e materiali nucleari dalla Sogin (la società di gestione degli impianti nucleari). Studi avevano individuato Terzo Cavone come il sito migliore perchè da milioni di anni il sottosuolo era immodificato e perchè il salgemma era una ’sigillaturà naturale che evitava il pericolo di contaminazioni.
Il governo ne decretò la scelta il 13 novembre, il giorno dopo la strage di Nassirya. Nelle intenzioni del governo, a Scanzano, in una miniera sotterranea di salgemma, avrebbero dovuto essere stoccati 80.000 metri cubi di scorie radioattive e materiali nucleari derivanti dallo smantellamento delle centrali italiane. La protesta contro il "cimitero" di scorie nucleari fu immediata.
Il presidente della Regione, Filippo Bubbico, subito dopo aver portato le condoglianze a Sant’Arcangelo di Potenza alla famiglia del maresciallo Filippo Merlino morto in Iraq, parlò di «scelta inopinata» del governo, respingendo l’ipotesi Scanzano come «politicamente e tecnicamente inaccettabile». Immediata fu anche la solidarietà che arrivò alla Basilicata dalla Conferenza Stato-Regioni.
Nello stesso giorno della decisione del governo, poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 novembre, il Consiglio regionale della Basilicata respinse la scelta del governo.
La mobilitazione crebbe in maniera imponente. Scuole chiuse, serrate dei commercianti, tutti i sindaci in prima fila, siti internet, prime interpellanze parlamentari. Il caso-Scanzano divenne subito una questione di tutta la Basilicata per poi essere trasformata in una «questione meridionale» in cui ancora una volta il Sud rispondeva al «disegno padano» di diventare la pattumiera del Nord.
Lo sdegno della regione fu unanime, coinvolgendo tutti i settori della vita economica, sociale e politica ed anche la Conferenza episcopale lucana, senza distinzioni di carattere politico. Sulla statale Jonica iniziarono i blocchi stradali che poi coinvolsero anche l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, la Matera-Bari, la Basentana e la stazione di Metaponto, snodo ferroviario tra le linee Bari-Crotone, Taranto-Reggio Calabria e Taranto-Potenza dove per molti giorni tutto restò paralizzato o fortemente rallentato.
Il 16 novembre fu il giorno della prima marcia sulla statale Jonica e venne bloccata anche la centrale dell’Enea di Rotondella, a qualche chilometro da Scanzano.
Il 17 novembre il Comune di Scanzano vietò il transito sul proprio territorio di materiali nucleari, con la sola eccezione di quelli per applicazioni mediche e sanitarie, e requisì i pozzi di Terzo Cavone della sottostante miniera di salgemma.
La Basilicata contestò gli studi anche sotto il profilo scientifico, trovando autorevoli sostegni come il Nobel, Carlo Rubbia.
Il 19 novembre, dopo l’infruttuoso incontro a Palazzo Chigi con i ministri, il Consiglio regionale della Basilicata deliberò la Basilicata regione denuclearizzata e avviò le procedure per il ricorso alla Corte Costituzionale per impedire il decreto. L’agricoltura era in allarme: i blocchi danneggiavano i carichi di ortofrutta verso i mercati del Nord e dell’Europa, dove serpeggiavano i primi allarmismi, ma la Basilicata continuò la sua protesta ad oltranza. Anche le regioni limitrofe solidarizzarono con la Basilicata, in particolare Puglia e Campania.
Il 20 novembre il governo lanciò i primi segnali di apertura ed annunciò che lo stoccaggio provvisorio delle scorie attualmente presenti in oltre cento siti italiani non sarebbe più avvenuto a Scanzano come previsto dal decreto. «E’ un’apertura importante che ci libera dall’oppressione che le scorie possano arrivare da un momento all’altro», disse il sindaco Mario Altieri (An), al centro di un “giallo” per i suoi presunti incontri con il commissario straordinario per l’emergenza nuclerare, Carlo Jean, o con esponenti di governo prima del decreto, da lui sempre negati. Ma la Basilicata continuò a lottare.
Bubbico, vero portavoce della protesta della Basilicata, giudicò questa risposta «insoddisfacente» e chiese ancora il ritiro del decreto o la cancellazione di Scanzano.
I blocchi restarono e nel mirino dei manifestanti finirono anche la Fiat di Melfi (Pz) ed il Centro oli di Viggiano (Pz), dove ha capo l’oleodotto del greggio per Taranto. La Basilicata era virtualmente in "guerra", "barricata" al suo interno e chiusa ai collegamenti con le altre regioni, per una "resistenza" pacifica.
Si arrivò quindi a domenica 23 novembre, il giorno dell’imponente marcia Policoro-Scanzano sulla Jonica, organizzata dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil. La Basilicata mostrò i muscoli con la partecipazione di 100.000 persone (alla vigilia ne erano attese la metà), anzi anche di più secondo gli organizzatori.
Un fiume di associazioni, partiti, cittadini, famiglie, scuole, bambini, capeggiato da tutti i gonfaloni lucani. Una risposta di orgoglio e fantasia, con moltissimi slogan contro il governo per le preoccupazioni che il sito nucleare potesse trasformare la costa jonica in un «deserto lucano» annullando gli sforzi fatti da 50 anni a questa parte per trasformare una zona paludosa nella California del Sud.
Il segnale lanciato dalla Basilicata fu fortissimo ed il governo fu moralmente e politicamente obbligato a cancellare Scanzano. Lo fece il 27 novembre con un emendamento al decreto che cancellò l’indicazione geografica di Scanzano Jonico. In Basilicata esplose la festa. Il decreto passò poi in Parlamento senza l’indicazione di Scanzano.
Ma i tempi del decreto sono rimasti ancora lettera morta: la commissione che avrebbe dovuto selezionare una rosa di siti idonei al deposito unico nazionale non è ancora stata costituita.
Così in Basilicata la guardia è rimasta sempre alta. E’ stato inoltre costituito il Tavolo della trasparenza regionale sulla gestione del nucleare in Basilicata che ora guarda da vicino alle attività interne alla centrale Enea Trisaia di Rotondella. Prevista per lunedì 20 dicembre (ore 17, sala Verrastro della Regione Basilicata) una seduta plenaria.
18 Dicembre 2004
Scanzano, timore per le scorie nucleari
Scaduto il termine del 9 gennaio previsto dalla legge del 2004 in materia di gestione dei rifiuti. Il Movimento No Scorie Trisaia ha lanciato l'allarme: «La Basilicata rischia»
SCANZANO JONICO (MT) - Torna la preoccupazione in Basilicata per la questione del nucleare. Il Movimento antinucleare pacifista No Scorie Trisaia, che conduce una battaglia per la dismissione della centrale ex Enea di Rotondella, in provincia di Matera, ha lanciato un nuovo allarme, paventando «il rischio che la Basilicata possa essere nuovamente individuata per la realizzazione del sito “definitivo-provvisorio” dei rifiuti radioattivi italiani con il rischio che la Trisaia possa essere individuata quale deposito provvisorio per lo stoccaggio del combustibile riprocessato all’estero». La preoccupazione cresce alla luce del fatto che è scaduto il termine del 9 gennaio previsto dalla legge del 2004 in materia di gestione dei rifiuti nucleari, termine entro il quale un’apposita commissione (mai istituita) avrebbe selezionato il sito del deposito unico per i rifiuti radioattivi. Con un decreto il ministro alle attività produttive Antonio Marzano ha confermato i compiti affidati alla Sogin, la società di gestione degli impianti nucleari, aggiungendo altre funzioni tra cui, in collaborazione con i Ministeri delle attività produttive e dell’Ambiente, la competenza relativa all’individuazione del deposito unico nazionale di scorie radioattive.
Il decreto è noto in quanto è il provvedimento con il quale la Sogin avvierà le operazioni per lo stoccaggio provvisorio all’estero del combustibile nucleare irraggiato esistente presso le centrali nucleari ed i siti di stoccaggio nazionali. Ma il Movimento sottolinea che è stato affidato alla Sogin anche il compito della «individuazione e caratterizzazione del sito per il deposito nazionale provvisorio o definitivo dei rifiuti radioattivi». «Tutto ciò - aggiunge il Movimento - avviene mentre non vengono forniti ragguagli certi e definiti sul futuro delle barre Elk-River ancora stoccate presso la Trisaia, dell’impianto Itrec e dei programmi per il futuro del centro Trisaia».
Il Movimento No Scorie Trisaia invita le istituzioni, i cittadini, le associazioni religiose e della società civile della Basilicata nonché gli aspiranti candidati governatori regionali «a mobilitarsi». In Basilicata non è ancora sopita la lotta del novembre 2003 quando Scanzano Jonico, sulla costa materana, fu scelta come sede del deposito nazionale ma il governo fece retromarcia a furor di popolo. Scanzano fu scelta per le cave di salgemma a 650 metri di profondità.
18 Gennaio 2005
Bocciate le leggi anche delle Regioni Calabria e Sardegna
ROMA - La Corte Costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale» delle leggi regionali con le quali la Sardegna, la Calabria e la Basilicata avevano dichiarato come «denuclearizzato» il proprio territorio, precludendolo «al transito e alla presenza di materiali nucleari provenienti da altri territori». In pratica, per la Consulta, le Regioni non possono ostacolare insediamenti di siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi, decisi dal governo, e non possono, nemmeno, impedire il movimento di tale merce. La Consulta ha oggi depositato le motivazioni relative ai tre ricorsi presentati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri contro la legge regionale della Sardegna (3 luglio 2003, n.8, Dichiarazione della Sardegna territorio denuclearizzato), contro la legge regionale della Basilicata (21 novembre 2003, n. 31, Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 31 agosto 1995, n. 59), contro la legge regionale della Calabria (5 dicembre 2003, n. 26, Dichiarazione della Calabria denuclearizzata).
L’illegittimità delle tre leggi regionali è stata decisa nella camera di consiglio dello scorso 13 gennaio.
Bocciando totalmente le tre leggi regionali antirifiuti, la Consulta - con la sentenza 62 estesa dal presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida - usa motivazioni abbastanza simili per «bacchettare» le Regioni.
Per quanto riguarda la normativa antinucleare della Sardegna, la Consulta accoglie la tesi di Palazzo Chigi per cui «l’intera legge interferirebbe con la materia ambientale, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato», non si «sarebbe inoltre attenuta ai principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale preesistente in tema di salute». In base a questi principi «le restrizioni generalizzate di attività economiche, non legate a situazioni particolari di ambiente o di operatore, andrebbero fondate su dati scientifici attendibili e non su valutazioni genericamente prudenziali».
In poche parole una Regione non può legiferare in maniera preventiva, in nome della tutela della salute dei suoi abitanti, senza avere - alla mano - precisi elementi di allarme. La presidenza del Consiglio obiettava anche che la Sardegna «precludendo la circolazione dei rifiuti radioattivi sul territorio regionale, violerebbe l’art. 117 della Costituzione, perché interferirebbe nel mercato dei materiali nucleari, anch’essi soggetti alla disciplina della concorrenza». Queste questioni sono state dichiarate «fondate» dai giudici costituzionali che dicono: «un intervento legislativo della portata di quello posto in essere dalla Regione Sardegna, con la legge impugnata, non trova fondamento in alcuna delle competenze attribuite alla Regione medesima dallo statuto speciale e dalla Costituzione». La Consulta ricorda che «una competenza esclusiva in tema di tutela dell’ambiente è stata espressamente riconosciuta allo Stato, sia pure in termini che non escludono il concorso di normative delle Regioni, fondate sulle rispettive competenze».
Insomma, sull’ambiente, tra Stato e Regioni ci può essere collaborazione ma non scatti in avanti degli enti locali. Per quanto riguarda la libera circolazione dei rifiuti nucleari, la Consulta osserva che «una normativa, come quella della Sardegna, che preclude il transito e la presenza, anche provvisoria, di materiali nucleari provenienti da altri territori è precisamente una misura tra quelle che alle Regioni sono vietate dalla Costituzione». Spiegano i giudici costituzionali che «è ben noto che il problema dello smaltimento dei rifiuti pericolosi, e quelli radioattivi lo sono, non può essere risolto sulla base di un criterio di autosufficienza delle singole Regioni, poiché occorre tener conto della eventuale irregolare distribuzione nel territorio delle attività che producono tali rifiuti, della necessità di trovare siti idonei per collocare in sicurezza i medesimi rifiuti». Ed ecco la sferzata più dura contro la politica del «non nel mio giardino». «La comprensibile spinta ad ostacolare insediamenti che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il noto detto “not in my backyards”) - scrive Onida - non può tradursi in un impedimento insormontabile alla realizzazione di impianti necessari per una corretta gestione del territorio e degli insediamenti di interessi di rilievo ultraregionale».
Quasi le stesse obiezioni sono rivolte anche alla Calabria e alla Basilicata. Escono così bocciati gli atti più clamorosi di politica antinucleare messi in atto da tre governatori in dissenso col potere centrale.
29 Gennaio 2005
Questo il testo della normativa che fu approvata per tutelare Scanzano Jonico
POTENZA – La legge della Basilicata sul nucleare «bocciata» dalla Corte Costituzionale era stata approvata dal consiglio regionale in seduta straordinaria a Scanzano Jonico (Matera), nei giorni della protesta contro il sito nucleare.
La legge conteneva la dichiarazione di «territorio denuclearizzato» per tutta la Regione insieme al divieto di transito e presenza di materiali nucleari prodotti fuori regione, ad esclusione di quelli necessari per scopi sanitari e per altri scopi ben individuati. La norma prevedeva anche misure di vigilanza ambientale e sanitaria e di controllo, per evitare l’ immissione di nuovo materiale nucleare e per impedire la contiguità di tale materiale con la popolazione e gli insediamenti civili.
29 Gennaio 2005
Nucleare / La Consulta boccia la Basilicata
Per la Corte costituzionale la decisione del sito dove stoccare le scorie italiane spetta al Governo. Gli enti locali vanno consultati, ma non hanno potere di veto
ROMA - Il decreto legge sulla realizzazione del «Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi» - inizialmente localizzato nel comune di Scanzano Jonico (Matera), insorto contro il progetto della megadiscarica nucleare - ha superato, quasi del tutto, l’esame di costituzionalità da parte della Consulta che oggi ha depositato le motivazioni con le quali, lo scorso 13 gennaio, ha solo in parte accolto due obiezioni avanzate con ricorso dalla Regione Basilicata. In sostanza il governo - per la Consulta - può dire la parola finale sulla localizzazione del sito dove mettere i rifiuti radioattivi, deve però coinvolgere un po’ di più le Regioni interessate dai lavori senza, tuttavia, attribuirle un ruolo vincolante. La Basilicata sosteneva la totale incostituzionalità del decreto d’urgenza 14 novembre 2003, n. 314, così come trasfuso nel testo risultante dalla legge di conversione 24 dicembre 2003, n. 368. Questa richiesta radicale è stata bocciata.
Osserva la Consulta che il decreto per la megadiscarica non «individua più nel territorio di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, il sito per la realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi». Si limita, invece, a stabilire che la messa in sicurezza di tali rifiuti sia «effettuata» in un «Deposito nazionale», che costituisce «opera di difesa militare di proprietà dello Stato». La località dovrà essere individuata «entro un anno» - quindi entro dicembre 2005 - dal Commissario straordinario, sentita l’apposita Commissione tecnico-scientifica e previa intesa in sede di conferenza Stato-Regioni-autonomie locali. In mancanza dell’intesa entro il termine stabilito, il luogo del sito per rifiuti nucleari sarà individuato «con decreto del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri».
I lavori sono affidati alla società di gestione impianti nucleari «Sogin s.p.a.». Questo, in sintesi, quel che prevede il decreto contestato. Per quanto attiene le censure avanzate dalla Basilicata, la Consulta accoglie quella relativa all’articolo 1, comma 4bis che non prevede «forme di partecipazione», della Regione interessata dalla megadiscarica, alla fase di «validazione». Questa fase viene descritta come quella della «specifica localizzazione e realizzazione dell’impianto», che avviene «una volta individuato il sito». Nell’attuale formulazione del decreto, alla fase di validazione «provvede» il Consiglio dei ministri, «sulla base degli studi della Commissione tecnico-scientifica, sentiti i soli pareri di enti nazionali (Agenzia per la protezione dell’ambiente, Cnr e Enea). Per la Consulta è necessario far partecipare a «questo procedimento» anche la Regione, «fermo restando che in caso di dissenso irrimediabile possono essere previsti meccanismi di deliberazione definitiva da parte di organi statali, con adeguate garanzie procedimentali».
L’altra obiezione avanzata dalla Basilicata e accolta dalla Consulta riguarda la richiesta di dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 2, comma 1, lettera «f» del decreto, laddove affida esclusivamente al Commissario statale «l’approvazione dei progetti, anche in deroga alla normativa vigente». Anche in questo caso - ad avviso dei giudici costituzionali - è necessario coinvolgere la Regione sul cui territorio si ergerà la megadiscarica. Ma anche in questo caso vale quanto già detto prima, se il «dissenso» della Regione è «irrimediabile» i progetti, in qualche modo, andranno avanti lo stesso. Della stesura di questa sentenza si è occupato il Presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida.
29 Gennaio 2005
Rifiuti radioattivi - «Si indaghi in Basilicata»
Denuncia di Legambiente sui traffici segreti ed illegali, sulla base di un memoriale attribuito ad un ex boss della ‘ndrangheta, la mafia calabrese. Si parla di trasporti-fantasma, di bidoni interrati e di affondamenti di navi cargo, nonché di rapporti con la Somalia
POTENZA - «Non erano visionari i magistrati, gli ambientalisti e i cittadini che in questi anni si sono occupati dei traffici di rifiuti radioattivi». Lo sostiene Legambiente che chiede la costituzione di un’unità di crisi interministeriale e di una commissione parlamentare di inchiesta oltre alla convocazione del Tavolo di trasparenza sul nucleare della Regione Basilicata per indagare sulle circostanze di un presunto traffico di rifiuti tossici che coinvolse la Basilicata: la regione sarebbe stata utilizzata per sotterrare bidoni di rifiuti radioattivi dalla ’ndrangheta calabrese negli anni ’80 e coinvolta anche in misteriosi affondamenti di navi che trasportavano questi rifiuti.
È quanto emerge dal memoriale di un faccendiere della ’ndrangheta consegnato alla Direzione nazionale antimafia e pubblicato sul settimanale “L’Espresso” che viene ritenuto - al di là delle verifiche della magistratura - come «la sostanziale conferma delle denunce fatte da Legambiente a partire dal 1994 sull’esistenza di vasti traffici, nazionali e internazionali, di rifiuti pericolosi e radioattivi».
Nel memoriale del collaboratore di giustizia si legge che la Basilicata venne scelta dalla ’ndrangheta per l’occultamento di bidoni contenenti rifiuti radioattivi perché non c’era nessun controllo di altre organizzazioni criminali sulla regione.
«Le indicazioni puntuali circa i presunti luoghi di smaltimento illecito a terra, in particolare quello relativo alla località Coste della Cretagna, lungo il torrente Vella, nel Comune di Pisticci (o forse di Ferrandina?) dove sarebbero stati sepolti 100 bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi - affermano Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, e Marco De Biasi, presidente della Legambiente Basilicata - e i siti di affondamento indicati per almeno tre navi, anche queste, secondo il memoriale dell’ex boss della ’ndrangheta, cariche di rifiuti tossici e radioattivi, lungo le coste calabresi e lucane (in particolare a largo di Maratea), impongono pertanto l’immediata attivazione di mezzi e strutture tecniche in grado di accertare la veridicità delle gravi affermazioni dell’ex boss».
Nel memoriale la Somalia viene indicata al centro del vasto traffico internazionale di rifiuti radioattivi. Il primo episodio del traffico di questi rifiuti lega insieme proprio la Basilicata ed il Paese africano perché - secondo quanto racconta il faccendiere della ’ndrangheta - nel gennaio del 1987 il primo carico riguardò 600 bidoni di rifiuti radioattivi che furono prelevati sempre in Basilicata, a Rotondella, dove ha sede la centrale Enea: 100 furono trasportati e sotterrati nella regione, lungo il torrente Vella, e gli altri 500 partirono da Livorno per la Somalia.
Legambiente lancia così due appelli. Il primo è rivolto al governo per «la costituzione di una vera e propria unità di crisi interministeriale, coordinata dal dipartimento della Protezione civile e che coinvolga i ministeri dell’Interno, degli Esteri, della Giustizia, dell’Ambiente che, di comune accordo con la Direzione nazionale antimafia» mentre la seconda richiesta è indirizzata alla Regione Basilicata «perché convochi in tempi brevi il Tavolo della Trasparenza Nucleare per valutare le iniziative di tutela che possono essere intraprese e richiedere l’immediata verifica dei siti lucani indicati nel memoriale».
02 Giugno 2005
Rifiuti nucleari la Basilicata indaga
La Regione ha deciso di istituire un gruppo tecnico di supporto alla Giunta regionale, formato da esperti dell’Agenzia ambientale Arpab e del Cnr – il Consiglio nazionale delle ricerche – per verificare la denuncia di un pentito della ‘ndrangheta, oggetto di un dossier di Legambiente, secondo il quale nella regione sarebbero state interrate in segreto scorie radioattive e parte di esse giacerebbero in fondo al mare
POTENZA - La Regione Basilicata ha deciso di istituire un gruppo tecnico di supporto alla Giunta regionale, formato da rappresentanti dei competenti uffici regionali, dell’Arpab (agenzia regionale di protezione dell’ambiente) e del Cnr, per indagare sui presunti traffici di rifiuti radioattivi che secondo le rivelazioni di un pentito della ’ndrangheta hanno coinvolto la regione. Lo hanno deciso il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, e l’assessore regionale all’Ambiente, Gianni Rondinone, dopo un vertice tenuto in prima mattinata con i responsabili di alcuni uffici regionali.
Il gruppo dovrà compiere ogni utile verifica nei territori in cui, secondo queste rivelazioni, sarebbero stati illegalmente occultati bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi, vale a dire in località Coste della Cretagna, lungo il torrente Vella, nel materano.
La Regione ha inoltre deciso di convocare il tavolo della trasparenza sul nucleare, organismo di monitoraggio sul nucleare, che pur non avendo specifiche competenze in materia, costituisce uno strumento per condividere con le istituzioni, con le forze sociali e con le associazioni del territorio una problematica che suscita forte allarme sociale nella popolazione del Metapontino e dell’intera regione.
Il Tavolo di trasparenza fu istituito dopo le note vicende del 2003 che videro la Basilicata impegnata contro la decisione del governo di localizzare a Scanzano Jonico il deposito nazionale di scorie nucleari. La Regione rivolge inoltre un «pressante invito alla magistratura ed alle forze dell’ordine, perché compiano approfondite indagini sulla questione».
03 Giugno 2005
Basilicata – Sulle notizie dei traffici di rifiuti nucleari, l’allarme degli esponenti politici
POTENZA - L’allarme lanciato da Legambiente ha ridestato in Basilicata il fronte anti-nucleare che ha visto negli ultimi venti anni numerose iniziative ed anche inchieste della magistratura. I partiti chiedono ora di riaprire le indagini e di allargarle. Il partito dei Comunisti italiani si associa all’allarme di Legambiente.
«Le allarmanti notizie, frutto di rivelazioni di un pentito della ’ndrangheta, non completamente nuove in quanto in gran parte contenute in inchieste giudiziarie condotte da anni in particolare dal magistrato Pace nell’indagine sull’affondamento nello Jonio delle cosiddette “carrette del mare”, riaprono la ferita, in verità mai rimarginata, della presenza delle scorie radioattive sul territorio del Materano che richiede un rinnovato impegno di vigilanza e mobilitazione», sostengono i segretari del Pdci regionale della Basilicata, Giovanni Soave, provinciale di Matera, Giuseppe Barberino, il capogruppo alla Regione Giacomo Nardiello e l’assessore provinciale di Potenza, Gennaro Giansanti.
Secondo il collaboratore di giustizia furono sotterrati 100 bidoni di rifiuti radioattivi in località Coste della Cretagna lungo il torrente Vella, in Valbasento, nel 1987 e alcuni anni dopo una nave di veleni fu affondata al largo di Maratea. Il Pdci chiede quindi alla Commissione speciale d’indagine sull’ecomafia e sul traffico dei rifiuti «di svolgere una missione in Basilicata, tenuto conto che la stessa Commissione dal 2002 ad oggi è stata persino all’estero, oltre che in Campania e Calabria, ma mai nella nostra regione».
Inoltre secondo il Pdci «è necessario che anche la Regione riprenda la sua attività di vigilanza e controllo, riconvocando al più presto il Tavolo della trasparenza e che il nuovo Consiglio Regionale valuti la proposta presentata in queste ore dell’istituzione di una Commissione di indagine».
Inoltre, secondo il responsabile del Mezzogiorno del Prc, Pietro Simonetti, «le regioni Basilicata e Calabria insieme al Governo devono assolutamente affrontare il problema e definire le misure conseguenti per la necessari bonifica dei siti. Allo stato attuale, non è più sufficiente accertare le responsabilità a livello politico, imprenditoriale e delle organizzazioni criminali ma è doveroso tutelare la salute dei cittadini». Mentre il consigliere regionale di Italia dei Valori, Antonio Autilio, propone che, per il nuovo Consiglio regionale che si insedia martedì prossimo, «sarà d’obbligo riaffrontare la questione attraverso l’istituzione di una Commissione speciale regionale di indagine». Per Autilio occorre «un’inchiesta da parte della Regione, in collaborazione con tutti i settori statali interessati e le autonomie locali, le associazioni e i movimenti popolari contro il nucleare e l’ecomafia».
03 Giugno 2005
«Faremo chiarezza sui rifiuti tossici»
Così il presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'ecomafia che verificherà le rilevazioni su una discarica di scorie nucleari nel Materano
POTENZA - «Noi siamo qui per conoscere, per fare un’ azione di critica positiva a quanto accade sul fronte del ciclo integrato dei rifiuti. Nell’ ambito di questa attività, rappresentata in ogni regione italiana, affrontiamo la criticità rispetto alle rivelazioni del presunto interramento».
Lo ha detto a Potenza il presidente della Commissione parlamentare d’ inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite, il deputato di Forza Italia Paolo Russo, a margine delle audizioni presso la prefettura del capoluogo lucano sulle rivelazioni di un pentito della ’ndrangheta (citato da L’ Espresso) su di una discarica di scorie nucleari nelle campagne tra Pisticci e Ferrandina (Matera).
«A noi interessa - ha aggiunto Russo - da una parte rasserenare le popolazioni, dall’ altra parte individuare con certezza ciò che è stato dichiarato, se è vero, se non è vero, e soprattutto dare prospettive di certezza ai percorsi istituzionali che consentono di migliorare le performances, per ottenere che le criticità si riducano e che le eccellenze si esaltino».
«I tecnici - ha concluso il parlamentare - stanno verificando sul posto se esistono questi fusti tossici. A noi interessa che ognuno faccia la propria parte. Tutte le istituzioni si devono mobilitare subito, sia dal punto di vista della qualità dell’ azione, sia dal punto di vista dei tempi».
COMMISSIONE ECOMAFIE SENTE DDA POTENZA PROCURATORE E SOSTITUTI ASCOLTATI PER PIU’ DI UN’ORA
E’ durata più di un’ ora l’ audizione a Potenza di fronte alla Commissione parlamentare d’ inchiesta sui rifiuti del procuratore capo del capoluogo lucano, Giuseppe Galante, e del sostituto procuratore antimafia Felicia Genovese, titolari delle indagini sulle rivelazioni di un pentito della ’ndrangheta (pubblicate da L’ espresso) su di una presunta discarica di scorie nucleari nelle campagne fra Pisticci e Ferrandina (Matera).
Con i due magistrati è stato sentito l’ altro sostituto della Dda potentina, Vincenzo Montemurro. L’ audizione presso la prefettura di Potenza è iniziata poco prima delle 15 ed è terminata alle 16,15, facendo slittare di un’ ora le audizioni successive. «Abbiamo fatto un quadro generale delle inchieste in corso ed abbiamo risposto alle domande dei commissari» ha detto il procuratore Galante al termine.
L’ audizione della Dda potentina era l’ appuntamento più atteso della visita in Basilicata della Commissione sulle ecomafie. L’ organismo bicamerale ha deciso di fare tappa nella regione proprio proprio dopo la pubblicazione del memoriale su L’ espresso.
La Commissione nel pomeriggio sentirà i procuratori capi di Matera e Lagonegro (Potenza), i comandanti regionali del Corpo Forestale, dei Carabinieri del Nucleo operativo ambientale (Noe), della Guardia di Finanza, della Guardia Costiera, i direttori dell’ Agenzia regionale per l’ ambiente (Arpab) e della Asl di Potenza, i dirigenti del centro ex Enea di Trisaia di Rotondella (Matera).
Domani mattina dalle 9,30 in prefettura sono previste le audizioni delle categorie agricoli, industriali e commerciali e delle associazioni ambientaliste. Alle 11 è fissata una conferenza stampa.
22 Giugno 2005
Basilicata - Plutonio a Saddam? S'indaga
La Commissione antimafia, da Potenza, cerca di affrontare le due emergenze: la pista dei rifiuti tossici sepolti a Ferrandina e quella del traffico nucleare in Iraq
POTENZA - E’ per traffico internazionale di materiale nucleare finalizzato all’armamento (probabilmente verso l’Iraq di Saddam) il fascicolo aperto nel 1999 dalla procura antimafia di Potenza sulle attività del Centro Enea di Trisaia di Rotondella (Matera). Lo ha rivelato stamani a Potenza il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, il deputato di Forza Italia Paolo Russo.
La Commissione ha tenuto una conferenza stampa alla prefettura del capoluogo lucano al termine di una serie di audizioni, iniziate ieri, sul ciclo integrato dei rifiuti in regione. La trasferta in Basilicata, che rientra in un giro di audizioni in tutte le regioni d’ Italia, è stata anticipata dopo la pubblicazione su L’Espresso di un memoriale di un pentito della ’ndrangheta su di una presunta discarica di scorie nucleari del Centro Enea, nelle campagne fra Pisticci e Ferrandina (Matera).
La Commissione ha sentito ieri fra gli altri il procuratore capo di Potenza, Giuseppe Galante, e il sostituto antimafia Felicia Genovese, titolari dell’inchiesta, e il direttore dell’ impianto Itrec del Centro di Trisaia, Tommaso Candelieri, accusato dal pentito di smaltimento illecito di materiale radioattivo.
I magistrati hanno spiegato di aver avviato ricerche capillari con metal detector nell’ area indicata dal pentito per la discarica, e che serviranno mesi per completarle. Candelieri ha respinto tutte le accuse (ha già querelato L’ espresso) e ha detto che è tecnicamente impossibile portare via 600 fusti dall’ Enea in una notte, come ha raccontato il pentito, e che non basterebbero due notti.
La procura antimafia potentina ha aperto un’ inchiesta sull’ Enea di Rotondella nel 1999, su segnalazione di un presunto traffico di plutonio (materiale di uso esclusivamente bellico) dal Centro verso l’ Iraq. «Non è stato accertato che sia passato del plutonio per la Trisaia» ha detto il presidente della Commissione. L’ indagine però non è chiusa: «La procura sta facendo un buon lavoro - ha aggiunto Russo - e ha le idee chiare su come inquadrare l’ inchiesta».
Secondo il parlamentare, nell’ ambito delle indagini i magistrati lucani avevano già avuto in passato segnalazione di una discarica di scorie radioattive dell’ Enea fra Pisticci e Ferrandina, a Coste della Cretagna. «Una parte di accertamenti erano stati fatti - ha detto Russo - con esiti non brillanti». Poi alcune settimane fa è arrivato il memoriale del pentito della ’ndrangheta pubblicato da L’ espresso. Secondo il presidente della Commissione, il documento è stato consegnato alla procura contemporaneamente alla pubblicazione.
A quel punto la Dda ha incaricato il Corpo Forestale e l’ Istituto di Geofisica di Roma di fare accertamenti accurati in zona, su di un’ area di dieci chilometri quadrati. «Vengono usati magnetometri in grado di sentire masse ferrose fino a trenta metri di profondità - ha detto Russo -. Bisogna battere il terreno passo per passo e per completare i controlli serviranno ancora mesi».
23 Giugno 2005
Scorie Scanzano - Bubbico querela Giovanardi
Il presidente del Consiglio regionale della Basilicata reagisce alle affermazioni del ministro ai rapporti con il Parlamento, recentemente in visita nel Materano
MATERA - Il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Filippo Bubbico, ha deciso di querelare il ministro ai rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, recentemente in visita nel Materano dove ha rilasciato dichiarazioni sul caso del deposito nucleare di scorie di Scanzano Jonico nel 2003. Replicando ad alcune dichiarazioni di Giovanardi, Bubbico ribadisce che «non esistono atti nè assensi formali o informali della Regione Basilicata o di altre Regioni, che autorizzavano il governo di centrodestra ad emanare un decreto illegittimo nel metodo e nel merito come quello sulle scorie a Scanzano».
«Dopo aver cercato senza successo di portare le scorie nucleari a Scanzano, il ministro Giovanardi cerca di portare in Basilicata altre scorie, con affermazioni false e calunniose di cui dovrà rispondere in tribunale - dice Bubbico - E’ la seconda volta che il ministro cerca di inquinare una campagna elettorale diffondendo veleni a scoppio ritar! dato per nascondere le responsabilità del governo di centrodestra di cui fa parte e la sconfitta subita, che evidentemente ancora brucia».
18 Febbraio 2006
Non c'è bisogno di una discarica nucleare
Lo ha detto il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Filippo Bubbico, in risposta ad una intervista all’amministratore delegato della Sogin su Scanzano Jonico
POTENZA - «L’Italia non ha bisogno di un deposito geologico, ma di una soluzione seria, condivisa e trasparente per lo smaltimento delle scorie nucleari. E in ogni caso quello di Terzo Cavone, a Scanzano Jonico (Matera), è un luogo del tutto inidoneo». Lo ha detto in una nota il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Filippo Bubbico, in risposta ad una intervista all’amministratore delegato della Sogin, Giuseppe Nucci, apparsa su «Il Sole 24 Ore» di ieri, in cui viene rilanciata l’idea di un’unica discarica nazionale delle scorie radioattive.
L’inidoneità di Scanzano secondo Bubbico è stata dichiarata da «autorevoli scienziati, e non si capisce perchè la Sogin, invece di fare il proprio mestiere, mettendo in sicurezza i siti nucleari esistenti, a partire dalla Trisaia di Rotondella (Matera), i cui lavori procedono a rilento, continui a diffondere notizie che hanno il solo effetto di creare allarme sociale».
«E’ davvero sconcertante - afferma Bubbico - che invece di dare seguito alle decisioni assunte dal Parlamento con l’approvazione della legge n. 368/2004, la questione dello smaltimento delle scorie nucleari sia oggetto di periodiche esternazioni che denotano superficialità e improvvisazione.
Che fine ha fatto la commissione tecnico-scientifica con compiti di valutazione e di alta vigilanza che il presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto nominare per affiancare il commissario delegato nella ricerca della soluzione più idonea per lo smaltimento dei rifiuti nucleari? E a quale titolo la Sogin, soggetto che deve operare sulla base di decisioni assunte da altri organismi, torna a parlare di sito geologico e di Scanzano, ipotesi che nelle più autorevoli sedi scientifiche era stata scartata, perchè ritenuta non adeguata alla realtà italiana?».
«La verità incontrovertibile - afferma ancora Bubbico - frutto di una battaglia che il popolo lucano ha condotto e che gli italiani hanno compreso, è che una materia complessa e delicata come quella dello smaltimento delle scorie nucleari va gestita tornando al percorso democratico e di condivisione previsto dalla legge. E’ una materia che va trattata nelle sedi istituzionalmente competenti e da persone competenti. Il tentativo di Jean, a suo tempo già ampiamente sconfitto nelle commissioni parlamentari, di equiparare i rifiuti ospedalieri con quelli delle centrali nucleari dismesse, è in realtà una vera è propria mistificazione, che nasconde interessi diversi e sulla quale è bene che il Parlamento faccia chiarezza».
«Già una volta - conclude Bubbico - nel 2003, il governo pensò di risolvere il problema con un colpo di mano, disattendendo e contraddicendo le disposizioni di un’ordinanza dello stesso presidente del Consiglio e adottando un provvedimento che non esitammo a definire sbagliato nel metodo e nel merito. Sia chiaro, non ci riprovino. I lucani, con la dignità e l’orgoglio che li contraddistingue, sapranno difendere la propria terra e impedire azioni o progetti oscuri e contrari agli interessi nazionali».
24 Febbraio 2006
Scorie nucleari a Scanzano, nuovi timori
La Sogin non da risposte sulla messa in sicurezza del centro Itrec Trisaia di Rotondella (Mt). ScanZiamo le scorie: nelle ultime settimane sono giunte notizie non rassicuranti
POTENZA - I rappresentanti di «ScanZiamo le scorie» - l’associazione nata a Scanzano Jonico (Matera) dopo la rivolta anti-nucleare del novembre 2003 - non parteciperanno giovedì prossimo, 27 aprile, alla riunione del Tavolo regionale della trasparenza, «in segno di protesta nei confronti della Sogin, che continua a non dare risposte sulla messa in sicurezza del centro Itrec Trisaia di Rotondella (Matera)».
Lo hanno annunciato stamani, a Potenza, in un incontro con i giornalisti, i dirigenti dell’associazione, secondo i quali «il centro di Rotondella deve essere considerato come un interesse di carattere regionale e non solo zonale».
Il portavoce di «ScanZiamo le scorie», Pasquale Stigliani, ha sottolineato che «nelle ultime settimane sono giunte diverse notizie non rassicuranti. In particolare - ha aggiunto - sono partite sollecitazioni dall’Autorità per l’Energia elettrica e per il gas (Aeeg) e dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e del territorio (Apat) verso il soggetto attuatore, la Sogin appunto, affinchè superasse i ritardi accumulati. La stessa Sogin è stata criticata anche per il rigonfiamento delle spese, assolutamente in contrasto con la sua modesta operatività».
«Inoltre - ha aggiunto Stigliani - il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha risposto a una lettera al presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, informandolo che 'la richiesta del Governo di esportare negli Usa le barre della Centrale Elk River, stoccate nell’ impianto Itrec non ha avuto esito positivo'. Le nostre perplessità - ha continuato Stigliani - sono aggravate dal pesante parere dello scorso 7 aprile della Commissione tecnico scientifica nazionale che ha espresso preoccupazione in quanto 'l’aggiornamento 2006 dei Cronoprogrammi introduce ulteriori ritardi e slittamenti degli obiettivi da comportare un oggettivo contrasto con la nozione stessa di emergenza».
Durante la conferenza stampa - alla quale hanno partecipato anche il presidente, Donato Nardiello, e il vicepresidente dell’ associazione, Antonello Bonfantino - i rappresentanti di Scanziamo le scorie si sono rivolti a De Filippo «affinchè si faccia interprete di queste ragionevoli preoccupazioni e si rivolga al Governo nazionale affinchè sia risolta la questione del combustibile irraggiato, eventualmente verificando la disponibilità di altri Paesi a riceverlo. Chiediamo infine - hanno concluso - che nuove capacità operative e nuove competenze tecniche vengano messe in campo per portare a soluzione, in tempi certi e accettabili, i problemi dell’emergenza».
24 Aprile 2006
Scorie nucleari a Scanzano - Bubbico: querelerò l'ex ministro Matteoli e l'ex sottosegretario Letta
POTENZA - «Apprendo dalle precisazioni dell’on. Giovanardi di dichiarazioni rese in Consiglio dei Ministri circa supposte posizioni di condiscendenza da me espresse in relazione al progetto di localizzazione a Scanzano del deposito nazionale delle scorie radioattive». E’ quanto scritto in una nota emessa nel pomeriggio dal sottosegretario allo Sviluppo economico Filippo Bubbico (Ds).
«Ricordo che - ha aggiunto Bubbico - nell’avanzare querela contro l’onorevole Giovanardi, ho già richiesto l’acquisizione del verbale della seduta del 13 novembre 2003 del Consiglio dei Ministri e, dunque, annuncio che procederò a sporgere querela anche a carico dell’ex ministro Matteoli e dell’ex sottosegretario Letta, ribadendo l’assoluta falsità e calunniosità delle dichiarazioni virgolettate ad essi attribuite dall’on. Giovanardi».
Ai tempi della protesta contro il progetto di discarica nucleare nazionale a Scanzano Jonico (Matera), nel novembre 2003, Filippo Bubbico era presidente della Regione Basilicata, ed era alla testa della contestazione. Nel febbraio scorso però, Giovanardi aveva dichiarato a un giornale che l’ex presidente della Basilicata, prima che scoppiasse la rivolta popolare, aveva dato al governo Berlusconi il suo ok al progetto, per poi cambiare idea trascinato dagli eventi.
Bubbico aveva querelato l’ex ministro dei Rapporti con il parlamento per queste affermazioni. Oggi Giovanardi ha risposto alla querela pubblicando passi del verbale del consiglio dei ministri del 13 novembre 2003, dove fu presa la decisione di realizzare la discarica (progetto poi abbandonato per l’opposizione dei cittadini lucani).
Il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, secondo Giovanardi avrebbero detto che Bubbico sapeva del progetto di discarica ed aveva promesso una opposizione di facciata, chiedendo compensazioni economiche per il territorio.
25 Maggio 2006
«No! Nucleare in Basilicata»
La scritta compare sui 100.000 adesivi che l'associazione materana Arca diffonderà all'estero affinché gli Usa riprendano le 64 barre di uranio custodite nel Centro Enea della Trisaia di Rotondella
MATERA - Per sollecitare il Governo degli Stati Uniti a riprendersi le 64 barre di uranio custodite nel Centro Enea della Trisaia di Rotondella (Matera), in base a quanto prevede un accordo con l’ Italia del 1965, l’ Associazione Arca lucana per la legalità diffonderà 100 mila adesivi attraverso le associazioni lucane all’ estero.
Lo ha annunciato oggi a Matera il presidente dell’ Arca, Domenico Lence, nel corso di un’ iniziativa sul tema «No! Nucleare in Basilicata», a cui hanno partecipato amministratori locali e di esperti: «La diffusione di adesivi - ha detto Lence - insieme ad altre iniziative di sensibilizzazione, rappresentano un ulteriore contributo per combattere il pericolo nucleare in Basilicata e nel Metapontino. Sugli adesivi abbiamo riportato una frase dell’ ex Presidente americano John Kennedy, che invita il Governo degli Stati Uniti a rispettare gli impegni con il nostro Paese». L’ adesivo riporta il motto: «Barre nucleare usa Trisaia a casa U.S.A», e una frase di John Kennedy: «Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana».
03 Novembre 2006
Traffico nucleare dalla Basilicata all'Iraq - L'ombra della 'ndrangheta
Dall’alba degli Anni Novanta aleggia il dubbio che dal ventre radioattivo dell’Itrec di Trisaia sia stato sottratto materiale nucleare. All’inizio si trattava di voci flebili. Poi s’aggiunsero particolari: il carico sarebbe stato consegnato all’Iraq, forse grazie a dei “caronte” della ‘ndrangheta.
L’ipotesi - smentita da chiunque avesse responsabilità nella gestione dell’impianto - rimane «sottotraccia» anche per tutto l’arco dell’inchiesta del giudice Nicola Maria Pace.
Lui, del resto, ufficialmente non se ne occupava. Puntava piuttosto a far chiarezza su alcuni incidenti avvenuti nel ‘93 e nel ‘94. Così - coinvolgendo cinque dirigenti Enea e con capi di imputazione come «smaltimento abusivo di rifiuti nucleari» - nel 1998 chiuse le indagini e preparò i bagagli. Fu promosso e trasferito, da Matera a Trieste.
Come una fenice, il «dubbio» risorge nel 2000. Se ne occupa il procuratore di Potenza, Giuseppe Galante, e assurge a pista investigativa della Dda (la Direzione distrettuale antimafia). Ora Galante se ne è andato e, in attesa che si insedi il suo successore, l’unica certezza è che vi sono degli indagati.
L’Itrec venne costruito col compito, strategico per l’Italia dell’epoca, di «spillare» uranio pregiato da materiali radioattivi di scarto, in modo efficiente.
09 Agosto 2007
Dossier Cia - «Dall'Italia materiale nucleare all'Iraq»
Secondo un documento ora desecretato dell'agenzia di intelligence statunitense, nel '79 e nel '82 «la Snia-Techint, attraverso il Cnen» effettuò tre vendite al regime di Saddam Hussein, che intendeva dotarsi di armamenti atomici. Le inchieste della magistratura lucana sono ancora aperte
Chissà cosa ne penserebbe il giudice Nicola Maria Pace (che ora è a Trieste, alla Superprocura, ma nel ‘94 era procuratore di Matera), se sapesse che documenti ufficiali della Cia riportano che, tra il 1979 e il 1982, proprio l’Ente statale responsabile del centro nucleare lucano ha passato chili e chili di materiale radioattivo a Saddam Hussein. E chissà cosa ne penserebbe l’ex procuratore capo Giuseppe Galante che, attraverso la Dda (Direzione antimafia) di Potenza, «ereditò» e portò avanti un filone dell’indagine avviata da Pace nel 1994.
Sì, perché sono quasi quindici anni che in Basilicata s’indaga sul carico fissile che, dall’Impianto trattamento elementi combustibili (Itrec) di Trisaia, in provincia di Matera, sarebbe giunto fino in Iraq, per alimentarne le mire atomiche. Un’inchiesta difficile, partita con l’intento di verificare come l’Enea gestiva l’Itrec e se c’erano pericoli per la popolazione, e proseguita in vari rivoli, incluso quello dell’ipotesi che un carico nucleare sia stato rubato dall’impianto e poi spedito in Iraq.
Materia «sensibile» il nucleare. Inevitabile pestare calli e le cose allora si complicano. Si valutò anche l’ipotesi che su un DC9 Itavia (quello della strage di Ustica del 27 giugno 1980) ci fosse materiale fissile italiano, forse materano.
Depistaggi, omissis, segreti di Stato. Nulla di nuovo. Sempre la stessa gomma ad imbottire il «muro».
Tanto che s’arriva all’assurdo che oggi bisogna ringraziare un Paese straniero, l’America, e il suo Freedom Of Information Act. Con questa legge è stato desecretato e pubblicato (sull’omonimo sito web, www.foia.cia.gov) un corposo rapporto della Cia (Central intelligence agency – l'agenzia di spionaggio e controspionaggio) sulle armi di distruzione di massa irachene. Vi si legge - ovviamente in inglese - che «nel giugno del 2004, un team congiunto dell’Agenzia internazionale dell’Energia atomica (Aiea) e della Coalizione verificò le scorte di uranio dell’Iraq, scorte che comprendevano sia il materiale importato, sia quello prodotto in loco prima del 1991».
È importante sapere che per fare un’atomica potente quanto l’esplosione di 200.000 tonnellate di tritolo, è sufficiente una sfera di 10-15 chili di plutonio o di alcune decine di chili di «uranio 235».
Avere abbastanza «uranio 235» (e il plutonio che da esso può derivare), non è semplice: ci sono molti materiali che possono essere sottoposti a trattamenti d’estrazione. Però per tutti vale il concetto della premuta d’arancia: più è succoso il frutto, più è semplice avere la quantità di bevanda che si desidera. Ovvero, maggiore è la percentuale di «uranio 235» presente in un materiale radioattivo e prima si mette assieme la massa critica per fare una bomba.
«Durante gli anni Settanta e i primi anni Ottanta - continua il documento della Cia - l’Iraq acquistò uranio in varie forme dal mercato internazionale. Questi materiali includevano circa 486 tonnellate di yellowcake, 33.470 kg di diossido d’uranio “naturale”, 1.767 kg di diossido d’uranio a basso livello d’arricchimento (2,6 per cento di “uranio 235”), e 6.005 kg di diossido di uranio “depleto” da Portogallo, Italia, Nigeria e Brasile».
Per tornare all’esempio dell’arancia, bisogna «premere» una tonnellata di uranio naturale per avere da 2 a 4 kg di yellowcake. Ma basta una tonnellata di yellowcake per avere 7 chili di «uranio 235». E via crescendo fino al più «succoso». Fino a quei «1.767 kg di diossido d’uranio a basso livello d’arricchimento».
Che cosa è stato venduto dall’Italia all’Iraq? Secondo la Cia, il 12 dicembre del 1979, dal Belpaese sono partiti tre carichi: uno di diossido d’uranio depleto (6.005 kg), e due di diossido d’uranio naturale, per complessivi 4.506 chili. Poi, il 18 maggio del 1982, è toccato ai 1.767 chili di cui sopra.
Il rapporto della Cia dice che in tutti e quattro i casi l’Aiea sapeva e che l’azienda che s’è occupata di vendere la merce atomica era «la Snia-Techint, attraverso il Cnen».
Cnen sta per «Comitato nazionale per l'energia nucleare». Nacque nel 1960, per promuovere lo sviluppo dell’energia nucleare per usi civili. Nel 1982, una legge lo trasformò in Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente. In sigla: Enea.
Come riportò la “Gazzetta” dello scorso 26 aprile, Giuseppe Galante prima di lasciare Potenza ha annunciato che per l’inchiesta sulla eventuale presenza di materiale nucleare non inventariato e sul presunto furto all’Itrec, «Ci sono indagati». Bisognerà attendere che il Csm scelga il suo successore per saperne di più.
Quanto al giudice Pace, a lui non sfuggì che un centinaio di scienziati pakistani e iracheni furono istruiti in Basilicata. A quanto è dato sapere, soltanto le lezioni apprese dai primi sono state feconde: il Pakistan si prepara a spegnere la decima candelina dal suo primo test atomico.
Marisa Ingrosso
marisa.ingrosso@gazzettamezzogiorno.it
09 Agosto 2007
Traffico di rifiuti nucleari in Basilicata: indagati dirigenti Enea
Una prima inchiesta era stata avviata alla metà degli anni '90, su un presunto traffico di materiale nucleare che avrebbe avuto come “base” la struttura di ricerca lucana della Trisaia
POTENZA - Dieci avvisi di garanzia sono stati notificati dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza a otto ex dirigenti del centro dell’Enea della Trisaia di Rotondella (Matera) e due a presunti appartenenti alla 'ndrangheta calabrese, nell’ambito di un’inchiesta – cominciata circa alla metà degli anni '90, su un presunto traffico di materiale nucleare che avrebbe avuto come “base” la struttura di ricerca lucana.
La notizia, pubblicata da due quotidiani tra cui «La Gazzetta del Mezzogiorno», è stata confermata in ambienti vicini alla Procura distrettuale potentina, dove però il riserbo intorno alla vicenda è molto stretto.
Due anni fa, un pentito raccontò a «L'Espresso» che fusti contenenti materiale radioattivo erano stati sepolti a Ferrandina (Matera), ma le ricerche non diedero risultati. Altri contenitori sarebbero stati trasportati in Somalia o affondati nel mare Jonio o addirittura trasferiti nell’Iraq di Saddam Hussein.
L'inchiesta era coordinata dal Procuratore della Dda potentina, Giuseppe Galante, che però ha lasciato la magistratura nel marzo scorso, dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta su un presunto comitato di affari che avrebbe operato in Basilicata. Ora il fascicolo è passato al sostituto della Direzione antimafia lucana, Francesco Basentini.
Intanto, nei giorni scorsi sono cominciati – ma sono stati subito sospesi, in attesa di avere a disposizioni mezzi più adatti – i lavori per riportare alla luce i rifiuti tossici sepolti nelle campagne di Pisticci (Matera): in tal caso, indaga la Procura della Repubblica di Matera. Ma non vi sono relazioni, al momento, fra il presunto traffico di materiale nucleare sottratto a Rotondella – dove sono custodite da anni numerose barre di uranio irraggiato, provenienti da una centrale atomica statunitense – e i rifiuti seppelliti a Pisticci.
08 Ottobre 2007
Entro sei mesi un sito per le scorie nucleari
Il ministro dello Sviluppo economico, Bersani, ha incontrato le Regioni per avviare un percorso partecipativo che dovrà individuare un sito per la realizzazione di un deposito non geologico «che non esiste in nessun posto al mondo» per le scorie nucleari. Deciso un gruppo di lavoro tra Mse, Apat, Enea, Regioni e Sogin
ROMA - Individuare entro sei mesi un sito per le scorie nucleari. E’ questo l’obiettivo che si sono dati il ministero dello Sviluppo economico e le Regioni, i cui rappresentanti si sono incontrati oggi per la prima volta per trovare una soluzione. Lo rende noto il ministero, sottolineando di aver incontrato la disponibilità delle Regioni, che hanno accolto la proposta del ministro Bersani di ricostruire un gruppo di lavoro misto (ministero, Apat, Enea, Regioni) con l'incarico di individuare entro sei mesi il sito dove collocare il deposito di superficie per le scorie.
Bersani torna però a fare un importante distinguo tra il tema delle scorie e quello della produzione di energia: se da una parte per l’Italia è prioritario «sistemare in sicurezza i rifiuti radioattivi, dall’altra “il governo attualmente non ritiene pensabile l’avvio di un piano per la produzione di energia da fonte nucleare».
«Quando si parla di nucleare - ha chiarito Bersani, in premessa, all’incontro con le Regioni – è bene essere molto chiari. Innanzitutto, l’Italia non ha ancora dimostrato di essere in grado di gestire gli esiti della prima fase del nucleare e ora si apre un banco di prova che potremo dichiarare superato solo quando avremo smantellato gli impianti di ricerca e le centrali elettronucleari dimessi e quando sapremo dove sistemare in sicurezza i rifiuti radioattivi. In secondo luogo – ha dichiarato – il governo attualmente non ritiene pensabile l’avvio di un piano per la produzione di energia da fonte nucleare. Terzo, in un’ottica di medio-lungo termine, il governo intende partecipare alla ricerca internazionale sulla quarta generazione date le sue caratteristiche di sicurezza intrinseca e di bassissima produzione di rifiuti radioattivi».
Il gruppo di lavoro misto che si costituirà, sarà «integrato nelle forme opportune da Sogin», la società nata nel 1999 con il compito di smantellare gli impianti nucleari e di gestire i rifiuti radioattivi. L’obiettivo è quello di individuare un sito per la realizzazione di un deposito non geologico, «che peraltro non esiste in nessun posto al mondo», ha sottolineato Bersani, ma di superficie «in linea con le soluzioni adottate da tutti i paesi industrializzati». Un deposito nel quale allocare definitivamente i rifiuti radioattivi di seconda categoria e temporaneamente quelli di terza, oltre ai materiali derivanti dall’uso medico e industriale.
Bersani, durante la riunione, ha ripercorso la vicenda del nucleare in Italia, che ha come ultima tappa l’accordo intergovernativo del 24 novembre scorso con Francia per il riprocessamento oltralpe del combustibile nucleare irraggiato ancora depositato negli impianti nucleari italiani. Materiali e rifiuti che rientreranno nel nostro Paese tra il 2020 e il 2025 e per i quali «bisogna individuare sin da ora un deposito nazionale, per evitare di affrontare il problema con la logica dell’emergenza o del comando e del controllo, a favore invece di un percorso partecipativo».
11 Ottobre 2007
Nucleare, una vicenda tutt'altro che conclusa
ROMA – Quella del nucleare in Italia è una vicenda spinosa, contraddistinta da battaglie politiche e ambientali. Una vicenda tutt'altro che chiusa.
Ecco in questa scheda le principali tappe, con la «battaglia» degli abitanti di Scanzano Jonico ancora pronti alle barricate.
VENT'ANNI DI NUCLEARE – Per circa vent'anni l’Italia, dal 1960 al 1980, ha prodotto e utilizzato energia nucleare. Un’attività che ha portato alla produzione di rifiuti radioattivi, alla realizzazione di quattro centrali elettronucleari ex Enel (Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina) e di altri impianti nucleari ex Enea del ciclo del combustibile.
IL DISASTRO DI CHERNOBYL – Il 26 aprile 1986 esplose il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora parte dell’Urss). In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono nubi di materiali radioattivi che raggiunsero Europa orientale e Scandinavia oltre alla parte occidentale dell’Urss. Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l’evacuazione di oltre 330 mila persone. Quello di Chernobyl è stato il più grave incidente nucleare della storia civile.
NUCLEARE? NO GRAZIE – Anche sull'onda del disastro di Chernobyl, nel 1987 l’Italia decise di abbandonare il nucleare. Una decisione presa attraverso una consultazione popolare. Il referendum abrogativo si tenne l’8 e il 9 novembre e vinse il sì con oltre il 71%.
LE SCORIE, LA SOGIN – In seguito al referendum iniziò un programma di dismissione delle centrali nucleari. Ma per lungo tempo fu sostanzialmente eluso il problema delle scorie. Nel 1999 il ministero dell’Industria dispose un piano strategico per la gestione degli esiti del nucleare, che fu presentato al Parlamento. Nello stesso anno a partire dal piano strategico fu definito un accordo di programma con le Regioni. Parallelamente, fu affidato a Enel il compito di costituire una «Società per lo smaltimento delle centrali elettronucleari dimesse, la chiusura del ciclo del combustibile e le attività connesse e conseguenti». Alla società, denominata Sogin, sono state, infatti, attribuite le quattro centrali elettronucleari Enel.
IL CASO SCANZANO – Nel novembre 2003 il governo approva il cosiddetto decreto «Scanzano», in base al quale tutti i rifiuti e i materiali nucleari esistenti in Italia vengono sistemati in un deposito nazionale geologico (e non di superficie) da realizzare nel comune di Scanzano Jonico, in Basilicata. La decisione provocò dure reazioni politiche e da parte delle comunità locali e degli ambientalisti, fino a che, con la conversione in legge del decreto Scanzano, il nome della località lucana fu eliminato dal testo e l’individuazione del sito venne demandata a una commissione ad hoc, mai costituita.
LE SCORIE VANNO IN FRANCIA – La scorsa legislatura ha deciso trasferire all’estero il combustibile irraggiato, anzichè stoccarlo temporaneo nei siti. Sogin ha predisposto una gara internazionale per il trasporto e il riprocessamento (processo che porta all’estrazione di uranio e plutonio dai rifiuti). In totale sono circa 235 tonnellate provenienti dalle centrali nucleari di Trino Vercellese, Caorso e Garigliano. La francese Areva si è aggiudicata la gara per 267 milioni di euro. Il 24 novembre 2006 è stato siglato un accordo Francia-Italia e il 9 maggio il contratto Sogin-Areva. Le scorie saranno inviate oltralpe in 5 anni. Entro il 2025 dovranno rientrare in Italia.
RIPRENDE DIBATTITO – Pur restando esclusa una ripresa di produzione di energia dall’atomo, negli ultimi mesi ha ripreso corpo il dibattito. Gli occhi, sia del mondo politico che delle principali società che operano nel settore energetico, sono puntati sulla ricerca, in particolare sul nucleare di ultima generazione.
11 Ottobre 2007
Rifiuti radioattivi – Basilicata capofila per il deposito
Gli esperti della Regione – su decisione della Conferenza dei presidenti e su richiesta del ministro Bersani (Sviluppo economico) – alla testa del gruppo di lavoro fra enti locali e Regioni che dovrà individuare il sito di stoccaggio nazionale, secondo tutti i requisiti di sicurezza già adottati in altri Paesi europei
POTENZA - La Basilicata coordinerà la delegazione delle Regioni nel gruppo di lavoro che dovrà definire i criteri per individuare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di tipo superficiale o sub-superficiale. La decisione è stata assunta dalla Conferenza dei presidenti in seguito alla richiesta avanzata dal ministro dello Sviluppo Economico, Pier Luigi Bersani, di costituire un gruppo misto Stato-Regioni a cui affidare il compito di fornire indicazioni sui criteri di selezione del sito e di elaborare un metodo per definire le caratteristiche tecniche dell’insediamento.
L'obiettivo è realizzare un deposito con le relative infrastrutture tecnologiche per il trattamento e la gestione dei rifiuti radioattivi e la ricerca di settore e che sia integrato da altre strutture (servizi di alta tecnologia, ricerca e formazione di alto livello). Il gruppo di lavoro dovrà anche procedere ad un esame delle esperienze realizzate in altri Paesi d’Europa, con una raccolta documentale, tecnica e fotografica.
La delegazione delle Regioni in seno al gruppo misto sarà guidata da Massimo Scuderi, già componente per conto della Regione Basilicata della commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria istituita presso l’Apat.
Del gruppo misto faranno parte rappresentanti del Governo, dell’Apat e dell’Enea, con la possibilità di integrazione di esperti e della Sogin.
«È da apprezzare il profilo metodologico proposto dal ministro Bersani, fondato sulla concertazione con le Regioni e gli enti interessati, per trovare una soluzione condivisa ad un problema già risolto in altri Paesi europei - ha commentato il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo -. La scelta di un percorso partecipativo e trasparente legittima la certezza di poter individuare un sito nel quale collocare definitivamente i rifiuti radioattivi di seconda categoria e temporaneamente quelli di terza ma anche i materiali derivanti dall’uso medico e industriale».
23 Novembre 2007
Rischi Nbc - «La Basilicata si attrezzi»
Contro il rischio di inquinamento nucleare, biologico e chimico formulate proposte operative nel corso di un convegno svoltosi a Potenza
POTENZA - In Basilicata, su otto siti industriali, quattro sarebbero «ad alto rischio Nbc» (nucleare, biologico e chimico), tre in provincia di Potenza (Melfi, Venosa e Viggiano) e uno in quella di Matera (Pisticci): in tutta la regione, inoltre, secondo un modello nazionale di prevenzione, sono necessarie due squadre operative per la decontaminazione del territorio. È quanto emerso nel corso del convegno “L'incidente Nbc in Basilicata: possibile rischio di maxiemergenza?”, che si è svolto stamani a Potenza.
Secondo il direttore di Basilicata soccorso, Libero Mileti, «iniziative come questa sono opportune, poiché nella nostra regione, pur in mancanza di rischi legati ad attacchi terroristici, sono presenti attività estrattive, chimiche e industriali». Mileti ha sottolineato l’opportunità di
«integrare i sistemi di intervento in Basilicata», a partire dal Pma (Punto medico avanzato), in «collaborazione con le altre forze», accanto all’ipotesi di «un protocollo di intesa comune su queste tematiche» e ad «un camper, come posto avanzato di comando, che possa coordinare gli operatori sanitari, i Vigili del fuoco e le forze dell’ordine in caso di emergenza».
Quella trattata nel corso del convegno «è una materia complessa, con una miriade di leggi e alcune sovrapposizioni di competenze», ha sottolineato il coordinatore regionale dell’Elisoccorso, Giuseppe Frittella, il quale ha proposto un modello di intervento che parta dalla creazione di un tavolo tecnico (coinvolgendo i rappresentanti delle prefetture, della Protezione civile e dei Vigili del fuoco), in grado di stilare programmi e studi, e approntare un piano operativo a cui prendono parte i tecnici Nbc, medici e chimici e i volontari.
Nel piano nazionale per la prevenzione del rischio Nbc, infine, è prevista la possibilità di rendere operative squadre di decontaminazione regionali che, in tutta Italia, dovrebbero essere 152, con 912 operatori in totale.
14 Dicembre 2007
Esclusivo - L'Italia in Usa esporta 20mila tonn. di rifiuti atomici
Una sorta di «effetto Scanzano», con tanto di manifestazioni pubbliche di cittadini e ambientalisti, è in corso nello Stato americano dello Utah. Oggetto della reazione popolare è la notizia che la Energy Solutions Inc. ha comunicato alla United States Nuclear Regulatory Commission l'intenzione di importare 20.000 tonnellate di rifiuti radioattivi dall'Italia
BARI - Una sorta di «effetto Scanzano», con tanto di manifestazioni pubbliche di cittadini e ambientalisti, è in corso nello Stato americano dello Utah. Oggetto della reazione popolare - che già raccoglie i primi supporter sia tra i Democratici, sia tra i Repubblicani - è la notizia che la Energy Solutions Inc. (società che ha sede nella capitale dello Utah, Salt Lake City) ha comunicato alla United States Nuclear Regulatory Commission (Nrc) l’intenzione di importare 20.000 tonnellate di rifiuti radioattivi dall’Italia. Stando alla documentazione in nostro possesso, i carichi radioattivi arriveranno sulle coste americane via nave. Dopodiché saranno trasferite nel Tennessee (presso l’impianto di Oak Ridge, della Energy Solutions) per essere riprocessate. Infine, ultimata questa attività di trasformazione, circa 1.600 tonnellate di scorie saranno stoccate in un deposito (sempre di proprietà della Energy Solutions) che si trova nello Utah, a Tooele County.
C’è da dire che il sistema americano avrà pure avrà tante pecche, ma è strutturato in modo realmente «democratico»: prevede passaggi di informazione e ascolto della popolazione, anche in tema di uranio.
Ora, tutti sanno cosa è accaduto in Basilicata quando s’è saputo che lì sarebbero arrivate le scorie nucleari italiane. Potete ben immaginare come hanno reagito nel lontanissimo Utah, quando hanno appreso dell’ar rivo di rifiuti «stranieri». Con il supporto di varie sigle ambientaliste, la gente ha iniziato a protestare. La stessa Nrc (la Commissione americana cui, per legge, s’è dovuta rivolgere la Energy Solutions e che ha compiti di tutela della salute e della sicurezza pubbliche in tema di «nucleare») ha ricevuto un numero - definito «abnorme» - di lettere.
Lo scorso 21 febbraio, c’è stata addirittura una manifestazione organizzata dai ristoratori italiani dello Utah. Giornali (come il «The Salt Lake Tribune») e broadcast radio-televisivi (come «Ksl») hanno dato grande rilievo all’iniziativa.
All’urlo di «No Grazie » - proprio così, in lingua italiana - i ristoratori hanno chiarito la loro posizione: dall’Italia spediteci il cibo e la moda, ma tenetevi i vostri rifiuti radioattivi!
Col passare dei giorni, l’«effetto Scanzano» pare si stia propagando agli altri Stati americani che (come il South Carolina) potrebbero essere interessati dal trasporto del carico.
La gente (ora sostenuta anche da qualche politico, come il governatore del Wyoming, Dave Freudenthal) teme che i rifiuti italiani siano soltanto un «antipasto » e che la loro terra possa trasformarsi nella «discarica radioattiva del mondo». Dal canto suo, la Energy Solutions getta acqua sul fuoco e - per bocca del suo vicepresidente Greg Hopkins - chiarisce che si tratta di «rifiuti a bassissimo livello di radioattività» e che «è dal 1996, che nell’impianto di Oak Ridge sono riciclati rifiuti radioattivi di Paesi stranieri».
Il deputato Jim Matheson e i media americani, però, sostengono che parte delle 20.000 tonnellate proverrebbe dal «decommissioning », cioè dallo smantellamento, «degli impianti nucleari italiani».
Forse è il caso di ricordare che nel nostro Paese ci sono quattro centrali (Caorso, Enrico Fermi- Trino, Garigliano e Latina) e vari impianti della «filiera atomica », come l’Itrec (Impianto Trattamento Elementi Combustibile), nel Materano. Come è noto, lo Stato ha incaricato la Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) di smantellare, in sicurezza, il patrimonio radioattivo italiano. Un «patrimonio» abbastanza cospicuo, visto che - il 20 giugno dell’anno scorso - la Nuclear Energy Agency stimava in «circa 50.000 metri cubi», «la quantità di rifiuti derivanti dallo smantellamento » di centrali e impianti italiani.
Archiviata - per il momento - la possibilità di poter contare su un nuovo un deposito nazionale di stoccaggio (come quello che avrebbe dovuto essere realizzato a Scanzano Jonico), la Sogin - che è una Spa con unico socio il Ministero dell’Economia e delle Finanze - ha stretto accordi con società estere, anche per risolvere la questione dello smantellamento del «patrimonio» radioattivo. Per esempio, c’è un comunicato stampa dello scorso 7 settembre in cui l’azienda annuncia: «Sogin ed Energy Solutions hanno sottoscritto oggi un memoran- dum of agreement finalizzato a cooperare nello smantellamento degli impianti nucleari gas grafite nel Regno Unito e in Italia». Quindi, tra gli obiettivi dichiarati di questo accordo c’è proprio il coinvolgimento di Energy Solutions nell’attività di smantellamento degli impianti italiani. Che Matheson abbia ragione?
A domanda diretta (è vero che tra le 20 tonnellate di rifiuti radioattivi italiani per le quali la società Energy Solutions Inc. ha chiesto l'autorizzazione all'importazione in America, c'è una quota parte di rifiuti di pertinenza del Gruppo Sogin?), la società guidata da Massimo Romano ha risposto che il «memorandum of agreement» con Energy Solutions «raccoglie solo le finalità di una possibile futura collaborazione » e che «al momento al memorandum of agreement non sono seguiti ulteriori accordi».
Marisa Ingrosso
04 Marzo 2008

Esclusivo - Slitta ok Usa a import scorie radioattive italiane
Doveva arrivare oggi l'ok della Commissione governativa statunitense alla richiesta di importazione delle scorie radioattive italiane da parte della società «Energy Solutions». Ma, a causa delle proteste di cittadini e ambientalisti americani, è stato tutto rimandato a giugno. Intanto, la «Gazzetta» vi dice in esclusiva «cosa» sarà spedito oltre Oceano
BARI - Occuperà un volume stimato di «oltre 28mila metri cubici», peserà «circa 20.000 tonnellate» e proviene «da attività di impianto nucleare». Ecco - in esclusiva per i lettori della «Gazzetta» - i dettagli del materiale radioattivo italiano che la società americana «Energy Solutions» vuole importare negli Usa. La società di Salt Lake City (capitale dello Utah), infatti, ha chiesto i permessi all’importazione alla Commissione governativa Usa per la regolamentazione nucleare (Nuclear Regulatory Commission - Nrc). A causa delle proteste degli americani, la Commissione ha preso tempo prima di esprimersi ma, intanto, frugando nei suoi archivi elettronici (www.nrc.gov), la «Gazzetta» ha scovato i documenti in cui la «Energy Solutions» descrive ciò che partirà dal Belpaese. E’ scritto che si tratta di «materiale contaminato che deriva da attività di impianto nucleare; consistente in metalli contaminati, grafite, materia risultante da attività di asciugatura (come legno, carta e plastica), liquidi (come fluidi acquosi e a base organica) e resine a scambio ionico (trattate e non trattate)», che sono resine speciali usate, per esempio, nel trattamento di scarichi radioattivi.
«Il volume totale stimato dovrebbe essere approssimativamente di 1.000.000 di piedi cubici», cioè 28.316,84 metri cubi.
«Quantità, tipologia e combinazioni delle contaminazioni radioattive - riporta ancora la documentazione - varieranno in base al materiale, ma in nessun caso supereranno i limiti di possesso». Questi sono limiti quali-quantitativi imposti dalle leggi Usa in tema di uranio (naturale e impoverito) e suoi «derivati », come il plutonio e altri transuranici.
Circa la «collocazione finale» dei rifiuti, la «Energy Solutions» specifica che il materiale sarà riprocessato nel suo impianto, in Tennessee, e che una parte sarà stoccata presso il suo deposito di Clive, nello Utah.
Va detto che la Commissione (in sigla Nrc) è un organo governativo che si occupa degli aspetti normativi e di controllo per la sicurezza, di reattori e materiale nucleare e che, prima di dare il suo fondamentale parere, svolge un’attività di «informazione e ascolto». In altri termini, la Commissione ha dovuto informare la popolazione della richiesta della «Energy Solutions».
Apriti cielo! Come segnalato lo scorso 4 marzo con il primo articolo della «Gazzetta» sulla vicenda, s’è scatenato una sorta di «effetto Scanzano». Similmente a quanto accadde nel piccolo centro lucano quando gli abitanti scoprirono che la loro area avrebbe ospitato il deposito di scorie radioattive nazionali, anche nello Utah la gente ha iniziato a protestare. Manifestazioni e petizioni hanno trovato una «sponda» politica sia tra i Democratici, sia tra i Repubblicani. E siccome lo Utah non è sulla costa e il carico radioattivo italiano dovrebbe arrivare via nave e attraversare più Stati, l’«effetto Scanzano» s’è propagato a vari Paesi della Federazione Usa. Le proteste dei lucani riuscirono a bloccare la costruzione del deposito in Basilicata, quelle degli americani - secondo quanto riporta il «The Salt Lake Tribune» - sono riuscite a far slittare di quattro mesi la decisione finale della Nrc. Sull’importazione dei rifiuti «atomici» italiani, quindi, la Commissione deciderà a giugno e non più oggi, come preventivato.
Per capire la portata di questa vicenda basti dire che, secondo la «Nuclear Energy Agency», «la quantità di rifiuti derivanti dallo smantellamento» delle quattro centrali e degli impianti nucleari italiani sarebbe di «circa 50.000 metri cubi».
Nel nostro Paese ci sono quattro centrali e vari impianti della «filiera atomica» (nel Materano c’è l’Itrec che, da decenni, ospita 64 elementi di combustibile irraggiato provenienti dall’America, da Elk River).
Alcuni media d’oltreoceano sostengono che dell’«esportazione» facciano parte residui industriali e ospedalieri. Però, la domanda di importazione parla apertamente di «impianto nucleare». E il deputato dello Utah, Jim Matheson, ha scritto all’Nrc dicendosi contrario a ricevere «20.000 tonnellate di rifiuti che provengono dallo smantellamento dei reattori nucleari italiani».
E’ davvero così? L’Italia smantella e spedisce all’estero? Non è che si tratta delle scorie che dovevano andare a Scanzano?
Soltanto la Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) può rispondere: la SpA è il «braccio operativo» del nostro Paese in campo atomico. Inoltre, conosce bene la «Energy Solutions». Dieci giorni prima che questa richiedesse i permessi all’importazione dei rifiuti radioattivi italiani, le due società hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per «cooperare nello smantellamento degli impianti nucleari gas grafite nel Regno Unito e in Italia».
Contattata dalla «Gazzetta», la Sogin non ha voluto commentare. Ha soltanto confermato l’esistenza del protocollo d’intesa.
Marisa Ingrosso
ingrosso@gazzettamezzogiorno.it
12 Marzo 2008
«Caso Scanzano» a Washington Sarà studiato dal Congresso Usa
Negli Stati Uniti è «battaglia» per lo stoccaggio (o per il «no» alla ricezione) delle scorie nucleari italiane (20mila tonnellate, in cambio di un migliaio «di ritorno» nel Belpaese). Documentata la storia del blocco all'istituzione del deposito nazionale in Basilicata ottenuta grazie alla protesta degli enti locali: forse farà scuola
BARI - La reazione «degli amministratori locali» lucani che, nel 2003, bloccarono la costruzione del deposito nazionale di scorie nucleari a Scanzano Jonico, arriva a Washington e diventa un «caso di studio» per il Congresso degli Stati Uniti. Lo rivela un documento esclusivo che il Government Accountability Office (il Gao è il braccio investigativo del
Congresso) ha appena pubblicato sul suo archivio elettronico www.gao.gov).
L’incartamento è la trascrizione della deposizione fatta dal direttore del dipartimento Risorse Naturali e Ambiente, Gene Alois lo scorso 20 maggio. I deputati, infatti, stanno affrontando una questione che riguarda molto da vicino il nostro Paese.
Come rivelò la «Gazzetta» in anteprima nazionale, a giorni la Commissione nucleare americana potrebbe autorizzare l’importazione dall’Italia di 20.000 tonnellate di rifiuti radioattivi e anche l’esportazione in Italia di circa mille tonnellate di scorie (per far chiarezza in proposito, il deputato pugliese Dario Ginefra, del Pd, ha presentato un’interrogazione).
Se arrivasse l’«ok» della Commissione Usa, il nostro Paese si libererebbe di 28.300 metri cubi di materiale contaminato delle 4 centrali atomiche italiane e di alcuni impianti della «filiera atomica», come l’Itrec di Rotondella, in provincia di Matera.
Il problema è che tre deputati (Jim Matheson per lo Utah, Ed Whitfield per il Kentucky e Bart Gordon per il Tennessee), hanno proposto di modificare l’Atomic Energy Act e, quindi, di proibire alla Commissione nucleare Usa di autorizzare le importazioni di scorie. Sintetizzando, la loro preoccupazione è la seguente: posto che in America ci sono 104 centrali atomiche, se noi statunitensi riempiamo i nostri depositi di rifiuti radioattivi stranieri, dove metteremo quelli che produciamo noi?
Così Gene Aloise ha dovuto fare il punto della situazione. Per prima cosa ha dovuto ammettere che il Gao, nel 2005, si sbagliava quando sosteneva che i depositi americani potevano stoccare le scorie nazionali per altri 33 anni.
I calcoli - si legge nel documento, redatto in inglese - devono essere rifatti, perché non tenevano conto dei rifiuti importati.
L’alto funzionario rivela, poi, che «soltanto l’Italia non può smaltire i rifiuti a bassa e ad alta radioattività e non ha centralizzato lo stoccaggio delle scorie».
Soltanto l’Italia su 18 Paesi: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Giappone, Messico, Norvegia, Olanda, Repubblica Slovacca, Spagna, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna.
Per spiegare al Congresso questa «anomalia internazionale», Aloise afferma: «Come riportato dall’Italia alla Nuclear energy agency, nel 1999 (Governo D’Alema - n.d.r.), il governo italiano ha incominciato a sviluppare una strategia per gestire l’“eredità” della passata attività atomica.
Strategia che prevedeva che una nuova compagnia nazionale (la Sogin, Società Gestione Impianti Nucleari; n.d.r.) si occupasse dello smantellamento degli impianti nucleari. Il governo creò anche una Agenzia nazionale che avrebbe dovuto occuparsi del deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi».
«Un successivo decreto governativo (Governo Berlusconi; n.d.r.), nel 2001 accelerò il processo per l’individuazione di un deposito nazionale, che avrebbe dovuto diventare operativo nel 2010. Ciononostante - continua il dirigente americano - il governo italiano ha recentemente riferito di aver incontrato sostanziali difficoltà nella creazione del deposito perché gli amministratori locali hanno bocciato i siti che erano stati individuati». La loro «resistenza - precisa Gene Aloise – ha fatto cancellare la data» in cui l’Italia avrebbe potuto disporre d’un deposito per le sue scorie ovvero, «circa 31.130 metri cubi di rifiuti a bassa radioattività che deriveranno dallo smantellamento degli impianti nucleari, cui vanno sommati i 23.461 metri cubi che già sono stoccati».
Marisa Ingrosso
27 Maggio 2008
Scorie nuceari, Scanzano ripete «no»
Nel centro lucano dell'Enea sono già custodite 64 barre di uranio ed ora si ha paura che il sito venga scelto come sede nazionale per i rifiuti nucleari
di FILIPPO MELE
SCANZANO JONICO (Mt) - Deposito unico delle scorie nucleari d’Italia: la Commissione mista Governo, Regioni, Apat, ed Enea, nominata dall’ex ministro delle attività produttive, Pierluigi Bersani, ed insediata nelle sue funzioni il 27 marzo scorso, intende rispettare la road map delineata dal precedente Governo Prodi. A fine settembre, allo scadere dei sei mesi assegnati, l’organismo lasciato in vita dal nuovo Governo Berlusconi, sarebbe pronto a consegnare il documento finale sul Deposito.
Ovviamente, nel Metapontino ed in Basilicata, dopo quanto vissuto nel novembre del 2003, quando il Governo Berlusconi terzo decretò nei depositi sotterranei di salgemma di Terzo Cavone l’ubicazione del cimitero atomico nazionale, sono coi “nervi scoperti” sull'argomento. C'è subito da evidenziare, tuttavia, che la Commissione, di cui fa parte, su designazione della Regione, Massimo Scuderi, da poco nominato anche direttore generale della Sel, la Società energetica lucana, ha avuto l’incarico di lavorare ad un deposito di superficie, ingegneristico, e non geologico, sotterraneo. Ciò, a detta anche del presidente della Regione, Vito de Filippo, escluderebbe definitivamente, nonostante le “voci ricorrenti”, proprio Scanzano Jonico.
Qui, infatti, sul sito ipotizzato nel novembre 2003, si parlava di un Deposito geologico, sotterraneo, nelle viscere dell’area prescelta, ad 800metri di profondità, dove sono stati rinvenuti, agli inizi degli anni 50, alcuni giacimenti di salgemma. Poi, la rivolta popolare, pacifica e non violenta, provocò il retromarcia della compagine governativa. La scelta su un sito superficiale, altresì, a rigor di logica, escluderebbe anche l’altra evenienza che è stata ventilata in questi giorni e riportata anche dalla Gazzetta del mezzogiorno: quella relativa ai calanchi tra Craco, Stigliano, Pisticci Montalbano Jonico. Qui, infatti, sarebbe ipotozzabile un sito geologico, nelle argille del sottosuolo, e non, al contrario, di superficie, ingegneristico.
Rimane la terza possibilità che preoccupa su scala territoriale: quella dell’impianto Itrec di Rotondella. Qui sono custodite 64 barre del ciclo uranio-torio provenienti dalla centrale americana di Elk River, Minnesota. Barre non riprocessabili (scaricabili del loro materiale atomico nobile e, quindi, di radioattività) in nessun sito del mondo. La legge del contrappasso: proprio alla Trisaia doveva ricercarsi, prima del blocco per il referendum antinucleare del 1987, come trattare questi elementi di combustibile atomico. Elementi che sono rimasti nel cuore del Metapontino e che nessuno vuole.
E, da tempo, soprattutto l’associazione «Noscorie Trisaia», ha lanciato l’allarme: le barre indistruttibili di Elk River potrebbero essere il primo nucleo attorno a cui creare il Deposito unico nazionale di superficie d’Italia. In provincia di Matera ed in Basilicata, tuttavia, anche su questa terza ipotesi le antenne sono tese. E non servono royalties: qui sono pronti a ripetere un’altra Scanzano.
17 Agosto 2008
Puglia e Basilicata intorno al tavolo per un futuro deposito nucleare
ROMA – «Il principio che abbiamo ribadito è quello che non possono essere decisi dall’alto interventi sul territorio senza la consultazione degli enti locali e il consenso della popolazione locale».
E' quanto ha dichiarato Silvio Greco, coordinatore degli assessori regionali all’Ambiente, all’uscita di una riunione che si è tenuta oggi presso la sede romana della regione Calabria. Al centro la questione dell’individuazione del sito per il deposito unico delle scorie nucleari.
Greco ha sottolineato la forte partecipazione degli assessori di dodici regioni, «segno di una grande sensibilità da parte degli enti locali». Inoltre, ha evidenziato che «con tutto il parlare che si fa di federalismo, sarebbe assurdo, su temi che riguardano il territorio, agire invece secondo gli schemi del centralismo».
Presente anche l’assessore regionale pugliese all’Ambiente, Michele Losappio, che ha precisato che la discussione in corso riguarda esclusivamente le scorie nucleari ancora da smaltire e non di quelle «futuribili» che potrebbero derivare da eventuali nuove centrali.
Infine, l’assessore all’Ambiente della regione Basilicata, Vincenzo Santochirico, ha ricordato che deve essere rispettato il testo del decreto e che spetta al ministero dell’Ambiente fornire la lista delle aree idonee.
16 Settembre 2008
«Scorie radioattive un deposito a Nardò»
L'ha detto Maria Rosaria Manieri, della direzione nazionale del Psi, a Vieste (Foggia) nel corso della festa nazionale del partito. Secondo Manieri - che rivolge un appello al presidente della Regione Nichi Vendola e al ministro Raffaele Fitto perché intervengano - nel Leccese confluirebbero «le scorie delle 13 centrali nucleari»
VIESTE (FOGGIA) – «Il governo, in barba al federalismo e al piano energetico della Regione Puglia, ha già deciso non solo che si torna al nucleare ma anche i siti, sia per le centrali nucleari sia per le scorie, e due di questi sono previsti in Puglia, che viene indicata come una regione avanzata in Italia, con un piano energetico che punta molto sulle energie alternative». Lo ha dichiarato Maria Rosaria Manieri, della direzione nazionale del Partito Socialista, a Vieste nel corso della festa nazionale del partito.
Manieri rivolge un appello, condiviso dal segretario nazionale dei Verdi, Grazia Francescato, intervenuta alla kermesse socialista, perchè «il presidente della Regione svolga un’azione energica, ma soprattutto al ministro Fitto, che è della Puglia».
«Uno dei siti – ha aggiunto Manieri – è previsto nel Salento, che quest’anno è un fenomeno turistico rilevato a livello internazionale».
In questo «sito che è a Nardò, in provincia di Lecce – ha concluso – farebbero confluire le scorie delle 13 centrali nucleari che non riescono a smaltire altrove. Sarebbe un disastro per il Salento, che ha una vocazione turistica emergente, e soprattutto non si dà sicurezza in un pubblico dibattito per trovare una soluzione condivisa con le popolazioni locali».
21 Settembre 2008
«Dagli Usa 1.000 tonnellate di rifiuti radioattivi in Italia»
BARI - Il Ministero dell'Economia e delle Finanze conferma quanto rivelato dalle inchieste della «Gazzetta»: nell'ambito di un contratto della durata di 5 anni potrebbero tornare in Italia, dagli Stati Uniti, 1.000 tonnellate di scorie nucleari che, gestite dalla Sogin (la Società Gestione Impianti Nucleari, è la SpA che ha unico socio il Ministero guidato da Giulio Tremonti ed il «braccio operativo» del Paese in campo nucleare; ndr), verrebbero poi stoccate in un non meglio identificato «deposito» nucleare. Lo si legge nella risposta scritta all'interrogazione che, lo scorso maggio, fu presentata dal deputato pugliese Dario Ginefra. Il parlamentare del Pd, infatti, aveva appreso dalla «Gazzetta» dell'esistenza di un accordo di export-import «atomico» tra la Sogin e la società americana Energy Solutions Inc.
L'accordo - in attesa dell'autorizzazione della «Nuclear Regulatory Commission», cioè la Commissione governativa americana per la regolamentazione nucleare - prevede la possibilità per l'Italia di spedire negli Usa circa 20.000 tonnellate di rifiuti radioattivi ma anche l'impegno dell'Italia ad accettare fino a 1.000 tonnellate di rifiuti di ritorno.
Di quello che dovrebbe partire si sa praticamente tutto. Si conosce la provenienza: è materiale radioattivo presente nelle quattro centrali atomiche italiane in fase di smantellamento (Caorso, Enrico Fermi-Trino, Garigliano e Latina), e negli impianti della «filiera atomica», come l'Itrec (Impianto TRattamento Elementi Combustibile), che si trova nel Materano e che, da oltre trent’anni, conserva 64 elementi di combustibile irraggiato provenienti dal reattore di Elk River (Usa). Si sa che viaggerà via mare. Si sa che verrà trattato in un impianto della Energy Solutions e che verrà stoccato nel deposito, per rifiuti a bassa e bassissima radioattività, che la società americana possiede nello Utah.
Invece, praticamente nulla si sa di queste 1.000 tonnellate. Dove sarebbero state stoccate? In assenza di un deposito unico nazionale (quello che avrebbe dovuto sorgere a Scanzano e che saltò per le proteste popolari), si poteva ipotizzare una loro sistemazione in impianti alternativi. Ce ne sono parecchi sul territorio nazionale che già oggi custodiscono materiale atomico. Uno, il succitato Itrec, è in Basilicata.
Proprio per saperne di più, il deputato Ginefra, aveva chiesto lumi al Ministero che oggi conferma quanto scritto in questi mesi dalla Gazzetta e spiega che, effettivamente, la Energy Solutions potrebbe «restituire alla società Sogin SpA materiali non conformi alle prescrizioni di licenza», ovvero «materiali radioattivi trovati non conformi ai criteri di accettazione dei rifiuti per lo smaltimento definitivo nel deposito di Clive, Utah». Siccome il deposito accetta soltanto scorie a bassa e bassissima radioattività, ciò potrebbe significare che le milla tonnellate sarebbero composte da materiale molto più pericoloso. Peraltro, nella sua risposta il Ministero non chiarisce dove verrebbero stoccate. «resta inteso - scrive il Ministero - che qualsiasi materiale radioattivo ritornato in Italia in tali condizioni continuerebbe ad essere gestito in sicurezza dalla Sogin fino al conferimento ad altro deposito idoneo». Nulla aggiungendo circa l'ubicazione di quest'ultimo.
A onore del vero, bisogna anche dire che il Ministero, nella sua risposta, fa capire che è molto improbabile che queste 1.000 tonnellate tornino in Italia e chiarisce che Sogin ed Energy Solutions si adopereranno per scongiurare questa possibilità.

Perché il contratto di export-import diventi operativo, è fondamentale l'«ok» della Nrc. La decisione, inizialmente attesa per i l'inizio dell'anno, è slittata di mese in mese a causa della reazione di popolazione americana e sigle ambientaliste, contrarie ad accettare le scorie italiane.
Marisa Ingrosso
01 Ottobre 2008
Scorie nucleari in Basilicata: la Trisaia smantellata entro il 2019
di GIOVANNA LAGUARDIA
POTENZA - Trisaia di Rotondella: serviranno poco più di tre anni per raggiungere un avanzamento del 51 per cento nei lavori di smantellamento dell’impianto (attualmente siamo intorno al 9 per cento). Questo in base al cronoprogramma illustrato ieri a Potenza dal direttore affari istituzionali della Sogin, Gabriele Mazzoletti, e dal tecnico Giuseppe Bolla, nel corso del «tavolo della trasparenza», che si è riunito ieri alla sala Verrastro della Regione Basilicata, a Potenza.
L’intera operazione di smantellamento dovrebbe essere conclusa nel 2019, con due anni di anticipo rispetto a quanto previsto nel precedente piano industriale della società, che nel frattempo ha sottolineato di aver compiuto anche importanti investimenti sul fronte della sicurezza, con la creazione di una vera e propria scuola nella centrale di Caorso. Per quanto riguarda, più in dettaglio, l’attuale situazione e i programmi futuri per il centro della Trisaia, è stato annunciato che, sono state concluse quest’anno le operazioni di manutenzione strordinaria delle condotte a mare e di impermeabilizzazione della fossa irreversibile, dopo il trasudamento di materiale radioattivo avvenuto nel 2006.
I prossimi impegni del piano Sogin per il 2009 prevedono la sistemazione dei rifiuti solidi pregressi, l’invio all’Ispra (ex Apat) per l’approvazione del progetto di solidificazione del prodotto finito, l’ag  giudicazione della gara per la realizzazione del relativo impianto, l’in- vio all’Ispra per l’approvazione del progetto di sistemazione a secco del combustibile Elk River. Entro la fine del 2009 è previsto il trattamento di oltre il 99 per cento dei rifiuti complessivi, mentre il 2010 dovrebbe essere l’anno della bonifica del deposito interrato. Per l’intera operazione saranno spesi 203,5 milioni di euro, di cui 64,1 per il conferimento al deposito unico nazion ale. Su questo fronte, però, resta ancora qualche dubbio.
Nel corso della riunione del tavolo della trasparenza sono state infatti presentate le conclusioni del Gruppo di lavoro insediato dal ministro Bersani, sui criteri e le metodologie per la scelta del sito. Massimo Scuderi, rappresentante della Regione Basilicata nel gruppo, ha sottolineato che, in base al risultato dello studio, non è possibile mettere in sicurezza i rifiuti negli otto siti della Sogin dove attualmente si trovano. Lo studio, che esclude dalla lista dei siti «papabili » quelli a rischio di inondazione o con problemi di movimenti tettonici, sismici e vulcanici, prevede una metodologia di scelta concertata, con seminari a livello nazionale e regionale e la possibilità, per la regione ospitante, di avere, a titolo di compensazione, un centro di ricerca avanzata sulle questioni del nucleare, con una occupazione prevista di 500 unità.
Attenzione, però, ha fatto presente lo stesso Scuderi: «Non è detto che l’attuale Governo sia in linea con le decisioni del gruppo di lavoro, visto che si comincia già a ventilare la possibilità di dichiarare quello del deposito unico sito strategico nazionale».
Presenti alla riunione anche rappresentanti del mondo ambientalista, dalla Lipu, all’Arca, a Legambiente, al Movimento Azzurrro. Il mondo ambientalista ha espresso alcune preoccupazioni riguardo i possibili effetti dovuti alla lunga presenza delle scorie a Trisaia. Il presidente della Giunta regionale di Basilicata, Vito De Filippo, in proposito ha spiegato che «i dati sono in linea con il trend nazionale, con una percentuale delle malattie cardiovascolari e tumorali più basse in Italia, ma questo non abbassa il nostro livello di guardia e l’at t iv i t à di costante monitoraggio», mentre il direttore generale dell’Arpab, Vincenzo Sigillito, ha illustrato le ultime novità sui controlli a Trisaia, che riguardano le cosiddette «matrici ambientali», ovvero elementi come l’acqua, il terreno, la sabbia, il latte, la frutta e gli ortaggi. Attraverso il controllo effettuato su tali elementi si potrà comprendere se e in che misura l’inquinamento radiologico abbia contaminato la catena alimentare dell’uomo.
28 Ottobre 2008
Trisaia, ci sono 48 milioni per  cementare le scorie nucleari
di FILIPPO MELE
ROTONDELLA - Tanto tuonò che piovve. La messa in sicurezza delle scorie nucleari dell’Itrec della Trisaia dovrebbe essere in dirittura d’arrivo. Dopo annunci, incontri, summit istituzionali e non, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per il relativo appalto. Si tratta di una somma consistente, 48 milioni di euro, da spendere per la realizzazione di un impianto di cementazione dei rifiuti liquidi e di un deposito per lo stoccaggio temporaneo dei contenitori che custodiranno il materiale una volta trattato e di quelli per il combustibile irraggiato presente nel centro di ricerca. Centro non più in attività dopo il referendum che ha bloccato il nucleare in Italia e che è stato affidato alla Sogin spa, società interamante di proprietà del ministero del Tesoro, perché venga smantellato. Tutta l’area interessata dalle strutture atomiche dovrebbe essere riportata a prato verde. L’impianto di cementazione, che dovrebbe essere pronto entro il 2013, servirà a solidificare circa 3 metri cubi di soluzione prodotta durante le attività sperimentali di riprocessamento (scaricare degli elementi atomici nobili) del combustibile nucleare proveniente dal reattore statunitense di Elk River (Minnesota) tra il 1969 ed il 1971.
Il deposito per lo stoccaggio temporaneo, invece, coprirà un’area di oltre 20mila metri cubi. Sin qui ciò che è previsto nel bando e che rientra nel crono- programma della Sogin spa presentato alla Regione Basilicata al Tavolo della trasparenza messo su dopo la battaglia antiscorie di Scanzano Jonico. L’impianto Itrec è stato costruito nel periodo 1965 - 1970 dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare), l’ente che all’epoca si occupava di energia nucleare e siti collegati. Doveva studiare i processi di riprocessamento degli elementi di combustibile esaurito del ciclo uranio-torio per verificare la sua eventuale convenienza tecnico - economica rispetto al comune ciclo uranio-plutonio. Ciclo uranio-torio utilizzato solo ad Elk River e poi abbandonato dagli Stati Uniti. A Rotondella, perciò, sono rimaste 64 barre di quelle arrivate dal Minnesota e non riprocessabili in nessun impianto industriale al mondo (20 sono quelle ritrattate). La legge del contrappasso: proprio il processo che doveva studiarsi all’Itrec.
Per le barre in questione, fallita, sinora, qualsiasi trattativa per la loro restituzione agli Usa, sono stati progettati due contenitori cilindrici in metallo (cask) in cui infilarle per poterle trasportare via mare, aria, terra, al Deposito unico nazionale delle scorie. Deposito dove dovrebbero essere trasportate anche le scorie temporaneamente stoccate nel mega-magazzino da 20mila metri cubi che dovrà essere costruito alla Trisaia. Ma, riuscirà il Governo Berlusconi ad individuare un sito dove realizzare il citato Deposito? La domanda rinvia alla Basilicata ed al Metapontino. Antinucleari, ambientalisti, pubblici amministratori, imprenditori, opinione pubblica, sono molto attenti a questa ricerca. La “storia” del Decreto con cui il Governo Berlusconi terzo destinò, il 13 novembre del 2003, le scorie d’Italia nei giacimenti di salgemma di Terzo Cavone, a Scanzano Jonico, è troppo recente per arch iviarla.
04 Gennaio 2009
Questione scorie nucleari: comunità locali in allersa
MATERA - Quante sono le scorie radioattive custodite all’Itrec di Rotondella, nel sito della Trisaia? La risposta può essere fornita con i dati diffusi dall’ottava Commissione parlamentare Ambiente, territorio e lavori pubblici, della Camera, il 18 dicembre del 2004. Una stima successiva, infatti, non è stata mai effettuata e, tuttavia, le quantità di rifiuti non possono essere né diminuite né aumentate non essendo stata attuata, da allora, alcuna attività in tal senso nell’impianto dismesso nel cuore della costa jonica lucana.
Così, nell’area dell’Itrec, dal 2002 sotto il diretto controllo della Sogin spa, la società di proprietà al 100 per cento dello Stato, sono custodite sessantaquattro barre di combustibile nucleare del ciclo uranio-torio provenienti dal reattore sperimentale di Elk River (Minnesota, Stati Uniti d’America). Oltre a questi elementi, però, sono collocati alla Trisaia 4.500 metri cubi di residui radioattivi.
In particolare, vi sarebbero rifiuti liquidi acquosi a bassa attività (80 metri cubi), rifiuti liquidi acquosi ad alta attività (3 mc), rifiuti liquidi organici (3,2 mc), prodotto finito del ciclo torio-uranio (3 mc), materie nucleari liquide del ciclo torio-uranio (5 mc), rifiuti solidi a bassa attività da bonifiche di esercizio (1.100 mc), rifiuti solidi a bassa attività vari (1.100 mc), rifiuti solidi a media/alta attività (68 mc), rifiuti solidi ad alta attività irreversibili (33 mc), terra fossa impermeabile (1.200 mc), residui solidi del ciclo torio- uranio naturali.
Basteranno i 48 milioni di euro stanziati dallo Stato per mettere tutte queste scorie in sicurezza cementando quelle liquide prima di stoccarle temporaneamente nel mega - capannone da 20mila metri cubi che sarà realizzato nel centro? Non resta che attendere. Intanto, Pasquale Stigliani, portavoce dell’associazione ScanZiamo le scorie, costituita poche ore dopo il Decreto legge del 13 novembre 2003 che destinava i rifiuti nucleari di tutta Italia a Terzo Cavone di Scanzano Jonico, ha dichiarato che la pubblicazione del bando per la gara d’appalto per la messa in sicurezza dell’Itrec è un fatto sicuramente importante, ma che la sua organizzazione non smetterà di esercitare la massima vigilanza antinucleare su tutto il Metapontino. [fi.me.]
04 Gennaio 2009
Nucleare, il ministro Scajola: sì a studio su salute lucani
CATANZARO - ''I rifiuti solidi pregressi ad alta e bassa attività, prodotti in Trisaia dal 1968 ad oggi, sono stati caratterizzati ed oltre il 50% degli stessi è stato trattato e condizionato”. E’ quanto afferma il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola in risposta ad una interrogazione della deputata Angela Napoli (An), relativa al Centro Enea della Trisaia di Rotondella (Matera). Il Centro Enea di Trisaia, ha sostenuto il ministro, “svolge attività di ricerca nel settore delle fonti rinnovabili, delle agro biotecnologie e della ingegneria avanzata applicata al settore dei rifiuti, ed assicura al sito nucleare ITREC di Trisaia, gestito dalla Sogin Spa, esclusivamente supporto nei servizi di funzionamento”. Per quanto concerne il Piano globale di disattivazione del sito nucleare, afferma Scajola, “il Ministero dello Sviluppo Economico ha rilasciato la licenza di esercizio dell’impianto con provvedimento del 26 Luglio 2006 fissando la scadenza del 26 luglio 2011 per la presentazione dell’istanza di disattivazione. Nel 2007, la Sogin ha avviato le attività preliminari del Piano, predisponendo una relazione sullo stato dell’impianto nucleare ITREC ed effettuando una caratterizzazione radiologica del sito e dell’impianto, le cui attività saranno completate entro il 2009. Inoltre, coerentemente con gli obiettivi di accelerazione delle attività di decommissioning, previsti dal Piano industriale approvato il 18 settembre 2008, la Sogin prevede il completamento del 51% delle attività di smantellamento dell’impianto ITREC entro il 2012”.
In merito alla sistemazione dei rifiuti solidi pregressi ad alta e bassa attività, Scajola afferma che dal trattamento “sono stati ottenuti 340 manufatti pronti per lo stoccaggio definitivo, attualmente immagazzinati in depositi temporanei presenti sul sito di Trisaia. Il deposito temporaneo, autorizzato con Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 2002 per lo stoccaggio temporaneo dei manufatti cementizi, è stato ultimato nel dicembre 2006 ed i collaudi sono stati effettuati a gennaio 2007. Per quanto attiene la rimozione e la bonifica del deposito interrato, si segnala che, nel febbraio 2007, sono stati realizzati 6 pozzi piezometrici e 4 pozzi di drenaggio per ulteriori controlli della falda e della rete di radioattività ambientale. Il 4 agosto 2007, è stato trasmesso all’ex Apat (oggi Ispra) il rapporto di progetto particolareggiato e, contestualmente, è stato completato il piano di monitoraggio straordinario predisposto da Sogin e approvato dall’ex APAT stessa. Successivamente, nell’ottobre 2007, è stata realizzata la barriera di isolamento idraulico e nell’agosto 2008 è stata completata l’impermeabilizzazione del deposito interrato. Il termine dei lavori di bonifica è previsto per fine 2010- inizio 2011. Al riguardo, si evidenzia, inoltre, che i lavori di manutenzione e di bonifica della condotta per lo scarico a mare sono diretti dalla Sogin, sotto il controllo del servizio di Fisica Sanitaria Operativa (FSO), che effettua controlli radioprotezionistici”.
“L'ex APAT e ARPAB – prosegue Scajola – hanno eseguito, infatti, campionamenti sulle stesse matrici analizzate da Sogin. L'ex APAT, in particolare, ha partecipato ad alcune fasi delle operazioni, secondo un proprio programma di vigilanza ed, in tre successive ispezioni, ha ritenuto corretta l’applicazione delle norme e delle procedure prescritte. Il 5 giugno 2008, quindi, la Regione Basilicata ha autorizzato le opere a mare (varo nuova tubazione), che sono state ultimate a settembre. Il 30 maggio 2008, Sogin ha trasmesso all’ex APAT ed al Ministero il rapporto di progetto particolareggiato per l’impianto di cementazione del prodotto finito (ICPF) e del relativo deposito temporaneo manufatti (DTMC). La realizzazione del mock-up (sistema di simulazione del funzionamento dell’impianto definitivo) è stata ultimata alla fine del 2008 ed è stato emesso il bando di gara per la realizzazione dell’impianto. La conclusione delle attività di qualifica della matrice cementizia è prevista entro dicembre 2009. Per quanto attiene lo stoccaggio a secco degli elementi di combustibile uranio-torio (Elk River), nel corso delle attività condotte nel periodo '75-'78 sono stati riprocessati 20 degli 84 elementi di combustibile uranio-torio”.
“Risultano in corso, inoltre – conclude Scajola – le seguenti attività che saranno completate entro il 2009: pulizia fondo piscina; collaudo dei sistemi di movimentazione dei cask; realizzazione dell’area di decontaminazione dei cask; realizzazione del sistema d’ispezione visiva degli elementi di combustibile. Per quanto riguarda, in particolare, i cask, si segnala che la fabbricazione degli stessi è prevista entro aprile 2012, mentre il completamento delle attività e lo stoccaggio dei cask nel deposito sono previsti per la fine del 2013. Si segnala, infine, che il Ministero dello sviluppo economico si rende disponibile ad attivarsi presso le Amministrazioni competenti, al fine di valutare la possibilità di avviare sul territorio un’azione di monitoraggio, relativa all’impatto ambientale ed un’indagine di carattere epidemiologico”.
11 Febbraio 2009
Anche la Basilicata dice «no» al nucleare
ROMA – «Siamo contrarissimi»: così il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, a margine della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, sul rilancio della politica energetica che preveda il nucleare. «Noi siamo la regione del sito di Scansano – ha ricordato De Filippo – e ci siamo distinti anche sulla questione del sito unico per le scorie nucleari. Inoltre già diamo tanto con il petrolio: siamo il più grande giacimento petrolifero d’Europa, credo possa bastare».
La Basilicata ha chiesto allo Stato un aumento dei fondi che riceve sui proventi che derivano dall’estrazione del petrolio. Lo ha detto oggi, parlando con i giornalisti a margine della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, il governatore della Basilicata, Vito De Filippo. «Chiediamo come minimo il raddoppio delle royalties sul petrolio, che oggi sono ferme al 7%», ha spiegato De Filippo
26 Febbraio 2009
Niente ricerca nucleare alla Trisaia
di FILIPPO MELE
ROTONDELLA - «È vero, la nuova mission dell’Enea prevede la ripresa delle attività di ricerca nel nucleare, ma posso assicurare che la Trisaia non ne sarà interessata. Il nucleare dell’Enea sarà studiato al centro di Brasimone, a circa 50 km da Bologna». Sono parole di Luigi Paganetto, presidente di quell'Ente nazionale per le energie alternative in “odore” di commissariamento. Una dichiarazione rilasciata ieri mattina in una conferenza stampa tenuta a Rotondella dopo il suo incontro con il personale, accompagnato dal direttore, Donato Viggiano.
Il presidente Enea ha avuto parole di elogio per le attività condotte in Basilicata e per i fruttuosi rapporti intrattenuti con le istituzioni: «Noi abbiamo qui una risorsa straordinaria, i nostri ricercatori ed i nostri laboratori. Abbiamo, tuttavia, l’intenzione di valorizzare sempre di più i nostri siti periferici legandoli al territorio. Tenete presente, però, che il futuro tecnologico è quello energetico. L’energia farà da motore per l’innovazione scientifica. Basti pensare solo a quello che ha messo in campo a proposito il neopresidente degli Usa, Barack Obama»
Energia sì, ma di quali settori? «Di tutti - ha risposto il massimo dirigente dell’ente di Stato -. Di tutti ed in concerto con tutti gli enti allo scopo deputati delle nazioni europee. Proprio noi abbiamo lanciato l’idea, accolta, di una Alleance europea per la ricerca nel settore energetico e per il miglioramento dell’efficienza energetica». Da qui, un nuovo richiamo al nucleare. Paganetto ha ribattuto così a chi gli ha dato del “nuclearista convinto”: «Io sono un fautore della ricerca nel comparto. Che non significa solo nucleare a scopi di produzione di energia ma anche per il settore medico e le applicazioni pratiche. Rimanere fuori da queste attività sarebbe controproducente per il sistema Paese complessivamente preso».
A Rotondella, allora, su cosa si impegnerà la ricerca? «In tre campi trainanti. Il primo è quello del bioetanolo e dei biocarburanti. Noi siamo in un “Progetto industria 2015” come partner di privati che hanno candidato i nostri studi ai finanziamenti dello Stato. Il secondo campo è quello denominato “Basalto” in cui si studia come ridurre il ferro nelle costruzioni. Il terzo, infine, si occupa di come ottimizzare la fiamma, “Progetto Mild, con le ricerche sulla combustione mite”. Per condurre questi studi serviranno nuovi ricercatori che si stanno formando proprio alla Trisaia con i master finanziati dalla Regione. Nuovi ricercatori - ha assicurato Paganetto - che rimarranno qui per portare a termine le loro attività».
15 Aprile 2009
Scanzano, "altalena" sulle scorie nucleari
Attivisti di Greenpeace trasformano in un parco giochi uno dei tre pozzi di salgemma che, nel 2003, il Governo aveva in POTENZA – A Scanzano Jonico (Matera), lì dove doveva – secondo un decreto del Governo del 2003, poi cancellato dopo 15 giorni di protesta popolare – nascere il sito unico nazionale delle scorie nucleari, la notte scorsa una quindicina di attivisti di Greenpeace hanno fatto un blitz, chiudendo con del cemento tre pozzi di salgemma e creando un piccolo parco giochi.
Dalla località “Terza Cavone”, dove sono arrivati anche il sindaco, Salvatore Iacobellis, e i rappresentanti dell’associazione “Scanziamo le scorie”, tra i promotori della protesta del 2003, Greenpeace ha lanciato un messaggio a Governo e Regione Basilicata: “Dopo quello del 2003, per evitare un nuovo tentativo di portare qui le scorie radioattive italiane, bisogna chiudere definitivamente i pozzi”.
In realtà, il 27 novembre 2003 il Consiglio dei Ministri approvò un emendamento al decreto sulle scorie nucleari, togliendo il nome di Scanzano Jonico dal provvedimento. “Ma oggi – hanno ribattuto gli attivisti – crediamo che il pericolo sia ancora vivo poichè, sul nucleare, il Governo sta portando avanti una politica "militare" con una strategia di stampo sovietico, basata su un approccio autoritario alle scelte di localizzazione, in spregio delle direttive europee e delle prassi internazionali”. E così Greenpeace ha deciso di fare il blitz “a pochi giorni dal 23/0 anniversario del disastro di Cernobyl, e alla vigilia dell’apertura del G8 Ambiente di Siracusa”.
Su uno dei tre pozzi chiusi con il cemento, Greenpeace ha creato un piccolo parco giochi, con uno scivolo e un’altalena perchè – come è scritto su uno degli striscioni esposti – non si può “giocare con il futuro dei nostri figli”. Ecco perchè gli attivisti chiedono al Governo che “i pozzi vengano chiusi al più presto” e alla regione Basilicata “di annunciare pubblicamente che non è disponibile a subire nessun deposito nucleare sul proprio territorio”.
21 Aprile 2009
Regione Basilicata: chiusa «a doppia mandata» la porta al nucleare
POTENZA – La Regione Basilicata ha chiuso la sua porta al nucleare «a doppia mandata» e domani la giunta dovrebbe approvare il piano energetico regionale, in cui «c'è un chiaro no al nucleare»: lo ha detto il vicepresidente della giunta e assessore all’ambiente, Vincenzo Santochirico, incontrando a Scanzano Jonico (Matera) gli attivisti di Greenpeace che stamani hanno chiuso alcuni pozzi nei quali, nel 2003, il Governo voleva custodire scorie nucleari. Santochirico ha definito il disegno di legge in esame in Parlamento «veramente pericoloso, perchè la Regione viene completamente espropriata della capacità di decidere, non avrebbe più voce in capitolo». Francesco Tedesco, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace, ha detto che l’organizzazione si sente «rassicurata» dalle dichiarazioni di Santochirico «ma ora – ha aggiunto – anche le altre regioni italiane devono prendere una posizione ferma contro il nucleare, e in particolare sul Ddl 1195, in discussione al Senato, che propone una via autoritaria e sovietica al nucleare».
21 Aprile 2009
De Filippo: teniamo alta la guardia
POTENZA – Nel «prendere atto dell’azione di Greenpeace a Scanzano», il Presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, ha espresso «ancora una volta il proprio dissenso nei confronti dell’individuazione di un sito unico per lo stoccaggio delle scorie nucleari, che non derivi da un processo di autocandidatura della Regione interessata».
«Il territorio lucano e quindi, Scanzano Jonico, come ribadito più volte in seguito alla civile protesta del 2003 del popolo lucano, – ha continuato De Filippo – non si autocandida per tale sito nucleare. Inoltre Scanzano Jonico non è tecnicamente idoneo alla realizzazione di un sito unico per le caratteristiche geomorfologiche ormai note. Una distanza così ravvicinata al mare e al centro abitato, oltre a non rendere la zona adeguata e sicura, non si concilia con lo sviluppo del territorio. Per di più all’Italia non serve un deposito geologico per i rifiuti nucleari».
«La Regione Basilicata – ha concluso De Filippo – continua a mantenere alta la guardia affinchè il proprio territorio non venga coinvolto dalla politica nuclearista in voga in questo momento, pericolosa e ingiustificata scientificamente e finanziariamente».
21 Aprile 2009
Energia, la Basilicata presto indipendente
L'obiettivo regionale pone entro il 2020 l'autosufficienza energetica grazie all'implementazione di nuove fonti sostenibili ed il razionamento dei consumi
POTENZA – Entro il 2020 la Basilicata raggiungerà l’autosufficienza energetica, principalmente con la produzione da fonti rinnovabili (il 60 per cento dall’eolico e il 20 dal solare fotovoltaico, per un totale di 2.778 Gigawatt/Ora annui) e la razionalizzazione dei consumi, attraverso l’attuazione del Piano di indirizzo energetico ambientale (Piear), approvato oggi dalla giunta regionale.
Il Piear, illustrato nel pomeriggio a Potenza, nel corso di un incontro con i giornalisti, è «uno dei primi provvedimenti di questo tipo in Italia – ha detto il presidente della giunta regionale della Basilicata, Vito De Filippo – che si riferisce al settore pubblico e a quello privato, con una produzione di energia di qualità e sostenibile, da cui escludiamo categoricamente il nucleare».
Attualmente sul territorio lucano si producono 489 Gigawatt/Ora da fonti rinnovabili, da impianti con una potenza installata di 282 Megawatt, che aumenteranno fino a 1.720 Megawatt entro il 2020. È prevista inoltre l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici e la riduzione dei consumi e della bolletta energetica.
I PROGETTI
«Punti fermi del documento sono la  sostenibilità ambientale del progetto e la previsione di  impianti ad alta tecnologia, ma soprattutto - ha sottolineato De  Filippo -  e un 'no' deciso al nucleare». Si parte dall’attuale produzione lucana di  energia, di cui solo un terzo (489 Gigawatt) deriva da fonti  rinnovabili: entro il 2020 i Gigawatt aumenteranno a 2.778, per  un terzo dall’eolico. Le cosiddette “pale” non potranno però  essere installate in aree protette, archeologiche e a rischio  sismico, e solo in zone con una velocità media annua del vento  non inferiore a cinque metri al secondo. Spazio anche a biomasse, idroelettrico ed energia solare, con  pannelli che saranno installati sugli edifici pubblici fino a  produrre, nel 2020, 359 Megawatt dai fotovoltaici, e incentivi  alla bioarchitettura. Il Piear, infine, prevede la  realizzazione, in Val d’Agri, di un Distretto energetico per lo  sviluppo della ricerca e dell’innovazione del settore, con la  creazione di un “centro permanente di formazione” e  l'insediamento di imprese specializzate nell’impiantistica e  nella componentistica.
22 Aprile 2009
Nucleare: barricate pronte in Basilicata
Il governo lucano - che già nel 2003 appoggiò la protesta popolare a Scanzano - si dice pronto ad alzare un muro contro l'ipotesi di una centrale nucleare nel proprio territorio
di MASSIMO BRANCATI
La parola «nucleare» evoca fantasmi e paure in Basilicata. La grande mobilitazione anti-scorie di Scanzano Jonico - dove nel 2003 il governo intendeva realizzare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi - è un ricordo che ha lasciato tracce di tensione. Di ansia. Nonostante la battaglia vinta, la decisione di trasformare Terzo Cavone (l’area scelta per sistemare il deposito) nella «città dell’infanzia», da queste parti l’attenzione è sempre alta. È bastato l’annuncio del via libera al decreto energia per riaccendere la miccia della protesta.
«Pronti di nuovo a fare barricate» tuona Francesco Lerra del comitato anti-scorie di Basilicata. «L'80 per cento di tutte le problematiche legate al nucleare - aggiunge - riguarda le scorie. Se non siamo riusciti a smaltire 3 tonnellate di rifiuti radioattivi di Elk River, custoditi a Rotondella dagli anni ‘60, come potremo stoccare tutte le scorie provenienti da ogni parte d’Italia? Saremo vigili sull’evoluzione della vicenda, ma una cosa è certa: da qui non si passa». Lo Stato, sulla base del «ddl» energia, può decidere autonomamente, senza coinvolgere le Regioni, dove sistemare le nuove centrali e la «pattumiera» delle scorie. Il percorso burocratico si basa sulle autocandidature: un territorio che accetta di ospitare il sito avrà vantaggi localizzativi e forme di defiscalizzazione. Ma chi mai vorrà il «mostro» sotto casa?
Interrogativo che anima la posizione critica del sen. Felice Belisario (Idv): «Localizzare un sito nucleare in Italia sarà difficile, a meno di non imporlo con l'Esercito, come nelle dittature militari. È già difficile convincere un Comune o una Regione ad ospitare nel proprio territorio un'ordinaria discarica di rifiuti urbani, figuriamoci una centrale nucleare o un deposito di stoccaggio delle scorie radioattive». Insomma, se non ci saranno autocandidature (e senza la concertazione Stato-Regioni), ogni decisione verrà calata dall’alto.
Il governo lucano - che già nel 2003 appoggiò la protesta popolare a Scanzano - si dice pronto ad alzare un muro. Ieri l’assessore regionale all’Ambiente, Vincenzo Santochirico, ha scritto ai suoi colleghi delle altre Regioni per convocare una commissione straordinaria sull’Ambiente e ha annunciato il ricorso della Basilicata alla Corte Costituzionale: «Il messaggio che lanciammo all’e poca di Scanzano - dice Santochirico - era che nessuna decisione «centrale » doveva essere presa senza il consenso della Regione interessata ». La richiesta, oggi, è la stessa. Ma con la ripresa del nucleare qualcuno dovrà pure accollarsi i rifiuti prodotti dalle centrali. E se nessuno le vorrà? «Semplice. Il deposito unico non si fa. Nel caso - prosegue Santochirico - le scorie si mettono in sicurezza dove si trovano. E le Regioni che accetteranno di avere le nuove centrali debbono sapere che dovranno custodire al proprio interno anche i rifiuti prodotti. Se ci saranno scelte contro di noi è ovvio che occorrerà contrastarle. Mi auguro - conclude l’assessore - che tutte le forze politiche condividano questo orientamento. Come lo condivisero nel novembre 2003».
15 Maggio 2009
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=241361&IDCategoria=470
 
Trisaia, quel grande sarcofago per le barre di uranio
di ENZO PALAZZO
Occhi puntati sulla Trisaia. E soprattutto sull'appalto per la realizzazione dell’impianto di cementazione (6 mila mc.) di una soluzione liquida radioattiva denominata “Prodotto Finito” e dell’edificio deposito (14 mila mc.) per lo stoccaggio temporaneo di manufatti cementati e del cask. Il cask è un contenitore speciale, un sarcofago che servirà per mettere in sicurezza 64 delle 84 barre di Elk River, la oramai famigerata località americana di provenienza di queste barre altamente radioattive. Le altre 20 barre sono state riprocessate, parte in rifiuti radioattivi di II categoria, già solidificati, e parte è diventato nuovo combustibile, uranio-torio, che nell’appalto in questione è chiamato “prodotto finito”. Tranne le scorie del riprocessamento che sono di II categoria, stiamo parlando di rifiuti radioattivi di III categoria, la più pericolosa, il vero motivo di contestazione alla presenza dell’Itrec nel territorio lucano. Perché di fatto evitano sia che la Trisaia di Rotondella possa essere declassata per pericolosità e sia che possa partire una riconversione totale del sito, magari per le energie rinnovabili.
L'occasione per liberarsi delle barre americane e del loro condizionante valore di zavorra, che tiene legata la Basilicata ai progetti dei nuclearisti, è stata persa all’indomani della lotta di Scanzano del 2003 contro il deposito unico di scorie, quando forse c'erano tutte le condizioni politiche e sociali per scrivere la parola fine al nucleare lucano e a tutta l’ansia maturata ai suoi cittadini per essere stata ritenuta una possibile “re - gione discarica” negli ultimi 50 anni. Molte le contestazioni all’appalto della Sogin di 48 milioni di euro: vanno dal possibile evento accidentale di rilascio nell’aria di sostanze radioattive (lo studio dei venti è vecchio di 48 anni); al rischio di inondazione per tracimazione dell’invaso di Monte Cotugno e di subsidenza da perforazioni petrolifere attuate nell’area e non calcolati nella Via; alla definizione insufficiente degli inquinanti prodotti dal processo di trattamento dell’Icfp, Impianto di cementazione liquidi ad alta attività. L'Icfp, una linea per mettere in sicurezza i liquidi radioattivi, cementificandoli, verrà realizzato nel capannone di 6 mila mc. e - secondo gli ambientalisti - funzionerà solo per 60 giorni. Producendo “al massimo 120 fusti da 400 lt. cadauno per un totale di 480 mc., tutti disposti in pila da tre ad occupare non più di complessivi 3200 mc.”. Da qui i dubbi su uno stoccaggio che appare tre volte superiore al necessario e i timori che serva per nuove scorie di nuove centrali nucleari o per il combustibile riprocessato in Francia e che entro il 2017 ritornerà in Italia.
16 Maggio 2009
Energy Expo: sul nucleare la Basilicata chiude le porte
«Siamo per uno sviluppo ecocompatibile ed assolutamente contrari all’atomico»
di DONATO MASTRANGELO
L’inaugurazione di “Energy Expo”, la tre giorni sulle fonti energetiche rinnovabili, l’uso razionale dell’energia e la protezione dell’ambiente, promossa dalla Provincia e dalla multiservizi Apea (Agenzia per l’energia e l’ambiente), è l’occasione per ribadire il no secco al nucleare. L’assessore regionale all’Ambiente, Vincenzo Santochirico è categorico. «La Regione - ha detto il vice presidente della Giunta regionale - continuerà a investire nelle fonti rinnovabili a tutela dell’ambiente e per assicurare al territorio uno sviluppo eco-compatibile. Porta chiusa ipotesi che possa riportare sul territorio lucano lo spauracchio di Terzo Cavone o, comunque, a qualsiasi altra iniziativa connessa a progetti che si legano al nucleare.
«Con il piano energetico regionale - ha continuato l’assessore Santochirico - abbiamo messo in campo percorsi e opportunità che favoriscano l’utilizzo delle fonti rinnovabili, in grado di colmare l’attuale fabbisogno energetico e nello stesso tempo tutelare il territorio. Questo conferma la nostra netta opposizione all’uso del nucleare».
Strada spianata, quindi, da parte della Giunta De Filippo a tutte quelle iniziative che bene si coniugano con la incentivazione dell’energia pulita. «Partendo però dal presupposto - evidenzia Santochirico - che le politiche energetiche devono essere legate in maniera indissolubile alla tutela ambientale. La Regione ha creato lo strumento operativo per perseguire l’autosufficienza energetica poi toccherà ai privati produrre energia». E Santochirico che ha fatto riferimento anche alle premialità che verranno corrisposte a quelle aziende che decidono di investire nel segmento dell’energia rinnovabile, ha lasciato comunque uno spiraglio per gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti convenzionali come le centrali a turbogas (una delle aree dove maggiore sono gli appetiti delle società è l’area industriale basentana) «a patto - ha chiarito - che gli investimenti abbiano delle ricadute concrete sul territorio in termini di sviluppo e occupazionale».
E sulle indiscrezioni sulla realizzazione di un termovalorizzatore nella Valbasento, nell’ambito del piano provinciale sullo smaltimento dei rifiuti Santochirico fuga ogni dubbio. «Non c’è alcun progetto che riguarda la costruzione di un termovalorizzatore in Valbasento ma soltanto uno riguardante il trattamento della frazione secca del rifiuto per poi trasformarla in energia». Il presidente della Giunta provinciale, Carmine Nigro che nei giorni scorsi aveva preso posizione contro il nucleare, soffermandosi sulle peculiarità ambientali, agricole e turistiche della Basilicata, ha ribadito che c’è un modello di sviluppo alternativo per promuovere la crescita del territorio. «Lo spirito di Energy Expo - ha dichiarato Nigro - è di evidenziare come siano tante le imprese operanti sul nostro territorio che puntano allo sviluppo e alla implementazione di nuove tecnologie compatibili con l’ambiente. Si pensi all’energia fotovoltaica ed eolica. Promuovere le energie pulite vuol dire anche sensibilizzare i cittadini al risparmio energetico. «L’etica del risparmio energetico, dell’energia ecocompatibile - rileva l’assessore all’ambiente Francesco Labriola - e l’utilizzo delle tecnologie innovative di generazione da fonti rinnovabili e la ricerca costante di nuove soluzioni energetiche integrate al servizio dell’ambiente sono i messaggi che l’evento vuole lanciare come valori di sostenibilità, progresso e innovazione». Energy Expo, allestita in piazza della Visitazione, è la prima fiera specializzata di settore in Basilicata. I dettagli dell’evento espositivo sono stati illustrati da Franco Bitondo, presidente dell’Apea. Cinquanta gli espositori tra aziende, enti, università e associazioni che operano nel campo della tutela ambientale. Tra gli operatori locali l’ing. Gianluca Lo Ponte, specializzato nella progettazione di energie rinnovabili. Il professionista di Ferrandina, 35 anni, ha presentato un progetto per la realizzazione di impianti di energia fotovoltaica coinvolgendo di agricoltori dell’associazione Ugl coltivatori.
«Puntiamo - dice Lo Ponte - ad una potenza totale di 50 Megawatt con piccoli impianti ad Irsina, Tricarico, Matera, Ferrandina, Craco, Pomarico,Montescaglioso, Marconia, Altamura e Palazzo San Gervasio. La particolarità del progetto è che verrebbe aumentato il reddito aziendale degli agricoltori». L’investimento è di 200 milioni per una produzione di 68175 Mwh utile per coprire il fabbisogno di 27 mila famiglie. Fitecno srl di Scanzano Jonico punta invece sul minieolico. «Il nostro obiettivo - dice l’amministratore unico Francesco Fittipaldi - è di realizzare gli aerogeneratori sul territorio lucano ma anche nazionale. Siamo impegnati anche nel settore del biogas e delle tecnologie industriali per la depurazione e la potabilizzazione delle acque».
16 Maggio 2009
«In Basilicata  niente nucleare»
ROMA – «La regione Basilicata ribadisce il suo secco no alla costruzione di future centrali nucleari e alla realizzazione, sul proprio territorio, del sito unico dello smaltimento dei rifiuti». Lo sottolinea, a margine della conferenza dei presidenti delle regioni, il governatore della Basilicata, Vito De Filippo. «I provvedimenti messi a punto dal governo sul nucleare - aggiunge – rappresentano un’incursione indebita su una materia di competenza regionale. Su questo tema non ci si può sganciare da quanto previsto dal piano energetico nazionale, ambito nel quale – conclude De Filippo – le regioni intendono esprimere la propria opinione soprattutto per quanto riguarda la scelta dei siti».
Il Presidente della Giunta regionale della Basilicata, Vito De Filippo, al termine della  Conferenza dei governatori delle Regioni, ha detto che  i disegni di legge sul nucleare e sui diritti regionali in  materia di idrocarburi «espropriano platealmente competenze  regionali con una incursione insopportabile su materie che  riguardano l’ambiente e la gestione del territorio, di  responsabilità, appunto, delle Regioni».
De Filippo ha «contestato il metodo proposto dal Governo e  ha ribadito l'assoluta e definitiva contrarietà della  Basilicata a qualsiasi ipotesi di nucleare, sia con una centrale  sia con l’individuazione del sito unico per le scorie. Ho  chiesto alla Conferenza delle Regioni – ha concluso De Filippo –  dui avviare una costante azione di sollecitazione con il Governo  affinchè le norme previste nei citati provvedimenti legislativi  siano cancellate».
21 Maggio 2009
Nucleare, trappola del Governo in un Disegno di legge
Nonostante il gran parlare di federalismo, cioè del decentramento di poteri agli enti locali, il governo centrale ha nascosto in un disegno di legge un "trappolone atomico" che, di fatto, fa a pezzi l'autonomia dei territori. Si tratta di un provvedimento (per altro già approvato al Senato, lo scorso 14 maggio) sullo sviluppo, l'internazionalizzazione delle imprese e l'energia. Contiene la delega al governo per la definizione dei criteri di installazione degli impianti di produzione elettrica nucleare e per il sistema di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare. Il provvedimento ora è alla Camera per il via libera definitivo. Regioni e Comuni chiedono un incontro urgente al governo sul nucleare e sulla localizzazione delle centrali
ROMA - Le Regioni ed i Comuni chiedono un incontro urgente al governo sul nucleare e sulla localizzazione delle centrali, dopo l’approvazione del disegno di legge sullo sviluppo, l’internazionalizzazione delle imprese e l’energia da parte del Senato, lo scorso 14 maggio. Il provvedimento, ora alla Camera per il via libera definitivo, contiene infatti la delega al governo per la definizione dei criteri di installazione degli impianti di produzione elettrica nucleare e per il sistema di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare.
Al termine della Conferenza dei presidenti di regione – che si è tenuta nonostante sia stata convocata la Stato-Regioni sul nucleare, inizialmente prevista ieri pomeriggio con il ministro per lo Sviluppo Economico Scajola – l’assessore regionale all’Ambiente della Puglia, Michele Losappio, ha parlato «di forte contrarietà» di molte regioni verso le scelte governative. «Senza un piano energetico nazionale non ha senso discutere di nucleare», spiega Losappio, che ricorda l’ordine del giorno del consiglio regionale contro l’ipotesi di localizzare in Puglia un sito nucleare.
«Le regioni – prosegue – sono interessate al nucleare di quarta generazione e non di terza, come la tecnologia francese prevista dal governo». I governatori chiedono il pieno riconoscimento delle proprie competenze per arrivare all’intesa col governo e non solo un parere non vincolante delle regioni. Ieri «ci dovevamo confrontare con il governo, così aveva dichiarato il ministro Fitto, ma la Conferenza Stato-Regioni è stata annullata – ricorda l’assessore – e non è stata fissata un’altra data, mentre alla Camera inizia la discussione del provvedimento». Se il testo sul nucleare dovesse essere approvato senza coinvolgere le autonomie locali «adiremo alla Corte Costituzionale», minaccia Losappio, secondo il quale, nonostante l’energia sia una materia concorrente con lo Stato, «ci vogliono concertazione e atti d’intesa con le Regioni».
Durissimo anche l’intervento del presidente della Basilicata, Vito De Filippo: «Non si accettano incursioni indebite su materie regionali e siamo pronti a discutere sul metodo per formulare la scelta dei siti, ma non contro l’opinione delle Regioni». In Basilicata «c’è già un’attività estrattiva petrolifera e siamo contrarissimi a costruire sul nostro territorio centrali o il sito unico per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi», ribadisce il governatore lucano. De Filippo è inoltre intervenuto su un altro tema, quello degli idrocarburi: «Anche per le attività estrattive – rileva – non c’è più bisogno dell’intesa con le Regioni e decide il governo».
Norme contestate, per quanto riguarda l’utilizzo dei giacimenti di gas nel mare, anche dal Veneto. Si profila «un decreto omnibus su nucleare ed idrocarburi che nei fatti straccia le competenze delle regioni, per le quali non è stata prevista alcuna forma di coinvolgimento», riassume il presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, che sollecita un incontro con il governo «per mettere a punto una soluzione congiunta», così come il presidente dell’Associazione dei Comuni, Sergio Chiamparino, in una lettera inviata al ministro Scajola.
ALESSANDRA FLAVETTA
22 Maggio 2009
Losappio: vigileremo la Puglia "ha già dato"
Le rassicurazioni di Berlusconi non tranquillizzano il fronte del "no nuke" di Puglia e Basilicata. L'assessore regionale all'Ecologia, Michele Losappio, prende con le pinze le affermazioni del premier durante la visita barese ("Centrali atomiche nei Balcani, non in Puglia")
«È di una gravità inaudita». Sono le parole con le quali l’assessore regionale all’Ecologia, Michele Losappio, apostrofa l’ultima presa di posizione del governo nazionale attraverso il ministro delle Politiche regionali, Raffaele Fitto. Terreno della polemica, ancora una volta Ostuni, ancora una volta l’opzione alle centrali nucleari per il fabbisogno energetico nazionale, ancora una volta l’idea che la Puglia possa diventare una delle sedi di questa nuova stagione nuclearista. «Il ministro Fitto - dice Losappio - si è dichiarato a sostegno dell’energia nucleare in un tour elettorale in Puglia. Per il tempo e il luogo, la città di Ostuni in cui è stata rilasciata, questa dichiarazione diventa u n’ombra minacciosa sulla Puglia messa a disposizione del monarca Berlusconi e della sua “liason” con l’atomo». Poi, però, nella serata di ieri, durante la conferenza stampa, lo stesso premier rassicura tutti: «Il Turismo è sacro e comunque le decisioni sui siti saranno concordate».
Losappio ricorda come dalla Puglia siano arrivate più sollecitazioni perché proprio Fitto, ex presidente della regione, rassicurasse i suoi conterranei, «escludendo sulla parola - attacca Losappio - il coinvolgimento del territorio regionale in questa avventura. Fitto invece ribadisce la supremazia del nucleare, attacca il referendum, elude sia il carico energetico che ci tormenta che la volontà democratica dei cittadini, degli enti locali e della Regione». Detto di quanto ci si dovrebbe preoccupare, Losappio parte con l’appello alle popolazioni. «Bisogna respingere - dice - l’ipotesi di un insediamento nucleare. Oggi tutti possono comprendere perché Palese (capogruppo FI-Pdl alla regione, ndr) e i più fedeli collaboratori del ministro scapparono dall’aula del consiglio regionale pur di non discutere e votare il documento della Regione sul nucleare».
Il fronte delle voci contrarie al nucleare in Puglia peraltro si allarga. E in queste ore intervengono anche i responsabili dell’Associazione qualità della vita, da sempre vicini all’eurodeputato uscente Marcello Vernola, non più ricandidato dal Pdl e ora confluito nelle file dell’Udc di Pierferdinando Casini. «Faremo di tutto - scrivono in una lettera Rocco De Franchi, Salvatore Adamo, Giancarlo Chiaia e Francesco Camilleri - per opporci all’eventuale progetto del governo di stabilire una centrale nucleare ad Ostuni, nel cuore della terra pugliese. Non ci va proprio giù la possibilità che si prenda la decisione di installare una centrale nucleare nella zona nord di Brindisi, ipotesi suffragata da valutazioni di carattere tecnico-scientifico, per cui quest’area potrebbe avere le caratteristiche per ospitare una delle 4-5 centrali nucleari che il presidente Berlusconi si è impegnato a installare entro il 2020 in Italia». I responsabili di Aqv entrano poi nel merito della questione normativa. «Dopo l’approvazione del ddl 1195 nel maggio di quest’anno, che dà sei mesi al Governo per definire i criteri per la localizzazione dei siti nucleari, la minaccia si fa sempre più grande. Il nucleare costituirebbe una ferita mortale alle possibilità di sviluppo turistico ed economico di uno tra i territori più belli d’Italia, che vede in Ostuni, Fasano, Cisternino, Carovigno e Ceglie Messapica, i suoi fiori all’occhiello. La Puglia inoltre “ha già dato”. Con l’Ilva di Taranto, l’Enichem di Manfredonia, la centrale Enel di Brindisi, il nostro territorio ha pagato alla grande industria il proprio dazio, in termini di scempio ambientale e vite umane. Per queste ragioni ribadiamo il nostro fermo “no” al nucleare in Puglia e annunciamo fin da ora che noi non staremo a guardare. Da 20 anni cerchiamo con i nostri sforzi di rendere la Puglia una regione più vivibile: lotteremo per vincere anche questa importante e difficile battaglia».
[g. arm.]
01 Giugno 2009
«Anche col "ddl sviluppo", mai una centrale atomica in Basilicata»
Lo chiarisce il Presidente della Giunta lucana, Vito De Filippo
POTENZA - Il Presidente della Giunta lucana, Vito De Filippo, in una nota, ha detto che “la Regione Basilicata non si accoda alle espressioni di giubilo che da qualche parte si levano per l’approvazione definitiva da parte del Senato del ddl sviluppo. E non lo fa soprattutto in relazione al ritorno del nucleare (articolo 26): scelta inopinata ed avventurosa dal punto di vista della sicurezza, priva di ogni seria valutazione di fattibilità sul piano economico e tecnologico”.
Nel 2003, a Scanzano Jonico (Matera) vi fu una rivolta popolare di 15 giorni, sostenuta dalle istituzioni, contro il progetto (ritirato dal Governo proprio a causa della protesta) di realizzare a Terzo Cavone il deposito nazionale delle scorie nucleari. Per De Filippo, “la scelta è ancora più preoccupante, in quanto gravemente lesiva delle prerogative delle Regioni e delle autonomie, il cui parere è semplicemente consultivo e verso le quali vien fatto valere addirittura il silenzio-assenso. Non può non destare allarme – ha aggiunto il Governatore – la delega al Governo di dichiarare i siti a destinazione nucleare aree di interesse strategico nazionale, cioè militarizzati (articolo 25)”.
“La stessa nuova Agenzia per la sicurezza nucleare, per le grandi funzioni decisorie che le vengono conferite e per la sua composizione strettamente governativa – ha proseguito – dimostra chiaramente l’intento di azzerare ogni posizione di autonomia o di dissenso che possa emergere dal territorio. La Regione Basilicata, che sulla materia ha espresso sempre la sua fermissima posizione negativa in seno al Gruppo di lavoro Governo-Regioni, ribadisce con ancora maggiore nettezza il suo "no" al nucleare e la sua scelta strategica a favore delle energie rinnovabili, sul cui pieno sviluppo è imperniato l'intero nuovo Piano regionale di indirizzo energetico-ambientale. La nostra – ha concluso De Filippo – è una regione che ha già dato e continua a dare tanto per le esigenze della bolletta energetica nazionale, impegnando parti significative del suo territorio per la coltivazione degli idrocarburi: essa non sarà mai disponibile a farsi includere nella nuova geografia nucleare del Paese”.
09 Luglio 2009
Col "Ddl sviluppo" torna il nucleare Il «no» apulo-lucano
L'Italia torna al nucleare. Lo prevede il disegno di legge sullo sviluppo definitivamente approvato dal Senato
«Le centrali nucleari sono impianti a rischio rilevante. La Puglia vuole continuare a essere la terra delle rinnovabili, il parco delle energie rinnovabili più interessante d’Europa». Così il governatore pugliese, Nichi Vendola, commenta il via libera al ddl sviluppo che contiene le norme per il riavvio del nucleare e detta i tempi per individuare dei siti in cui ubicare gli impianti. Secondo Vendola «finora i discorsi energetici del governo sono stati un cumulo di banalità e un annuncio di scelte autoritarie. Io immagino – commenta – che la militarizzazione del territorio per fare una centrale sia una scelta suicida per chi ce l’ha in testa».
«Le centrali nucleari – ha proseguito – sono impianti a rischio di incidente rilevante e il nucleare sicuro esiste solo nelle esternazioni salottiere del presidente del Consiglio. Il tema dello smaltimento delle scorie è drammatico. Allora, siamo seri. Ho proposto già al ministro Scajola il tema vero: l’ottimizzazione della rete di trasmissione. Il paese perde il 12% dell’energia che produce a causa dell’obsolescenza della rete».
Sul nucleare «in campagna elettorale il presidente del Consiglio ha allargato il suo sguardo dalla Puglia ai Balcani. Non commento. Ma il premier ha rassicurato i pugliesi che non esisteva quella eventualità», ha aggiunto Vendola. «Chiunque voglia occuparsi di energia in Puglia – ha sottolineato – debba farlo offrendoci il ristoro di quello che noi facciamo per la nazione. Penso che della Puglia si possa parlare solo in termini di abbattimento della bolletta energetica per le imprese e per i cittadini, visto che diamo all’Italia l’88% dell’energia che produciamo. Che in Puglia si debba pensare a un’implemetazione delle risorse per il servizio sanitario, che oggi è il peggio pagato d’Italia, visto che a causa di Cerano e della centrale dell’Enel, sopportiamo un costo di patologie oncologiche e malattie della vie respiratorie che fa di quel territorio nel brindisino un dei più martoriati d’Europa. Quindi – ha concluso – avremmo diritto a una compensazione».
Per Vasco Errani, che guida l’Emilia Romagna ed è anche presidente della conferenza delle Regioni. «Il governo – dice – ha imboccato una strada sbagliata, procede in modo unilaterale» e il nucleare rischia di essere «un pericoloso passo indietro». Posizione che si inserisce in un confronto al momento piuttosto duro tra esecutivo e conferenza delle Regioni, e il nucleare si avvia a diventare un ulteriore tema da mettere sul tavolo. Dura anche Mercedes Bresso, presidente del Piemonte: «La scelta è sbagliata dal punto di vista strategico, economico e della sicurezza», ha ribadito. Costi e rischi, ha aggiunto, ricadranno sulle generazioni future».
10 Luglio 2009
Ma se stiamo ancora smantellando le scorie degli anni Sessanta? - di PASQUALE DORIA
MATERA - Ma se da noi, al Centro ricerche della Trisaia, è ancora in corso lo smantellamento dell’atomo made in Italy degli anni Sessanta e Settanta, come si fa a parlare di Scanzano Jonico quale sito candidato a ospitare uno dei quattro impianti che dovrebbero garantire la prima fase del ritorno del nucleare nel Belpaese? Interrogativo del tutto prevedibile, da queste parti, dopo i lanci di alcune agenzie, in tarda serata, in cui la Basilicata, unitamente ad altre località, veniva tirata in ballo per l’ennesima volta. Se Enel e ministero dello Sviluppo economico non hanno fatto trapelare nulla, è altrettanto noto che sono numerosi i centri di ricerca che hanno già elaborato e presentato propri studi di fattibilità per l’individuazione di possibili siti. E vai con Caorso, Trino Vercellese, Montalto di Castro, Termoli, Porto Tolle, Monfalcone, Palma, Oristano, Chioggia e naturalmente Scanzano Jonico. L’ordine in cui questo elenco è stato diffuso non obbedisce a nessuna logica, anche se è facile intuire che alcune località sono quelle prescelte già per altri impianti ora chiusi a seguito del referendum del 1987 che portò l’Italia fuori dall’orbita dell’atomo e delle sue scorie. Tutto cancellato. Salvo alcuni criteri che bisognerà necessariamente rispettare e che sono stati evidenziati più, volte con l’Epr, la sigla di «European pressurized reactor», una tecnologia francese che, secondo patti già siglati, sbarcherà in Italia con la joint Venture tra la citata Enel e la corrispettiva transalpina Edf. L’applicazione di questa tecnologia (come si potrà notare cambia davvero poco rispetto al passato) richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua, senza però il pericolo d’inondazioni e, preferibilmente la lontananza da zone densamente popolate.
Per quanto riguarda Scanzano e la Trisaia di Rotondella, è nota l’attività sismica registrata a poche miglia dalla costa, come le inondazioni annuali che colpiscono un’area pianeggiante, ma un tempo non a caso paludosa. I bacini d’acqua ci sono - l’Epr pare sia particolarmente “idrovora” - il mare come la diga di Senise, che alimenta vaste aree agricole di Puglia e Basilicata, sono a un tiro di schioppo. E anche la densità abitativa è bassa, fatta eccezione per i periodi estivi, quando la costa supera di molto quella dei grandi centri urbani.
Si parlava di certezze, ma le uniche, al momento, sono collegabili alle candidature di Venero e Sicilia, le sole regioni che hanno dato la propria disponibilità ad ospitare gli impianti nucleari. Sono recenti, del mese scorso, invece, precise dichiarazioni da parte dei presidenti della Giunta regionale di Basilicata, Vito De Filippo, e dell’Amministrazione provinciale di Matera, Franco Stella. Due «no» secchi da una terra che con il petrolio assicura il 20 per cento del fabbisogno energetico nazionale - quando si dice la coincidenza - tanto quanto sviluppano quattro centrali più potenti di quelle che si vogliono attivare a partire dal 2013.
04 Agosto 2009
Ecco l'Srl che costruirà 4 centrali atomiche E Scanzano trema
ROMA - Enel e Edf danno vita a una joint venture per lo sviluppo del nucleare in Italia. Lo ha annunciato ieri una nota congiunta dei due colossi energetici. La società, denominata "Sviluppo nucleare Italia srl", avrà il compito di realizzare gli studi di fattibilità per la costruzione di almeno quattro centrali nucleari con la tecnologia di terza generazione avanzata Epr, come previsto dal Memorandum of understanding firmato da Enel e Edf il 24 febbraio scorso durante il summit Italia-Francia a Roma.
Enel ed Edf, spiega la nota, possiederanno il 50% ciascuno della joint venture e la società avrà la sua sede a Roma. Una volta completate le attività di studio e prese le necessarie decisioni di investimento, è prevista la costituzione di società ad hoc per la costruzione, proprietà e messa in esercizio di ciascuna centrale Epr. La gestione di "Sviluppo nucleare Italia" sarà affidata ad un consiglio di amministrazione composto da otto membri: quattro espressione di Edf, tra i quali il presidente ed il vice presidente e gli altri quattro designati da Enel, tra i quali sarà individuato l’amministratore delegato.
QUATTRO I SITI PIU' "GETTONATI" MA TORNA RICORRENTE IL NOME DI SCANZANO JONICO
Saranno quattro le centrali nucleari che garantiranno la prima fase del ritorno del nucleare in Italia. Ma i siti candidati ad ospitare i quattro impianti al momento sono almeno 10. Enel e Ministero dello Sviluppo Economico non fanno trapelare niente, ma sono numerosi i centri di ricerca che hanno elaborato e presentato propri studi di fattibilità per l’individuazione dei possibili siti. I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l'European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese, quello che sbarcherà in Italia con la joint venture fra Enel ed Edf, richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Al momento, le uniche certezze derivano dalle candidature di Veneto e Sicilia, le due regioni che hanno dato la propria disponibilità ad ospitare gli impianti nucleari.
Fra i nomi che puntualmente ritornano, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare. Secondo Legambiente ed il Cnr, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c'è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).
CONTI: CON EDF BASE CONCRETA PER RITORNO NUCLEARE
L'amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti, sostiene che la creazione della joint venture tra Enel ed Edf «pone le basi concrete per il ritorno del nucleare in Italia». Secondo Conti si tratta di «una opportunità unica per contribuire al rilancio dell’economia del nostro Paese, creando posti di lavoro specializzati e sviluppando l’occupazione. Grazie alle sue attività internazionali – prosegue Conti – in pochi anni Enel ha ricostruito le sue competenze nucleari e oggi è pronta a prendere la guida del programma nucleare italiano, in collaborazione con un protagonista mondiale del settore come Edf».
Per il presidente e direttore generale di Edf, Pierre Gadonneix, la creazione della joint venture «è un decisivo passo in avanti che conferma il successo della cooperazione tra Edf e Enel, che ha avuto inizio nel 2007 con la costruzione del reattore Epr di Flamanville in Normandia. Questa partnership è in linea con la strategia del gruppo Edf finalizzata a rafforzare la propria posizione in Europa e la leadership mondiale nella rinascita dell’energia nucleare».
04 Agosto 2009
Le reazioni a Scanzano Jonico e Rotondella: dovranno spararci addosso
di FILIPPO MELE
«Sì, siamo disposti a farci sparare addosso pur di difendere il nostro territorio dal nucleare». Quando si dice amministratori locali “cuor di leone” pronti ad immolarsi sul fronte antinucleare. Sono quelli di Scanzano Jonico e di Rotondella, i due centri della Basilicata più coinvolti nelle vicende nucleari non solo della loro regione ma d’Italia.
Di fatto, sia il vicesindaco del centro rivierasco, Antonio Ceruzzo, sia il primo cittadino dell’antica Rotunda Maris, Vincenzo Francomano, entrambi del Pd, non hanno usato eufemismi quando gli abbiamo chiesto cosa farebbero se nei loro comuni fossero individuati siti nucleari, siano essi una delle nuove dieci centrali italiane del futuro siano essi il deposito delle scorie radioattive del Belpaese. Siti trasformati dal Governo Berlusconi in aree di interesse militare che, pertanto, godranno di particolari “protezioni” e celerità (o assenza) di autorizzazioni e pareri da parte del sistema delle autonomie.
«Se una notte arrivassero da noi i carri armati non esiteremmo a metterci di traverso - ha detto Ceruzzo. Si, lo scriva chiaramente: noi siamo disponibili a farci sparare addosso nel caso nei giacimenti di salgemma di Terzo Cavone si riproponesse la storia del deposito unico delle scorie e si arrivasse alle vie di fatto».
E Francomano ha aggiunto: «Si. Se sarà necessario non esiteremmo un istante, per difendere il nostro territorio, a metterci davanti ai carri armati».
Insomma, Silvio Berlusconi, a capo del suo quarto Governo, è avvisato. Da queste parti rischia un flop ancora più clamoroso dell’altro, anch’esso legato al nucleare, del novembre 2003 quando l’intera Basilicata (con l’appoggio di Puglia, Calabria e Campania) costrinse, per la prima volta nella storia repubblicana, un Governo nazionale, appunto il Berlusconi terzo, a fare marcia indietro su un suo decreto. Era il n. 314 del 13 novembre 2003 che ubicava a Terzo Cavone di Scanzano Jonico il sito dove seppellire tutte le scorie radioattive sparse per l’Italia. Marciarono in 100mila, però, ed il Governo cancellò il nome di Scanzano dal suo stesso decreto. Lo riproporrà adesso? E Rotondella, dove insistono un sito atomico in fase di smantellamento e 64 barre di combustibile del ciclo uranio-torio che nessuno vuole al mondo, potrebbe essere la sede di una centrale o dello stesso deposito unico?
In entrambi le evenienze, che giudicano sciagurate, Ceruzzo e Francomano hanno giurato sostegno reciproco: «Noi facciamo un discorso di area metapontina e di regione Basilicata - hanno spiegato. Siamo antinucleari storici, come lo è la Regione, e siamo pronti a rifare, se occorrerà, un’altra rivolta come nel 2003».
05 Agosto 2009
«Spettro nucleare» timori in Basilicata
POTENZA - «Non so se considerarlo inquietante o ridicolo: certo è che questo continuo stillicidio di notizie su probabili siti nucleari nel nostro Paese non fa bene e allunga ombre oscure sulla questione». Lo ha detto il Presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, interpellato sulla notizia di un elenco di dieci siti per ospitare centrali nucleari, tra i quali Scanzano Jonico (Matera), città nella quale, nel 2003, una protesta popolare di 15 giorni costrinse il Governo a cancellare il decreto che prevedeva l’istituzione del deposito nazionale delle scorie in riva allo Jonio.
«Abbiamo notificato a più riprese – ha aggiunto De Filippo – il nostro insormontabile e insuperabile 'no' per qualsiasi sito nucleare in Basilicata. Abbiamo già dato molto, anzi moltissimo e, nel settore energetico, c'è un debito grande dell’Italia verso questa regione, per la quale ci attentiamo diverse attenzioni. Pur sapendo – ha concluso De Filippo – che, da un po' di tempo, in questo Paese tutto è possibile, confidiamo ancora fiduciosi che dietro questa notizia non ci siano mani istituzionali».
12 Settembre 2009
Cento fusti di scorie a Pisticci calanchi di Tursi e sul Pollino
di GIOVANNI RIVELLI
Ufficialmente, alcune sono attivtà d’indagine, altri sono programmi di ricerca scientifica e i finanziamenti arrivano da lì. Ma in Basilicata si starebbero cercando rifiuti, «fusti», utilizzando anche i satelliti, con l’impegno, su un versante (quello ufficiale delle indagini) dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), sull’altro (quello della «ricerca scientifica) di aziende iperspecializzate che rientrano nei programmi dell’Agenzia Spaziale Italiana, l’Asi, una «i» in meno dell’Aisi, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna, che pure di questa partita si starebbe, in modo molto discreto, interessando. E se le ricerche fatte dall’Ingv avrebbero genericamente indicato la necessità di procedere in modo più sistematico sul territorio, quelle fatte dall’alto del satellite - a quanto rivela una fonte riservata alla Gazzetta - avrebbero individuato una serie di «siti da approfondire» in particolare nell’area di Pisticci (più a sud di quella di Coste della Cretagna, ma in una zona che ha un nome simile), nella zona dei Calanchi di Tursi e in una «galleria», al di sotto del Pollino.
Gli accertamenti (almeno a quanto è stato possibile sapere) non sono stati approfonditi sui singoli luoghi, ma hanno utilizzato solo delle tecnologie di «sondaggio». Quelli fatti dall’Ingv hanno sfruttato tecniche magnetometriche, misurando, con una sonda a bordo di elicotteri che hanno sorvolato alcune aree della regione, le alterazioni del campo magnetico terrestre dovute alla presenza di masse ferrose. Se c’erano fusti (in particolare i 100 fusti di cui parlò il pentito) i valori sarebbero risultati alterati.
«In quegli accertamenti - dice Marco Marchetti della sezione Geomagnetismo, Aeronomia e Geofisica Ambientale dell'Ingv - non trovammo nulla, ma lavorammo solo su alcuni punti che ci furono indicati. Per fare un lavoro completo, visto anche che le parole del pentito stanno trovando riscontro, bisognerebbe battere il territorio a tappeto, proseguendo con la stessa metodologia». All’Invg nulla più. «Non so se altri hanno fatto altre ricerche» aggiunge Marchetti, che poi, a una domanda specifica, ammette: «Del Pollino ne ho sentito parlare anche io, della possibilità che potrebbero esserci delle vecchie cave in cui qualcosa è finito».
Ma la tecnologia utilizzata dall’Ingv consente di esplorare fino a 8/10 metri nel sottosuolo e lì si ipotizzano profondità superiori. In quelle zone si è cercato di esplorare da molto più alto. Ufficialmente si sono testate nuove sonde e nuovi software «ma qualcuno di apparati dello Stato - spiega la fonte riservata alla Gazzetta - ci ha detto su quali porzioni di territorio fare questa sperimentazione». E sarebbero emersi i «siti da approfondire». Anche in questo caso, non si parla di radioattività ma di masse anomale nel terreno o scavi per i quali non risulta alcuna giustificazione. La ricerca sarebbe stata condotta utilizzando l’infrarosso termico, facendo una analisi dello spettro del territorio e monitorandone le irregolarità.
Nei siti individuati, insomma, qualcosa è successo, ma potrebbe trattarsi di un sondaggio geologico non registrato, di un interramento di rifiuti «normali», o anche di una presenza archeologica. E tra i tre siti, se quello nei pressi di Pisticci solletica più l’attenzione, quello sul Pollino sarebbe il più problematico. Se, infatti, la grande profondità attenuerebbe i danni, renderebbe anche più difficile eventuali attività di accertamento e bonifica.
15 Settembre 2009
Regione Basilicata Contro nucleare alla Corte Costituzionale
POTENZA – La Basilicata ricorrerà alla Corte Costituzionale contro la legge 99/2009 che toglie alle regioni le competenze in materia di installazione di centrali atomiche e di estrazione di idrocarburi. «Con la legge Sviluppo, il Governo ha violato la Costituzione, esautorando le Regioni delle loro prerogative per quanto riguarda la produzione di energia e il governo del territorio».
Lo ha affermato il vice presidente della Regione, Vincenzo Santochirico commentando la decisione del Consiglio regionale di impugnare dinanzi alla Consulta alcuni articoli della legge, che dà la possibilità al Governo di decidere da solo dove collocare nuovi impianti nucleari, nonchè di consentire l’estrazione di idrocarburi con un procedimento unico in capo all’amministrazione dello Stato.
«La Basilicata ha deciso di impugnare la norma alla Corte costituzionale – ha aggiunto Santochirico – in quanto siamo davanti ad una legge che non solo va contro le scelte fatte dalla Basilicata, che nel suo Piano energetico e ambientale ha ribadito il 'no' al nucleare e il suo impegno per diffondere il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, ma che è palesemente contro l’articolo 117 della Costituzione. Inoltre - rimarca il vice presidente della Basilicata – viene violato il principio, più volte ribadito dalla Consulta, secondo cui le intese tra Stato e Regioni costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della legge statale. È chiaro a tutti – conclude Santochirico – che il Governo ha violato questi principi, nonostante da tempo le Regioni, e la Basilicata su questo è stata in prima linea, abbiano denunciato la forzatura, che costituisce un vero e proprio esproprio del potere di intervento e decisione su materie delicate come quelle che riguardano il nucleare e le attività estrattive».
28 Settembre 2009
Tredici regioni contro il nucleare
Il 56% del territorio si e' schierato contro
(ANSA)- ROMA, 2 OTT - Sono 13 le regioni che dicono no al nucleare.
Lo afferma Legambiente spiegando che il 56% del territorio si e' schierato contro.
La scelta del Governo ha scatenato 'un vero e proprio effetto domino': Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Umbria si sono aggiunte a Sardegna e Veneto.
Per Legambiente e' 'assurdo pensare al ritorno del nucleare quando si deve puntare sul risparmio energetico e sulle energie rinnovabili'.
02 Ottobre 2009
sospetti (poi archiviati) su un traffico nuclerare dal centro Enea della Trisaia
ROMA - In primo piano le attivita' nucleari svolte in un sito italiano e il sospetto di traffici illeciti di armi e materiale strategico e di rifiuti radioattivi; sullo sfondo, lo spionaggio svolto da agenti segreti di mezzo mondo intorno a quel luogo; nel mezzo, gli interessi della 'ndrangheta per il business legato a quel traffico illecito. Sembra la trama di un film di spionaggio ed, invece, è il contenuto di un’inchiesta svolta dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza Francesco Basentini che ha riguardato il Centro Enea Trisaia di Rotondella (Matera), dove, a partire dagli anni settanta, è avvenuto il riprocessamento di combustibile nucleare. In quel centro del materano, riconverito ad attività di ricerca per l’ambiente e l’agro-alimentare, sono tuttora presenti, con elevato livello di protezione, 64 elementi di combustibile irraggiato, mai trattati, provenienti dal reattore nucleare americano di Elk River.
L’inchiesta giudiziaria ha determinato una richiesta di archiviazione (tuttora all’esame del gip) per diverse persone, compresi alcuni dirigenti del Centro, succedutisi negli anni, ed esponenti della 'ndrangheta: gli accertamenti – si rileva dalle motivazioni del provvedimento – non hanno consentito di raccogliere prove, ma neppure di fugare i sospetti, sia per quanto riguarda l’ipotesi di traffico di armi e materiali strategici (in particolare plutonio, elemento base della bomba atomica, che l’Enea sostiene di non aver trattato nel Centro), sia per quanto riguarda il traffico di rifiuti radioattivi attraverso le cosiddette “navi dei veleni”.
A quasi 30 anni di distanza – ha osservato il pm Basentini – “è oggettivamente quasi impossibile ricostruire fedelmente cosa i vari organi, i tecnici e i soggetti titolari della politica nucleare abbiano fatto all’interno del Centro Trisaia nel corso degli anni” L'indagine ha fatto riemergere particolari già conosciuti su vicende note (tra le quali l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi); ma, soprattutto, l’interesse dei servizi segreti di diversi Paesi per le attività nucleare che avvenivano nel Centro della Trisaia.
A parlare al magistrato dell’intrigo internazionale è stato Guido Garelli, il quale ha detto di essere stato 'ammiraglio' di un non meglio precisato esercito dell’Autorità Territoriale del Sahara Occidentale e 'dignitario' di un servizio d’intelligence che avrebbe operato nell’interesse del Regno Unito, con base a Gibilterra. In possesso di tripla cittadinanza – iugoslava, italiana e del Sahara Occidentale – egli, proprio per conto dell’intelligence del Regno Unito, avrebbe spiato le attività del centro Enea di Rotondella, nel periodo durante il quale si svolgevano attività di ricerca e scambio informativo in ambito nucleare da parte dell’Italia e di Paesi mediorientale, con stages di tecnici iracheni e pakistani che frequentavano il centro.
Gli anglosassoni – a dire di Garelli – ipotizzavano l’esportazione di armi, tecnologie e materiali radioattivi dall’Italia verso il Medio Oriente, che avrebbe consentito a Paesi di quell'area - Iraq e Pakistan in particolare – di dotarsi di armi nucleari. Garelli, peraltro, non sarebbe stato il solo a condurre attività informativa sul sito nucleare, in quanto – è emerso dalle indagini – anche la Cia, il Mossad e il Sismi (strutture di spionaggio rispettivamente di Stati Uniti, Israele e Italia) hanno svolto analoghe attività di intelligence per monitorare l'eventuale trasferimento di materiale strategico nei Paesi mediorientali.
Ma il Centro della Trisaia non avrebbe interessato solo gli 007. Ha raccontato il pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti (che di recente, con le sue dichiarazioni, ha fatto ritrovare nel mar Tirreno il relitto di una nave probabilmente carica di rifiuti) che il clan Musitano, che operava nella Locride, si sarebbe servito dello stesso Fonti per mantenere i contatti con il Centro di Rotondella, nel quale sarebbero stati stoccati moltissimi fusti contenenti scarti di lavorazioni di materiale radioattivo. La gran parte di quei fusti, con l’intervento dello stesso Fonti – ha raccontato quest’ultimo – sarebbero stati poi caricati a bordo di navi, con destinazione Somalia. Un’altra parte di quei bidoni sarebbe stata interrata in alcuni siti a ridosso della statale 407 “Basentana”, nel materano. I riscontri operati dai Carabinieri del nucleo tutela ambiente alle dichiarazioni di Fonti e di Garelli hanno dati risultati di segno opposto: nei siti materani indicati dal pentito della 'ndrangheta non è stata trovata traccia dei fusti interrati; le dichiarazioni di Garelli hanno, invece, trovato diversi riscontri, uno addirittura insperato. Egli ha raccontato che una sera, sul finire degli anni ottanta, in occasione di una delle missioni in Basilicata per conto dei servizi segreti inglesi, era rimasto in panne alla periferia di Potenza mentre era a bordo di una Fiat Croma targata ETS 015 EM (ETS indicava Excercite Territoriel du Sahara). La vettura – ha riferito – era stata depositata in un impianto di un soccorso stradale ubicato nella periferia del capoluogo lucano per essere avviata alla demolizione. Quasi 20 anni dopo, i carabinieri hanno individuato quell'impianto e, quasi increduli, hanno avuto in consegna dal titolare una targa straniera: ETS 015 EM.
18 Ottobre 2009
LA NOTA - Ecco perchè bisogna dire no
di CARLO BOLLINO
Sembra la vendetta dei sette capodogli spiaggiati sul Gargano. Mentre biologi e veterinari tentano di scoprire cosa ne abbia determinato la tragica fine (ma non un solo magistrato giacchè la procura non ha ancora aperto alcuna inchiesta), la Regione denuncia fra le possibili cause del disastro ambientale le prospezioni petrolifere.
Si scopre così l’esistenza di sette richieste (ma potrebbero essere addirittura quindici) per la costruzione di altrettante piattaforme off-shore al largo della costa pugliese. La prima domanda che da cittadini dobbiamo porci è semplice: conviene al nostro territorio? Non perché si debba ragionare solo in termini di localismo egoista, ma vista la tendenza nazionale a pesare tutto sulla bilancia del federalismo, occorre che insieme a opportunità e risorse si misurino per ciascuna regione anche costi e svantaggi.
Prendiamo la Basilicata: come spiega bene a pagina tre Massimo Brancati, il petrolio ha finora arricchito tutti tranne i lucani. La grande avventura delle estrazioni iniziò negli Anni Venti, e alle popolazioni locali vennero fatte grandi promesse. Come non crederci dopo aver scoperto di essere nati sui più grandi giacimenti di idrocarburi d’Europa? Il sognò durò trent’anni senza mai realizzarsi, perché nel 1950 quei primi pozzi vennero addirittura chiusi ritenendoli (persino da chi li aveva scavati) poco remunerativi.
Tutto fu rinviato di un altro decennio. Nuove perforazioni, nuove speranze. Da quasi vent’anni in Val D’Agri è ormai nato un polo del petrolio, si estraggono 75.800 barili di greggio al giorno che costituiscono l’80 per cento dell’intera produzione nazionale. E forse sono anche di più, anche se nessuno è in grado di dimostrarlo: è infatti la stessa Eni (al momento l’unica che trivella, ma la Total è già al lavoro) ad autocertificare i quantitativi estratti, ed è solo su quelli che paga le royalties, vale a dire le quote di guadagno destinate alle popolazioni locali. Il famoso oro nero, tradotto in denaro contante, equivale per la Basilicata a poco più di 70 milioni di euro l’anno, vale a dire il 7 per cento del petrolio ufficialmente estratto. Lo Stato, per dire, ne incassa un miliardo e 100 milioni. In termini occupazionali la ricaduta poi è addirittura più avara: 80 posti di lavoro in una Regione che per quanto piccola conta oltre 20mila disoccupati.
Visto che viene estratto a casa loro (ogni anno 700milioni di metri cubi), i lucani godono almeno di uno sconto sulle bollette del gas. In compenso però la benzina per le auto continua a costare più a Potenza che a Trento, dove di petrolio non se ne estrae una goccia.
D’accordo, non rendono: ma i pozzi in Basilicata producono danni all’ambiente? I contadini denunciano campi avvelenati e vigneti rinsecchiti, gli ambientalisti raccontano di una costante crescita nella diffusione dei tumori, ma l’emergenza sembra solo virtuale: a misurare l’impatto ambientale provvedono infatti in modo quasi esclusivo quelle centraline di controllo che l’Eni per tranquillizzare la popolazione ha disseminato sul territorio. Certo, ci si fida, ma è come la produzione autocertificata: controllore e controllato coincidono.
E in Puglia come stanno le cose? Le compagnie petrolifere intendono effettuare ricerche di profondità praticamente lungo tutta la nostra costa - da Manfredonia, passando per Monopoli, scendendo giù fino a Brindisi, risalendo oltre il tacco al largo di Gallipoli e fino a Taranto. Cosa accadrebbe se cercando cercando, si scoprisse che i giacimenti ci sono davvero? Torniamo alla domanda iniziale: converrebbe alla Puglia che davanti alle nostre spiagge e scogliere spuntassero le piattaforme off-shore? Sarebbe congruo che l’impatto ambientale provocato dalle estrazioni incidesse sul valore del nostro mare? Sarebbe utile al territorio mettere a rischio la risorsa del turismo per inseguire il sogno dell’oro nero? Sarebbe insomma conveniente scambiare panfili e pattini con il profilo delle petroliere?
Ovvio che no, e non è solo l’amore per la nostra terra e il desiderio di proteggerne l’integrità a suggerirlo. È anche, più volgarmente, un calcolo economico: nel 2008 il giro di affari dell’industria del turismo in Puglia è stato di 4 miliardi e 300milioni di euro. Vale a dire il quadruplo delle intere royalties incassate dallo Stato per il petrolio lucano, e il 5700 per cento in più delle briciole lasciate alla Basilicata.
La Puglia produce così tanta energia pulita da pretendere, forse pure a buon diritto, di rifiutare una centrale nucleare. Si profilano in queste stesse ore il raddoppio della centrale elettrica nella raffineria Eni di Taranto e la costruzione del contestato rigassificatore a Brindisi. Figuriamoci se adesso possiamo accettare di mettere a repentaglio l’intera economia della regione lasciando che le trivelle perforino il nostro mare a caccia di gas e di petrolio. Che sarà pur sempre oro, ma certamente non per noi.
carlo.bollino@gazzettamezzogiorno.it
20 Dicembre 2009
Rifiuti connection del Metapontino
di FILIPPO MELE
POLICORO - Rifiuti connection Metapontino. Non è la prima volta che il territorio della Basilicata, compreso quello della sua più fertile e turistica pianura, è interessato da vicende di materiali tossico-nocivi o radioattivi. Cerniera tra Puglia, Calabria e Campania, con un asse viario, la statale 106 su cui viaggia di tutto, il Metapontino non è nuovo a «storie» inerenti rifiuti.
L’OMICIDIO DE MARE - Il 26 luglio 1993 i carabinieri rinvennero senza vita, su un trattore, a Scanzano Jonico, Vincenzo De Mare, autotrasportatore della locale centrale del latte. L’uomo fu centrato da due colpi di fucile. Un delitto senza colpevoli. Un’inchiesta chiusa dalla magistratura due volte. L’ultima nei mesi scorsi dal pm della Dda, Francesco Basentini. Dell’omicidio si era occupata l’Antimafia dopo che la Gazzetta compì un blitz nella dismessa centrale il 20 ottobre 2003. Pochi giorni dopo gli uomini dell’Arma sequestrarono il rudere rinvenendo bidoni usati per il trasporto di sostanze chimiche. Bidoni simili furono rinvenuti in contrada Lavandaio, a Pisticci. Da qui la riapertura dell’inchiesta sul delitto De Mare sull’ipotesi di un suo “no”, pagato con la vita, al trasporto di materiali tossici da Nord a Sud.
SCORIE NUCLEARI A TERZO CAVONE - Questa volta la vicenda, che impropriamente può collegarsi alle discariche di rifiuti, è nota nelle sue fasi istituzionali. Il 13 novembre 2003 il Governo, presidente Silvio Berlusconi, approvò un decreto con cui indicava in Scanzano, il deposito delle scorie nucleari d’Italia. La popolazione protestò pacificamente. Dopo 24 giorni il Governo fece dietro front. Da tutta Italia sarebbero arrivati a Terzo Cavone, a 500 metri dallo Jonio, le scorie radioattive accumulate nei siti e nelle ex centrali atomiche. Sarebbero stati utilizzati giacimenti di salgemma ad 800 metri di profondità. «Grazie no», risposero i lucani, preferendo fragole ed ombrelloni agli atomi.
NUCLEARE CONNECTION - La pista dei rifiuti nucleari smaltiti illecitamente era stata già seguita dalla Procura di Matera dal 1994 quando il procuratore Nicola Maria Pace indagava sull’Enea della Trisaia. Pace intravide produzione clandestina di plutonio, trafugamento di materiali, smaltimento illecito di scorie. Nel 1999 le carte passarono all’Antimafia. L’inchiesta esplose nel 2005 quando L’Espresso pubblicò il memoriale di Francesco Fonti, un pentito di ‘ndran - gheta che raccontava di interramento clandestino di fusti radioattivi tra Ferrandina e Pisticci ed in Somalia. Il 6 ottobre 2007 la notizia dell’invio di avvisi di garanzia ad ex dirigenti della Trisaia e ad esponenti della mala calabrese. I bidoni di scorie, però, non sono stati trovati. Da qui la richiesta di archiviazione.
LE NAVI AFFONDATE NELLO JONIO E NEL TIRRENO - Altra inchiesta condotta dalle Procure di Calabria e Basilicata da decenni che ha avuto un impulso nei mesi scorsi sempre per memoriali, rivelatisi inattendibili, del pentito Fonti. Le navi a perdere, cariche di rifiuti tossico – nocivi o radioattivi, sarebbero state affondate nel Mediterraneo. Per quanto riguarda la Basilicata, davanti a Maratea e a Metaponto. Inchiesta sgonfiatasi dopo gli accertamenti condotti con navi attrezzate all’individuazione di relitti inabissati.
GLI SCARTI DI POMODORI DALLA CAMPANIA A TURSI - Il 20 gennaio 2009 i carabinieri del Noe scoprirono un traffico di rifiuti tra Campania e Basilicata apparentemente regolare, ma che in realtà, secondo gli investigatori, mascherava l’illecito smaltimento in un sito di Panevino di Tursi di residui della lavorazione del pomodoro in impianti del Salernitano. Solo nell’estate 2007 – accertarono i militari – furono conferiti al sito circa 1000 tonnellate di rifiuti provenienti da conservifici. I carabinieri segnalarono all’autorità giudiziaria venti persone, indagate, e ricostruirono il traffico illecito, i cui particolari – oltre che da verifiche ed ispezioni – emersero anche attraverso intercettazioni telefoniche.
08 Gennaio 2010
Da Basilicata stop a deposito scorie e centrale Tricarico
POTENZA - Il nucleare non rientra nelle ipotesi di sviluppo energetico regionale della Basilicata e sul territorio lucano non sarà realizzato nessun tipo di deposito di scorie “che accolga rifiuti nucleari provenienti da alcuna parte d’Italia e del mondo”. E' quanto ha stabilito il Consiglio regionale, che la notte scorsa ha approvato all’unanimità il Piear (Piano di indirizzo energetico ambientale regionale).
Si tratta, è scritto in una nota dell’ufficio stampa della giunta regionale, di una scelta adottata considerando “remota” l’ipotesti che il nucleare sia in grado di ridurre costi ed emissioni, per “tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini”, e per dare “una risposta chiara e netta – ha detto il vicepresidente della giunta regionale, Vincenzo Santochirico – al tentativo del governo di espropriare i territori dalla loro capacità di decidere in una materia decisiva per lo sviluppo”.
A tutto ciò si aggiunge l’esperienza della Basilicata, con le “problematiche connesse alla gestione del Centro Enea di Rotondella (Matera)”, dove sono custodite 64 barre di uranio irraggiato provenienti da una centrale atomica statunitense, e le proteste del 2003, quando tutta la regione si oppose alla realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari a Scanzano Jonico (Matera).
CONSIGLIO: NO A CENTRALE TRICARICO
Inoltre, il Consiglio regionale della Basilicata, ha approvato all’unanimità due mozioni – presentate da Rosa Mastrosimone (Idv) e da Pasquale Di Lorenzo e Antonio Tisci (An-Pdl) – sulla richiesta di revoca dell’autorizzazione per la costruzione di una centrale a biomasse a Tricarico (Matera).
Con le mozioni, è scritto in una nota dell’ufficio stampa del Consiglio regionale, “si impegna la giunta regionale a revocare la delibera di autorizzazione e ad adottare tutti gli atti necessari a sospendere la costruzione della centrale, per consentire un maggior approfondimento della situazione in base al nuovo Piano di indirizzo energetico ambientale regionale”.
I consiglieri regionali, nei due testi, hanno evidenziato che la giunta, con una delibera, ha autorizzato lo società “Clean Energy” alla costruzione della struttura, ma “l'autorizzazione - ha detto Mastrosimone – non offre garanzie sufficienti e sono necessari approfondimenti sulle conseguenze ambientali e sulla salute dei cittadini”. La centrale inoltre, per Tisci e Di Lorenzo, “arrecherebbe pesanti ripercussioni sulle produzioni agricole e zootecniche”.
14 Gennaio 2010
Regioni: nucleare, no a nuove centrali
Voto contrario espresso da Lombardia, Veneto e Friuli
(ANSA) - ROMA, 27 GEN - La Conferenza delle Regioni ha dato parere negativo, a maggioranza, al piano di costruzione di nuove centrali nucleari.
Voto contrario rispetto alla decisione della Conferenza e' stato espresso dalla Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
''Siamo contro il nucleare - ha detto il presidente della Basilicata, Vito De Filippo - e' una scelta non positiva che non ha esiti immediati e che impatta negativamente sulle scelte energetiche''.
27 Gennaio 2010
Governo: sul nucleare il parere delle Regioni non è vincolante
ROMA – Centrali nucleari? No, grazie. Hanno risposto così i governatori al piano del governo di costruzione di nuovi siti nucleari. Un parere, quello negativo, espresso a maggioranza questa mattina nel corso della conferenza delle regioni, cui non hanno dato il loro placet solo la Lombardia, il Veneto e il Friuli. Ma il governo replica: «il parere delle regioni non è vincolante, noi andiamo avanti» afferma il sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia.
Un piano, quello nucleare, che secondo i presidenti delle regioni è sbagliato nel merito e nel metodo, tanto che 11 sono le regioni che hanno presentato ricorso alla corte costituzionale rilevando profili di incostituzionalità nello schema presentato dall’esecutivo. «Il parere negativo, ma non vincolante, della Conferenza delle Regioni sul decreto legislativo per il rientro dell’Italia nel nucleare conferma un atteggiamento pregiudizialmente negativo nel confronto sul futuro energetico del Paese» è il commento del sottosegretario Saglia, secondo il quale «il testo approvato dal Governo sia del tutto rispettoso delle prerogative delle Regioni, chiamate ad esprimere un’intesa sulle localizzazioni degli impianti, esattamente come oggi è previsto per tutte le installazioni energetiche di interesse nazionale. Questa previsione potrebbe far venir meno il motivo principale dei ricorsi delle Regioni in Corte Costituzionale».
«Siamo contro il nucleare – ha detto il presidente della Basilicata, Vito De Filippo – è una scelta non positiva che non ha esiti immediati e che impatta negativamente sulle scelte energetiche che molte regioni hanno già intrapreso. Siamo anche contrari alle procedure utilizzate, che non tengono conto delle prerogative delle regioni. Per altro esistono leggi regionali che impediscono la costruzione di nuovi siti nucleari».
E l'assessore siciliano all’energia, Pier Carmelo Russo ha ribadito che «la Sicilia non ha più margini di tollerabilità ambientale che consentano l’insediamento di impianti nucleari». Di parere totalmente diverso l’assessore regionale del Veneto Flavio Silvestrin: «dietro il no al nucleare c'è l’assurdo no alla modernizzazione del Paese. Tutto diviene illegittimo quando si tratta di modernizzare l’Italia, se a condurre i giochi sono i professionisti della "politica del no". C'è sempre una parte della sinistra se si tratta di scendere in campo contro la Tav o contro il nucleare, una risorsa energetica questa diventata sicura ormai da anni e diffusissima ovunque in Europa. Assieme alla Lombardia e al Friuli Venezia Giulia, abbiamo cercato di capire quali fossero le reali motivazioni all’origine del parere negativo che le Regioni di centrosinistra hanno deciso di esprimere nei riguardi della politica nucleare sostenuta dal governo. Non essendoci stata data nessuna spiegazione in proposito, abbiamo votato contro la decisione assunta dalla Conferenza delle Regioni» ha concluso. Dello stesso tenore le parole dell’assessore all’Energia del Firuli Sandra Savino (Pdl), che ha sottolineato la «parzialità» del documento approvato dalla Conferenza delle Regioni. «Ritenevamo opportuno – ha spiegato – che il documento affrontasse il piano energetico nazionale in modo complessivo, e non solo l’aspetto del nucleare».
27 Gennaio 2010
Nucleare e immigrati Governo impugna leggi Regione Puglia
ROMA - Il Consiglio dei ministri ha deciso diimpugnare dinnanzi alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l’installazione di impianti nucleari nei loro territori. Lo riferiscono fonti governative. La decisione è stata presa su proposta del ministro Claudio Scajola (Sviluppo Economico) e d’intesa con il ministro Raffaele Fitto (Affari Regionali).
''L'impugnativa delle tre leggi e'necessaria per ragioni di diritto e di merito”, ha spiegato il ministro Scajola.
“In punto di diritto – ha aggiunto – le tre leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato (produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica) e non riconoscono l’esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza interna e della concorrenza (articolo 117 comma 2 della Costituzione). Non impugnare le tre leggi avrebbe costituito un precedente pericoloso perchè si potrebbe indurre le Regioni ad adottare altre decisioni negative sulla localizzazione di infrastrutture necessarie per il Paese”.
“Nel merito – ha continuato il ministro – il ritorno al nucleare è un punto fondamentale del programma del Governo Berlusconi, indispensabile per garantire la sicurezza energetica, ridurre i costi dell’energia per le famiglie e per le imprese, combattere il cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra secondo gli impegni presi in ambito europeo”.
Il ministro Scajola ha inoltre ricordato che “al prossimo Consiglio dei Ministri del 10 febbraio ci sarà l’approvazione definitiva del decreto legislativo recante tra l’altro misure sulla definizione dei criteri per la localizzazione delle centrali nucleari”.
In particolare, nell’elenco delle leggi regionali all’esame del Consiglio dei Ministri, con richiesta di impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale ex art. 127 della Costituzione, vi sono le leggi delle Regioni Puglia n. 30/09, Campania n. 2/10 e Basilicata n. 1/10.
Il ministro Scajola ha preannunciato che “il Governo impugnerà tutte le eventuali leggi regionali che dovessero strumentalmente legiferare su questa materia, strategica per il Paese”.
“La questione nucleare è di rilevante importanza per le strategie di politica economica ed energetica del Governo, e investono un punto fondamentale nei rapporti fra competenze statali e regionali. L’art. 7 del decreto-legge n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, definisce la strategia energetica nazionale posta in essere, perseguendo, fra l’altro, l'obiettivo della realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”, ha aggiunto Scajola ricordando poi che “le tre leggi regionali sono lesive della competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, nonchè nell’ambito della sicurezza e della concorrenza (art. 117 comma 2 della Costituzione)”.
Scajola ha concluso rilevando che “sulla medesima questione si è già pronunciata nel senso esposto la Corte costituzionale”.
ORE 12:00 - REALACCI, DEBOLE RITORSIONE DEL GOVERNO
''E' una debole ritorsione, visto chegià il Governo è di fronte alla Corte Costituzionale per l'inaccettabile legge che impone, unico caso in un paese occidentale, anche attraverso la militarizzazione dei siti, la costruzione delle centrali nucleari contro il volere delle regioni e dei territori”.
Lo afferma Ermete Realacci (PD) commentando la decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare le leggi contro il nucleare di Puglia, Basilicata e Calabria. “Quello del Governo è un approccio che rischia di condurci solo in un vicolo cieco”, conclude Realacci. “Non sarà con la forza che si farà digerire agli italiani una scelta costosa e sbagliata.”
ORE 12:31 - PDCI, IL GOVERNO LO IMPONE MANU MILITARI
 ''Il Governo, manu militari, imponealle regioni il nucleare”. E’ quanto afferma Claudio Saroufim, reponsabile ambiente del PdCI – Federazione della sinistra, riferendosi all’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale che il Governo ha deciso di effettuare nei confronti delle leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata sul nucleare.
“La decisione del Governo – continua Saroufim – oltre a gettare alle ortiche il tanto decantato federalismo (a proposito cosa ne pensa la Lega?) rappresenta un atto autoritario, irrispettoso del comune sentire dei cittadini e dei territori. Siamo alla farsa che diventa tragedia. Di contro a quanto deciso dal Governo – conclude Saroufim – invitiamo tutte le altre regioni d’Italia a seguire l’esempio di Puglia, Campania e Basilicata”.
ORE 12:41 - FERRERO: GOVERNO VIOLA POTERI REGIONI
 ''La decisione del governo Berlusconidi impugnare davanti alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania che impediscono di costruire centrali nucleari sul loro territorio è una scelta sbagliata e miope, oltre che in palese violazione dei poteri delle Regioni italiane sancite dalla Costituzione e dalla riforma del federalismo”. E’ quanto afferma in una nota il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero.
“Le tre regioni sotto attacco dal governo hanno fatto benissimo ad opporsi alla dissennata rincorsa del nucleare, cui ricorre questo governo infischiandosene della volontà popolare, a suo tempo chiarissima contro ogni velleità nuclearista dei governi. Per ribadire tale volontà ci stiamo preparando a raccogliere, come Federazione della Sinistra, le firme per un nuovo referendum popolare – conclude – che ribadisca il secco no del popolo italiano al ritorno al nucleare”.
ORE 13:27 - PD SENATO, GRAVE POSIZIONE GOVERNO CONTRO REGIONI
"Come purtroppo avevamo previsto, e'iniziato un vero e proprio conflitto istituzionale sul tema del nucleare. La posizione del governo, che ha originato e alimenta questo conflitto, è molto grave ma denota un grande debolezza. La verità è, infatti, che se l’Esecutivo pensa di mandare avanti il suo programma nucleare a tappe forzate contro le Regioni ed escludendo delle decisioni Comuni, Province e cittadini, si sta cullando in una pia illusione”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante che chiedono se “il governo intende davvero realizzare gli impianti, contro tutto e contro tutti, con l’aiuto dell’esercito”. “Il governo Berlusconi, impugnando oggi le leggi regionali di Basilicata, Puglia e Campania – sostengono i due senatori ecodem - conferma purtroppo la sua grande miopia e un atteggiamento di arroganza istituzionale che non lo porterà da nessuna parte. Il decreto legislativo sul nucleare, all’esame del Parlamento, esclude di fatto dalle decisioni sui siti sia i cittadini che gli enti locali, mentre riserva alle Regioni, alle quali la Costituzione riserva su questi temi un potere legislativo concorrente, un ruolo solo residuale”.
“La scelta nucleare del governo è sbagliata, costosa, pericolosa e sta già togliendo risorse ad altri settori energetici, come quello delle fonti rinnovabili, sui quali i paesi più all’avanguardia investono massicciamente. Non poteva dunque – concludono i due senatori del Pd – certo incontrare il consenso degli enti locali e delle Regioni”.
ORE 13:42 - PALESE, VENDOLA NON FIRMO' LA LEGGE
''Il 25 novembre, quando abbiamoapprovato in Consiglio regionale la legge regionale sul nucleare che è stata impugnata, Vendola non c'era, era assente, non l’ha votata”. Lo sottolinea il capogruppo di Fi-Pdl alla Regione Puglia, Rocco Palese, candidato presidente per il centro destra alle prossime regionali, commentando le dichiarazioni fatte dal presidente uscente della Regione Puglia, Nichi Vendola (candidato alle regionali per il centrosinistra) sulla decisione del Consiglio dei ministri di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale sulla denuclearizzazione della Puglia. “Noi respingiamo al mittente – ha detto Palese – l'accusa di non essere attenti all’ambiente e alla qualità della vita. Il Consiglio dei ministri con il ministro Scajola, ha ritenuto che all’interno del provvedimento ci fossero per la Regione Puglia, per la Regione Basilicata e per la Regione Campania, vizi di legittimità costituzionale”. “In precedenza – ha proseguito Palese – 11 Regioni già erano andate davanti alla Corte Costituzionale per un altro provvedimento del genere. Quindi è un problema di metodo”. “Questo – ha concluso Palese - non significa nella maniera più assoluta che il governo ha intenzione o ha già deciso collocare nel presente e nel futuro qui in Puglia nè in altre regioni una centrale nucleare”.
ORE 14:00 - LA BASILICATA VIETA LA PRODUZIONE E DEPOSITO DI SCORIE
Nel Piear (Piano di indirizzoenergetico ambientale regionale), approvato all’unanimità dal Consiglio regionale della Basilicata lo scorso 13 gennaio, è stabilito che "in considerazione delle caratteristiche del territorio regionale, della vocazione economica e dello sviluppo delle risorse energetiche da esse ricavabili, l’ipotesi di produrre o impiegare l’energia nucleare non è compresa nelle ipotesi di sviluppo del sistema energetico della Regione".
Nel provvedimento di legge è specificato anche che "non è ritenuta possibile l’ipotesi che alcuna parte del territorio regionale possa ospitare un deposito di scorie nucleari anche superficiale, che accolga rifiuti nucleari provenienti da alcuna altra parte di Italia o del mondo".
"Considerando la volontà della Regione di voler sviluppare e valorizzare le risorse del territorio per profondere lo sviluppo sostenibile della regione Basilicata – è scritto nel Piano regionale – l'ipotesi nucleare non è considerata tra le scelte di generazione energetica possibili".
Nel novembre del 2003 la vicenda del nucleare in Basilicata provocò una protesta popolare in seguito alla decisione del Governo di realizzare a Scanzano Jonico (Matera) il deposito nazionale delle scorie nucleari: dopo 15 giorni di blocchi stradali e ferroviari e manifestazioni pacifiche, il Governo cancellò il cosiddetto "Decreto Scanzano".
ORE 17:15 - LA LEGGE REGIONALE PUGLIESE CONTRO IL NUCLEARE
Si compone di un unico articolo, suddiviso in tre commi, la legge regionale del 4 dicembre 2009 (n.30) approvata all’unanimità dal Consiglio regionale della Puglia con la quale si dice 'no' alla realizzazione di impianti nucleari sul territorio (il titolo è “Disposizioni in materia di energia nucleare”). La legge – pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia n.196 del 7 dicembre 2009 – stabilisce al secondo comma che: “Nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione e in assenza di intese con lo Stato in merito alla loro localizzazione, il territorio della Regione Puglia è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irragiato e dei rifiuti radioattivi, nonchè di depositi materiali e rifiuti radioattivi”.
Nel primo comma dell’unico articolo del testo di legge, si sostiene che: “La Regione Puglia, tenuto conto degli indirizzi nella politica energetica regionale, nazionale e dell’Unione europea, disciplina gli atti di programmazione e gli interventi operativi della Regione e degli enti locali in materia di energia, in conformità a quanto previsto dall’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale garantendo che vi sia una corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la capacità di carico del territorio e dell’ambiente”. Infine nel terzo ed ultimo comma dell’articolo unico si conclude: “nell’esercizio delle funzioni di rispettiva competenza, la Regione e gli enti locali operano nel rispetto delle condizioni di concorrenza sui mercati dell’energia in conformità alle norme comunitarie e nazionali e nell’assenza di vincoli e ostacoli alla libera circolazione dell’energia”.
ORE 18:00 - VENDOLA, LA PUGLIA REGALA GIA' L'87% DELLA SUA ENERGIA
«La Puglia regala all’Italia l’87% dell’energia che produce: noi non dobbiamo dare, dobbiamo ricevere». Lo ha detto, parlando con i giornalisti, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (Sel), dopo la decisione del Consiglio dei ministri di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale approvata all’unanimità dal consiglio regionale pugliese con la quale si dice 'nò alla costruzione di impianti nucleari sul territorio. «Noi – ha detto Vendola – ci stiamo sovraccaricando i costi di un governo prigioniero dell’opzione leghista, di scelte nordiste, profondamente antimeridionali, ma siamo pronti alla ribellione civile, democratica e popolare contro qualunque ipotesi che offende l’intelligenza perchè ci sottrae la prospettiva del futuro». «La Puglia – ha aggiunto – è oggi in condizione di ricevere, noi ci aspettiamo in Puglia l'abbattimento del costo della bolletta dell’energia elettrica per le imprese e per i cittadini».

ORE 19:20 - ZAZZERA (IDV), QUESTO E' UN GOVERNO RADIOATTIVO
Secondo il coordinatore regionale pugliese di Italia dei valori, Pierfelice Zazzera, «la  decisione del governo nazionale di ricorrere alla Corte  Costituzionale contro le leggi di Basilicata, Campania e Puglia  che dicevano no al nucleare, ratificata e sostenuta anche dal  ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, conferma la  volontà del centrodestra di passare sulla testa dei cittadini e  di andare per la propria strada prescindendo dal territorio». «E' un dato preoccupante – afferma – aldilà delle  motivazioni tecniche addotte, perchè spinge il dibattito tra  istituzioni sul piano dello scontro, facendo apparire le materie  della tutela ambientale e della salute dei cittadini da un lato  e quella della tutela del fabbisogno energetico dall’altro, inconciliabili. Questo è un governo radioattivo che sta  inquinando ogni parte del paese». Secondo Zazzera, «il ricorso alla Corte Costituzionale è il  segno di chi decide fregandosene del territorio e dei cittadini,  quasi fossimo colonie da sottomettere».
«Vorremmo sentire il  ventriloquo di Fitto – conclude – cosa pensa al riguardo dopo che in Consiglio regionale ha sostenuto e votato la legge per dire no alle centrali nucleari in Puglia. Dicci qualcosa Rocco Palese, altrimenti dobbiamo pensare che il signore di Arcore  ordina e l’uomo di Maglie risponde assentendo». Per Zazzera,  quindi, è necessaria «una mobilitazione regionale di fronte al  tentativo di ridurre la Puglia ad una discarica  nucleare».
ORE 19:30 - SINDACO DI SCANZANO, PRONTI AD OGNI INIZIATIVA
«Il Comune di Scanzano jonico ha intenzione di sostenere ogni iniziativa contro il nucleare in Basilicata in piena armonia con le decisioni assunte dalla Regione, difendendone la scelta in ogni opportuna sede». Lo afferma il sindaco di Scanzano Jonico (Matera), Salvatore Iacobellis. Scanzano è il simbolo della protesta contro il nucleare dopo la battaglia popolare del 2003. Il governo, con decreto, stabilì nel novembre di sette anni fa di realizzare nel centro materano un deposito geologico di scorie nucleari per farne il 'cimitero' unico, scegliendo - sulla base di uno studio della Sogin - le cave di salgemma di Terzo Cavone. La ferma contrarietà e la 'marcia dei centomila', un serpentone di persone che si snodò da Policoro a Scanzano Jonico, nel giro di due settimane fece fare dietrofront al Parlamento che doveva convertire in legge il decreto. Il riferimento a Scanzano Jonico venne depennato. Da quel momento gli abitanti hanno sempre tenuto la guardia alta. Intanto Terzo Cavone è stato scelto per ospitare alcuni luoghi della 'Città della pace', la cittadella per i bambini orfani dei Paesi in guerra nel mondo o vittime di calamità naturali. Già bandita la gara d’appalto, sono in corso le procedure per l’affidamento dei lavori per la costruzione delle strutture in cui ospitare i bambini che assumeranno lo status di rifugiati.
ORE 20:00 - DI PIETRO, IL GOVERNO STA PORTANDO L'ITALIA VERSO LA GUERRA CIVILE
«Il governo si accinge ad impugnaredinanzi alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l’installazione di impianti nucleari nei territori regionali. In termini di diritto, la legge potrà anche permettere tale operazione, ma in termini di fatto è una dichiarazione di guerra che porterà l'Italia sull'orlo di una guerra civile, mettendo lo Stato contro i cittadini»: è quanto scrive Antonio Di Pietro sul suo blog. «Le parole di Vendola, quando ha affermato che il governo si dovrà munire dei migliori carri armati per disporre della Puglia e dei pugliesi a suo piacimento – aggiunge – appaiono come una provocazione. Da domani, con l’arroganza istigatrice di Scajola, potrebbero diventare realtà». «Gli italiani sono scesi in piazza e si sono recati alle urne, nel 1987, ed hanno messo alla porta il nucleare con un referendum. Se Silvio Berlusconi, per interessi ed accordi interpersonali, ha deciso di riportarci indietro di vent'anni reintroducendo una tecnologia superata, nociva e fallimentare, deve farlo con le stesse modalità, piazza per piazza, regione per regione e non con i suoi sondaggi taroccati».
«L’Italia dei Valori domani inizierà la raccolta firme per il referendum contro il nucleare. I quesiti sono già stati depositati presso la Corte di Cassazione ed hanno lo scopo di chiamare i cittadini ad assumersi responsabilità importanti che peseranno sul loro futuro e su quello dei propri figli».
04 Febbraio 2010
Nucleare: Cdm contro stop 3 regioni
Ricorre a Consulta per leggi regionali Puglia-Campania-Basilicat
(ANSA) - ROMA, 4 FEB - Il Cdm impugnera' davanti alla Consulta le leggi regionali di Puglia-Campania-Basilicata che impediscono l'installazione di impianti nucleari. La decisione e' stata presa su proposta del ministro Scajola d'intesa con Fitto.
''L'impugnativa - dice Scajola - e' necessaria per ragioni di diritto e di merito.
Le 3 leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato e non ne riconoscono l'esclusiva competenza in materia di tutela di ambiente, sicurezza interna e concorrenza.
04 Febbraio 2010
De Filippo: Faremo rispettare territorio Basilicata
POTENZA - Il Presidente della RegioneBasilicata, Vito De Filippo, in una dichiarazione, ha detto che “non sorprende la decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare la legge regionale della Basilicata che impedisce l'installazione di impianti nucleari sul proprio territorio. Il Governo – ha aggiunto – viene allo scoperto e conferma la linea ispirata ad un egoistico centralismo”.
“Viene censurata – ha spiegato il Governatore lucano – una normativa regionale che è invece impiantata su una legittima aspirazione e su una legittima convinzione di un intero territorio.
Rispetto alle leggi di altre Regioni, quella della Basilicata, che approva il Piano di indirizzo ambientale regionale, prevede che non è possibile installare nè impianti di produzione elettronucleare, nè di stoccaggio di rifiuti nucleari senza la preventiva intesa tra la Regione e il Governo. Questa previsione normativa – ha proseguito De Filippo - conferma la valenza del provvedimento sia dal punto di vista della forma sia della sostanza. E’ inconcepibile che il Governo possa ritenere di poter realizzare impianti nucleari senza l'assenso della Regione interessata”.
Per De Filippo, “il nucleare non è materia esclusiva dello Stato. Su di essa debbono potersi esprimere le comunità e le Regioni. Nel caso della Basilicata, abbiamo sempre opposto all’impostazione del Governo un’altrettanta nitida scelta politica a livello regionale. Ora si apre un conflitto davvero complicato. Noi manterremo la nostra posizione e faremo rispettare a tutti i costi il nostro territorio e le nostre scelte, ritenendo che anche la Corte Costituzionale non potrà non concordare con la nostra previsione di legge. Ad ogni buon conto, mi impegno – ha concluso De Filippo – a vigilare affinchè nel territorio lucano non venga installato alcun impianto di energia elettronucleare, nè alcun deposito di scorie nucleari”.
04 Febbraio 2010
Fitto: leggi Regioni fanno propaganda elettorale
ROMA - ''Il Governo e' tenuto alla coerenzacostituzionale. Alcune regioni un pò meno. E ancora di meno quando si avvicinano le campagne elettorali e una nuvola di fumo negli occhi degli elettori si ritiene utile per coprire guasti e inadempienze”. Così il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, commenta il caso delle leggi regionali sul nucleare di Puglia, Calabria e Basilicata che il Governo ha impugnato.
“Il punto è che tali leggi – sottolinea il ministro in una nota – hanno solo un fine di agitazione e propaganda, ma il piccolo difetto di essere in netto contrasto con la Costituzione e che questo, prima ancora di riguardare il merito, riguarda il diritto e il rispetto della nostra Carta fondativa che non può essere trascinata in campagna elettorale. Si tratta proprio di quella Costituzione la cui sacralità è spesso sbandierata per banali interessi di parte. Come spiegare ai nostri eroi già tumultuanti nelle piazze che sventolare il fantasma del nucleare è l’ennesima chiacchiera? Noi – conclude Fitto – lo spiegheremo agli elettori”.
04 Febbraio 2010
Brindisi reagisce: «Il territorio deve essere denuclearizzato»
Gli enti locali reagiscono immediatamente alla decisione deI Consiglio dei ministri che intende impugnare dinnanzi alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l’installazione di impianti nucleari nei loro territori. La notizia della decisione assunta su proposta del ministro Claudio Scajola, d’intesa con il ministro Raffaele Fitto, ha determinato nel Presidente della Provincia Massimo Ferrarese la decisione di invitare il Presidente del Consiglio provinciale a convocare l’assise, affinché «lo stesso possa assumere le proprie determinazioni circa la denuclearizzazione del territorio di tutta la provincia attraverso un ordine del giorno proposto dallo stesso Ferrarese».
FERRARESE - «Considero estremamente grave – ha detto il presidente – il ricorso avviato dal Governo nei confronti della legge regionale in quanto rappresenta la chiara volontà di installare un impianto dall’impatto devastante per il territorio. Infatti, i cittadini della Provincia - ha proseguito - in più occasioni mi hanno espresso il totale dissenso all’ipotesi di una installazione di una centrale termonucleare ed io oggi sento forte il dovere di far mio il sentimento di preoccupazione dei cittadini avviando una prima azione formale volta a contrastare qualunque iniziativa in questo senso».
TOMASELLI - «La decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare davanti alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata, con cui si esprime l’indisponibilità ad ospitare l'installazione di centrali nucleari, è la conferma che il Governo vuole farsi beffa della volontà di istituzioni e comunità locali», ha affermato il sen. Salvatore Tomaselli: «Il ricorso alla Consulta - dice - tradisce in tutta evidenza l’idea di sostituire il confronto con l’imposizione, espropriando gli enti locali di ogni ruolo nella scelta dei siti. Tutto ciò a pochi giorni dal pronunciamento di tutte le regioni, meno tre, che hanno manifestato la loro opposizione alla realizzazione di impianti nucleari sui loro territori». «A ciò dobbiamo aggiungere che nella legge che riapre al nucleare, si giunge finanche a stabilire che i siti che ospiteranno le centrali saranno di “interesse strategico nazionale” e come tali soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione»
WWF ITALIA - Dissenso, al riguardo, viene espresso anche dal Wwf Italia che parla di «ritorsione inutile e dannosa» e di «condotta gravemente lesiva del ruolo delle Regioni come stabilito dalla Costituzione, che in materia di energia affida ad esse potere concorrente. Con la conseguenza che la potestà delle Regioni sul territorio diventi non vincolante e, addirittura, neanche presa in considerazione». «Quest’azione del Governo, fra l’altro - sottolinea il Wwf - non promuove di certo una maggiore autonomia dei territori in senso federalista (come una parte del Governo chiede), ma propone logiche autoritarie e centralistich e».
ZAZZERA - «La decisione del governo nazionale conferma la volontà del centrodestra di passare sulla testa dei cittadini e di andare per la propria strada prescindendo dal territorio» ha detto l’on. Pierfelice Zazzera, coordinatore regionale dell’Italia dei Valori Puglia, il quale sostiene la necessità di «una mobilitazione regionale di fronte al tentativo di ridurre la Puglia ad una discarica nucleare».
SCIANARO - «All’evidente fine di evitare il confronto su quel che ha fatto e non ha fatto alla guida della Regione in un fallimentare quinquennio, Vendola si sta rifugiando su tematiche immaginifiche, se non metafisiche, quali il nucleare, il petrolio e la privatizzazione dell’acqua», ha detto invece Antonio Scianaro, componente del coordinamento regionale del Pdl e vicecapogruppo alla provincia. «Con riferimento al nucleare - ha detto ancora - egli finge di dimenticare che il centrodestra ha votato una legge regionale nella quale si subordina, per quanto riguarda la Puglia, ogni decisione al consenso esplicito e preventivo delle popolazioni interessate».
05 Febbraio 2010
A Lecce pronti alle barricate
Oltre 50 associazioni sono pronte a far scattare la mobilitazione contro il nucleare nel Salento. Ci sono le associazioni ambientaliste storiche, da Lega Ambiente all’Arci; ma ci sono anche le parrocchie, gli organismi del volontariato e i circoli culturali; ci sono gli scout dell’Agesci e i difensori della natura di “Coppula tisa”.
«La Puglia», sottolineano gli antinuclearisti, «in tema di produzione energetica e di problematiche per la salute, soprattutto con la centrale di Cerano, ha già dato, punterà i piedi, e se necessario disobbedirà al governo, anche se saranno attuate azioni coercitive tipo invio dell’esercito. La Puglia, secondo le associazioni, rischia di avere due centrali, una a Sud e l’altra in Capitanata.
Teresa Bellanova, parlamentare del Pd, parla di un Pdl schizofrenico, con Palese che vota contro e Fitto favorevole in prima fila. Anche Rifondazione esprime il disappunto contro il ricorso alla Consulta. La febbre nel Salento sale. Sarà la campagna elettorale, sarà la storia, quella degli inizi degli anni Ottanta, che si ripete. I tempi e i passi del governo però diventano sempre più coordinati. Ieri la notizia del ricorso alla Corte costituzionale contro le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che decidono all’unanimità di dichiarare il proprio territorio off limits per il nucleare.
La Costituzione prevede che l’energia è materia di legislazione concorrente tra regioni e stato. Non può essere, quindi, solo la regione a decidere in modo esclusivo. Si stringe anche il tempo per l’approvazione del decreto sui criteri di selezione dei territori che ospiteranno le quattro centrali che sorgeranno in Italia entro il 2020.
Che il Salento possa essere una delle aree per l'insediamento di una centrale sta scritto in tanti rapporti scientifici a cominciare dagli anni Settanta. La prima mappa, infatti, fu elaborata dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia nucleare); su questa mappa ha lavorato anche l’Enea (Ente nazionale per le energie alternative) che eliminò i siti costieri a rischio di inondazione (soprattutto in provincia di Foggia e al confine tra la Puglia e la Basilicata). Nella mappa del Cnen compaiono diversi siti possibili, a nord di Porto Cesareo (costa Avetrana e Manduria), a sud di Gallipoli, a nord di Otranto e a sud di Brindisi. Anche la costa di Nardò è tra quelle selezionate.
Su questa mappa lavorò l’Enea, all’inizio degli anni Ottanta, quando la regione inserì la scelta nucleare tra gli obiettivi del piano regionale di sviluppo. In realtà, l’opzione del nucleare era alternativa al carbone. La mega centrale di Cerano fu costruita perché la strenua opposizione delle comunità locali (Avetrana, Manduria e la stessa Porto Cesareo) determinò il fallimento dell scelta regionale.
Lo stesso Nicola Quarta, il presidente della regione tra il 1979 e il 1983, più volte ha chiarito che la centrale di Cerano era alternativa al nucleare. «La Puglia - ha ribadito in diverse interviste - non può ospitare altre centrali, di nessun tipo». E’ un argomento che allo stato delle cose non determina l’esclusione del Salento dalle aree suscettibili di insediamenti. Mentre gli esponenti del governo mantengono un atteggiamento riservatissimo nella rete circolano le ipotesi più disparate. Le associazioni ambientaliste sono convinte che qualcosa succederà. C’è chi ritiene che nell’area dell’Arneo possa essere localizzato il deposito delle scorie. Ad Avetrana, il coordinamento degli oppositori alla centrale non si è mai sciolto. Sono cambiati i coordinatori, ma l’attenzione è rimasta. L’attuale responsabile si chiama Antonio Forte, convinto che «dal 1986 ad oggi nulla è cambiato ». Avetrana fu l’e picentro della protesta. Il 20 marzo del 1982 scesero in piazza 15mila persone provenienti soprattutto dai centri del Salento. Sindaci e lo stesso arcivescovo di Oria, Armando Franco, sostennero la protesta. Le foto ingiallite di quella manifestazione circolano ancora sul web.
05 Febbraio 2010
Basilicata: no atomo
De Filippo: Niente impianti nè scorie
di GIOVANNI RIVELLI
All’unanimità. Il Consiglio regionale di Basilicata si era espresso all’unanimità a favore della norma che ieri il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare, quella che statuisce che «in considerazione delle caratteristiche del territorio regionale, della vocazione economica e dello sviluppo delle risorse energetiche da esse ricavabili, l’ipotesi di produrre o impiegare l’energia nucleare non è compresa nelle ipotesi di sviluppo del sistema energetico della Regione» e che «non è ritenuta possibile l’ipotesi che alcuna parte del territorio regionale possa ospitare un deposito di scorie nucleari anche superficiale, che accolga rifiuti nucleari provenienti da alcuna altra parte di Italia o del mondo».
Quella scelta bipartisan fa ora i conti con le mai sopite paure per la vicenda del progetto di discarica nucleare a Scanzano e col clima prelettorale che vede il centrosinistra paventare progetti inquietanti di Roma, il centrodestra tranquillizzare sull’assenza di secondi fini nell’azione decisa dal governo. A suonare la carica è il presidente della Regione Vito De Filippo, (Pd). «Il Governo - dice - viene allo scoperto e conferma la linea ispirata a un egoistico centralismo. È inconcepibile che il Governo possa ritenere di poter realizzare impianti nucleari senza l'assenso della Regione interessata. Noi manterremo la nostra posizione e faremo rispettare a tutti i costi il nostro territorio e le nostre scelte, ritenendo che anche la Corte Costituzionale non potrà non concordare con la nostra previsione di legge».
«Ad ogni buon conto, mi impegno - ha concluso De Filippo - a vigilare affinchè nel territorio lucano non venga installato alcun impianto di energia elettronucleare, nè alcun deposito di scorie nucleari». E a rafforzare dubbi e posizioni ci pensa l’on. Salvatore Margiotta (Pd) secondo cui «non si capirebbe per quale motivo il Governo decida di impugnare tale legge, se non ritenesse il nostro territorio tra quelli in cui potenzialmente realizzare centrali, e, soprattutto, come ben noto tra gli addetti ai lavori, il deposito unico di scorie radioattive».
A gettare acqua sul fuoco ci prova, invece, il capogruppo Pdl alla Regione nonchè candidato alla presidenza dello stesso schieramento Nicola Pagliuca. «Il Governo - spiega - ha impugnato la legge lucana che diceva “no” al nucleare per questioni di competenza che attribuiscono in modo esclusivo la materia ambientale al Governo nazionale» e nel tranquillizzare i lucani, ha aggiunto che la «Basilicata partecipa in termini ambientali alle vicende energetiche nazionali attraverso i suoi giacimenti petroliferi e i centri oli presenti sul territorio. Queste le ragioni che ci consentono di poter, senza ombra di dubbio, condividere l’operato del Governo in merito all’obiettivo complessivo di voler offrire, anche attraverso il nucleare, competitività al Paese e dall’altro di tranquillizzare i lucani sull'atteggiamento che manterremo per la nostra regione». Anche in questo caso, una posizione rafforzata a livello parlamentare dall’intervento dei senatori Guido Viceconte, Cosimo Latronico ed Egidio Digilio e dal deputato Vincenzo Taddei.
«La Basilicata - hanno assicurato - può e deve stare tranquilla perchè non ci sono le caratteristiche territoriali ed ambientali per realizzare lì una centrale nucleare o il deposito nazionale dei rifiuti rad ioattiv i». Ma le spiegazione di Pagliuca e i parlamentari Pdl non bastano a sgombrare il campo da dubbi e timori e il capogruppo Idv al Senato, il lucano Felice Belisario afferma che «le dichiarazioni del candidato presidente del Pdl, Nicola Pagliuca, sono poco credibili» sostenendo che «la verità è che il governo se ne infischia delle autonomie territoriali e pensa all’Esercito per imporre le centrali nucleari o il deposito di altre scorie anche in Basil icata». «I lucani - esorta Belisario - spazzino via con il loro voto tutte le contraddizioni del centrodestra che a Roma, grazie alla complicità dei parlamentari lucani, vuole fare della Basilicata la pattumiera radioattiva d’Italia, mentre Pagliuca fa finta di tranquillizzare la popolazione pur sapendo che il suo amico ministro Scajola, ha ben altro in mente».
05 Febbraio 2010
Dg del Ministero: «Sul nucleare solo polemiche»
di ONOFRIO PAGONE
«Polemiche premature, pretestuose, elettorali». Gli aggettivi sono come lame affilate. Non li usa un politico, ma un tecnico: Sergio Garribba, che è ingegnere nucleare ma soprattutto è direttore generale per l’Energia del ministero per lo Sviluppo Economico. La politica nucleare del governo passa insomma dalle sue mani; ogni deliberazione al riguardo finisce sulla sua scrivania: anche il ricorso alla Corte Costituzionale deliberato ieri dal Consiglio dei ministri contro le leggi regionali di Puglia, Basilicata e Campania in materia di installazioni nucleari. E’ un tecnico, dunque nessun commento alla decisione del governo, ma sulle polemiche che ne sono seguite la valutazione gli viene spontanea.
Ingegnere, perché ritiene “pretestuosa” la reazione delle Regioni alla decisione del governo? «Perché al momento non c’è niente, nessuna decisione nel merito. Non è nemmeno ipotizzabile ora la localizzazione dei siti, perché non ci sono indicazioni di nessun tipo».
Il decreto legislativo per fissare i criteri da seguire è annunciato per il 10 febbraio. Parliamo di questi criteri? «Sono condivisi da più ministeri, ma non sono ancora definiti. Vede, sono previsti passi preliminari prima ancora di individuare le aree in cui ipotizzare gli insediamenti».
Cosa intende per “aree”? «Si ritiene che le “aree” siano delle sub-regioni, territori comunque molto ampi, adatti o no per insediamenti nucleari».
Qual è la procedura? «Il procedimento prevede che siano fissati criteri generali di valutazione, da specificare poi in modo progressivo. Tanto è vero che c’è chi ritiene che questo meccanismo contemplato dal decreto sia un po’ troppo macchinoso: c’è un preliminare per fissare i criteri, i quali a loro volta devono consentire di individuare le aree. Solo successivamente i soggetti interessati, cioé le società elettriche, propongono eventuali siti in queste aree, ma i siti devono rispondere a pre-requisiti che dovranno essere stabiliti dalla Conferenza Stato-Regioni».
Quindi è prevista la consultazione delle Regioni? «Certo che è prevista. Sono previsti due passaggi consultivi: uno sulla delimitazione delle aree, uno sulla scelta dei siti. Anche i criteri per identificare le aree - criteri ancora da stabilire, ripeto - vengono definiti in questo processo consultivo, inevitabilmente lungo».
Che tempi avete previsto? «Non meno di un anno e mezzo, per queste inevitabili consultazioni. Perciò le polemiche in questo momento sono premature e pretestuose».
Vuol farci credere che non avevate previsto la reazione delle Regioni? «Posso dire che il decreto legislativo in preparazione è estremamente garantista per le Regioni, più di quanto lo sia la legge che prevede lo stesso decreto legislativo. Ogni polemica in questo momento si sviluppa in chiave elettorale perché si stanno anticipando i tempi della decisione, e di molto...».
E invece? «Invece tutto il procedimento è impostato in tre fasi, in modo da garantire il dialogo con le Regioni e con le comunità locali; è prevista la massima trasparenza, pubblicità massima. Al momento il governo non ha dato alcuna indicazione perché non ci sono scelte già fatte, ma solo l’avvio di un procedimento: su questa materia è meglio che ci sia consenso».
06 Febbraio 2010
La Puglia già paga con Cerano e l'Ilva. E la Basilicata teme un'altra Scanzano
Clima politico infuocato. Il candidato Pdl alla presidenza della Regione, Rocco Palese ammette: «Sono favorevole al ritorno dell’Italia al nucleare, ma dico no a una centrale e all’eventuale stoccaggio di rifiuti radioattivi in Puglia. Già contribuiamo con le centrali elettriche a Brindisi e Taranto».
La replica a Sergio Blasi, segretario regionale Pd: «L’eventuale vittoria del centrodestra alla Regione porta con sé il nucleare in Puglia. Rocco Palese dice sì “al ritorno dell'Italia nel nucleare” e “no alle centrali in Puglia”: mente sapendo di mentire».
Dal Pdl la difesa di Saverio Congedo: «Le dichiarazioni di Palese, che esclude ipotesi di centrali in Puglia, fanno giustizia della mistificazione con cui la sinistra vuol nascondere il fallimento del suo governo alla Regione».
L’assessore all’Ecologia, Onofrio Introna, entra nel merito: «Il governo declama le presunte virtù ambientali del nucleare, ma continua a tenere per sé elementi quali tipo, qualità, localizzazione degli impianti. E le Regioni continuano a star fuori dalla procedura di decisione. Resta il rifiuto della Puglia». La collega alle Poliche energetiche, Loredana Capone, aggiunge: «Sulla nostra testa la minaccia della scelta della lobby del nucleare che punterebbe sulla Puglia. È già alto il prezzo pagato dai cittadini per il carbone di Cerano e per la diossina di Taranto».
La senatrice Adriana Poli Bortone insinua il dubbio che qualcosa non torni: «il governo dice di considerare le istituzioni locali, ma fa finta di non vedere che al decreto sul nucleare manca il parere della Conferenza unificata. Quanto a Vendola, forse avrebbe fatto meglio a partecipare a qualche conferenza Stato-regioni in più».
Dalla Basilicata l’allarme del senatore Filippo Bubbico, il quale teme che ci sia un disegno per realizzare nella sua regione il sito di stoccaggio delle scorie nucleari. «Va alzata al massimo la sorveglianza», dice.
L’onorevole Teresa Bellanova chiede che: «Il governo dica subito dove intende costruire queste centrali». Il senatore Salvatore Tomaselli teme che il nucleare: «mini alle basi uno dei pochi mercati liberalizzati, quello dell’energia per favorire Enel e la francese Edf».
Pierfelice Zazzera, parlamentare Idv attacca: «Che ruolo svolga il ministro Fitto? Difende gli interessi dei pugliesi? Si accorge che questo governo calpesta la dignità anche dei suoi elettori? Da domenica gazebo per chiedere la rivolta civile contro questo governo». Marcello Vernola (Udc), è più moderato: «No alle centrali nucleari in Puglia, che già produce energia per tutta l'Italia. Abbiamo già dato e ottenuto nulla. Facciamo le centrali al Nord dove si consuma di più e si produce meno».
11 Febbraio 2010
Ritorna il nucleare
Regioni contrarie
ALESSANDRA FLAVETTA
ROMA. Il governo intende avviare dal 2013 i cantieri per costruire le centrali a combustibile nucleare e dal 2020 la produzione di energia nucleare, in Italia. Lo annuncia, in una nota, il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, al termine del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto legislativo in materia di «localizzazione ed esercizio degli impianti di produzione elettrica nucleare», previsto dalla legge delega 23 luglio 2009 n. 99. Quest’ultimo è il provvedimento contro il quale 11 regioni, tra le quali Puglia e Basilicata, sono in attesa del giudizio pendente davanti alla Corte Costituzionale (che si esprimerà a giugno), per eccesso di delega e per la mancata previsione di legge, nel rilascio dell’autorizzazione unica per costruire le centrali nucleari, dell’intesa con la Regione territorialmente competente.
In base a quanto reso noto dai rappresentanti del governo, sembra non ci sia alcuna sostanziale novità nel decreto legislativo di ieri, rispetto allo schema di decreto legislativo approvato lo scorso 22 dicembre. Il ministro Scajola spiega che «con la prossima nascita dell'Agenzia per la sicurezza nucleare e la predisposizione della strategia nucleare, gli operatori potranno proporre i siti per la realizzazione degli impianti e presentare i progetti per le relative autorizzazioni».
Essendo le centrali considerate attività di preminente interesse statale, sono soggette all’ autorizzazione unica, che «prevede il coinvolgimento delle Regioni interessate», assicura il ministero dello Sviluppo, anche se la legge delega parla solo della necessaria intesa in Conferenza unificata. Resta confermata «la più ampia partecipazione delle Regioni, degli enti locali e delle popolazioni, anche attraverso consultazioni, su procedure autorizzative, misure di protezione sanitaria e di salvaguardia dell'ambiente». Riferendosi, molto probabilmente, all'istituzione dei «Comitati di confronto e trasparenza» in ogni Comune sede di una centrale.
I benefici economici per le popolazioni, le imprese e gli enti locali dei territori interessati consistono nella riduzione della spesa energetica per gli utenti e delle tasse: Tarsu, addizionale Irpef, Irpeg ed Ici. Le compensazioni sono a carico dei titolari degli impianti, così come i costi relativi allo smantellamento dei siti, a termine esercizio, affidato a Sogin. Il decreto prevede anche la creazione del deposito nazionale per le scorie nucleari, in un parco tecnologico con centro di ricerca.
Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo esprime «soddisfazione per la decisione di confermare la previsione di sottoporre gli impianti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e a Valutazione di impatto ambientale (Via)».
Ed è polemica sull’opportunità di rendere nota l’ubicazione delle centrali nucleari prima delle elezioni regionali, quasi tutti i candidati governatori del centrodestra plaudono al nucleare, ma escludono la localizzazione dei siti nelle Regioni in cui si vota. La Conferenza delle Regioni aveva già espresso parere negativo, a maggioranza, sullo schema di decreto approvato lo scorso 22 dicembre, ritenendo «pregiudiziale, per qualsiasi ulteriore sviluppo del programma nucleare, risolvere i problemi costituzionali sulla certificazione dei siti e l’autorizzazione unica». Secondo la Conferenza, la disciplina per la localizzazione degli impianti prevede l’intesa con la Regione interessata «solo a conclusione del processo di certificazione del sito proposto da un operatore di mercato e operato dall’Agenzia sicurezza nucleare». Se la Regione non vuole la centrale, «si supera l’eventuale diniego mediante il ricorso ad un decreto del presidente della Repubblica e all’intesa con la Conferenza unificata sull’elenco totale dei siti». Se non c’è accordo, ultima parola al Consiglio dei ministri.
11 Febbraio 2010
Scorie nucleari un parco-sito che ricorda l'Itrec lucano
di GIOVANNI RIVELLI
Nessun sito nel decreto legislativo del Governo sul nucleare, nessun «identikit» di sito, e la Basilicata resta con il fiato sos peso. E così si va avanti con il «totolocalizzazione», mentre si analizzano, in particolare, le modalità con cui si arriverà alla localizzazione e il grado di coinvolgimento delle amministrazioni locali. E nel decreto salta subito all’occhio l’ipotesi di creazione di un deposito nazionale realizzato in un più ampio Parco tecnologico che conterrà anche un centro di ricerca sul trattamento delle scorie nucleari.
Qualcosa che suona sinistro in Basilicata non solo perchè già individuata (nel 2003) come sito unico delle scorie ma anche perchè in regione già esiste un centro di ricerca sul trattamento delle scorie nucleari, ossia l’Itrec di Rotondella. In quell’impianto, nato per il riprocessamento del combustibile irraggiato e la rifabbricazione remotizzata del nuovo combustibile, è già stata realizzata l’installazione Sirte (Sistema Integrato per il Rilancio e Trattamento Effluenti) che, insieme alla macchina MoWa (MObile WAste) ha effettuato, tra il 1995 e il 1997, la solidificazione mediante cementazione di 80 metri cubi di rifiuti radioattivi liquidi a bassa attività e, dopo alcuni adeguamenti, ha effettuato successivamente la cementazione dei rimanenti rifiuti liquidi, inclusi quelli a più elevata radioattività. Considerato che il decreto approvato ieri un parco con «strutture comuni per i servizi e per le funzioni necessarie alla gestiuone di un sistema integrato di attività operative, di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico, di infrastrutture tecnologiche per lo svolgimento di attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato», o la Baislicata «perderà» l’Itrec, o «guadagnerà», il sito unico. E, qualunque sia la sorte, alla fine non avrà l’ultima parola.
La procedura individuata prevede che il Ministero dello Sviluppo Economico sottoponga l’ipotesi alla Regione interessata, che, a sua volta, deve sentire il Comune. Ma se non si raggiunge l’intesa in 60 giorni, si provvede alla costituzione di un Comitato interistituzionale che deve cerca di definire l'accordo in altri 60 giorni. E se accordo non c’è anche ora, si procede con un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata. Il quale, solo tra i ministri, non potrà far molto.
E il complesso di previsioni già fa discutere. «Possiamo vedere le similitudini con varie realtà - dice il sen. Filippo Bubbico (Pd) - questo significa alzare al massimo la nostra sorveglianza perchè ciò non accada dal momento che il parco tecnologico dovrebbe ospitare in via “provvisoria” per alcune centinaia di anni rifiuti di terza categoria. Sono rifiuti che decadono in 300mila anni e l’ubicazione sarebbe provvisoria in termini geologici, ma permanente in termini umani. E poi di fatto sarebbe un’azione forzosa perchè, nella scelta dei siti, si attiva procedura che non tiene in alcun conto la posizione delle Regioni. Ma io ho fiducia che l’azione avviat adalla Basilicata con altre 11 Regioni per bloccare l’ef ficacia della legge per evidente incostuzionalità abbia successo». Di tutt’altro registro il parere del sen. Cosimo Latronico (Pdl).
«Non facciamo “totolocalizzazioni” sulla base di nessun presupposto - dice - se stiamo persone serie, che stiamo agli atti, il governo nazionale ha fatto una scelta, che il 30% dell’energia deve venire dal nucleare. La seconda scelta è quella di costruire un percorso per giungere alla definizione dei siti, con una procedura che coinvolga tutti gli interessi e le autonomie locali, riservandosi la potestà che la costituzione riconosce allo Stato. Immagino che non ci saranno imposizioni, prevaricazioni. Ma la competenza è chiaramente statale, per questo ha impugnato alcune leggi regionali, perchè è materia che attiene alla sicurezza nazionale».
Un tema su cui obietta il segretario regionale Cgil, Antonio Pepe, indicando la decisione del Governo di impugnare le leggi regionali come «un atto di prepotenza, anche perchè, secondo la Costituzione, si tratta di una materia concorrente tra Stato e Regioni». E sulla stessa linea si schiera anche il segretario regionale del Pd, Roberto Speranza: «È preoccupante - dice - la scelta del governo di impugnare la legge regionale lucana che prevede l'impossibilità di installare impianti di produzione elettronucleare e di stoccaggio dei rifiuti senza una preventiva intesa».
11 Febbraio 2010
Berlusconi: interessati a costruire centrali nucleari in Albania
ROMA – L'Italia è «molto interessata» alla «possibilità» di progetti di centrali nucleari in Albania. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con il collega albanese Sali Berisha. «L'Albania ha un programma ambizioso per diventare un centro di produzione di energia – ha affermato Berlusconi -. Berisha mi ha illustrato tutta una serie di progetti che riguardano sia le energie tradizionali, sia la rigassificazione di gas liquido, le centrali termoelettriche e la possibilità anche di centrali nucleari. L’Italia è molto interessata».
Tra Italia e Albania, ha spiegato il premier, esiste un particolare rapporto per cui «anche per quanto riguarda in futuro i conteggi dell’energia e della produzione, la produzione in Albania sarà come se fosse produzione in Italia». «Questo rende molto interessante questa collaborazione, credo – ha concluso il presidente del Consiglio – che ci sarà molto da fare in questa direzione».
«Siamo aperti all’energia nucleare». E – ha aggiunto Berisha – sono convinto che anche gli albanesi non potranno non comprendere «i grandi benefici di questa forma di energia più pura e più costante». «L'Albania – ha assicurato – diventerà un polo energetico importantissimo nei Balcani, una piccola super potenza».
12 Febbraio 2010
«Mola, Nardò, Scanzano nella lista Enel-Edf dei siti "nucleari"»
ROMA – «Il 19 novembre 2009 Enel e Edf, in un incontro romano, hanno chiuso la lista delle proposte dei siti dove realizzare le centrali nucleari in Italia, che presenteranno al governo italiano e all’agenzia nucleare. In base alla legge che reintroduce il nucleare in Italia, sarà l'Enel insieme a Edf a proporre al governo la localizzazione delle centrali nucleari in Italia. Enel e Edf consegneranno la lista dei siti alcuni giorni dopo l’insediamento dell’agenzia nucleare italiana che avverrà successivamente le elezioni regionali». Così Angelo Bonelli, segretario dei Verdi.
«Il rallentamento nell’istituzione dell’agenzia nucleare è dovuta ad una precisa strategia del governo – spiega – che vuole assumere le decisioni solo dopo le elezioni regionali per non danneggiarne il risultato». «Questa strategia è stata concordata tra il governo Italiano e l’Enel, dopo il passo falso commesso dall’amministratore delegato dell’Enel Conti che in una trasmissione televisiva del 5 dicembre affermò che i siti erano stati individuati ma che «non li avrebbe mai detti nemmeno sotto tortura».
Tra le regioni che Enel-Edf hanno identificato come siti potenziali per i reattori, secondo Bonelli, ci sono: Monfalcone (Friuli Venezia Giulia), Chioggia (Venezia), Caorso (Emilia Romagna), Fossano e Trino (Piemonte), Scarlino (Toscana), San Benedetto del Tronto (Marche ), Montalto di Castro e Latina (Lazio), Termoli (Molise), Mola di Bari (Puglia) o sito tra Nardò e Manduria, Scanzano Ionico (Basilicata), Oristano (Sardegna), Palma (Sicilia). «Noi Verdi italiani attraverso la collaborazione con gli ecologisti francesi continuiamo la nostra operazione verità , perchè i cittadini hanno il diritto di sapere prima delle elezioni dove verranno realizzate le centrali nucleari in Italia», conclude Bonelli.
14 Febbraio 2010
Lucani, fronte anti-nucleare
di Vito De Filippo *
Il fantasma del nucleare torna ad aleggiare sulla nostra regione. Prima l’impugnativa da parte del governo della nostra legge regionale n. 1/2010, art. 8, che, analogamente alle leggi varate da Puglia e Campania (anch’esse impugnate), vincolava ogni decisione relativa ad impianti di produzione elettronucleare o di stoccaggio di rifiuti nucleari ad una previa ed espressa condivisione da parte della Regione.
Poi l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, in totale dispregio del parere della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, del decreto legislativo recante la disciplina per la localizzazione, la realizzazione e l’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.
E’ appena il caso di ricordare che, nonostante il Titolo V della Costituzione assegni esplicitamente alle Regioni le prerogative in materia energetica, la legge n 99/2009 (art. 25, c. 2, lett. f) prevede che il governo, dinanzi all’indisponibilità delle istituzioni locali, possa esercitare i poteri sostitutivi che la Costituzione (art. 120) consente solo "nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali", oppure a fronte di "pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica", ovvero se "lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica", o "la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali".
A parte la ferma contrarietà ad una scelta strategica che giudico sbagliata e l’irrinunciabile difesa dell’autonomia della Regione e della comunità regionale su materie di tanto interesse, avverto la portata del rischio che può tornare ad incombere sul territorio lucano in quanto, com’è legittimo e comprensibile, il diniego all’ubicazione di impianti di produzione o di stoccaggio nucleare accomuna in questo momento tutti, o quasi tutti, i candidati alla Presidenza delle Regioni, al di là dello schieramento di appartenenza, e dunque non è improbabile che, in forza del decreto legislativo sopra richiamato, il governo assuma decisioni unilaterali quanto sconsiderate. Per parte nostra, a partire dalle memorabili giornate di lotta di Scanzano, ci siamo sforzati di condurre, con l’ausilio di numerosi e qualificati esperti, il più approfondito esame della materia, pervenendo a ribadire senza incertezze l’assoluta incompatibilità realizzativa in Basilicata di un impianto di produzione elettronucleare o di stoccaggio di rifiuti radioattivi con le caratteristiche, le vocazioni e le esigenze del nostro territorio regionale: un territorio a naturale connotazione turistico - culturale ed a spiccata vocazione per l’economia verde, che ben si armonizza con la ricca disponibilità di risorse energetiche rinnovabili.
Sono sicuro che l’intera comunità regionale concordi con questa impostazione, ma, in un momento delicato come questo, anche per non alimentare facili allarmismi o consentire deteriori strumentalizzazioni, giudico importante che la politica le renda una testimonianza di chiarezza, di coerenza, di trasparenza. Per questa ragione anche al fine di rafforzare la battaglia anti-nucleare intrapresa dalla nostra Regione, chiedo a tutti i più autorevoli protagonisti politici impegnati in Basilicata nell’imminente campagna elettorale di prendere pubblica e puntuale posizione e dichiarare la propria disponibilità, ad opporsi in tutte le sedi utili e in tutte le forme consentite ad iniziative che prevedano la militarizzazione di un’area della nostra regione e la realizzazione in essa di un deposito di scorie o di una centrale nucleare.
* Presidente della Regione Basilicata
18 Febbraio 2010
De Filippo: No nucleare in Basilicata
NAPOLI - No al nucleare in Basilicata. Lo ha ribadito il governatore uscente lucano Vito De Filippo intervenendo a Napoli al convegno sul Mezzogiorno organizzato dal Pd alla presenza del segretario Pierluigi Bersani e dei candidati presidenti delle Regioni del Sud (Vincenzo De Luca, Agazio Loiero). De Filippo ha sostenuto che il Sud ha bisogno di una controinformazione per far comprendere realmente come si vive nel Mezzogiorno. Al di là dei proclami nazionali, le Regioni meridionali stanno pagando con i fondi europei gli ammortizzatori sociali, i precari della scuola; si costruiscono depuratori e acquedotti, perchè lo Stato è assente. Altro che sprechi.
Per quanto riguarda il tema dell’energia, De Filippo ha ribadito il fermo “no” all’insediamento di centrali nucleari sul territorio regionale, sottolineando la negatività della rotta inseguita dal Governo che vorrebbe decidere autonomamente imponendo militarmente la propria decisione. Si insegue il nucleare con una strategia inquietante, proprio nel momento in cui la Germania si appresta ad abbandonare questa strada. Al territorio non resterebbe che subire nonostante si tratti di un insediamento che coinvolgerà una Regione per almeno 120 anni. De Filippo ha poi accennato ai fondi comunitari contestando l'idea dominante secondo cui al Sud ci sono soltanto sprechi ed inefficienze e ha ricordato che le risorse naturali del territorio sono in capo allo Stato, come avviene per il petrolio.  “Grazie al Governo Prodi – ha puntualizzato De Filippo – per la prima volta nella storia ai territori sono state riconosciute delle compensazioni. Dopo di allora c'è stato soltanto un arretramento, con Roma che resta infognata nelle nebbie e con il Mezzogiorno che si dimena per una rigenerazione”. Altro tema affrontato, quello della sanità. “La Basilicata - ha sottolineato – mantiene saldamente i conti in equilibrio, dove i cittadini pagano l’addizionale Irpef al più basso livello consentito dalla legge. Ma, mentre crescono i bisogni, anche per fenomeni di immigrazione, per la prima volta nella storia degli ultimi dieci anni il fondo sanitario nazionale si riduce. E’ evidente che se sottodotiamo il fondo sanitario è facile spianare la strada ai commissariamenti. C'è il sospetto che il ministro Tremonti abbia lavorato per mettere in difficoltà le Regioni riducendo le risorse nel momento in cui crescono i bisogni”.
04 Marzo 2010
La Williams a Scanzano
Lotterò contro le scorie
di FILIPPO MELE
SCANZANO JONICO - Ormai è considerata una di… casa. E Betty Williams, premio Nobel nel 1976 per le sue iniziative a favore della pace nella sua martoriata Irlanda, appena può approda in riva allo Jonio. Così, giovedì scorso in occasione di un convegno dal titolo emblematico: “Dal deposito nucleare alla Città della pace; dal nucleare alle fonti rinnovabili”. Occasione colta dalla Gazzetta per intervistarla.
Betty, oramai è diventata una di famiglia in questo paese della Basilicata? «Sì. Ora posso veramente dire di avere due case. La prima in Irlanda, la seconda a Scanzano Jonico. Io amo venire qui. Amo la gente per la sua spontaneità e genuinità. Io odio quando mi fanno tante feste ma mi accorgo che non sono vere. Qui non succede tutto questo. Ed io sono contenta di essere qui».
Anche perché proprio a Scanzano Jonico e a Sant’Arcangelo si sta concretizzando il sogno della sua vita: la costruzione di una Città della pace per i bambini vittime dei conflitti. Ha visto il sito dove sorgerà? Ed ha visto il progetto? «Sì, li ho visti. A questo proposito dico che, specialmente adesso che il premier Silvio Berlusconi sta spingendo di nuovo per il nucleare, noi dobbiamo andare più veloci. La Città della pace sorgerà proprio dove nel 2003 volevano fare il deposito delle scorie nucleari di tutta Italia». Le dà fastidio che ogni volta che in Italia si parla di siti nucleari si parla sempre di Scanzano Jonico? «Sì. Ma noi non permetteremo che questo possa accadere. Io sarò qui a combattere sul terreno con la gente».

Lei è venuta qui la prima volta il 1° dicembre del 2003, dopo la grande battaglia pacifica condotta dalle persone di questa realtà e dell’intera Basilicata contro il progetto di Berlusconi. Questa volta lei verrebbe qui, se dovesse riproporsi ancora quella scelta, dal primo giorno a combattere con sindaco, amministrazione comunale, popolazione? «Sì. Dal primo giorno io sarei qui. Ho già detto che questa è la mia famiglia. Se attaccano la mia famiglia io combatto per difenderla»
Ha sentito che il presidente della Regione, Vito De Filippo, quando si discuteva di candidare personalità da far entrare in Consiglio regionale, ha proposto il suo nome? «È uno scherzo… L’ho sentito ma è uno scherzo».
I giornali hanno scritto che tra le personalità di cui si parlava c’era anche lei… «Per me è uno scherzo ma se dovesse servire a difendere il terreno della Basilicata sarei anche disposta a fare il consigliere regionale. Tutto quel che occorrerà fare contro il nucleare lo faremo».
13 Marzo 2010
Nucleare in Basilicata
Chiesto un Tavolo sulle attività Sogin
di FILIPPO MELE
ROTONDELLA - È pressing sulla Sogin, la spa a capitale pubblico, cui il Governo ha affidato il decommissioning (smantellamento) delle vecchie centrali e dei vecchi siti atomici d'Italia, come l’Itrec della Trisaia. Si invocano da più parti trasparenza ed informazioni su quanto sta avvenendo nel recinto difeso “manu militari”. Così, è di ieri la richiesta al presidente della Regione, Vito De Filippo, di convocazione del Tavolo della trasparenza. Richiesta firmata dal sindaco Vincenzo Francomano “interpretando anche la volontà dei sindaci di Nova Siri e Policoro”.
Una convocazione che il primo cittadino vuole «immediatamente al fine di portare nelle giuste sedi istituzionali ogni discussione e confronto sulle attività svolte all’Itrec». Cosa dovrà fare il “Tavolo”? «Dovrà verificare lo stato di attuazione dei lavori sino ad oggi svolti dalla Sogin per la messa in sicurezza del sito, conoscere i programmi della medesima spa, il loro impatto, non solo sul sistema socio-economico, ma, soprattutto, sul sistema ambientale e della sicurezza delle popolazioni».
L’intervento del sindaco, tuttavia, è solo l’ultimo della serie. Due giorni prima era intervenuto sulle stesse questioni il vicesindaco, Walter Lobreglio, che, in un comunicato, aveva evidenziato come «abbiano destato preoccupazioni nell’opinione pubblica notizie relative alla Sogin spa come controllore e controllato delle operazioni in corso di decommissioning». Lo stesso vicesindaco, inoltre, aveva chiesto «delucidazioni circa il dimensionamento dell’organico impegnato nella gestione dei controlli di routine in considerazione che quello attualmente in forza a Sogin spa sarebbe addirittura inferiore che nel passato». Di più: quasi all’unisono con l’assessore municipale Lobreglio aveva fatto conoscere il suo pensiero l’ex vicepresidente della Giunta regionale, Vincenzo Santochirico, che, in una nota, aveva chiesto anche lui l’immediata convocazione del Tavolo della trasparenza: «È ormai circa un anno che il Tavolo non si riunisce e, nel frattempo, la Sogin è stata commissariata, ne è stata ridefinita la missione e sono stati cambiati i vertici. Non è noto se, recentemente, il nuovo Commissario o i suoi vice, già prorogati il 13 maggio scorso, abbiano preso contatto con la Regione, se abbiano fornito comunicazioni sui nuovi piani e aggiornato le informazioni sulle attività di messa in sicurezza e di gestione del sito Itrec. Fino a poche settimane fa ciò non era avvenuto e questo è preoccupante».
04 Giugno 2010
Nichi Vendola: in Puglia né una centrale atomica né un rigassificatore
ROMA – «Siamo disponibili a aumentare la produzione di energia, ma non siamo disponibili a beccarci nè un rigassificatore nè una centrale nucleare». Così il governatore della Puglia, Nichi Vendola, a margine di un convegno sul nucleare organizzato dall’Associazione Luca Coscioni, oggi a Roma. «La Puglia – aggiunge Vendola – già regala l’83% dell’ energia al sistema Paese e ne trattiene per sè soltanto il 17%». Per questo «contestiamo», osserva il governatore pugliese, la legge sul nucleare: «Una legge – spiega – dagli effetti catastrofici sulla salute dei cittadini».
A questo proposito – rispetto all’impugnazione della legge di fronte alla Consulta – «siamo pronti a fare una battaglia di fronte alla Corte Costituzionale: in questo caso si mescolano le competenze sanitarie e quelle energetiche».
Siamo di fronte, rileva Vendola riferendosi al Governo, «ad atteggiamenti da ciarlatani» e per questo che «abbiamo diritto a una reazione di estrema durezza».
Le centrali pugliesi, osserva allora Vendola, sarebbero «idealmente collocate nell’area del salentino» sia per «il territorio argilloso e sabbioso sia perchè c'è l’acqua vicina».
VENDOLA: IN ITALIA IL NUCLEARE SI PUO'FARE SOLO CON CARRI ARMATI
"Il nucleare in Italia si può fare solo con i carri armati, cioè con un modello di militarizzazione del territorio”. A dirlo Nichi Vendola, governatore della Regione Puglia, a margine di un convegno sul nucleare organizzato dall’Associazione Luca Coscioni, oggi a Palazzo Valentini a Roma. La materia energetica, aggiunge Vendola, “ha a che fare con il modello di democrazia che voglio proporre e chi non se ne fosse accorto guardi a come questo governo intende andare a costruire le centrali sui territori”, ovvero “con l’intervento delle forze armate” per la militarizzazione dei siti.
“Io - prosegue il governatore – ho una potenziale centrale nucleare tra Puglia e Basilicata fatta da tutta l’energia dispersa” pari al 18% dell’energia dispersa in Italia che “equivale a due, forse tre centrali nucleari”. L’energia, dice poi, Vendola è “un tema di come governiamo lo sviluppo e riconvertiamo la civiltà”, mentre è “ridicolo quello che propone il governo” e “voglio capire se stiamo parlando di una danza macabra di interessi”.
ORE 19.30 - URSO: ALTERNATIVA A NUCLEARE COMPORTA COSTI UMANI SUPERIORI
«Qualunque alternativa al nucleare comporta dei costi superiori in termini umani: se puntiamo sul gas o sul petrolio dobbiamo assumercene la responsabilità», per esempio, di incidenti come la Marea nera o quelli in miniera per il carbone. In questo modo Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo economico, parla del ritorno al nucleare nel corso di un convegno organizzato dall’Associazione Luca Coscioni, oggi a Roma.
«Dobbiamo – aggiunge Urso – rendere il nostro Paese indipendente da questi costi. L’obiettivo – spiega il viceministro – è raggiungere un mix per la produzione di energia elettrica: dall’acqua, dal nucleare, dall’eolico, dal solare e anche dal geotermico e dallo sfruttamento delle correnti marine. Tutte queste forme devono essere usate e diversificate». Secondo Urso «il problema dei prossimi anni sarà lo sfruttamento delle risorse e la mancanza di energia, e in Italia il problema è doppio». La bilancia commerciale, osserva allora il viceministro, sarebbe «in attivo senza la zavorra del dover comprare energia vista la capacità tutta italiana di produrre prodotti finiti».
Dai Paesi del G8 a quelli emergenti a quelli vicini, «tutti producono o vogliono produrre energia nucleare» e l’Italia «non è seconda a nessuna». Ma, avverte, «la strada è difficile, toruosa e lunga» perchè in Italia ci sono essenzialmente due problemi che Urso definisce come «presentismo e localismo»: secondo Urso dovremmo «guardare al futuro e pensare che se anche una centrale sarà pronta nel 2020-2030 ne godranno i nostri figli», mentre serve «responsabilità e autonomia a livello locale».
ORE 19.50 - BONINO: NUCLEARE E' TECNOLOGIA SUPERATA
"Un treno che ci riporta al passato". Così la vice presidente del Senato Emma Bonino definisce il nucleare, nell’introduzione del convegno sull’energia atomica che si è svolto oggi pomeriggio a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma. "I nostri no - spiega Bonino - non sono dettati da una contrapposizione ideologica, ma da un’analisi di costi benefici che dimostra che la scelta del Governo Berlusconi di tornare al nucleare nel nostro Paese non è una scelta razionale". Una tecnologia legata al passato con problemi non del tutto risolti.
"Per quanto ci riguarda - afferma la vice presidente del Senato - il treno del nucleare è passato vent'anni fa. Si parla di investire tra i venticinque e i trenta miliardi di euro senza conoscere lo scenario energetico nazionale". In Italia, infatti, il consumo di energia elettrica è del 18%. Con il ritorno all’atomo, entro il 2020, l’obiettivo è quello di coprire un quarto della nostra produzione (25%).
"Allora questa rivoluzione copernicana - aggiunge Bonino - annunciata dalla maggioranza corrisponde in definitiva a un misero 4,5% del consumo nazionale. In termine di benefici non è conveniente".
"I costi poi - continua- aumentano perchè cambiano gli standard di sicurezza. Allora il nostro treno è quello dell’efficienza energetica, ma forse per qualcuno è meno glamour". Una razionalizzazione energetica che, per l’ex ministro del Commercio internazionale, potrebbe essere la strada per la creazione di una società ecosostenibile, ma soprattutto, in tempi di crisi, la spinta propulsiva per lo sviluppo e la crescita.
17 Giugno 2010
La Consulta rigetta il ricorso delle Regioni sul nucleare
ROMA – La Corte Costituzionale – secondo quanto si è appreso – ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili. A impugnare la legge n. 99 del 2009 che ha conferito al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia sono state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise. Anche il Piemonte aveva fatto ricorso alla Consulta che però la nuova giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha deciso di ritirare.
Numerosi i profili di illegittimità della legge delega lamentati dalle Regioni. Al governo è stata contestata soprattutto l’assenza di intesa e raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell’esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione; la procedura che prevede una autorizzazione unica (e non a livello locale) sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe.
I giudici della Consulta, dopo aver ascoltato ieri in udienza pubblica gli avvocati delle Regioni e l’avvocato generale dello Stato per conto del governo, hanno affrontato la questione nella camera di consiglio di oggi pomeriggio. Sarà dalla lettura delle motivazioni della sentenza - scritte dal vicepresidente Ugo De Siervo – che si comprenderà quali siano le competenze che la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare alla luce della riforma del titolo V della Costituzione. La tutela dell’ambiente e della salute sono infatti di competenza statale, ma queste devono confrontarsi con le competenze regionali concorrenti in materia di energia e di governo del territorio.
Quella di oggi non sarà comunque la parola definitiva della Consulta sul nucleare: oltre che sulla legge delega, i giudici costituzionali dovranno pronunciarsi anche sul decreto delegato del 15 febbario scorso, nel frattempo impugnato da alcune regioni (Emilia Romagna, Toscana e Puglia).
23 Giugno 2010
Nucleare, la Consulta boccia i ricorsi di Puglia e Basilicata
ROMA - La legge delega del 2009 sull'energia elettrica nucleare non appare in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. È sulla base di questo principio che la Corte Costituzionale spiega il perché ha rigettato, dichiarandoli in parte infondate e in parte inammissibili, i ricorsi presentati da 10 Regioni (Toscana, Umbria, Liguria,Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise).
Nelle motivazioni della sentenza n. 278, scritta dal vicepresidente della Consulta, Ugo De Siervo, si fa notare, innanzitutto, che non è «posta in discussione né la scelta operata dal legislatore nazionale di rilancio della fonte nucleare, la quale esprime con ogni evidenza un principio fondamentale della produzione dell’energia, né la sussistenza delle condizioni che legittimano la chiamata in sussidiarietà, ma si contesta il difetto di un idoneo coinvolgimento regionale, conseguente a tale attrazione di competenza».
La Consulta ha dato quindi ragione all’Avvocatura generale dello Stato che per conto del governo aveva rilevato il «carattere prematuro dell’impugnativa regionale».
La Consulta ritiene infatti che le Regioni che hanno presentato ricorso «muovono dalla erronea premessa, secondo cui le disposizioni impugnate, nel prevedere espressamente una duplice forma di partecipazione del sistema regionale all’esercizio della funzione amministrativa chiamata in sussidiarietà, con ciò imporrebbero di escluderne una terza ritenuta costituzionalmente necessaria, ovvero l’intesa con la Regione interessata, ai fini della localizzazione, nel dettaglio, del sito nucleare».
«Tuttavia - aggiunge la Corte Costituzionale nella lunga sentenza di 90 pagine - il silenzio del legislatore delegante in proposito non ha, né può avere alla luce della doverosa interpretazione costituzionalmente conforme della delega, il significato impediente paventato» dalle Regioni. E questo perché «è oramai principio acquisito nel rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale che quest’ultima possa venire spogliata della propria capacità di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarietà, a condizione che ciò si accompagni alla previsione di un’intesa in sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare un’adeguata autonomia, che l’ordinamento riserva non già al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere».
Dunque è al momento dell’esercizio della delega da parte del governo che «il coinvolgimento delle Regioni interessate si impone con forza immediata e diretta». «Certamente - aggiunge la Corte Costituzionale - il legislatore è poi libero, e talvolta anche obbligato costituzionalmente, nell’attività di ulteriore rafforzamento delle istanze partecipative del sistema regionale e degli enti locali, per la quale, quando l’interesse in gioco non sia accentrato esclusivamente in capo alla singola Regione, ben si presta l’intervento della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali»
 Ma - si conclude nel punto più rilevante delle motivazioni della sentenza - una volta chiarito in tal modo lo scopo perseguito dal legislatore delegante, in nessun caso esso si rivela incompatibile con la doverosa integrazione della delega, in punto di partecipazione della Regione interessata, per mezzo dell’intesa».
24 Luglio 2010
Nucleare in Basilicata
«Il sindaco Altieri disse sì al sito unico»
di Fabio Amendolara
Il sindaco dell’epoca era d’accordo. Voleva il sito unico di stoccaggio delle scorie radioattive a Scanzano Jonico. Poi però capeggiò la rivolta. Mario Altieri, editore televisivo, sindaco accusato di brogli elettorali, testimone dell’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, aveva detto «sì» al commissario della Sogin, generale Carlo Jean. Ne è convinto l’ex consigliere regionale del Partito democratico Antonio Di Sanza. Ne è così convinto che ha riferito questi particolari ai magistrati della Procura antimafia di Potenza.
L’inchiesta è quella sul nucleare sporco. In poche pagine di un verbale a lungo secretato - che la Gazzetta ha potuto consultare in esclusiva - Di Sanza, che in quel periodo era un esponente di Forza Italia, racconta quello che sa degli incontri di Altieri con i big del governo.  «Altieri era stato ricevuto da Gianni Letta che era il sottosegretario alla presidenza del consiglio. Fu lui a telefonare al presidente Silvio Berlusconi per presentargli il sindaco che aveva offerto la disponibilità del suo territorio per ospitare il sito unico di stoccaggio delle scorie radioattive».
Ma come apprese queste notizie il consigliere Di Sanza?
«Queste cose me le disse il deputato Gianfranco Blasi». Anche lui era di Forza Italia. Dice Di Sanza: «Del racconto di Blasi mi incuriosì la circostanza che il presidente Berlusconi fu colpito dal senso della Stato dimostrato dal sindaco, tanto che lo stesso presidente volle conoscerlo personalmente invitandolo a colazione».
Di Sanza cerca di dare anche una spiegazione a quell’atteggiemanto accondiscendente del sindaco: «Conoscendo Altieri dal punto di vista politico e ritenendolo una persona ambiziosa, credo che, al di là del senso dello Stato, la ragione della disponibilità poteva essere legata a uno sviluppo ulteriore del suo territorio».
E aggiunge: «D’altra parte, nei giorni successivi al ritiro del decreto, molta gente che ruotava attorno a quell’amministrazione riteneva di aver perso un’occasione legata ai numeri di quell’investimento, oltre che alle opere che sarebbero state realizzare».
31 Luglio 2010
Rivelazione choc «A Rotondella c’era il plutonio»
di FILIPPO MELE
POLICORO - «All’Itrec della Trisaia di Rotondella i miei consulenti trovarono plutonio. Ma non potetti proseguire nelle indagini poiché fu un disco rosso che me lo impedì». Dichiarazioni shock sulla maxi - inchiesta nota con il nome di “Nucleare connection”, su un presunto traffico di materiale atomico dall’Italia all’Iraq di Saddam Hussein con la partecipazione di pezzi di Stato deviati e della ‘ndrangheta, che sono state rilasciate dall’ex procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Basilicata, Giuseppe Galante, prima in pubblico e poi alla Gazzetta.
L’ex magistrato, lasciatosi decadere dalla magistratura nell’aprile 2007 dopo l’esplodere dell’inchiesta “Toghe lucane”, condotta dall’ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, ha parlato dell’indagine da lui ereditata nel 1999 dall’ex procuratore capo del Tribunale di Matera, Nicola Maria Pace, che l’aveva aperta nel 1994, rispondendo ad una domanda dell’ambientalista Domenico Lence.
Domanda postagli nel corso della presentazione del libro di David Lane, corrispondente dalla Italia dell’Economist, dal titolo “Terre profanate. Viaggio nel cuore della mafia”, editore Laterza.
«Posso ora parlare di “Nucleare connection” - ha spiegato Galante - dato che sono un libero cittadino e poiché l’inchiesta non è più coperta dal segreto istruttorio, poiché archiviata. Affermo, allora, che i miei consulenti trovarono tracce di plutonio nel sito atomico Itrec. Plutonio che non doveva esserci perchè il ciclo studiato a Rotondella era quello uranio–torio». Possibilità, quella della presenza del materiale radioattivo necessario per fabbricare la bomba atomica, sempre negata dai vertici dell’Enea, l’ente statale gestore dell’impianto.
L’ex magistrato ha dato anche la sua versione sulla presenza di plutonio: «Si è trattato di rimanenze di uranio arricchito che è passato dalla Basilicata e poi è andato verso altri lidi o, ipotesi meno probabile, è stato cambiato il ciclo delle lavorazioni condotte in Trisaia». Evenienze che non potevano non essere a conoscenza dei Governi dell’epoca e dei servizi segreti, ma che sono stata tenute “top secret” alla magistratura.
E qui ecco la seconda dichiarazione shock dell’ex procuratore antimafia: «Sicuro. La materia è alla diretta disposizione della Presidenza del Consiglio. Ed i servizi segreti sono ovunque: sia quelli “re golari” sia quelli deviati». Ma, perché non proseguì nelle sue indagini? «Trovai un disco rosso davanti a me». Risposta sibillina… «No. Chiarissima».
31 Agosto 2010
Nucleare connection, le tappe di una storia infinita
POLICORO - Nucleare connection, aperta nel 1994 dall’allora procuratore capo di Matera, Nicola Maria Pace, e passata nel 1999 alla Direzione distrettuale antimafia di Potenza, esplose con grande fragore mediatico (raggiungendo anche la lontana Cina) il 6 ottobre 2007 quando la Gazzetta del Mezzogiorno pubblicò: «Traffici di plutonio dalla Basilicata. Avvisi di garanzia per ex dirigenti Enea e presunti esponenti della ‘ndrangheta calabrese. L’accusa: produzione clandestina di materiale radioattivo destinato a Paesi come Iraq o Somalia».
Base di quanto ipotizzato dal pubblico ministero Francesco Basentini, che aveva ereditato a sua volta l’inchiesta dal procuratore capo dell’antimafia Giuseppe Galante e dal suo sostituto Felicia Genovese, era la struttura di ricerca atomica Itrec dell’Enea di Rotondella. Due anni prima, un pentito di ‘ndrangheta, Francesco Fonti, aveva raccontato in un memoriale pubblicato da “L'Espresso”, che fusti contenenti materiale e scorie radioattive erano stati sepolti a Ferrandina, a Costa della Cretagna, ma le ricerche conseguenti non diedero alcun risultato. Altri contenitori sarebbero stati trasportati e seppelliti in Somalia o affondati nel Tirreno e nello Jonio o addirittura trasferiti nell’Iraq di Saddam Hussein.
Il fascicolo rimase nelle mani del sostituto procuratore Basentini per circa due anni. Dei fusti interrati, cercati soprattutto in agro di Pisticci, nessuna traccia. Anche i sopralluoghi con il pentito al seguito non diedero risultati. Nell’ottobre 2009, dopo 16 anni, Nucleare connection fu archiviata dalla magistratura ordinaria. [fi.me.]
31 Agosto 2010
Nucleare, allarme in Puglia e Basilicata.
Vendola: lotteremoquesta follia. De Filippo: mai
La possibilità che la Puglia o la Basilicata (secondo una fonte accreditata, qui i Comuni interessati sarebbero Matera, Montescaglioso e Montalbano Jonico, in provincia di Matera, Banzi, Palazzo San Gervasio e Genzano di Lucania, in provincia di Potenza) possano ospitare il sito italiano delle scorie nucleari ha determinato una vibrante serie di proteste, a cominciare dai due governatori, Nichi Vendola e Vito De Filippo. «Siamo prontissimi ad accoglierli, non specifico come. Mentre devono sapere che noi lotteremo in generale contro la follia del nucleare e qui in Puglia con la massima serenità: avranno la più civile, pacifica e partecipata reazione popolare della storia pugliese», dichiara Vendola.
«Per evitare quella che sembra essere diventata una triste roulette russa sull'allocazione del deposito per le scorie nucleari attendiamo un’affermazione chiara da parte di chi ha la responsabilità di guidare questo Paese: che nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati», protesta De Filippo. «La Basilicata - ha continuato De Filippo - ha già detto no con chiarezza e determinazione al tentativo di imporre il deposito a Scanzano Jonico fatto qualche anno fa ed è pronta a ripetere questa posizione in ogni circostanza, in ogni sede e con ogni mezzo. Ma la partita non può essere ridotta a un “morte tua vita mia” che contrapponga i diversi territori in uno stillicidio di notizie che contrastano con le norme approvate. L'iter previsto dal governo, infatti, metteva la scelta dei siti a valle dell’aggiornamento dei criteri di selezioni da parte di una Agenzia per la sicurezza nucleare che ancora non esiste e delle risultanze di una valutazione ambientale strategica di cui ancora oggi non si ha notizia»..
«Il piano dello smaltimento delle scorie presentato dalla Sogin? Irresponsabile», commenta Pino Pisicchio parlamentare di Alleanza per l’Italia, annunciando una interrogazione parlamentare al ministero dell’Ambiente e al ministero allo Sviluppo economico. «Come ha denunciato Greenpeace, i criteri per la definizione dei siti dovrebbero essere stabiliti da una agenzia di sicurezza nucleare che in Italia non esiste - sottolinea Pisicchio - inoltre, lo studio andrebbe sottoposto alla valutazione ambientale strategica, figurarsi se il governo si muoverà in questo senso». «Mancano, insomma, i requisiti minimi di sicurezza, trasparenza e valutazione tecnica per poter anche solo discutere di un piano che, così fatto, esporrebbe l’Italia, in particolare il Mezzogiorno, a rischi e minacce inaccettabili», conclude Pisicchio.
«L’idea che in Puglia possa essere localizzato un sito per le scorie nucleari è semplicemente demenziale», è l’opinione di Antonio Maniglio, vicepresidente del consiglio regionale pugliese. «Eppure - continua Maniglio - è quanto prevede il piano elaborato dalla Sogin per conto del governo nazionale. Proprio questo è il paradosso dell’Italia di oggi: da mesi manca il ministro competente in maniera energetica, da anni la Sogin sopravvive in regime commissariale, e non si trova il modo di nominare un consiglio d’amministrazione, eppure si trova il modo di creare allarme e preoccupazione tra i cittadini».
«Per la produzione di energia elettrica la Puglia ha già pagato un tributo molto alto, sia in termini ambientali e paesaggistici che in termini di salute dei suo cittadini» afferma il presidente del gruppo Udc-Partito della Nazione alla Regione Puglia, Salvatore Negro. «Questa vicenda - commenta il capogruppo pugliese di Sel, Michele Losappio - è esemplificativa dell’uso del Mezzogiorno nelle intenzioni del governo a trazione nordista con la golden share nelle mani di Bossi e Tremonti. Fitto plaude e tace».
«Dal momento che al sottosegretario piacciono tanto i depositi di scorie nucleari, lo invitiamo a realizzarne uno sotto la sua abitazione, magari con bar e piscina, per festeggiare ogni ricorrenza e fare bagordi con gli amici fino all’alba», dice il capogruppo del Pd alla Regione Puglia, Antonio Decaro.
«Non in Puglia, ma ad Arcore», commenta la parlamentare del Pd, Teresa Bellanova.
«Scorie nucleari in Puglia? No grazie», afferma Angelo Disabato, capogruppo pugliese della Puglia per Vendola: «Il nostro sviluppo ha già pagato un costo notevole per inquinamento ambientale e vite umane».
23 Settembre 2010
Ecco i siti per le scorie in Basilicata
di Filippo Mele
SCANZANO JONICO - Matera, Montescaglioso e Montalbano Jonico, in provincia di Matera, più Banzi, Palazzo San Gervasio e Genzano di Lucania, in provincia di Potenza. Sono i sei comuni lucani in cui una parte del loro territorio è ritenuta idonea per la realizzazione del deposito unico delle scorie nucleari d’Italia. La rivelazione alla Gazzetta è stata fatta da una fonte autorevole che ha voluto mantenere l’anonimato. Il nostro giornale la riporta con il beneficio di inventario, stante il segreto sulla mappa con 52 località del Belpaese che la Sogin, una spa pubblica deputata alla dismissione delle vecchie centrali e dei vecchi siti atomici, tra cui l’Itrec di Rotondella, ha disegnato.
Della mappa hanno parlato ieri due quotidiani nazionali scatenando il toto-deposito. Inutile, poi, rivolgersi alla spa per saperne di più. Nessuna conferma o smentita. Né per i siti di Basilicata né per i restanti d’Italia. Ma la mappa esiste. Lo ha “certificato” il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia: «La lista stilata dalla Sogin rappresenta un ottimo lavoro che farà da base di partenza per la decisione del Governo che però non arriverà nei prossimi giorni».
Insomma, tutto è in itinere anche se, in Basilicata, regione già coinvolta nella “storia” del deposito unico dei rifiuti radioattivi nel novembre 2003, si sono levati gli scudi. «Per evitare la triste roulette russa su questa allocazione – ha detto il “governatore” Vito De Filippo (Pd) – attendiamo un’affermazione chiara da parte di chi ha la responsabilità di guidare questo Paese: che nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati. La Basilicata ha già detto no con chiarezza e determinazione al tentativo di imporre il deposito a Scanzano Jonico ed è pronta a ripetere questa posizione in ogni circostanza, in ogni sede e con ogni mezzo». Un no netto e deciso come quello del vice presidente del Consiglio regionale, Antonio Autilio (Idv), che ha anche chiesto la convocazione del Tavolo della trasparenza per verificare lo stato dello smantellamento dell’Itrec. Un no incondizionato è arrivato anche da alcuni dei sindaci dei sei centri ritenuti idonei. «Non riuscirebbero a localizzare in una qualunque parte del territorio del nostro Comune – ha detto il sindaco di Matera, Salvatore Adduce (Pd) – un deposito di scorie nucleari neanche se arrivassero coi carri armati. Matera, città dei Sassi, è patrimonio dell’Unesco: come si può pensare ad una evenienza del genere?». Anche Enzo Devincenzis (Montalbano città), primo cittadino di Montalbano Jonico, e Pasquale Ventrulli (Insieme per Genzano), suo collega a Genzano di Lucania, hanno opposto un chiaro rifiuto. «No. Abbiamo già dato nel settore dell’energia», ha detto Devincenzis. E Ventrulli: «In nessun modo Genzano sarebbe disponibile ad ospitare un deposito simile. Se il Governo decidesse d’imperio farei una battaglia nei modi che verrebbero decisi dal Consiglio comunale e dalla cittadinanza».
24 Settembre 2010
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDCategoria=273&IDNotizia=369332
No Scorie Trisaia: esondazione del Sinni e rischio nucleare in Basilicata 

5 novembre 2010
E’ bastato un evento autunnale affinché il fiume Sinni esondasse coprendo i frutteti di Caramola e la futura (sulle carte) area industriale di Rotondella sul lato destro della traversa Sinni. Non è certo la prima volta! Nei periodi di piena la diga di Senise è aperta per far defluire l’acqua in eccesso e già in queste occasioni di semplice manutenzione la storia si ripete e i danni si rinnovano.  Sistemazioni idrauliche e distruzione della natura dei fiumi a parte, è bene ricordare che a valle della diga di Montecotugno, proprio sulla riva del fiume Sinni, esiste  un centro nucleare dove sono custoditi rifiuti di terza categoria e le ormai famose barre di combustibile di Elk River.
In caso di  tracimazione della diga di Montecotugno e di  un evento catastrofico nei piani di emergenza  dighe, è previsto l’allontamento delle persone, mentre  non è logicamente possibile portare via i rifiuti nucleari. Ricordiamo che nessun impianto nucleare al mondo è protetto dall’immersione di acqua ed è il motivo in più per cui, nel mondo, nessuno costruisce depositi nucleari a valle di dighe.
La stessa Sogin nella procedura di Via presentata al ministero dell’ambiente per la realizzazione della linea icfp e del megacapanone D3 per i rifiuti ad alta attività, non ha trattato esaurientemente l’argomento sul pericolo della diga a monte dell’impianto, ma si è limitata  a dire che il centro si trova elevato di circa 15 metri dal livello fiume Sinni, per cui si escludevano eventuali inondazioni.
Lungi da evocare eventi nefasti, abbiamo sempre chiesto alle istituzioni studi approfonditi sulla pericolosità della diga in terra battuta più grande d’Europa alle spalle di un centro nucleare. Sarebbe, pertanto, auspicabile di non prevedere ulteriori depositi “provvisori/definitivi” per i prossimi 50 anni, restituendo i futuri liquidi ad alta attività solidificati e il combustibile  di Elk River ai legittimi proprietari americani.
Stesso discorso per l’area industriale di Rotondella, non realizzabile nell’area golenale del fiume Sinni per questioni di sicurezza, ma tranquillamente realizzabile nell’area Enea , così come No Scorie Trisaia ha proposto nelle osservazioni al regolamento urbanistico del comune di Rotondella.
Fonte:

Per i rifiuti radioattivi si muove l'Europa
Entro il 2015 gli Stati membri dovranno definire piani nazionali, basati su criteri comuni, per i depositi definitivi delle scorie. Restano le incertezze sullo stoccaggio sotterraneo
L. Re
08 Novembre 2010
L'Europa vuole più sicurezza per le scorie nucleari. Con una direttiva che dovrebbe entrare in vigore nel 2011, il Vecchio Continente sta pensando a come risolvere il problema più spinoso dell'energia generata dall'atomo: la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Nessuno Stato membro ha realizzato finora un deposito definitivo per le scorie. Queste finiscono in siti temporanei, che possono garantire la sicurezza per un secolo al massimo, mentre gli scarti delle centrali mantengono la loro radioattività fino a un milione di anni. Considerando che l'Europa produce ogni anno circa 7mila metri cubi di combustibile nucleare esausto, da 143 centrali in 14 Paesi, diventa sempre più urgente identificare i siti per immagazzinare i rifiuti in via definitiva.
Le proposte della Commissione
Che cosa propone la direttiva? Tutti gli Stati che producono energia nucleare dovranno, entro quattro anni dall'adozione del provvedimento (quindi entro il 2015), definire dei programmi nazionali per costruire depositi sicuri a tempo indeterminato. Dovranno indicare la soluzione scelta per lo smaltimento delle scorie, il calendario dei lavori, i costi stimati e i metodi di finanziamento. La Commissione potrà chiedere ai governi di modificare i loro piani. Inoltre, sarà vietato esportare rifiuti nucleari fuori dei confini dell'Unione europea; due o più Stati, però, potranno accordarsi per realizzare un deposito comune. La Commissione, infine, vorrebbe che gli standard di sicurezza fissati dalla Iaea (International atomic energy agency), diventassero legalmente vincolanti per l'Europa dei 27. Dovrà quindi nascere un'autorità indipendente, che assegnerà le licenze per lo stoccaggio delle scorie, vigilando sulla sicurezza di tutte le procedure, dalla scelta dei siti alla costruzione dei depositi.
Un punto debole
Da notare, tuttavia, che gli Stati non dovranno aprire un deposito entro una certa data; i governi potranno dichiarare, nei rispettivi piani nazionali, che inizieranno a valutare diversi siti. Qui sembra esserci il punto più debole del provvedimento proposto dalla Commissione, perché l'incertezza regna ancora sovrana quando bisogna decidere dove e quando immagazzinare le scorie. Sono pochi gli Stati che stanno pianificando depositi definitivi: Svezia, Finlandia e Francia, che prevedono di poterli utilizzare tra il 2020 e il 2025. Posto che i magazzini temporanei in superficie sono costosi (c'è bisogno di continua manutenzione e sorveglianza) e rischiosi (terremoti, incendi o altre catastrofi naturali, perdite radioattive), la Commissione sostiene che la comunità scientifica concorda sulla soluzione del problema. La tappa finale delle scorie è sottoterra, in cavità geologiche molto profonde, riducendo al minimo il pericolo di contaminazione con terreni e falde acquifere.
I possibili rischi dei depositi sotterranei
Ci sono delle controindicazioni? Secondo un recente studio commissionato da Greenpeace all'istituto inglese GeneWatch, l'Europa sta procedendo nella direzione sbagliata. Per gli scienziati, infatti, lo stoccaggio geologico dei rifiuti nucleari ha un semaforo giallo e non verde come la Commissione vorrebbe far credere. Molti punti sono da chiarire, tanto più se si ricorda che questi depositi sotterranei dovrebbero garantire la sicurezza per migliaia d'anni. Deformazione degli strati rocciosi, effetti di futuri terremoti o glaciazioni, corrosione accelerata dei contenitori, fughe radioattive da fessure o attraverso falde acquifere molto profonde, reazioni chimiche inaspettate, sono solo alcuni dei possibili rischi segnalati da GeneWatch


In Basilicata un cimitero di scorie nucleari
di PASQUALE DORIA
MATERA - Ci sono state commissioni parlamentari e verifiche di ogni tipo per stabilire cosa rimane della stagione «atomica» al Centro ricerche della Trisaia. L’ultima conferma è nella pubblicazione di una serie di cablogrammi tra la Sogin, la società del ministero del Tesoro che gestisce le scorie radioattive custodite nella struttura in riva allo Jonio lucano, e un’agenzia governativa Usa. Le notizie sono affiorate dalla montagna di documenti scaricati in rete da Julian Assange tramite WikiLeaks. È stata diffusa, tra l’altro, una lista di materiale nucleare nella quale non compare il plutonio. Ma l’uranio altamente arricchito c’è. È noto anche come uranio a gradazione per le armi (Heu) e, nello stato che i tecnici definiscono fresh, ovvero puro, è presente nella quantità di 15.398,4 grammi unitamente a 92.414,2 grammi irradiati. La prima quantità dovrebbe essere riconducibile alle 84 barre Usa trasferite tra il 1969 e il 1971 al Centro ricerche della Trisaia dal reattore di Elk River, centrale nucleare del Minnesota in disarmo. La Trisaia allora era gestita dal Cnen; poi, arrivò l’Enea e ora, per la parte nucleare, opera Sogin. Una ventina di queste barre subirono un trattamento particolare, furono riprocessate, un procedimento che tecnicamente ha prodotto materiale altamente radioattivo.
Gli addetti ai lavori definiscono fissile l’uranio, nel senso che può sostenere una reazione a catena. Quello altamente arricchito è utile per usi civili e per realizzare ordigni nucleari. Si tratta di materiale strategico, interessante dal punto di vista commerciale e anche bellico, cosa che fa della Trisaia, un vero e propio cimitero di scorie, un obiettivo sensibile piazzato dagli anni Sessanta nel cuore della piana Metapontina. È la zona agricola e turistica più ricca della regione Basilicata. Nella lista diffusa online figurano, inoltre, 2.754 grammi di uranio a basso arricchimento e 6.069 grammi di uranio impoverito conservato in una soluzione nitro. Grande è la quantità di uranio naturale, pari a 1.114.042,8 grammi. L'uranio, che non è un minerale abbondante, è stato il primo elemento fissile scoperto in natura. Qualità, che dopo complessi processi di lavorazione, lo rende la principale materia prima per gli ordigni nucleari e la costruzione, nonchè l'alimentazione di reattori nucleari. Vale molto e muove grandi appetiti. Per la cronaca, è solo il caso di ricordare il Centro ricerche sorge non lontano dal Terzo Cavone, ubertosa contrada nel territorio di Scanzano Jonico, quasi attaccata ai cento ettari sui quali si è sviluppata la breve stagione nucleare made in Italy.
Il 12 novembre del 2003, mentre il paese piangeva i morti di Nassirya, il Consiglio dei ministri del Governo Berlusconi decise che tutte le scorie del Belpaese dovevano essere stoccate in una miniera di salgemma a Terzo Cavone. Non fu rotto neppure un vetro, ma in centomila protestarono contro questa decisione destinata ad essere ben presto ritirata, anche perchè tecnicamente irrealizzabile.


Rotondella. Sit-in antinucleare «Le barre radioattive restituite agli Usa»
di FILIPPO MELE
ROTONDELLA - «Il pericolo sono le 64 barre di Elk River ed i 2,7 metri cubi di liquidi radioattivi. Occorre fare in modo che questo bubbone venga estirpato dal Metapontino. Lancio un appello al presidente del Consiglio, Mario Monti, ed al sottosegretario Giampaolo D’Andrea, lucano, perché si adoperino per restituire il famigerato fardello dell’Itrec agli Stati Uniti d’America». È l’appello lanciato ieri al nuovo Governo da Ulderico Pesce, autore ed attore teatrale da tempo impegnato nelle battaglie civili e per l’ambiente, affinché tenti dove non sono riusciti i precedenti Governi “politici” di centrodestra e di centrosinistra: far tornare le barre di combustibile nucleare del ciclo uranio-torio della Trisaia da dove sono arrivate, Elk River, Minnesota, Usa.
Pesce ha lanciato la sua proposta nel corso del sit in antinucleare svoltosi ieri davanti ai cancelli del centro Enea-Itrec cui era stato invitato. Sit in, sull’onda dello slogan “Meglio attivi oggi che radioattivi domani”, organizzato dalle associazioni Ehpa, 17 21 Marconia, Ribelli Web, Indignati Lucani e Mtab. Organizzazioni – che a detta dei loro rappresentanti – non hanno abbassato la guardia invitando i cittadini a manifestare il loro “no” in difesa della loro terra.
E l’Itrec è ancora qui. Che fare? «Intanto – ha spiegato Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia provinciale di Potenza ed esponente dell’Epha (Associazione per la tutela della salute e dell’ambiente di Basilicata) – ci vuole più trasparenza sulle questioni riguardanti il sito. Da tempo l’apposito tavolo alla Regione non si riunisce. E Sogin ha già ottenuto la Valutazione di impatto ambientale per costruire un deposito di superficie che viene presentato come temporaneo, ma che noi temiamo sia definitivo. Temiamo, altresì, che esso diventi il deposito unico delle scorie d’Italia e di Paesi stranieri. Noi diciamo no alla Basilicata terra di deposito delle scorie nucleari. Non è vero, infatti, quel che afferma la Sogin che questo magazzino servirà solo per i rifiuti della Trisaia. Non vogliamo, perciò, alcun deposito a Rotondella. Inoltre, siamo contrari al trattamento con cementazione dei liquidi nucleari. Una pratica obsoleta e molto pericolosa, tanto che è stata sostituita dalla vetrificazione e dalla ceramicazione».
Altre richieste degli ambientalisti in sit in hanno riguardato la necessità di adozione al più presto dei Piani di salvaguardia interno ed esterno al sito atomico dismesso di cui rendere edotte le popolazioni.