Nel 2016 Centro Oli Total a Tempa Rossa
In Basilicata a
regime tratterà 50 mila barili greggio al giorno
26 settembre, 19:32
(ANSA) - CORLETO
PERTICARA (POTENZA), 26 SET - Entrerà in funzione nel primo quadrimestre del
2016 il Centro oli che la Total - con un investimento complessivo di 1,6
miliardi di euro - realizzerà a Tempa Rossa, in Basilicata, per trattare a
regime 50 mila barili di petrolio al giorno. La zona è stata fatta visitare
oggi ai giornalisti dalla Total, in occasione dell'inaugurazione, a Corleto
Perticara, di una scuola di formazione per 54 operatori (nove donne e 45
uomini).
Petrolio. Il fondo Memorandum e l'accordo per
il gas gratis
Il capo dell'Unmig:
"Il decreto può cambiare"
Attesi tra i 40 e i
55 milioni all’anno dal nuovo accordo con Eni. «Ma se non si fanno nuovi pozzi
diminuiranno subito», sottolinea Franco Terlizzese, direttore generale per le
risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico
di LEO AMATO
POTENZA - Quanto
arriverà in Basilicata dei due miliardi di euro (per l’esattezza poco più di un
miliardo e 900 milioni) attesi per infrastrutture e occupazione in cambio del
via libera all’aumento delle estrazioni in Val d’Agri. Franco Terlizzese,
direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello
sviluppo economico, chiede cautela sui numeri («Al dicastero dell’Economia hanno
fatto una serie di proiezioni ma ci sono variabili che dipendono dalle
compagnie»). Ma su una questione si dice possibilista: «Quello approvato lo
scorso 12 dicembre è un decreto innovativo sotto molti aspetti. Vediamo
all’opera i risultati che produrrà con la consapevolezza che può essere sempre
modificato».
Direttore una
domanda secca: quanto?
«Diciamo prima che
si tratta di una novità assoluta nel panorama fiscale italiano. Si sono
contemperati interessi diversi, infatti la difficoltà principale per chi ci ha
lavorato è stata quella di cambiare logica. Utilizzare uno strumento di
fiscalità generale come l’imposta sul reddito delle società per indirizzare
risorse verso un territorio in particolare. Una forma di federalismo fiscale,
per capirsi. Come non è mai esistita. Metabolizzarlo non è stato semplice né
veloce, per questo il decreto è arrivato con un anno di ritardo».
Quindi la soglia dei
50 milioni di euro l’anno?
«Sono state adottate
delle misure di prudenza. Mi metterei anche nei panni del colleghi del
ministero dell’Economia. In questa prima fase si sono tutelati introducendo
requisiti come quello che le società protagoniste dei nuovi accordi abbiano
sede nei territori interessati dalle estrazioni, o per la quota del 30% fino a
130milioni di imposte e poi del 15%. Così pure il tetto annuale dei 50 milioni
perché si vuole fare una verifica di questo nuovo approccio, che apre un
orizzonte dove molti hanno tentato prima senza successo. Questo - però - chi ci
ha lavorato non l’ha visto messo in evidenza da nessuno. Il provvedimento che
abbiamo adottato va anche contestualizzato in un 2013 difficilissimo per cui
far passare principio di ridistribuire ai territori risorse mentre nel Governo
si prova a tagliare dappertutto non è una cosa da poco».
Ma si parlava di
quasi due miliardi e adesso al massimo di 500 in dieci anni non le pare poco?
«Tre anni fa con il
presidente Vito De Filippo e i sottosegretari Stefano Saglia e Guido Viceconte
sono state esaminate quali erano le esigenze di sviluppo infrastrutturale della
Basilicata e il suo potenziale petrolifero. Per questo si parlava di un 1miliardo
e 900milioni ma oggi quel potenziale di sviluppo è ancora da verificare perché
le ricerche sono ancora ferme. I progetti in Basilicata non sono solo Val
d’Agri e Tempa Rossa. Ci sono anche Monte Grosso e altre aree interessanti per
l’esplorazione del sottosuolo. All’epoca facemmo una stima per ognuno di
questi».
Quindi i 24mila
barili al giorno in più in Val d’Agri quanto dovrebbero portare nel fondo?
«Diciamo che una
produzione del genere può portare ad avere 700/800 milioni di entrate l’anno».
Fatti due conti ci siamo,
tra i 40 e i 55 milioni?
«Da solo
l’incremento di produzione in Val d’Agri non basterà a lungo se non si procede
a effettuare dei pozzi di completamento. Quelli esistenti sono destinati a
esaurirsi in fretta senza sfruttare appieno il giacimento».
venerdì 27 settembre
2013 08:46
Petrolio. "L'aumento non c'entra"
Alberti rassicura e
garantisce
Giuseppe Alberti,
intervistato dal Quotidiano, commenta l’accordo stipulato due settimane fa con
Eni per quasi 5 milioni e mezzo di gas all’anno da distribuire tra i 10 comuni
dell’area delle estrazioni in Val d’Agri
«NON è una
concessione né della Regione né dell'Eni a questi territori. C’è una legge
dello Stato che prevede che nei comuni in cui si svolge attività estrattiva gli
enti locali possono chiedere dei ristori per le attività che le compagnie
svolgono».
E’ il commento del
sindaco di Viggiano Giuseppe Alberti intervistato dal Quotidiano sull’accordo
stipulato due settimane fa con Eni per quasi 5 milioni e mezzo di gas all’anno
da distribuire tra i 10 comuni dell’area delle estrazioni in Val d’Agri.
Come nasce
quest’accordo?
«Dalla richiesta di
autorizzazione integrata ambientale che ha fatto l’Eni, la cosiddetta Aia. Per
averla l’Eni ha presentato un rapporto da cui emergeva che a parità di barili prodotti al giorno, ovvero i 104mila
autorizzati nel 1998, la quantità di gas estratto passava da 3 milioni di metri
cubi a 4 milioni e 6. Ne ho scritto e ne
ho parlato con il presidente De Filippo sostenendo che anche se non c’era
aumento di produzione di petrolio era previsto un minimo aumento di emissioni
in atmosfera. A fronte di questo perciò chiedevamo che una quota di quel gas in
più prodotto dovesse restare sul territorio».
Perché allargare agli
altri comuni oltre Viggiano?
«In Val d’Agri non
si produce petrolio solo a Viggiano. Grumento, Montemurro, Marsicovetere,
Marsico Nuovo, sono altri comuni dove avviene attività estrattiva. E’ chiaro
poi che anche gli altri che sono molto vicini al Centro oli pur non avendo
attività sul loro territorio un disagio lo vivono».
E la prospettiva
dell’aumento di produzione di 25mila barili?
«Non c’entra niente.
La trattativa che abbiamo condotto si basa sui 104mila barili al giorno. Tutto
ciò che verrà dopo sarà oggetto di un’ulteriore trattativa da parte della
Regione e gli enti locali interessati. Noi non abbiamo fatto nessuna
valutazione circa la possibilità che ci sia un aumento di produzione».
Perché allora tanta
riservatezza?
«Ma questo forse
dipende dal carattere del sindaco di Viggiano e del senatore Coviello. Le
comunicazioni io ce l’ho, sono state per iscritto e partono dall’avvio della
trattativa. Prima di dare notizie abbiamo preferito che le cose si
concludessero. “Mai dire gatto finché non ce l'hai nel sacco”».
Io però ho saputo
che in questa trattativa siete stati supportati dalla struttura della Regione
che si sta occupando del Memorandum
«No, c’era il
sindaco di Viggiano, Romualdo Coviello Eni e Shell. Per la prima volta gli enti
locali trattano direttamente con Eni. Questo è un grande risultato con una
grande apertura anche da parte del presidente Vito De Filippo».
Quindi nessuna
delega del comune di Viggiano per il sì all'aumento delle estrazioni?
«Niente. Niente.
Niente. Per altro in primavera ci sono le elezioni comunali e penso che prima
di allora nulla potrà accadere».
venerdì 27 settembre
2013 09:25
Petrolio. Un rivolo a 6 zeri partito in
anticipo per i comuni della Valle
Dietro l’accordo per
la cessione da parte dell’Eni ai comuni della Val d’Agri di oltre 5 milioni di
euro di gas resta un’ambiguità irrisolta
POTENZA -
Indipendente dall’agognato aumento di produzione fino a 130mila barili al
giorno. Ma neanche tanto. Dietro l’accordo per la cessione da parte dell’Eni ai
comuni della Val d’Agri di oltre 5 milioni di euro di gas resta un’ambiguità
irrisolta. Così il sospetto che si tratti di un rivolo delle compensazioni
legate al prossimo accordo con la Regione partito in anticipo per i comuni
della Valle resta tutt’altro che sopito.
C’è ancora un certo
riserbo sui contenuti del patto stipulato due settimane orsono nella sede della
compagnia del cane a sei zampe dal sindaco di Viggiano Giuseppe Alberti e
dall’ex senatore Romualdo Coviello, tornato nel consiglio comunale del suo
paese d’adozione.
Si attende infatti
che nei prossimi giorni il testo passi in giunta regionale per l’approvazione.
Ma da quanto si è riuscito a carpire da fonti pressoché certe oltre ai richiami
ripetuti ai 104mila barili di produzione previsti nel 1998, Eni avrebbe
ottenuto garanzie quantomeno sulla prosecuzione dei negoziati per un
incremento. Qualcosa tipo un accordo integrativo per cui resta da definire lo
strumento amministativo più adatto, che coincide con «i nuovi progetti di
sviluppo» menzionati nel decreto attuativo dell’articolo 16 del dl
liberalizzazioni, sottoscritto quasi incontemporanea con l’accordo tra Eni e
comune di Viggiano in rappresentanza di tutti i comuni della Valle.
Così oggi da una
parte c’è un decreto che prevede l’istituzione di un fondo per finanziare
infrastrutture e lavoro «in ambito regionale, provinciale e locale» con le
maggiori entrate tributarie attese dai «nuovi accordi di sviluppo». Per quanto
inferiori alle aspettative. Dall’altro - invece - comuni Regione e paesi della
Val d’Agri si stanno già attrezzando per ricevere dall’Eni una quantità
considerevole di gas naturale destinato a ridurre la bolletta energetica delle
utenze sui territori interessati dalle estrazioni.
Quei 45mila metri
cubi di gas al giorno destinati ai comuni di Viggiano, Paterno, Tramutola,
Montemurro, Marsicovetere, Marsico Nuovo, Moliterno, Grumento Nova, Sarconi e
Villa d’Agri andrebbero infatti considerati né più né meno di una parte di
quelli oggetto della trattativa in corso con la Regione per l’incremento della
produzione giornaliera nell’ambito della concessione Val d’Agri.
Senza che con questo
- però - l‘a loro’avvio della loro fornitura richieda dalla stipula del relativo «piano di
sviluppo». Nell’accordo infatti sarebbe stata introdotta una specie di clausola
“anticipatoria”, che prevede che possano essere scontati anche a posteriori.
D’altra parte Eni si riserva di interrompere l’erogazione nel caso in cui
dovessero frapporsi ostacoli di natura amministrativa o diversa alle sue
attività, incluso l’avvio di una fase di sviluppo che prevede l’incremento di
produzione.
Oltre all’ok della
giunta regionale perché i primi metri cubi di gas vengano destinati dove
stabilito dai comuni della Val d’Agri occorrerà quindi l’approvazione di un
disciplinare e ogni cinque anni le parti dovrebbero riunirsi per stabilire se
rinnovare l’accordo o meno e in che termini, nel caso in cui la produzione di
greggio dovesse aumentare o diminuire in maniera considerevole.
Stando a quanto
stabilito al primo posto tra i beneficiari del gas restano scuole, case per
anziani, ospedali e strutture di rilievo sociale per la comunità. Subito dopo
vengono le imprese per cui la bolletta energetica potrebbe abbassarsi in
maniera considerevole. C’è persino chi si spinge a dire che potrebbe azzerarsi.
Ma per questo anche 45mila metri cubi al giorno potrebbero non essere
sufficienti.
venerdì 27 settembre
2013 09:16
Petrolio. Viaggio nel tesoro di Tempa Rossa
Cantieri aperti per
la produzione che partirà dal 2016
Tra i pozzi di Gorgoglione,
un ventre da un miliardo e mezzo a 1.100 metri di altitudine, per una linea di
7 chilometri
di VALERIO
PANETTIERI
GORGOGLIONE - Ed
eccolo il ventre da un miliardo e mezzo a circa 1100 metri di altitudine.
L'impianto di Tempa Rossa è ancora una larga spianata su tre livelli, a poca
distanza dai pozzi veri e propri. Qui sorgerà l'intero impianto di raffinamento
delle materie prime: petrolio, zolfo, gpl e gas. La spianata è incastonata
sulle montagne. In lontananza si osservano i comuni di Gorgoglione, Corleto e
Guardia Perticara. E lungo l'area sorgono i sei pozzi già perforati. Ne mancano
ancora due all'appello. Quelli perforati sono quasi dei campi da calcio,
spianate di cemento circondate dai cancelli.
Al centro una gabbia
che custodisce "l'albero di Natale", una sorta di collettore che
servirà, una volta collegati i pozzi all'impianto di trattamento, a trasportare
il petrolio seppellito a sette chilometri di profondità. Sette chilometri che
sono un record personale per la Total, la società petrolifera francese che ha
messo le mani su questa concessione. Ancora è tutto in divenire, ma l'area di
cantiere ha delle scadenze ben precise. Ad agosto 2014 dovrebbe terminare il
lavoro di preparazione del sito, poi ci vorrà il 2016 per vedere a regime un impianto
che potrà prendersi dalla roccia un tetto massimo di 50mila barili al giorno.
Una cifra inferiore a quella prodotta nel centro oli di Viggiano, ma che
garantirà alla multinazionale francese un "vitalizio" di circa
trent'anni, ovvero fino all'esaurimento dei pozzi. Questa è la storia della
Total in Basilicata, una storia che racconta anche di terreni comprati a 35
euro al metro quadro e di vicende legali che ancora legano uno dei proprietari
di una parte della concessione. Ora le cose sono in mano alla ditta
Aleandri-Bocchi, che a sua volta ha sub appaltato i lavori a due ditte lucane.
Quando arriviamo il turno di lavoro è già concluso. L'unica struttura
riconoscibile è quella dei container logistici.
Qui la tecnologia
applicata è diversa: i pozzi non sono le classiche torri con fiamme sulla
punta. Sono semplicemente degli snodi appiattiti. Lei ammidi sicurezza restano
nascoste. Il pozzo Gorgoglione è stato scavato in 14 mesi. Al Tempa Rossa 2 i
lavori sono in corso. Qui svetta una torre arrivata da Milano, è la trivella
vera e propria in allestimento. Corleto è arroccata dall'altra parte della
valle. Qui il movimento è consistente, stanno installando l'enorme valvola di
sicurezza e i cavi elettrici. All'ingresso ci sono due ragazzi di Corleto. Sono
molti i lucani che lavorano qui, circa un centinaio tra ditte e Total vera e
propria. Ce lo conferma anche un carrellista che fa base in un hangar dove
all'esterno sono piazzate le "pipelines", i collettori che porteranno
il greggio e il gas. La linea del petrolio sarà lunga 7 chilometri dal centro
oli e poi si allaccerà a quella già esistente di 119 chilometri verso Taranto.
Il metano, invece,
entrerà direttamente nella rete Snam tramite collettore di 7,7 chilometri.
Storia diversa per il GPL che sarà stoccato sui camion così come le settanta
tonnellate di zolfo raccolte giornalmente. E poi c'è l'acqua di risulta. Questa
dovrà essere depurata in vasche fino a demineralizzarla quasi completamente
(0,01 ppm). Il "mud", la mistura di acque utilizzate dalle trivelle
invece è smaltita in discariche gestite in loco dalla Semataf di Matera.
Dunque, per il primo quadrimestre del 2016 Total marchierà definitivamente
questi territori, non solo i 400 chilometri quadrati dell'intera concessione.
Perchè stando ai progetti qui dovranno nascere strade di collegamento ex novo,
alcune finite proprio in mezzo ad antichi insediamenti ora sotto il controllo
della Sovrintendenza. Il loro destino si deciderà più in la'.
venerdì 27 settembre
2013 09:04
Per dieci comuni della Val d’Agri cinque
milioni di euro di gas gratis
Viggiano sottoscrive
l’accordo con Eni. Si attende l’approvazione della Regione
di LEO AMATO
POTENZA - I lavori
sono già iniziati con tutte le necessarie autorizzazioni. Perciò adesso tocca
aspettare che finiscano, poi i comuni della Val d’Agri potranno godere di quasi
15mila euro di gas al giorno. Manca soltanto una delibera della giunta regionale
che recepisca l’accordo.
E’ stato
sottoscritto agli inizi di settembre e poi ratificato qualche giorno più tardi
il patto tra Eni e i rappresentanti del comune di Viggiano per conto delle
amministrazioni di Marsico Nuovo, Marsicovetere, Paterno, Tramutola , Sarconi,
Montemurro, Moliterno e Grumento Nova. Si tratta dell’epilogo del negoziato
avviato in maniera riservata negli scorsi mesi su iniziativa dell’ex senatore
Romualdo Coviello, oggi consigliere comunale nella “sua” Viggiano, e dal
sindaco Giuseppe Alberti col sostegno del presidente della giunta regionale
Vito De Filippo.
Al centro
dell’accordo ci sono 45mila metri cubi al giorno di gas naturale che dovrebbero
partire dalla quinta linea del centro oli di Viggiano per le destinazioni che i
comuni della valle stabiliranno una volta riuniti in un unico comprensorio. Al
primo posto sono previsti gli interventi nel sociale, per alleggerire se non
proprio cancellare la bolletta energetica di ospedali, scuole e centri per gli
anziani. Subito dopo c’è il sostegno allo sviluppo locale attraverso condizioni
agevolate per i consumi delle imprese.
I termini esatti di
quanto stabilito verranno comunicati non appena la giunta regionale si sarà
riunita e avrà dato il suo ok definitivo. Ma si parla anche di uno sconto del
30% per le famiglie sul costo del gas
“domestico”. Fatti due conti si arriva a quasi 5milioni e mezzo di euro
all’anno di gas distribuiti con particolare attenzione alle fasce più deboli.
Un risultato di cui Coviello e Alberti sono particolarmente fieri.
La prima ratifica
dell’accordo sottoscritto nella sede romana della compagnia del cane a sei
zampe è avvenuta nell’ultima seduta del comitato paritetico regionale per il
gas alla presenza anche del capo di gabinetto del presidente della giunta
Raffaele Rinaldi e il direttore di Sel Giandomenico Marchese oltre ai vertici
di Eni.
Tra le clausore
“strappate” in extremis da Coviello e Alberti anche l’esenzione di
responsabilità delle amministrazioni in caso di intoppi burocratici. A
sviluppare la piattaforma è stato lo stesso gruppo di lavoro che si sta
occupando del Memorandum ossia del programma di aumento delle estrazioni di
greggio dai 104mila barili attualmente autorizzati a 129mila.
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IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
di concerto con
IL MINISTRO
DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Visto l'art. 16
del decreto-legge 24
gennaio 2012, n.
1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27,
recante
«Sviluppo di risorse
energetiche e minerarie
nazionali
strategiche»;
Visto il
comma 1 del citato art. 16 che demanda a
un decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro
dello
sviluppo economico, la
definizione delle modalita'
per
individuare le maggiori entrate effettivamente realizzate
e delle
modalita' di destinazione di una quota di tali
maggiori entrate per
lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali
di crescita
dei
territori di insediamento
degli impianti produttivi
e dei
territori limitrofi nonche' ogni altra
disposizione attuativa;
Visto il
testo unico delle imposte sui redditi, di cui
al decreto
del
Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986,
n. 917, e
successive modificazioni;
Visto il
decreto interministeriale 8 marzo
2013, di approvazione
della Strategia energetica nazionale;
Decreta:
Art. 1
Finalita' e ambito di applicazione
1. Una
quota dell'imposta sul reddito delle societa' (IRES) di cui
al titolo II del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917
(TUIR), versata dai soggetti di nuova
costituzione che hanno
sede
legale nelle regioni a statuto
ordinario e
svolgono nelle stesse
regioni, in
base a concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi
e gassosi in terraferma, le attivita'
di coltivazione relative
a
progetti di sviluppo presentati a
decorrere dalla data
di
pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale
del presente decreto,
individuate dalla codifica ATECO B06, relativamente
alla attivita'
prevalente, e' iscritta in apposito Fondo dello
stato di
previsione
del
Ministero dello sviluppo
economico, denominato di
seguito
"Fondo". La
quota e' determinata applicando all'imposta
complessivamente versata dai soggetti di cui al
comma 1,
nettizzata
come indicato al comma 2 dell'art. 2, l'aliquota
del 30
per cento,
fino ad un ammontare non superiore a euro
130.000.000, e l'aliquota
del 15 per cento sull'eccedenza. I soggetti di
cui al primo periodo
non possono esercitare le opzioni di cui agli
articoli 115 e 117 del
TUIR.
2. Il
Fondo di cui al comma 1 e' destinato a finanziare interventi
per lo sviluppo
di progetti infrastrutturali e
occupazionali di
crescita dei territori di insediamento degli impianti
produttivi e
dei territori limitrofi, relativi agli
Accordi di sviluppo
di cui
all'art. 3.
3.
L'intervento del Fondo
e' finalizzato al
finanziamento di
progetti
strategici, sia di
carattere infrastrutturale sia
di
carattere immateriale, di rilievo regionale, provinciale
o locale,
aventi natura di grandi progetti o
di investimenti articolati
in
singoli interventi di consistenza progettuale
ovvero realizzativa tra
loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi
e risultati
quantificabili e misurabili, anche per
quanto attiene al profilo
temporale.
4. La
quota di cui al comma 1 e' riferita all'imposta
sul reddito
delle societa' relativa ai nuovi progetti di
sviluppo, di cui al
medesimo comma 1, coerenti con la strategia energetica
nazionale e
realizzati nell'ambito di concessioni di
coltivazione di idrocarburi
in terraferma.
Art. 2
Programmazione del Fondo ed individuazione
degli interventi o dei programmi da finanziare
1.
L'imposta versata dai soggetti di
cui all'art. 1
affluisce
distintamente per saldo e acconto in appositi
articoli del capitolo
1024 dello stato di previsione dell'entrata del
bilancio statale.
2. Annualmente, una quota
corrispondente alla misura
di cui
all'art. 1, comma 1, delle somme affluite nell'esercizio precedente
agli appositi articoli di cui al comma 1,
nettizzate dei crediti IRES
utilizzati in compensazione in sede di versamento
unitario con il
modello F24 ovvero rimborsati dall'Agenzia delle
entrate e' iscritta
- comunque per un importo complessivo non
superiore a 50 milioni di
euro annui - sul Fondo, per essere destinata al
finanziamento degli
interventi indicati ai commi 2 e 3 dell'art. 1.
Fermo restando il
limite massimo di iscrizione di 50 milioni di
euro, nel caso in cui
la predetta quota superi l'importo di 50
milioni di euro,
ai fini
della ripartizione delle
risorse del fondo
tra i territori
di
insediamento dei nuovi impianti produttivi
che hanno generato
il
maggior gettito, si adottera' il criterio
proporzionale.
3. L'iscrizione annuale di cui al comma 2 ha luogo
con il
disegno
di legge di assestamento del bilancio per l'esercizio in corso.
4. Entro
il mese di marzo di ciascun anno, l'Agenzia delle entrate
comunica ai Ministeri dell'economia e delle
finanze e dello sviluppo
economico l'ammontare dei versamenti IRES e delle
compensazioni di
crediti IRES effettuati, nell'anno precedente,
dai soggetti di cui
all'art. 1, attraverso il sistema
dei versamenti unitari
di cui
all'art. 17 del decreto legislativo n. 241 del
1997, distinti per
soggetto passivo, nonche' l'importo dei
rimborsi di crediti
IRES
erogati, nello stesso periodo, in favore dei medesimi
soggetti. Ai
fini di cui
al periodo precedente,
il Ministero dello
sviluppo
economico comunica all'Agenzia
delle entrate, entro
il mese di
febbraio, l'elenco dei soggetti, con i relativi
codici fiscali, per i
quali occorre fornire le informazioni.
5. Entro il successivo mese di ottobre il Ministero
dello sviluppo
economico trasmette al Ministero dell'economia e delle finanze,
per
la conseguente ripartizione delle risorse del Fondo, l'elenco
degli
interventi o dei programmi da finanziare rientranti negli accordi di
cui all'art. 3, nel limite delle risorse disponibili.
Art. 3
Accordi istituzionali di sviluppo
1. Per le
finalita' di cui all'art. 1, il Ministero dello
sviluppo
economico, d'intesa con il Ministero
dell'economia e delle finanze,
stipula con ogni Regione e amministrazione competente
per i nuovi
progetti di sviluppo di cui all'art. 1,
comma 4,
specifici accordi
istituzionali di
sviluppo ai sensi
della normativa vigente
(di
seguito «Accordo») per individuare gli interventi
infrastrutturali e
occupazionali finanziati con il Fondo, nonche' i
tempi e le modalita'
di attuazione, di monitoraggio e revoca in caso
di mancato utilizzo
delle risorse. L'accordo viene aggiornato
annualmente sulla base
delle risorse che si rendono disponibili
e del monitoraggio
degli
interventi.
2. Ogni
Accordo esplicita per ogni intervento
il crono-programma,
le responsabilita' dei contraenti, i criteri
di valutazione e di
monitoraggio e le sanzioni per le eventuali
inadempienze, prevedendo
inoltre
le condizioni di
definanziamento anche parziale
degli
interventi. In caso di partecipazione dei concessionari
di servizi
pubblici, competenti in relazione all'intervento
o alla categoria di
interventi o al
programma da realizzare,
l'Accordo definisce le
attivita' che sono eseguite dai predetti
concessionari, il relativo
crono-programma,
meccanismi di controllo
delle attivita' loro
demandate, sanzioni e garanzie
in caso di
inadempienza, nonche'
apposite procedure sostitutive finalizzate ad
assicurare il rispetto
degli impegni assunti inserendo a tal
fine obbligatoriamente, nei
contratti
con i concessionari, clausole
inderogabili di
responsabilita' civile e di decadenza.
3. La
progettazione,
l'approvazione e la
realizzazione degli
interventi individuati nell'accordo
istituzionale di sviluppo
e'
disciplinata dalle norme di cui al
decreto legislativo 12
aprile
2006, n. 163. Per i medesimi interventi,
si applicano le vigenti
disposizioni
in materia di
prevenzione e repressione
della
criminalita' organizzata e dei tentativi di
infiltrazione mafiosa,
ivi comprese
quelle concernenti le
comunicazioni e informazioni
antimafia.
4. Le
risorse del Fondo, ripartite a favore
degli interventi o
programmi individuati ai sensi dell'art. 2, comma
5, sono trasferite
ai soggetti assegnatari, in relazione allo stato
di avanzamento della
spesa.
I soggetti assegnatari,
al fine di
garantire la piena
tracciabilita'
delle risorse attribuite,
iscrivono nei relativi
bilanci fondi a destinazione vincolata
attribuendo loro una autonoma
evidenza contabile e specificando, nella relativa
denominazione, che
gli stessi sono costituiti da risorse derivanti
dal Fondo,.
5.
L'attuazione degli interventi e'
coordinata e vigilata
dal
Ministero dello sviluppo economico che controlla,
monitora e valuta
gli obiettivi raggiunti anche mediante forme di
cooperazione con le
amministrazioni statali, centrali e periferiche,
regionali e locali
assicurando, altresi', il necessario supporto
tecnico e operativo
senza
nuovi o maggiori
oneri nell'ambito delle
competenze
istituzionali. Ai
fini del monitoraggio
dell'intervento, i dati
relativi agli interventi finanziati confluiscono
nella banca dati di
cui all'art. 13 della legge 31 dicembre 2009, n.
196.
Efficacia
1. Le
disposizioni del presente decreto si applicano alle societa'
costituite a decorrere dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale del presente decreto, che realizzano
nuovi progetti di cui
all'art. 1, comma 4 .
2. Il presente decreto si applica per i
dieci periodi di
imposta
successivi
al rilascio dell'autorizzazione all'esercizio degli
impianti relativi ai nuovi progetti di sviluppo.
Il
presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle
Repubblica italiana.
Roma,
12 settembre 2013
Il
Ministro dell'economia
e delle finanze
Saccomanni
Il
Ministro
dello sviluppo economico
Zanonato
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Aumento delle estrazioni in Val d'Agri
Approvato il decreto
sul fondo Memorandum
Flavio Zanonato,
ministro dello Sviluppo economico, e Fabrizio Saccomanni, ministro
dell'Economia, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti
infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di
ricerca e coltivazione di idrocarburi
di LEO AMATO
POTENZA - Ora manca
solo il sì del Consiglio regionale, e l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri
sarà realtà. Assieme al fondo per infrastrutture e lavoro di «rilievo regionale,
provinciale e locale», da sommare alle vecchie royalties. Quello del
Memorandum, tanto per capirsi. E potrebbe essere soltanto l’inizio.
E’ stato firmato dai
ministri di Sviluppo economico ed Economia Flavio Zanonato e Fabrizio
Saccomanni il decreto attuativo dell’articolo 16 del dl liberalizzazioni di
gennaio del 2012. Il fatto risale al 12 settembre, dopo i rumors in proposito
raccolti dal Quotidiano a partire da metà luglio, ma è stato reso noto soltanto
ieri.
In realtà il
provvedimento era atteso da settembre dell’anno scorso, ma è slittato di 12
mesi. Forse anche a causa del contrasto tra Governo e Regione nato sulla
moratoria alle nuove trivellazioni decisa la scorsa estate dal parlamentino di
via Verrastro, e bocciata dalla Corte costituzionale soltanto agli inizi di
giugno.
Il regolamento
attuativo della norma che ha recepito gli intenti sottoscritti ad aprile del
2011 dal presidente “dem” della Regione Vito De Filippo e il sottosegretario
“azzurro” allo Sviluppo economico Guido Viceconte è composto da 4 articoli.
Al primo spiega il
suo ambito di applicazione in cui rientrano tutti gli accordi regione-compagnie
per la produzione di idrocarburi stipulati di qui in avanti. Non tutti però, ma
soltanto quelli stipulati con imprese di nuova costituzione che hanno per
oggetto sociale l’estrazione di petrolio e gas nel sottosuolo e sede legale nello stesso territorio. In
pratica non Eni e nemmeno Total Italia, che hanno sede a San Donato e Roma. Ma
se la compagnia del cane a sei zampe di Sinisgalli vorrà una chance in più di
convincere i lucani riottosi a estrarre i tanto agognati 25mila barili di
petrolio in più al giorno farà bene a costituire una società apposita nei
dintorni della Val d’Agri. Stabilire un ufficio più o meno di rappresentanza con
qualcuno che risponda al telefono. E cominciare a pagare anche le tasse
regionali tipo Irap, per finanziare la sanità locale piuttosto che quella
lombarda.
Messe a posto le
carte quello che prevede il regolamento appena approvato è che a Roma il
gettito di un’altra imposta, l’Ires, dovrebbe essere “deviato” nel “Fondo”
appena costituito in misura del 30%, fino a raggiungere 130 milioni di euro, e
poi del 15% per le eccedenze. In soldoni? Le previsioni raccolte dal Quotidiano
a fine luglio parlavano di 2 miliardi di euro. Dato il termine temporale
stabilito di 10 anni dal rilascio della nuova autorizzazione vorrebbe dire 200
all’anno per «finanziare interventi per
lo sviluppo di progetti
infrastrutturali e occupazionali
di crescita dei territori di insediamento degli impianti
produttivi e dei territori
limitrofi». Così il secondo articolo del decreto.
«L’intervento del
Fondo - prosegue l’articolo numero 3 -
è finalizzato al
finanziamento di progetti strategici,
sia di carattere
infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo
regionale, provinciale o
locale, aventi natura di grandi progetti
o di investimenti
articolati in singoli interventi
di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi,
in relazione a obiettivi e
risultati quantificabili e misurabili, anche per
quanto attiene al
profilo temporale».
Di più non dice e
proprio quello che non si legge è la parte più scomoda di tutto il
provvedimento perché sarà Roma, con ogni probabilità lo stesso ufficio che ha
gestito lo “sfortunato” bonus idrocarburi a dover decidere quali progetti
finanziare. E non è questione da poco, vista anche la concorrenza che si
prospetta tra ammistrazioni «di rilievo regionale, provinciale o locale» proponenti.
La chiosa, infine, è
sulla logica dietro l’improvvisa generosità del Governo. «Questo provvedimento
- spiega la nota con cui è stato presentato alla stampa ieri mattina - è
coerente con l’obiettivo, delineato nella Strategia energetica nazionale, di
aumentare la produzione nazionale di idrocarburi portando dal 7 al 14% il
contributo al fabbisogno energetico totale al 2020, con una previsione di 17
miliardi di euro di investimenti, oltre 100 mila posti di lavoro addizionali,
un risparmio di oltre 5 miliardi di euro l’anno sulla fattura energetica e
ulteriori 3 miliardi l’anno in entrate fiscali. E tale sviluppo può avvenire
riducendo complessivamente il numero di infrastrutture (pozzi e piattaforme),
grazie all’ottimizzazione della progettazione e all’uso di tecnologie
all’avanguardia».
Oggi la Basilicata
da sola si ferma al 6% con gli 83mila barili e rotti estratti dall’Eni in Val
d’Agri ogni giorno, su 105 mila già autorizzati. Ma entro un paio d’anni
dovrebbe entrare in produzione anche Tempa Rossa con altri 50mila sempre già
autorizzati. Per arrivare a quanto previsto servono quindi i 105mila dell’Eni
in Val d’Agri più altri 25mila. Resta solo da capire se il parlamentino lucano
vorrà dire di sì.
Basilicata. Idrocarburi, via al fondo
investimenti nei territori interessati
Flavio Zanonato,
ministro dello Sviluppo economico, e Fabrizio Saccomanni, ministro
dell'Economia, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti
infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di
ricerca e coltivazione di idrocarburi
ROMA - Il Ministro
dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato e quello dell’Economia Fabrizio
Saccomanni, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti
infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di ricerca
e coltivazione di idrocarburi. Il che si tradurrà in sensibili vantaggi-
economici e sociali- soprattutto per il Mezzogiorno, in particolare per la
Basilicata.
Il decreto destina
una quota variabile dal 30% al 15% delle entrate fiscali relative a tali
attività ad un Fondo per il finanziamento di progetti locali mirati allo
sviluppo delle infrastrutture e dell’occupazione. L’obiettivo è duplice: da una
parte aumentare le ricadute economico-occupazionali per i territori interessati
dalle attività estrattive, dall’altra accrescere la partecipazione ed il
consenso delle popolazioni e degli enti locali verso progetti di sviluppo nel settore
minerario ed energetico.
Questo provvedimento
è coerente con l’obiettivo, delineato nella Strategia Energetica Nazionale, di
aumentare la produzione nazionale di idrocarburi portando dal 7 al 14% il
contributo al fabbisogno energetico totale al 2020, con una previsione di 17
miliardi di euro di investimenti, oltre 100 mila posti di lavoro addizionali,
un risparmio di oltre 5 miliardi di Euro l’anno sulla fattura energetica e
ulteriori 3 miliardi l’anno in entrate fiscali. E tale sviluppo può avvenire
riducendo complessivamente il numero di infrastrutture (pozzi e piattaforme),
grazie all’ottimizzazione della progettazione e all’uso di tecnologie
all’avanguardia (Adnkronos)
martedì 24 settembre
2013 12:47
Basilicata, soldi dal fisco per il petrolio
ROMA - Il Ministro
dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato e quello dell’Economia Fabrizio
Saccomanni, hanno firmato il decreto che mira a sviluppare investimenti
infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati da attività di
ricerca e coltivazione di idrocarburi. Il che si tradurrà in sensibili
vantaggi- economici e sociali- soprattutto per il Mezzogiorno, in particolare
per la Basilicata.
Il decreto destina una quota variabile dal 30%
al 15% delle entrate fiscali relative a tali attività ad un Fondo per il
finanziamento di progetti locali mirati allo sviluppo delle infrastrutture e
dell’occupazione. L’obiettivo è duplice: da una parte aumentare le ricadute
economico-occupazionali per i territori interessati dalle attività estrattive,
dall’altra accrescere la partecipazione ed il consenso delle popolazioni e
degli enti locali verso progetti di sviluppo nel settore minerario ed
energetico.
Questo provvedimento è coerente con
l’obiettivo, delineato nella Strategia Energetica Nazionale, di aumentare la
produzione nazionale di idrocarburi portando dal 7 al 14% il contributo al
fabbisogno energetico totale al 2020, con una previsione di 17 miliardi di euro
di investimenti, oltre 100 mila posti di lavoro addizionali, un risparmio di
oltre 5 miliardi di Euro l’anno sulla fattura energetica e ulteriori 3 miliardi
l’anno in entrate fiscali. E tale sviluppo può avvenire riducendo
complessivamente il numero di infrastrutture (pozzi e piattaforme), grazie
all’ottimizzazione della progettazione e all’uso di tecnologie all’avanguardia.
Petrolio. Ecco i tredici punti dei sindaci
“ribelli”
Mercoledì incontro
tra gli amministratori
Un gruppo di
amministartori dell'area del petrolio protesta da mesi: c'è sempre minore
opportunità economica dei loro territori.
E se la prendono soprattutto con la classe dirigente della Basilicata,
un governo centrale che non ha ascoltato e semmai «mortificato» i cittadini.
Stretti - si legge nel documento che è anche una piattaforma programmatica -
dalle preoccupanti situazioni in cui versano i Comuni Lucani, la questione
“Filiera del Petrolio” oggi si allarga e coinvolge altre aree della Regione
Basilicata, vedi Val Basento e non solo.
INIZIANO dalla
storia della protesta, dal perché hanno deciso di mettersi insieme e protestare
contro l’attuale meccanismo di distribuzione delle royalties. Una protesta
partita a febbraio e continuata fino ad oggi.
Protesta alimentata
dalla sempre più scarsa opportunità economica di questi territori, alimentata
dal fatto che in tanti, soprattutto giovani hanno deciso di lasciarsi alle
spalle la loro terra in cerca di fortuna. Stiamo parlando dei sindaci di
Sarconi, Montemurro, Spinoso, Grumento Nova, Paterno e Tramutola. Gli stessi
che l’11 settembre, chiamando a raccolta tutti i sindaci lucani, hanno in
programma un incontro a porte chiuse all’hotel “Grumentum”. E se la prendono
soprattutto con la classe dirigente della Basilicata, un governo centrale che
non ha ascoltato e semmai «mortificato» i cittadini. «Stretti - si legge nel
documento che è anche una piattaforma programmatica - dalle preoccupanti
situazioni in cui versano i Comuni Lucani, la questione “Filiera del Petrolio”
oggi si allarga e coinvolge altre aree della Regione Basilicata, vedi Val
Basento e non solo.
E’ di questi giorni
la protesta di altri Sindaci, dei comuni facenti parte della concessione
mineraria Gorgoglione, contro un metodo, consolidato già nell’Alto Agri, che
vede attori solo le compagnie petrolifere e pochi altri. Quello che vogliono i sindaci è un nuovo
percorso alternativo ad una Regione «senza una precisa idea di sviluppo, tra
evidenti anomalie e contraddizioni, e la preoccupazione aumenta se si pensa al
ruolo del territorio una volta esaurito l’effetto petrolio, ed in particolare i
territori maggiormente interessati alle estrazioni come la Val d’Agri, la Val
Camastra. L’esempio della Val Basento e Tito (Aree SIN), che scontano in
Basilicata un fenomeno di fine industrializzazione legato alla fonte petrolio,
dove non è stato concepito, ancora oggi, un modello di reindustrializzazione,
basato su tecnologie mild ecocompatibili a basso impatto, all’insegna della
sostenibilità ambientale e della salute. Basti pensare che, nei due siti
interessati, ad oggi, non si è ancora provveduto alla bonifica dei processi
industriali consumati negli ultimi cinquant’anni. Al contrario, invece, è il
caso Tecnoparco di Pisticci Scalo, vi giungono milioni di metri cubi di acque
di estrazione del petrolio, che determinano per “approssimazione tecnologica
del processo di smaltimento”, un effetto sommatorio ed un conseguente aumento
dell’impatto ambientale di questo territorio (Vedi Miasmi e tracce di petrolio
nei sedimenti nel fiume) e di tutto il territorio a valle interessato dal
Basento, dove insistono attività agricole di pregio, fino a mare, territorio
quest’ultimo ad elevata valenza turistica. Per queste ed altre legittime
motivazioni, l’Intera Regione Basilicata, ha il dovere di ripensare ad un nuovo
modello della filiera del petrolio, capace anche di reinvestire le risorse
attuali”.
LE PROPOSTE DEI
SINDACI
1) Riconoscere il
valore strategico della Regione Basilicata in campo energetico nazionale,
attraverso azioni immediate al superamento delle persistenti criticità in
termini di sviluppo socio-economico;
2) Attivare un
diverso sistema di monitoraggio e di intervento “modello ombrello” , permanente
su tutto il territorio regionale per: salute, ambiente, acqua, suolo,
sottosuolo, ciclo dei reflui, cause di decesso, ecc., anche prendendo spunto da
Sistemi di Monitoraggio già sperimentati altrove e già pronti ad essere
impiegati, vedi piano di monitoraggio dell’aria elaborato dai ricercatori
dell’Università di Firenze e di Oxford e presentato, alla presenza della
Regione, a Moliterno il 26 Novembre 2012 a cui anche l’Eni, con nota del
22-11-2012, ha dato pieno valore. Progetto che, per la presenza di centraline
anche nei paesi a valle del centro oli, completerebbe il monitoraggio già
implementato dall’Arpab a seguito della DGR 627/2011
3) Di predisporre un
piano di salvaguardia e tutela della risorsa acqua sia superficiale che
sotterranea da ogni forma di possibile rischio derivante dalle attività
estrattive;
4) Una maggiorazione
del 30% delle attuali royalties destinate alla Regione, con la quale promuovere
lo sviluppo dell’intera Regione Basilicata, dando priorità alla rimozione di
criticità locali conseguenti alle attività estrattive ed ammodernamento delle
infrastrutture regionali;
5) Di destinare il
30% dell’attuale tassazione applicata sui carburanti prodotti dalle estrazioni
in Basilicata, alla defiscalizzazione
delle attività produttive operanti su tutto il territorio regionale, con maggiore
attenzione a soluzioni innovative che rendano la Regione meno dipendente dai
mercati esterni;
6) Di assegnare un’aliquota di almeno il 30% del
gas prodotto nelle lavorazioni del petrolio, alla Regione Basilicata per
concedere sgravi alle famiglie ed alle attività produttive;
7) Di predisporre,
da parte delle Società titolari di Concessioni per la coltivazione di
idrocarburi in Basilicata, specifici piani strategici occupazionali per almeno
2000 unità lavorative ogni 50 mila barili estratti al giorno; unità lavorative
prelevate dai comprensori interessati dalla filiera del petrolio regionale;
8) Di dare rapida
attuazione a quanto previsto nel cosiddetto “Memorandum”;
9) La piena
applicazione della legge n.40/95 che prevede testualmente : “Articolo 1 – L'
aliquota relativa ai giacimenti petroliferi siti nella Val d' Agri devoluta
alla Regione ai sensi della legge 11- 1- 1957 n. 6 è destinata allo sviluppo
delle attività economiche ed all'incremento industriale del comprensorio
interessato così come delimitato dalla tabella A (35 Comuni del Programma
Operativo)”, finora completamente disattesa;
10) Che per lo
sviluppo delle aree della filiera del petrolio, ed in particolare del
comprensorio Val d’Agri si dia priorità assoluta alle seguenti azioni:
Predisporre ed attuare il Piano di emergenza e protezione civile dell’intero
comprensorio; rendere operativo l’Osservatorio ambientale, il monitoraggio
dell’aria, dell’acqua, del suolo e sottosuolo, monitoraggio delle colture,
Valutazione Impatto Sanitario;Ampliare le aree industriali ed incentivarne gli
insediamenti; gestire i rifiuti a livello comprensoriale con sistemi
innovativi; ammodernare le infrastrutture comprensoriali: reti del gas, reti
irrigue, reti fognanti, impianti di depurazione, reti idriche, reti viarie
(collegamento della Val d’Agri alla Salerno-Reggio Calabria); rendere
funzionali tutte le aree artigianali o industriali di tutti i comuni del
comprensorio;Incentivare interventi che facciano nascere nuove imprese nel
settore energetico, vedi tecnologie verdi, per lo sfruttamento di risorse
locali (acqua, boschi, terreni incolti), per filiere corte nel commercio,
nell’agricoltura, nella zootecnia; pieno efficientamento degli enti
istituzionali presenti nel comprensorio; incentivare lo sviluppo delle singole
comunità assegnando parte delle risorse disponibili per il Programma Operativo
direttamente ai Comuni di cui alla Tabella A, con semplificazione dei meccanismi di spesa.
11) Che lo sviluppo
del comprensorio Val d’Agri, avvenga mediante una ripartizione delle risorse di
cui alla legge 40/95 con il criterio di prossimità e cioè in funzione della
distanza dai punti di maggiore criticità: Centro oli, pozzi petroliferi e
presidi di smaltimento delle acque di estrazione (fluidi di perforazione e
acque di strato); gli stessi criteri vanno applicati per il reperimento di
personale da impiegare in tutte le attività estrattive, acquisendolo da
manodopera locale in misura non inferiore all’80% di tutto il personale
impiegato.
12) Di stabilire gli
stessi criteri anche per lo sviluppo del comprensorio “Tempa Rossa” o altri
comprensori interessasti dalle estrazioni petrolifere o attività correlate alla
filiera petrolifera (come in Val Basento, nell’area industriale di Tito, ecc.),
da individuare e regolamentare con analoga norma di legge regionale o Piani
Operativi.
13) Di sospendere
qualsiasi ulteriore autorizzazione tendente all’aumento di produzione
idrocarburi nella Regione Basilicata, almeno, fino a quando non sono state
superate le attuali criticità elencate nei punti precedenti e raggiunti gli
obiettivi indicati.
domenica 08
settembre 2013 08:22
Calabria. Pagare l'Imu per le piattaforme di
estrazione
A Crotone si pensa a
mettere alle strette l'Eni
La commissione
Bilancio del Comune ha le idee chiare e vuole mettere alle strette l'Eni
obbligandola a pagare l'imu sulle piattaforme estrattive di idrocarburi poste
al largo della costa crotonese seguendo l'esempio di altri comuni che con
sentenza della Cassazione hanno ottenuto diversi milioni di euro
di ANTONIO ANASTASI
CROTONE –
L'orientamento condiviso dalla commissione Bilancio del Comune è chiaro:
obbligare l'Eni a pagare l'Imu per le piattaforme estrattive al largo di
Crotone, quelle che deturpano l'orizzonte e succhiano metano regalando povertà
al territorio in cui si pagano le bollette del gas più care d'Italia.
L'organismo presieduto dal consigliere Sergio Iritale ha fatto propria la
richiesta di un cittadino, Santo Vincenzo Facino (peraltro dipendente
comunale), che proponeva di seguire l'esempio di Termoli. La Corte di
Cassazione ha imposto al cane a sei zampe di versare 9 milioni al Comune
molisano per l'installazione di una piattaforma. A Crotone si ipotizza un
gettito ben più consistente poiché le piattaforme, periodicamente sottoposte a
manutenzione con il materializzarsi di ulteriori mostri d'acciaio, sono
quattro. Una ricaduta economica, dunque, che potrebbe contribuire a risanare le
casse dell'ente, svuotate da contenziosi ultramilionari mentre gli uffici sono
alle prese con le determinazioni della Corte dei Conti che impongono sempre più
rigore dopo anni di gestione allegra. Negli anni il Comune non ha mai richiesto
né Ici né Imu all'Eni per le piattaforme al largo di una città che dovrebbe
vivere di turismo, essendo il sogno industriale infranto, come ricorda anche il
calendario poiché domani ricorre il ventennale dei fuochi di Crotone, la
protesta popolare per la dismissione delle fabbriche nell'ex Stalingrado della
Calabria. Facino sollecitava agli amministratori e ai dirigenti competenti una
comunicazione scritta ai sensi della legge sulla trasparenza al fine di
conoscere le determinazioni che il Comune intende adottare. Il sindaco, Peppino
Vallone, e l'amministrazione comunale finora non si sono, finora, attivati per
richiedere fondi che potrebbero rappresentare una vera boccata d'ossigeno. Lo
stesso Facino ipotizzava un gettito di 40, forse 50 milioni nella sua
comunicazione ma la commissione Bilancio ha disposto una stima esatta e sta valutando
con attenzione il suggerimento di far applicare la legge che obbliga i
proprietari di piattaforme petrolifere a mare al pagamento delle imposte
relative ai beni sulla terraferma. I conti si sapranno nei prossimi giorni e
Facino potrebbe ottenere una risposta concreta alla sua iniziativa. Il
presidente della commissione Bilancio Iritale, insomma, punta a ottenere quella
vera e propria manna che potrebbe consentire all'amministrazione comunale la
ripresa della programmazione. Difficile dire se si dovranno adire le vie legali
perché la città possa essere ristorata per il danno consistente non solo
nell'obbrobrio che si materializza ogni mattina alla vista dei crotonesi e dei
(sempre più pochi) turisti ma anche in un'attività estrattiva che, secondo gli
esperti, aggrava la sismicità di un territorio già dissestato dal punto di
vista idrogeologico e favorisce il fenomeno della subsidenza. Fatto sta che c'è
un precedente giurisdizionale sul quale, eventualmente, il Comune potrebbe far
leva. Termoli docet.
giovedì 05 settembre
2013 20:06
Petrolio. Zanonato dimezza le trivelle marine
di Federico Rendina
Da una parte l'impegno a raddoppiare le
nostre estrazioni di petrolio e gas, sancito nel Piano energetico nazionale
varato nei mesi scorsi dopo non pochi tormenti. Dall'altra la conferma della
stretta alle esplorazioni imposta dall'ultimo Governo Berlusconi: con il Codice
ambientale voluto dall'allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo la
zona di divieto delle attività petrolifera era stata portata da 3 a 12 miglia
dalle coste. Il chiarimento, se così si può dire, è arrivato ieri pomeriggio,
quando il ministro dello Sviluppo in carica, Flavio Zanonato, ha varato un
decreto con il quale annuncia la "rimodulazione" delle regole,
promette di tener fede alla prima promessa ma intanto attua in pieno il secondo
e assai più prudente provvedimento, dimezzando o quasi le aree marine italiane
dove i petrolieri potranno fare il loro lavoro e gli italiani potranno colmare
almeno in parte il pesante deficit energetico del paese.
Così il taglio
Ed ecco che il decreto varato ieri
«determina - afferma direttamente Zanonato in una nota - un quasi dimezzamento
delle aree complessivamente aperte alle attività offshore, che passano da 255 a
139 mila chilometri quadrati, spostando le nuove attività verso aree lontane
dalle coste e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti, nel
rispetto dei vincoli ambientali e di sicurezza italiani ed europei.
In particolare - specifica il ministro - il
decreto determina la chiusura a nuove attività delle aree tirreniche e di
quelle entro le 12 miglia da tutte le coste e le aree protette, con la
contestuale residua apertura di un'area marina nel mare delle Baleari, contigua
ad aree di ricerca spagnole e francesi».
Un siluro, di fatto, alle promesse di
incrementare comunque le nostre fonti energetiche tradizionali? Il ministro
nega. «Con questo provvedimento - puntualizza - sosteniamo lo sviluppo delle
risorse nazionali strategiche, concentrando le attività di ricerca e sviluppo
di idrocarburi in poche aree marine a maggior potenziale e minor sensibilità
ambientale». E in ogni caso «il decreto prevede l'impiego dei più elevati
standard di sicurezza e di tecnologie di avanguardia nelle quali le aziende
italiane detengono una posizione di leadership internazionale».
Le polemiche
Più che prevedibili le proteste dei nostri
petrolieri. Proprio nelle ultime settimane l'Assomineraria aveva aggiornato le
sue stime tecnico-economiche, producendo uno studio nel quale si puntualizza
che con l'attuale modesto apporto del 10% al nostro fabbisogno di idrocarburi
da parte delle estrazioni nazionali abbiamo comunque ridotto nel 2012 di 6,3
miliardi di euro la bolletta energetica pagata dal nostro paese ai fornitori
esteri contribuendo, sul versante fiscale (imposte, royalties, canoni) per
oltre 1,6 miliardi alle casse dello Stato e delle amministrazioni locali. Tutto
ciò - sostiene Assomineraria -con le migliori garanzie di sicurezza e tutela
ambientale, con aree che fino ad oggi hanno coperto in ogni caso «meno del 15%
dei mari italiani» contro uno sfrutamento che negli altri paesi mediterranei va
«dall'80 al 100%».
Incalza la Federpetroli: «È da anni che
continuiamo a lottare per far capire alle regioni e a parte della popolazione
che nella nostra amata terra c'è un grande potenziale energetico con piena
sostenibilità ambientale, ancora da sfruttare» afferma il presidente
dell'associazione, Michele Marsiglia, ricordando in particolare come la
Basilicata rappresenti «un grande giacimento di risorse energetiche ed ancora
un numero considerevole di progetti di esplorazione idrocarburi fanno fatica a
decollare». E intanto «in Italia gli investimenti stranieri che rischiano di
essere vanificati, come l'importante progetto 'Ombrina Mare' a largo delle
coste abruzzesi, concessioni onshore ed offshore in Puglia, i progetti in
Sardegna per non parlare di altre regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto,
Marche e Sicilia, mentre la Grecia, Montenegro, paradisi ambientali come le
Seychelles e l'Islanda pubblicano gare aperte a tutte le aziende petrolifere
per nuove esplorazioni».
4
settembre 2013
Ridotte le aree marine in cui si può cercare
petrolio
Tirreno calabrese salvo, fascia interdetta
sullo Ionio
Il ministro per lo Sviluppo Economico ha
firmato il decreto di riordino delle zone aperte alla ricerca e coltivazione di
idrocarburi: si passa da 255 a 139 mila chilometri quadrati, spostando le nuove
attività verso aree lontane dalle coste. E cambia lo scenario anche per la
Calabria
NIENTE trivellazioni sul Tirreno calabrese
e fascia di tutela in prossimità della costa anche sul litorale ionico. Sono le
novità che emergono dal decreto di riordino delle zone marine aperte alla
ricerca e coltivazione di idrocarburi, in coerenza con le norme di legge
approvate dal Parlamento nell’ultimo anno e con la direzione indicata dalla
Strategia Energetica Nazionale.
Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio
Zanonato ha firmato un atto che determina un quasi dimezzamento delle aree
complessivamente aperte alle attività offshore, che passano da 255 a 139 mila
chilometri quadrati, spostando le nuove attività verso aree lontane dalle coste
e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti, nel rispetto dei
vincoli ambientali e di sicurezza italiani ed europei.
In particolare, il decreto determina la
chiusura a nuove attività delle aree tirreniche e di quelle entro le 12 miglia
da tutte le coste e le aree protette, con la contestuale residua apertura di
un’area marina nel mare delle Baleari, contigua ad aree di ricerca spagnole e
francesi. «Con questo provvedimento - dichiara Zanonato - sosteniamo lo sviluppo delle risorse
nazionali strategiche, concentrando le attività di ricerca e sviluppo di
idrocarburi in poche aree marine a maggior potenziale e minor sensibilità
ambientale. Il decreto – sottolinea infine il ministro - prevede l'impiego dei
più elevati standard di sicurezza e di tecnologie di avanguardia nelle quali le
aziende italiane detengono una posizione di leadership internazionale».
mercoledì 04 settembre 2013 18:36
Basilicata. Il capo dell'Unmig bacchetta la Regione
«Da pazzi lo stop a
nuove esplorazioni»
Franco Terlizzese,
alla guida dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le
georisorse, in un'intervista al Sole 24 Ore sveste i panni del burocrate e
parla a ruota libera di petrolio, roylaties e Basilicata
di LEO AMATO
POTENZA - Per
l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri 2,5 miliardi di euro di investimenti
dell’Eni, senza parlare delle royalties e del fondo da altri 2 miliardi per
infrastrutture e occupazione in Regione. Da sommare a un altro miliardo e rotti
per nuove esplorazioni alla ricerca di giacimenti ancora nascosti. Parola del
direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero per lo
sviluppo economico.
Ha deciso di
svestire i panni del burocrate Franco Terlizzese sentito da Luigia Ierace per
il Sole24Ore, che ieri ha dedicato al petrolio lucano quasi una pagina intera,
oltre a una riflessione senza firma, perciò da intendersi come prodotto
editoriale, nella pagina dedicata a “commenti e inchieste”. Il titolo sarebbe
già abbastanza significativo: “Il petrolio in Basilicata risorsa sfruttata a metà”.
Come pure l’ironia sulle autorizzazioni per le ricerche che non arrivano («Guai
a scoprire che magari i giacimenti sono ancora più ricchi di quel che si
pensa»). Ma sono proprio le dichiarazioni di Terlizzese la parte più
interessante, rafforzate dal presidente di Nomisma energia Davide Tabarelli,
tornato a parlare dopo la proposta shock avanzata nei giorni scorsi di abolire
le royalties in cambio di un nuovo regime fiscale per le compagnie, e sanzioni
per le amministrazioni “no triv”. Stesso
concetto ripreso in seguito anche dal presidente di Eni Giuseppe Recchi dal
Meeting di Rimini.
Secondo il capo
dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, guardando
al di là della trattativa in corso con la Regione per portare le autorizzazioni
dell’Eni in Val d’Agri a 129mila barili al giorno di produzione rispetto ai
104mila attuali, «i veri investimenti» sarebbero quelli per le ricerche di
nuovi giacimenti, che sono ferme in Italia da 15 anni. «Nessun amministratore
al mondo bloccherebbe le attività di ricerca». Spiega Terlizzese. «Negli altri
paesi, ad esempio Malta, le compagnie petrolifere sono obbligate a fare pozzi
esplorativi e non si consente loro di sfruttare se prima non si conosce il
potenziale del paese. Un patrimonio di conoscenza a beneficio dei territori».
Non parla di
compensazioni ma di un indotto che potrebbe crescere sul modello di quello di
Ravenna e impedire la “fuga” dell’impatto occupazionali degli investimenti in
questione, Davide Tabarelli, del think tank
bolognese fondato da Romano Prodi oltre trent’anni fa. Sul «valore
aggiunto» del petrolio lucano punta
invece il presidente dei giovani di Confindustria Basilicata, Lorenzo Pagliuca,
per cui potrebbe servire a far decollare la regione «se si costruisce un
programma completo in grado di affrontare le criticità persistenti sia in
termini di infrastrutture che di competitività».
Proprio a partire da
quest’ultimo punto è arrivato a stretto giro il commento del vicepresidente del
Consiglio regionale Franco Mattia (Pdl), che ha colto l’occasione per
rilanciare il modello utilizzato nel Nord-Est della Scozia dove il governo
inglese ha concentrato risorse finanziarie e competenze per la ricerca anche
nel campo delle energie rinnovabili. Ma è voluto intervenire anche
sull’editoriale del quotidiano di Confindusria appoggiando la considerazione
che «a determinare le sorti della gestione delle risorse petrolifere (e di gas)
del nostro sottosuolo non può essere né l’effetto “nimby” (non nel mio
cortile), né la protesta generica dei sindaci ribelli e tanto meno la
contrattazione da mercatino rionale con le compagnie petrolifere». Un attacco
diretto ai primi cittadini della Val d’Agri e della Valle del Sauro, esclusi
dal grosso delle royalties per le estrazioni che avvengono nelle loro zone, che
si sono mobilitati nelle scorse settimane per una ripartizione «più equa» delle
stesse.
Per Mattia le parole
di Terlizzese sul miliardo di investimenti per nuove esplorazioni non possono
essere considerate «una boutade» quanto piuttosto «una lezione». Dunque porte
aperte, alla sola condizione che tutto avvenga «nell’assoluto rispetto delle
esigenze ambientali e nella applicazione delle migliori pratiche operative in
riferimento agli standard internazionali».
«Il primo pensiero –
continua il consigliere - va al superamento del gap infrastrutturale che
continua a rappresentare una “palla al piede” per le nostre comunità e le
prospettive di sviluppo e competitività. Troppi progetti di strade, strutture
civili, interporti, porticcioli ed aviosuperfici sono rimasti nei cassetti
degli uffici della Regione per mancanza di soldi, provocando la stasi del
comparto dei lavori pubblici e la disoccupazione edile».
Il vicepresidente
del parlamentino di via Verrastro aggiunge che sarebbe «utile aggiornare il
confronto con il Governo» della Regione sul regolamento attuativo del fondo per
infrastrutture e lavoro previsto dall’articolo 16 del dl liberalizzazioni che
ha tradotto in legge il Memorandum sottoscritto ad aprile del 2011 dall’allora
sottosegretario azzurro allo Sviluppo economico Guido Viceconte e dal
presidente democratrico della regione Vito De Filippo. Così contraddicendo
anche quanto sostenuto da un suo compagno di partito come il deputato Cosimo
Latronico, che non più tardi di tre settimane fa ne dava per imminente la
pubblicazione.
«Non è più
rinviabile la scelta di un percorso chiaro, dettagliato e di piena condivisione
in tutte le sue fasi, per fare in modo che il principio normativo contenuto nel
legge sulle liberalizzazioni si trasformi in atti operativi per disporre di
nuove risorse e di nuovi strumenti in grado di accompagnare la trasformazione
produttiva della nostra regione che parte dal petrolio ma non comprende solo il
petrolio». Conclude Mattia. «Per la nostra Regione si presenta l’opportunità di
avviare, sia pure sperimentalmente, un modello di federalismo fiscale
estremamente interessante per le ricadute economiche dirette e che si
completerà con la gestione delle risorse idriche, come del resto è stato già
definito attraverso l’intesa sul Bacino Idrografico Meridionale che produrrà
nuove entrate per l’acqua all’ingrosso ceduta alla Regione Puglia. In questo ci
avviamo a diventare un “caso” che sarà osservato e monitorato da più parti e
pertanto ci carica di grandi responsabilità anche rispetto agli organismi
dell’Unione europea che devono confermarci i fondi per la prossima
programmazione 2014-2020».
sabato 31 agosto
2013 09:14
ECCO L’ARTICOLO IN QUESTIONE: Il petrolio in
Basilicata risorsa sfruttata a metà
30 agosto 2013
My24
C'è un intreccio di
risvolti nell'inchiesta sui giacimenti di petrolio e di gas naturale in
Basilicata, dove i progetti di alcune multinazionali – tra cui l'italiana Eni –
stanno finalmente prendendo corpo. I primi risvolti riguardano l'immancabile
effetto nimby, che accompagna gran parte degli interventi di una certa
consistenza nel nostro Paese, e il rischio di autogol che ci caratterizza.
L'Italia vanta il
principale giacimento terrestre d'Europa, un potenziale competitivo
apparentemente micidiale – per l'industria, il sistema-Paese e anche per i
cittadini grazie alle royalty – ma questo potenziale rischiava di essere
vanificato o almeno ridimensionato a causa dei ritardi. Investimenti per
miliardi che hanno atteso per anni prima di essere sbloccati: siamo un Paese
che ama scherzare col fuoco. Finché non si scotta. Com'è accaduto a Brindisi lo
scorso anno, quando dopo intoppi infiniti British Gas ha salutato tutti
revocando un progetto da 800 milioni. Ora, in Basilicata questo scenario è
forse scongiurato, gli interventi sono avviati o stanno per esserlo, ma restano
almeno due fronti ancora aperti. Il deficit energetico è uno dei principali gap
competitivi denunciati dalle imprese e riconosciuti anche dalle istituzioni
centrali. Ora, cosa farebbe chiunque nelle stesse condizioni? Cercherebbe di
capire come risolvere o mitigare questa diseconomia, invece l'Italia, come
ammette lo stesso Mise, non fa ricerca da una quindicina d'anni. Guai a
scoprire che magari i giacimenti sono ancora più ricchi di quel che si pensa.
Infine, e questo riguarda i soggetti imprenditoriali coinvolti, oltre alle
istituzioni, forse varrebbe la pena di immaginare la creazione di un indotto
importante, in una regione "povera" come la Basilicata. Perché oggi,
royalty a parte, un parte importante delle ricadute finisce fuori regione.
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