martedì 27 dicembre 2011

Federali_Sera_27.12.11. Non abbiamo piu’ doveri.----Verrebbe quasi da chiedersi se la lunga attesa non sia stata volontariamente prolungata per fare un regalo di Natale. Anche gli alluvionati di Marina di Ginosa hanno la loro ordinanza.----La manovra messa in campo dal governo Monti, ricorda il direttore di Confagricoltura Sardegna, Maurizio Onorato, brucia il 10% del valore aggiunto prodotto in agricoltura, con il risultato che oltre un milione e mezzo di aziende italiane sotto i 20 ettari di superficie rischiano di chiudere i battenti. E sarà una vera catastrofe anche per il sistema agricolo sardo, ribadisce il direttore regionale di Confagricoltura, se si considera che nell'Isola circa l'85% delle aziende che operano nel settore hanno dimensioni inferiori ai 20 ettari.----Ticino: Ma il fattore che penalizza di più il turismo, al momento, resta il franco forte. Se si tornasse a un cambio con l’euro di 1,40 prosegue Brunner, potremmo essere di nuovo competitivi verso i nostri vicini europei, senza introdurre chissà quali misure.

L'UNIONE SARDA - Economia: Festività sotto tono: nell'Isola i presìdi dei cassintegrati
Napoli. La Regione: «Le navi dei rifiuti? Solo un'operazione mediatica»
Alluvione Ginosa, Governo vara l’ordinanza
Salento, in campo esercito di 19.550 volontari
L'UNIONE SARDA - Economia: «A rischio migliaia di aziende»
Stranieri al governo
Ticino. Hotel e ristoranti senza Iva abbasseranno i loro prezzi?



L'UNIONE SARDA - Economia: Festività sotto tono: nell'Isola i presìdi dei cassintegrati
27.12.2011
A Cagliari la nave degli indignados
È stato un Natale in tono minore quello appena trascorso, non solo per le spese contenute delle famiglie, ma per l'ombra di una crisi non ancora finita la cui incertezza preoccupa tutti. Pesa sui lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro e che hanno continuato la loro protesta anche durante le feste. Si sente nelle parole del presidente della Cei cardinal Angelo Bagnasco che ha puntato l'indice sulla necessità di rivedere gli stili di vita e soprattutto il modo di fare finanza. I politici, quelli che durante le feste hanno scelto di mostrarsi, sono stati molto presenti ai pranzi per i poveri evitando comportamenti da casta. Austerity, neanche a dirlo, per il premier Mario Monti che è rimasto in casa, nella sua Milano, con la spesa della vigilia fatta al mercato dalla moglie Elsa. Oggi torna già a Roma. Proprio nel capoluogo lombardo, Oliviero, Giuseppe e Carmine - i tre addetti ai vagoni letto che dal 9 dicembre sono saliti sulla torre della stazione centrale dopo l'annuncio della soppressione dei treni notturni e il taglio di 800 posti - hanno continuato a rimanere lassù, al freddo. Ogni treno che esce li saluta e suona la sirena. Da loro è andata il leader della Cgil Susanna Camusso che chiede al governo di occuparsi di questa vertenza della ex Wagons Lits.
IN SARDEGNA In Sardegna, dove la situazione si è fatta più dura, i presidi di cassintegrati e precari non hanno smobilitato. All'ancora, nel porto di Cagliari, proprio di fronte al Consiglio regionale, è rimasta anche la “nave degli indignados” con i marittimi della Enermar in lotta contro la chiusura di alcune tratte. E la crisi è anche l'argomento centrale delle tante omelie di Natale. Aveva promesso di parlarne anche il cardinal Bagnasco e lo ha fatto dalle pagine di Avvenire, alla vigilia di Natale. Per il presidente della Conferenza episcopale, «il volto vero della crisi internazionale, che segna anche il nostro Paese, si è manifestato» e la «grande mutazione» che «era in atto» avrebbe già da tempo «costretto a rivedere gli stili di vita e, prima ancora, di lavoro, di fare economia e, soprattutto, finanza».

Napoli. La Regione: «Le navi dei rifiuti? Solo un'operazione mediatica»
Romano: «In Olanda ciò che bruciamo gratis ad Acerra»
L'ok definitivo tra fine anno e inizio del 2012
NAPOLI — Il 2011 va per finire. E delle navi cariche di rifiuti in partenza per l'Olanda nemmeno l'ombra. «L'ok definitivo — annuncia Giovanni Perillo, direttore tecnico della società provinciale per l'ambiente, Sap.Na — arriverà tra fine anno e l'inizio del 2012. Diciamo che dopo il 9 gennaio qualcosa, all'orizzonte, incominceremo a vedere». Dalla Regione Campania l'assessore all'ambiente, Giovanni Romano, non rinuncia, a suo modo, alla tentazione di inviare il suo critico messaggino augurale agli amministratori comunali di Napoli: «Mi è stato riferito — dice — che stanno preparando il rifiuto secco dello stir di Caivano per caricarlo sulla prima nave che dovrebbe arrivare nel porto di Napoli. Il rifiuto secco, per intenderci, è quello che noi bruciamo, diciamo gratis, al termovalorizzatore di Acerra che, tra l'altro, il 23 dicembre scorso ha raggiunto già le 600 mila tonnellate di capacità smaltita, dimostrando di funzionare meglio e più del previsto. Per noi è indispensabile smaltire la frazione umida, non quella secca. Se è così, e nelle prossime ore farò le mie verifiche, si conferma che quella delle navi è soltanto un'operazione mediatica dell'amministrazione de Magistris».
Apriti cielo. Il vicesindaco del capoluogo e assessore all'ambiente, Tommaso Sodano, reagisce a denti stretti: «Non possiamo perdere tempo dietro le paturnie di qualche amministratore regionale. Qualcuno dovrebbe spiegare a Romano che ad Acerra non si brucia nulla gratuitamente. Tutt'altro. A partire dal 1 gennaio sarà avviata l'attività di manutenzione del termovalorizzatore di Acerra e la capacità di lavorazione sarà inevitabilmente ridotta. E poi, è vero o no che ci sono 150 mila tonnellate di frazione secca che non si sa dove smaltire? È vero o no che vi sono altre centinaia di migliaia di rifiuti a valle degli stir che attendono di essere trattate? E allora, l'importante è che ci liberiamo delle prime quantità di rifiuto via mare, sia esso secco o umido. Poi, da gennaio, provvederemo a inviare in Olanda anche il talquale imballato e tritovagliato». Insomma, ma cos'è tutta questa polemica sui carichi delle navi che dovranno prima attraccare a Napoli e poi salpare per l'Olanda? In verità, ben poca roba rispetto alle 1.200 tonnellate che ogni giorno dalla Campania finiscono negli impianti di fuori regione: 24 mila tonnellate di rifiuto in un anno. Tanto prevede l'accordo. Per un numero complessivo di sei navi (in tutto) da impegnare. E per una spesa calcolata, per ogni tonnellata, di circa 115 euro.
Il ministro dell'ambiente, Corrado Clini, lo ha detto senza mezze misure ai rappresentanti di Regione Campania, Comune e Provincia di Napoli giovedì scorso: «Non mi interessa come volete risolvere la situazione rifiuti. Sappiate, però, che il Governo questa volta non si sostituirà a voi per gestire l'ennesima emergenza e i 516 mila euro al giorno di sanzioni europee peseranno tutte sulla Campania». Un nuovo incontro è fissato per i prossimi giorni. Ma le difficoltà sono più che evidenti. La Ue ha chiesto piena chiarezza su tre punti: piano regionale (in attesa di essere approvato dal consiglio regionale); scenario transitorio (discariche e impianti: e qui la situazione resta ferma al palo, con la discarica di Chiaiano di fatto già inattiva e quella di Terzigno che chiuderà tra un mese. In più, l'istruttoria del Consiglio di Stato propedeutica alla pronuncia sul contenzioso sul trasferimento dei rifiuti fuori regione che, stavolta, potrebbe definitivamente interrompere i flussi); e, infine, lo smaltimento dei 6 milioni di balle accatastate soprattutto tra Giugliano e Villa Literno.
Non solo, dalla Regione fanno sapere che gli ultimi dati aggiornati sulla situazione finanziaria relativa al ciclo dei rifiuti restituiscono un quadro scoraggiante: al 20 dicembre scorso, i consorzi di bacino hanno presentato una situazione debitoria di 320 milioni di euro. Buona parte del debito è dovuto al mancato versamento dei Comuni. Mentre la Tarsu ha registrato il peggiore picco negativo degli ultimi anni in Campania: la versa meno di un cittadino campano su due. E senza soldi, l'emergenza rischia di precipitare, non certo di essere risolta. Il sindaco de Magistris, su Twitter, nei giorni scorsi, si è rallegrato per il 25 per cento di differenziata raggiunto a Napoli e per aver consegnato la città pulita, nei giorni di Natale, ai turisti e ai napoletani. Ma, prestando ascolto alle previsioni dell'assessore regionale Romano, il rischio dell'acutizzarsi della crisi sarebbe dietro l'angolo: «Ho molto apprezzato che il commissario agli impianti abbia riaperto le procedure per il termovalorizzatore di Napoli est. La nuova manifestazione di interesse scadrà il 5 gennaio. Senza una sopravvenienza normativa che cancelli il sito di Napoli est si corre il rischio di risultare inadempienti. L'accordo in prefettura in cui si è convenuto di poter cambiare la legge? Un semplice atto di volontà, nulla di più. Un comunicato stampa nel quale la parte più importante è il riconoscimento, da parte dell'amministrazione comunale di Napoli, che i termovalorizzatori costituiscono una necessità per il ciclo integrato dei rifiuti. Del resto, Giugliano non può essere l'alternativa a Napoli». Sodano, da palazzo San Giacomo, ringhia: «L'accordo con Clini in prefettura ha pieno valore. Il termovalorizzatore di Napoli est non si farà e se c'è qualcuno che insiste, gli faremo cambiare idea».
Angelo Agrippa

Alluvione Ginosa, Governo vara l’ordinanza
Vendola commissario
di Angelo Loreto
MARINA DI GINOSA - Verrebbe quasi da chiedersi se la lunga attesa non sia stata volontariamente prolungata per fare un regalo di Natale. Anche gli alluvionati di Marina di Ginosa hanno la loro ordinanza. Il provvedimento che a fine novembre era stato emanato dal presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti per la fascia lucana dell'intera area colpita dall'alluvione del 2 marzo, ora è disponibile anche per la zona tarantina che venne invasa dalle acque del fiume Bradano.
Dunque sarà, come previsto, il governatore Nichi Vendola il commissario straordinario per la gestione dell'emergenza alluvione avvenuta quasi dieci mesi fa. Stando al documento, di fatto gemello di quello per l'area lucana, il presidente della Regione «provvede all'accertamento dei danni, all'adozione di tutte le necessarie e urgenti iniziative volte a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l'indispensabile assistenza alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi e a porre in essere ogni utile attività per l'attuazione, anche in termini di somma urgenza, della messa in sicurezza delle aree colpite e degli interventi di prevenzione». Nell'ordinanza vengono anche confermati e quindi sbloccati i fondi che la Regione aveva già stanziato, vale a dire un milione e 600mila euro che restano comunque una goccia nel mare dei danni complessivi inizialmente stimati in circa 80 milioni di euro ma che, all'indomani del provvedimento, potranno essere quantificati con maggiore precisione. Non ci sono invece, almeno attualmente, somme statali, così come aveva anticipato un paio di settimane fa alla Camera il sottosegretario all'Ambiente Tullio Fanelli. «Ma viene confermato ciò che dicevamo noi - dice Gianni Fabbris, portavoce del comitato Terre Joniche -, ovvero che l'ordinanza poteva essere emessa anche in assenza di fondi statali».
Alla luce della tanto attesa ordinanza, il comitato smobiliterà il presidio permanente situato nel centro di Marina di Ginosa. «Ora - commenta il sindaco Vito De Palma che nei giorni scorsi aveva appeso a mezz'asta il tricolore di Palazzo di Città - bisognerà integrare l'ordinanza con tutte le risorse necessarie a soddisfare i diritti dei cittadini che hanno subìto grossi danni, a mettere il territorio in sicurezza con estrema urgenza, e a dare un sostegno a tutte quelle attività produttive, sia commerciali che agricole e zootecniche, messe in ginocchio da ben nove mesi». Sulla stessa lunghezza d'onda l'assessore provinciale Teresita Galeota secondo la quale bisogna trovare ulteriori risorse necessarie da stanziare a favore della comunità colpita. Infine soddisfazione è stata espressa dal consigliere regionale Pdl, Pietro Lospinuso, anche a nome del capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.

Salento, in campo esercito di 19.550 volontari
di Alberto Nutricati
LECCE - Un esercito di poco meno di 20mila angeli in costante ma silente servizio per le strade del Salento.
Ammontano a 19.550 i volontari operanti in provincia di Lecce nel 2009, ma il loro numero è in rapida crescita, come testimonia il fatto che nel 2005 erano «solo» 13.911.
Il dato è riportato all’interno dell’indagine socio-statistica sulle caratteristiche e le attività del volontariato in Puglia, coordinata da Luigi Russo, componente dell’osservatorio regionale volontariato e presidente del Csv Puglia net.
Non è un caso che, tra associazioni di volontariato, scuola, chiesa, sindacati, pubblica amministrazione, associazioni di imprenditori e partiti, i cittadini accordino la loro fiducia principalmente al mondo del volontariato (82,1 per cento nel 2010).
Con 527 organizzazioni di volontariato, sette in meno rispetto a quelle presenti a Bari, la provincia di Lecce ospita il 25,5 per cento di tutto il volontariato regionale. Per cogliere la portata di questo dato basta compararlo con quello di Barletta-Andria-Trani (5,6 per cento), Brindisi (8,5), Foggia (15,3) e Taranto (19,1).
Per restare nell’ambito della provincia di Lecce, il 27 per cento delle organizzazioni di volontariato si occupa di donazioni, il 19 di protezione civile, il 15 di tutela della salute, l’11 di disabilità, l’8 di cultura e sport, il 5 di tutela del territorio, ambiente e patrimonio storico-artistico, il 4 di famiglia, infanzia e adolescenza, il 3 di terza età, il 3 di diritti civili, detenuti ed ex detenuti, il 3 di immigrazione e solidarietà internazionale, l’1 di deviazione e dipendenze e l’1 di povertà.
Spesso le associazioni di volontariato nascono su iniziativa privata (75 per cento), altre volte sorgono in seno a parrocchie o enti religiosi (11 per cento) o si tratta di associazioni già operanti (11 per cento). Più raramente si occupano di volontariato le associazioni professionali (1 per cento), i sindacati (1 per cento), gli enti locali (1 per cento). Mai i partiti.
Il grosso dei volontari regionali si colloca nella fascia d’età compresa tra i 30 ed i 45 anni (48 per cento). Il 25 per cento ha tra i 46 e i 65 anni, il 19 per cento tra i 19 e i 29 anni, il 5 per cento oltre i 65 ed il 3 per cento è al di sotto dei 18 anni.
Il 47 per cento dei volontari dedica settimanalmente ad attività di volontariato sino a 5 ore, il 26 per cento da 6 a 10 ore, l’11 per cento da 11 a 15 ore, il 13 per cento più di 16 ore, il 3 per cento non ha saputo quantificare il proprio impegno.
A fronte di un impegno così forte, spesso queste associazioni dispongono di entrare molto modeste che derivano, per il 34 per cento dai comuni, seguiti dalla Regione (19), provincie (16), Asl (16), amministrazioni statali (7), università e scuola (3), altro (3) ed aziende di servizi pubblici (2).
Generalmente, le entrate si configurano come proventi da convenzioni (37 per cento), finanziamenti (32), contributi a fondo perduto (16) e rimborsi spese (15).
Nel 2008, il 21 per cento delle organizzazioni ha presentato un bilancio sociale inferiore a mille euro, il 18 per cento tra mille e 2500, il 17 per cento tra 2500 e 5mila, il 23 per cento tra 5 e 25mila, il 7 per cento tra 25 e 50 mila, il 7 per cento oltre i 50mila e un altro 7 per cento non ha risposto alla domanda.

L'UNIONE SARDA - Economia: «A rischio migliaia di aziende»
27.12.2011
CONFAGRICOLTURA. Il decreto “salva Italia” scarica sul comparto il 10% dei sacrifici richiesti.
Un miliardo di nuovi balzelli. Onorato: sarà il colpo di grazia.
«Per le imprese agricole non è altro che il colpo di grazia». Secondo Confagricolura, il decreto “salva Italia”, varato dal governo Monti, scarica sulle aziende del comparto ben il 10% dei sacrifici chiesti dalla manovra. E a rischio di chiusura in Italia ci sono oltre un milione e mezzo di aziende sotto i 20 ettari di superficie. L'emergenza economica e sociale si ripercuote, inevitabilmente, pure sulla Sardegna, dove circa l'85% delle imprese (quelle registrate in Camera di commercio sono 35 mila in tutto) ha una dimensione inferiore ai 20 ettari.
IL DECRETO La manovra e le ultime correzioni predisposte dall'esecutivo «peggiorano le prospettive di ripresa dell'agricoltura», costretta a sopportare il 10% dei sacrifici contenuti nel decreto “salva Italia”. Non esiste infatti alcun contrappeso», si legge in una nota di Confagricoltura. «Ad un sensibile aggravio delle tasse per le imprese del settore non corrisponde alcuna previsione per lo sviluppo e la crescita. Non solo gli incentivi per l'Irap non riguardano i redditi agrari, ma nemmeno gli aiuti sono applicabili alla maggior parte delle aziende del comparto».
LA TASSAZIONE Tra i punti che più preoccupano ci sono l'impianto delle imposizioni fiscali sui terreni e soprattutto l'accatastamento dei fabbricati rurali (che per gli agricoltori rappresentano i mezzi di produzione) il cui reddito era già ricompreso nei terreni e che vanno verso una duplicazione di imposta. Il prelievo complessivo - secondo le stime elaborate dall'ufficio studi di Confagricoltura - a seguito del recente inasprimento relativo a questo capitolo ammonterà a un miliardo di euro di ulteriori tasse.
IN SARDEGNA «La manovra messa in campo dal governo Monti», ricorda il direttore di Confagricoltura Sardegna, Maurizio Onorato, «brucia il 10% del valore aggiunto prodotto in agricoltura, con il risultato che oltre un milione e mezzo di aziende italiane sotto i 20 ettari di superficie rischiano di chiudere i battenti. E sarà una vera catastrofe anche per il sistema agricolo sardo», ribadisce il direttore regionale di Confagricoltura, «se si considera che nell'Isola circa l'85% delle aziende che operano nel settore hanno dimensioni inferiori ai 20 ettari».
LA CRISI L'agricoltura naviga in cattive acque. «Il decreto “Salva Italia” sta intervenendo su un comparto già in grave difficoltà che sconta carenze strutturali», conclude Maurizio Onorato, «scaricando sugli agricoltori e sulle loro famiglie il peso di una manovra che comporta un aggravio della pressione fiscale e non prevede alcuna prospettiva di sviluppo futuro».

Stranieri al governo
di Rosaria Impenna
ItalianiLiberi | 26.12.2011
  Il salto logico che gli Italiani non sono ancora riusciti a compiere è considerarsi governati da “stranieri”. Quando essi, similmente ai popoli delle varie Nazioni d’Europa, comprenderanno questo principio semplice e al tempo complesso, si renderanno conto di essere sudditi al Potere di dominatori. Solo nella tragica ammissione di ciò è possibile interpretare la perentoria durezza che risiede nelle parole del presidente Napolitano, sulla insistenza che nessuna “emergenza costituzionale” è implicita al governo tecnico e sulla necessità che anche i meno abbienti debbano compiere sacrifici, perché l’Italia resti in Europa.
 Da molti anni, esattamente dalle firme apposte ai Trattati di Maastricht e di Lisbona, la parola Europa, nell’accezione assai diversa da quella “romantica” da noi tutti amata come momento di suprema espressione di civiltà, s’insinua con pervasiva ostinazione là dove nei secoli non eravamo abituati a collocarla, ossia a segnare i “limiti” di tutto quel che riguarda l’idea di Nazione.
 L’elenco è tristemente lungo, ma l’accelerazione alla svendita graduale delle varie Istituzioni Nazionali a cui sta giungendo con ogni mezzo questo Governo, ci sembra allarmante. L’intero lavoro degli attuali Ministri, non eletti e perciò dittatori, in quanto imposti da raffinatissimi manipolatori dei mass-media e della politica nel senso più ampio, si esplica in tal senso. Anche il Decreto “Salva Italia”, s’inserisce in questo inganno, mascherato dalle parole che ne incensano benefici, affinché l’Italia si salvi. Ma l’idea di Italia di chi  governa non coincide con quella degli Italiani, perché chi detiene il Potere consegue un’idea di Nazione che prevede un progetto internazionalista e mondialista che la esclude. Per questo, nelle parole degli attuali governanti e politici, si rivela tutta la veemenza dittatoriale di chi disprezza fortemente i sudditi, diventati come stranieri.
 Siamo tali perché oggetto di imposizioni che ci conducono verso scenari economici, sociali, politici e culturali devastanti per la nostra stessa sopravvivenza di gruppo. E’ forse la prima volta nella storia, che i governanti si trovano a perseguire scopi di tale portata. Il Decreto Salva Italia, risponde infatti al criterio di portare al graduale dissolvimento della Sovranità Nazionale e di un nuovo assetto Istituzionale che indurrà l’intera popolazione a vedersi sottoposta a vincoli che ne strangoleranno l’identità e quell’ordine culturale delle cose che permette a un popolo di essere tale e riconoscersi nella propria storia pur nel cambiamento.
 E’ paradossale constatare quasi ogni giorno che il progetto dell’Unione Europea (in nessun altro luogo come in questo sito se ne sono spiegate con illuminante sapienza tutte le implicazioni) si esplichi attraverso vicende interpretabili “solo” attraverso analisi a posteriori, ma in realtà, esse sono  così ben organizzate, anche quando appaiono impreviste, che non si può non ritenere che siano state pensate in un unicum e, attraverso tempi e modi studiatissimi, si manifestano poi concretamente ai nostri ingenui occhi. Insomma, a noi ogni piccolo cammino che porta all’alienazione della Nazione appare dettato dal caso, dietro vi è invece un ordito pensatoio che ha proprio questo come scopo.
 C’è un’eccellente spia che indica l’esattezza di quanto stiamo affermando, è l’inspiegabile coralità che in genere il progetto UE diffonde come potente aura intorno a sé, e in particolare, nel modo in cui questo governo riceve puntelli dalle parole del presidente Napolitano e da tutti i mass-media. Non avevamo mai assistito a una fermezza così ben preordinata nel condurre operazioni che in ogni ambito si traducono in maggiore oppressione e smantellamento dell’Identità Nazionale. Non si spiegherebbe il motivo per cui ogni decisione presa, che pare sempre a vantaggio degli Italiani, sia viceversa la graduale, inesorabile rinuncia a quel che ci appartiene come Nazione. Ma il Sancta Sanctorum che tiene al momento tutto, come in un legame indissolubile, è la crisi economica.
 D’altronde, con l’avvento dell’euro e con il venir meno dell’idea di Nazione era inevitabile, ma l’incessante proposta di “maggiore” Europa, implorata da miriadi di voci al servizio dei dominatori all’opera, contiene il chiaro progetto di “unificare” il più possibile le Istituzioni dei vari Paesi, questo si realizzerà solo con le cannonate lanciate dalla crisi. Essa è come un prisma dalle infinite sfaccettature che riesce a imporre quel che la Dittatura intende realizzare.
 La crisi è in definitiva lo strumento ideale per far compiere ai popoli quel che sarebbe loro imposto solo con le armi; una sorta di guerra le cui battaglie rappresentano il tessuto ideologico che si intende instaurare. L’espediente che permette ai Dominatori di realizzare il loro fine, portare la Nazione allo smembramento, per sacrificarla al Golem dell’unificazione europea.
Rosaria Impenna
 www.italianiliberi.it
Roma, 23 Dicembre 2011

Ticino. Hotel e ristoranti senza Iva abbasseranno i loro prezzi?
LUGANO -  Il Consiglio nazionale, con un solo voto di scarto, ha approvato la soppressione dell’Iva per il settore turistico.
 Ora la palla passa nel campo del Consiglio degli Stati dove, vista la risicata maggioranza delineatasi alla Camera bassa, un risultato positivo non è per nulla scontato. Ma se anche i senatori dovessero dare il loro assenso alla misura, per il 2012 albergatori e ristoratori sarebbero esonerati dal pagamento dell’Iva.
 Al momento il tasso applicato al settore turistico è del 3,8%. Si può quindi dedurre che i prezzi scenderanno della medesima percentuale? «Non è una misura che risolverà il problema dovuto alla forza del franco» sostiene Fernando Brunner, presidente di Hotelleriesuisse Ticino. «Però dal 1° gennaio ci sarà l’aumento degli stipendi contemplato dal Ccl, nell’ordine del 3-4%, per cui la diminuzione dell’Iva rischia di andare unicamente a compensare l’aumento dei costi».
 Eppure Brunner crede che i prezzi nell’albergheria abbiano davanti a sé una stagione di riduzioni. «Per noi è importante ridurre i prezzi, perché oggi siamo un po’ fuori dal mercato. La soppressione dell’Iva è un fattore psicologico importante, un segnale che il mondo politico capisce la nostra situazione. Poi ognuno dovrà saperla sfruttare al meglio».
 Ma il fattore che penalizza di più il turismo, al momento, resta il franco forte. «Se si tornasse a un cambio con l’euro di 1,40» prosegue Brunner, «potremmo essere di nuovo competitivi verso i nostri vicini europei, senza introdurre chissà quali misure».

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