martedì 16 novembre 2010

Bossi “scherza” con un giornalista: “Sei un uomo morto”


16 novembre 2010 | 21:15
“Sei un uomo morto”. Riguardo al rischio che il federalismo possa bloccarsi, Bossi prima di entrare al ristorante del Senato scherza col giornalista che gli pone la domanda e dice: ”Sei un uomo morto…”. Calderoli, che lo accompagna, commenta rivolto ai cronisti: ”Studiatevi le leggi, così non fate queste domande a vuoto”.

Commento di grecanico.
Perche’ non lo dici a me?
 
Fonte:

Asili nido per marchigiani, la Lega silura l’autore della proposta


16 novembre 2010 | 21:07
La proposta di legge sugli asili nido aperti a figli di immigrati solo se i genitori risiedono o lavorano nelle Marche da almeno 15 anni è costata il posto di capogruppo in Assemblea legislativa al consigliere della Lega Nord Enzo Marangoni.

Il segretario della Lega nelle Marche Luca Rodolfo Paolini ha reso noto che ”il Consiglio nazionale, all’unanimità, ha deliberato la nomina del consigliere Roberto Zaffini (l’unico altro esponente leghista ndr) a capogruppo dell’Assemblea legislativa, revocando contestualmente l’incarico a Enzo Marangoni, che si ringrazia per il lavoro fin qui svolto”.

”Il Consiglio – fa sapere Paolini – ha anche deliberato che d’ora in avanti proposte di legge, delibere, atti ispettivi, mozioni, iniziative pubbliche di particolare rilevanza politica per Ln debbano essere comunicate con congruo anticipo alla segreteria nazionale per conoscenza e per eventuali osservazioni; questo per garantire uniformità di indirizzo politico sul territorio”.

La ‘rimozione’ di Marangoni fa seguito a una settimana di polemiche infuocate. Paolini aveva bollato come ”estemporanea e incostituzionale” la proposta di legge, tesa a dare assoluta priorità ai marchigiani nell’iscrizione ai nidi, e aveva invitato Marangoni a ritirare il testo. Anche perché, aveva osservato il deputato, ”la formulazione della proposta di legge consentirebbe a uno straniero che vive di accattonaggio di iscrivere il figlio all’asilo, e a un carabiniere trasferito per servizio nelle Marche da dieci anni no”.

”Inammissibile” poi per Paolini la presentazione di proposte di forte impatto politico ”senza neppure informare la segreteria nazionale di Ln”, mettendo a rischio il partito di essere ”ridicolizzato” dalla sinistra. Marangoni, non nuovo a censure interne per altre iniziative giudicate troppo autonome, si era rifiutato di ritirare o modificare la proposta, sorpreso che ”le critiche che mi aspettavo dalla sinistra siano arrivate dal massimo esponente politico regionale del partito”. In mezzo, il neo capogruppo Zaffini: non aveva materialmente sottoscritto la proposta di legge (”ero a Roma”) ma si era ritrovato ugualmente cofirmatario, per iniziativa di Marangoni.
Fonte:
http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/asili-nido-marchigiani-silurato-marangoni-642377/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Berlusconi, count-down di 25 giorni fino al 14 dicembre: campagna elettorale in tv e campagna acquisti.


16 novembre 2010 | 21:02
Si comincerà mercoledì sera, a Matrix, trasmissione di approfondimento politico di Canale 5.
Silvio Berlusconi, capo di un governo che nella serata di oggi ha deciso di prolungare la sua agonia fino al 14 dicembre, sarà l’ospite di punta. E, c’è da scommetterci, mercoledì sera avremo un antipasto ricco di quello che la politica avrà da offrire fino al voto di fiducia della Camera.

Ventincinque giorni di campagna elettorale talmente tanto anticipata da iniziare prima ancora della caduta del Governo, quando ancora tutti fingono di non sapere, come detto “di nascosto” dal ministro Maroni a Nichi Vendola, che si andrà alle urne a fine marzo (c’è anche chi parla di fine febbraio). Con l’esecutivo ancora formalmente in piedi e una manovra finanziaria da approvare a tutti i costi, Berlusconi inizierà a delineare le strategie per il dopo crisi. La ricetta sembra semplice e già scritta: overdose televisiva e campagna acquisti intensiva.

Il secondo aspetto è il più difficile, ma le sorprese, anche in politica sono sempre possibili. In venti e passa giorni è necessario convincere una manciata di deputati finiani a tornare all’ovile del Pdl per tentare il colpaccio. Che il gioco possa valere o meno la candela è presto per dirlo: di sicuro anche se Berlusconi, contro ogni pronostico, dovesse riuscire a strappare la fiducia il 14 dicembre, si ritroverebbe comunque con una maggioranza ai minimi termini. E visto che i deputati del Pdl non sono esattamente campioni di presenzialismo in aula, la governabilità rischia comunque di essere una chimera. Di sicuro, però, sul piano politico sarebbe uno schiaffo all’odiato Gianfranco Fini. E quindi, per tentare l’impresa il premier ha “sguinzagliato” Daniela Santanché che, già oggi, un piccolo risultato l’ha ottenuto. Giuseppe Angeli, deputato eletto all’estero, ha fatto inversione ad U e dopo una militanza minimale nel Fli, convinto dalla Santanchè, ha deciso di tornare nel Pdl. La Santanchè assicura che è solo l’inizio. Il mercato di questi ultimi mesi lascia capire che di passaggi ce ne saranno, ma non da una parte sola.

Quanto alle apparizioni televisive il premier gioca in casa. Si presenterà agli italiani come presidente eletto ed esautorato da una sorta di golpe messo in atto dal “traditore” Fini, inveirà contro ogni governo tecnico gridando alla “volontà popolare schiacciata”. Tutto aspettando il 14 dicembre, giorno della verità per il governo e giorno della verità anche per il legittimo impedimento. Nello stesso giorno è atteso anche il verdetto della Corte Costituzionale e Berlusconi, strategia a parte, teme di uscire da quel giorno con una pesantissima sconfitta per 2-0.
Fonte:
http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/berlusconi-campagna-elettorale-acquisti-deputati-642942/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Federalismo alimentare.


L'UNESCO ha inserito nella lista del Patrimonio dell'Umanità Immateriale la dieta mediterranea.
di Maria, Un blog normale.
martedì 16 novembre 2010
Il ministro delle politiche agricole Galan, ha mostrato la sua soddisfazione, dichiarando che si tratta di:
«Un prestigioso successo che mi riempie d'orgoglio e di soddisfazione e rappresenta un traguardo storico per la nostra tradizione alimentare e per la cultura dell'intero Paese».
Forse il ministro Galan dimentica che l'espressione dieta mediterranea è stata coniata da uno studio di Ancel Keys, che, nel dopoguerra, si trasferì a Pollica proprio per studiare le abitudini alimentari degli abitanti del Cilento, e ipotizzando così che sia la causa della bassa incidenza sulla popolazione delle malattie cardiovascolari.
Forse i Padani non si sono ancora attrezzati per il federalismo alimentare.
Fonte:  

Euro debole = illusione occupati


di Oscar Giannino – 16 novembre 2010.
L’Europa è di nuovo piegata su se stessa nel tentativo di evitare la crisi dell’eurodebito. In molti tra coloro che in Italia lavorano per l’export almeno si consolano, all’idea che l’euro si deprezzi riscendendo verso quota 1,3 sul dollaro invece che verso 1,5. In realtà, la gara a deprezzare le valute è la vera guerra in corso tra dollaro e yuan, e l’euro rischia di fare il vaso di coccio tra vasi di ferro. Detto questo, chi qui scrive trova invece apprezzabile che sempre più numerose voci europee si levino polemicamente rilevando che non rende un servizio a nessuno, la FED, artificiosamente deprimendo il corso del dollaro e i rendimenti decennali del debito pubblico americano, con la sua politica eterodossa di acquisiti di titoli sul mercato e cioè attraverso la monetizzazione del debito, come avveniva in Italia prima che via Nazionale e Tesoro divorziasssero, sancendo la piena autonomia della banca centrale dalle tendenze deficiste della politica. La vera risposta a chi consiglia sempre il deprezzamento della moneta per difendere l’occupazione sul mercato domestico sta proprio nell’andamento dell’economia americana.

E’ il nocciolo della politica praticata da Obama e Bernanke, secondo i quali un dollaro debole aiuta a ridurre la disoccupazione USA, che nel suo aggregato ristretto è al 9,6% e in quello allargato, comprendente cioè gli “scoraggiati” a diverso titolo, sale al 16% e oltre. Tuttavia, è un assunto fallace.

Nigel Gault, chief economist al desk americano di Global Insight, ha rielaborato la relazione tra andamento del dollaro e occupati nell’ultimo decennio. Dal 2001, il dollaro ha visto il suo valore deprezzarsi del 31% rispetto a un basket comprendente le cinque maggiori valute nel commercio mondiale. L’export americano negli stessi anni è aumentato del 45%. Ma l’occupazione manifatturiera americana è diminuita negli stessi anni di un terzo, scendendo da 16,4 a 11,7 milioni. Se ci fermiamo all’ultimo trimestre cioè agli effetti sul breve, da giugno a settembre il dollaro è sceso del 10% rispetto alle stesse valute, e l’export americano a settembre è salito dello 0,3%, al livello più alto nell’ultimo biennio. Ma la disoccupazione non diminuisce.

Per almeno due ordini di ragioni. La prima che l’export dei Paesi avanzati verso i Paesi che “tirano”, Cina e Asia innanzitutto, è soprattutto ad alto valore aggiunto, e dunque prodotta laddove macchine, automazione e tecnologie inevitabilmente continueranno a sostituire intensità di lavoro umano. La seconda ragione è che più aumenta l’export in quei Paesi più aumenta il totale di occupati delle imprese esportatrici in quei Paesi stessi: assai più che nei mercato domestici in cui le imprese esportatrici sono radicate. Secondo le cifre elaborate dall’United States Bureau of Economic Analysis il totale dei dipendenti all’estero delle aziende americane esportatrici è più che raddoppiato, negli anni 1998-2008 con l’ingresso della Cina nel WTO, passando da 5 a 10,5 milioni. Occupare dipendenti in Paesi a basso costo del lavoro aiuta a realizzare margini che son più che mai preziosi per investire di più nella qualità di innovazioni, processi e prodotti che vengono “pensati” e sperimentati nei paesi avanzati di provenienza. E più il processo diventa esteso e radicato, meno ovviamente sui bilanci aziendali incide il fattore valutario sulla competitività complessiva delle ragioni di scambio.

E’ esattamente lo stesso fenomeno avvenuto su scala europea per le grandi imprese tedesche delocalizzando nell’Est europeo non appartenente all’euro, a inizio degli anni 2000. Oggi come oggi, per BMW o Mercedes e Audi che hanno triplicato la loro produzione locale in Cina, il fattore cambio dell’euro è praticamente del tutto indifferente rispetto agli enormi margini che realizzano con oltre 500mila vetture di classe elevata vendute su quel mercato nel 2010.

Se tutto ciò è vero per l’economia USA, dove il 65% della crescita viene dalla domanda interna e solo un terzo dall’export, è a maggior ragione vero per noi, dove avviene l’esatto opposto. Chi si augura un euro debole per esportare meglio ha ragione nel breve, basta che sia chiaro che con l’occupazione l’effetto cambio c’entra poco o nulla: per quella serve essere più produttivi, non artifici monetari che nel mondo globalizzato servono più che altro da maschere agli alti debiti pubblici dei governi. Maschere che del resto non reggono più, in America come in Europa.
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Il federalismo delle gite scolastiche: Cota le finanzia, purchè si facciano in Piemonte


 16 novembre 2010 | 17:07
La Regione Piemonte finanzia le gite scolastiche con uno stanziamento ad hoc di 150 mila euro nel 2010 e altrettanti nel 2011. Per ottenere i fondi però le scuole dovranno organizzare le trasferte rigorosamente sul territorio piemontese. L’iniziativa è del Presidente della Regione, il leghista Roberto Cota, la cui Giunta, su proposta dell’assessore all’Istruzione e Turismo, Alberto Cirio, ha approvato una delibera a sostegno del turismo scolastico.

Il provvedimento prevede un contributo di 150 euro per ciascuna classe della scuola dell’obbligo del Piemonte che organizzerà e documenterà adeguatamente di aver fatto una gita d’istruzione in regione. Con l’iniziativa la Giunta Cota, raccogliendo anche le sollecitazioni degli operatori turistici e culturali piemontesi, intende far fronte al calo di arrivi di scolaresche in musei e località d’arte.

I tagli sulla scuola infatti hanno già provocato cancellazioni a raffica delle gite d’istruzione, che, per esempio, incidono fino quasi al 10% sul numero totale di visitatori di un museo di rango come l’Egizio di Torino.

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"Niente trivellazioni in Sicilia"


16/11/2010
Il Ministero dello Sviluppo economico ha respinto l'istanza della "Petroceltic Italia" per la ricerca di idrocarburi nelle acque territoriali dell'isola. Il provvedimento segue le linee guida della Regione
PALERMO - Il Ministero dello Sviluppo economico ha respinto l'istanza della società Petroceltic Italia Srl, per la ricerca di idrocarburi nelle acque territoriali siciliane. Tra i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, il Ministero cita la nota della Regione siciliana del settembre scorso che esprime "la netta contrarietà al rilascio di autorizzazioni di idrocarburi nel mare Mediterraneo nelle vicinanze dell'isola". Lo rende noto l'assessore regionale al Territorio e ambiente, Gianmaria Sparma.
"Il rigetto dell'istanza da parte del ministero - evidenzia Sparma - ponendo tra i motivi ostativi la nota della Regione siciliana, è la conferma che il governo regionale aveva ben individuato ed evidenziato la problematica legata alle trivellazioni off-shore approvando una delibera, nello scorso mese di luglio, che esprimeva una chiara e netta contrarietà al rilascio dei permessi di ricerca nel territorio siciliano".
Fonte:
http://www.lasiciliaweb.it/stampa.php?id=48726

Affossatore del patriarca


Il sistema Berlusconi è fallito a causa del suo stesso creatore. Ma è il suo ex alleato che gli assesterà il colpo finale.
Articolo di Politica interna, pubblicato martedì 9 novembre 2010 in Germania. [Sueddeutsche Zeitung]
[Articolo originale "Totengräber des Patriarchen" di Andrea Bachstein]

Il fatto che manchino solo pochi giorni o qualche settimana alla uscita di scena dalla vita politica di Silvio Berlusconi non ha alcuna importanza. Gianfranco Fini lo ha messo con le spalle al muro. Questi vuole porre fine alla tragedia di un vecchio patriarca e del suo traballante governo e quindi di un partito che si sta lacerando da mesi.
L’agonia del potere del premier italiano è iniziata al più tardi l’estate scorsa con la estromissione di Fini, il cofondatore del suo partito PDL. Ma Berlusconi aveva sbagliato i conti sui rapporti di maggioranza e si era scoperto dipendente dal suo avversario. Siamo ora di fronte alla fine di un’epoca, un’epoca in cui Berlusconi ha formato, e deformato, l’Italia.

Aveva iniziato da neofita di belle speranze. Quando Berlusconi fece ingresso sulla scena politica nel 1994, era svincolato dagli strascichi del vecchio sistema partitico in tilt a causa degli scandali di Tengentopoli. Il suo enorme successo come imprenditore è sembrato una garanzia a molti, nella conduzione dell’Italia. E’ stato rieletto quattro volte da allora. Le sue promesse di riforme, snellimento della burocrazia, riduzione fiscale e il suo carisma a detta di molti nascondono tutt’altro: problemi giudiziari, amicizie legate alla mafia, che hanno accompagnato Berlusconi sin dall’inizio – oltre che la equivoca doppia funzione di più grande magnate industriale del paese e capo del governo.
Tuttavia dopo la sua rielezione, due anni fa, è stato sempre più difficile valutare ciò che sembra un’illusione. Il populista Berlusconi vuole far credere agli italiani, persino al resto del mondo, che ha tutto sotto controllo e che si sta dedicando totalmente al bene dell’Italia. Il governo finora ha speso tutte le sue energie nella ricerca di soluzioni legislative a tutela del premier contro i suoi processi.
Fini è arrivato al punto: il pretestuoso “Governo del fare” è in realtà “ il governo del fare finta che …”. Imprenditori, operai, famiglie e la giovane generazione sono stati abbandonati dalla politica ai loro bisogni e alle loro legittime preoccupazioni. E lo esprimono in maniera sempre più manifesta senza ricevere alcuna risposta.
Non è fallito solo il governo, ma anche il progetto del PDL. Dalla fusione degli ex di AN di Fini e di Forza Italia di Berlusconi sarebbe dovuta nascere una nuova unica destra, in grado di dare vita alla “la rivoluzione liberale”. Fini non vede più alcun futuro per questo partito. Il PDL è divenuto un partito che ruota unicamente intorno alla persona di Berlusconi e al mantenimento del suo potere ad ogni costo. Il PDL è un raggruppamento di persone che sostengono Berlusconi, per non essere loro stessi espulsi da questo sistema da cui traggono vantaggio. Non c’è alcuna democrazia al suo interno, le decisioni le prende solo e soltanto Berlusconi.

Fini è corresponsabile
Il 74enne vuole dirigere in maniera patriarcale non solo il PDL, come precedentemente faceva con le sue imprese, ma anche lo stato. Non vuole capire che una democrazia parlamentare funziona con regole diverse da quelle di una ditta. Che chi lo critica non può semplicemente essere buttato fuori, ma deve accettare lo scambio di opinioni con altri. Berlusconi non si reca praticamente mai in Parlamento. Questa non è l’unica dimostrazione di disprezzo e inosservanza delle istituzioni. Che sia la giustizia o la Costituzione, il premier le considera come ostacoli per suoi traffici.

Fini non vuole restare a guardare tutto ciò. Con il suo movimento Futuro e Libertà, che ben presto diventera’un partito, sta cercando di sfondare una porta che gli permetta di uscire da un sistema stagnante. Fini vuole allontanarsi dal modello di capo di partito basato su una sola persona, vuole tirarsi fuori da ciò che in Italia si chiama il Leaderismo. Sembra che Fini voglia creare una lo spazio per un moderno partito liberale di centro destra. Una forza politica della borghesia centrista su modello di un partito come il CDU e orientato verso l’Europa. Fini ha in ogni caso espresso un chiaro rifiuto della politica della Lega Nord, egoista, federalista e ostile agli emigranti, partner nella coalizione di Berlusconi
Così come incerta appare l’esistenza di un PDL senza Berlusconi, attualmente appare anche poco chiaro se Fini riuscirà ad affermarsi in occasione di nuove elezioni. Le elezioni si terranno con molta probabilità già nei prossimi mesi, non importa se nel frattempo ci sarà un rimpasto governativo o un cosiddetto governo tecnico di transizione.
Ciò che Berlusconi lascia agli italiani è un pericoloso malumore politico ed elettorale causato soprattutto dal suo continuo sparare a zero contro le istituzioni dello stato. Secondo un recente sondaggio il parlamento europeo è l’unica istituzione che non ha perso fiducia negli italiani.

Sarebbe sbagliato festeggiare Fini come salvatore dell’Italia. Se il suo progetto funzionerà è ancora da vedersi. Fini ha appoggiato per 16 anni Berlusconi e la sua politica ed è corresponsabile dell’attuale situazione nel paese. Forse adesso ha assestato al sistema Berlusconi il colpo decisivo. Il sistema Berlusconi è fallito ma a causa del suo stesso creatore.

Qui, dove ogni frana è possibile


Secondo me – Mina - 14/11/2010
Una piccola dolenza, puntuta, continua. Uno se ne potrebbe anche fregare. Cosa cambierebbe nella vita di tutti quelli che hanno avuto la ventura di nascere nel Paese più bello del mondo? Nella vita da tirare avanti tutti i giorni che Dio manda in terra? Con disagi di tutti i tipi, con incognite terrificanti, con dolori duri come il ferro, con l’incertezza per il futuro dei propri figli? Cosa vuoi che cambi in una vita se viene giù la Domus dei Gladiatori a Pompei? Niente, nella concretezza, nella obbligatoria materialità del tran tran quotidiano, proprio niente.

Ma resiste quella fitta leggera e costante che ci attraversa e si insedia nell’indispensabile bisogno di bellezza che magari uno non crede di possedere. Una malinconia che non passa. Un pezzo di bellezza in meno. È seccante dover precipitare nell’ovvio scontato. Ma la reazione a tanta criminale incuria produce sempre la stessa replica. Siamo abituati a vedere le nostre bellezze, i nostri gioielli maltrattati, offesi, dimenticati. E la storia continua, identica a se stessa.

Incompetenza, Malafede e Sfortuna sono tre sorelle gemelle che non riconosceresti mai a prima vista. La loro madre Ignoranza, connivente naturale e obbligatoria, protegge e nasconde la loro identità.

Le tre camminano insieme, prendendosi per mano, vestite di abiti uguali, con un tipo di passo e un atteggiamento raccapriccianti nella loro interscambiabilità. A volte ci si scervella. A chi attribuire la colpa dei troppi disastri che riescono a generare e calpestare? Ma non c’è niente da fare. Il loro sodalizio è troppo potente per un popolo che crede che garantismo e giustizia siano entità disgiunte e che insieme, al massimo, significhino impunità. Le gemelle imperversano su geologia, arte, orografia, archeologia, viabilità, agricoltura con una scia di menomazioni impressionanti per i pensanti e accettabili per i decerebrati. Una vita normale in termini di presa di coscienza e di speranze ci è oggi impedita. Ogni frana è possibile così come ogni incendio o veleno o scomparsa.

Due giorni prima dello sgretolamento della sovrastruttura della Domus dei Gladiatori, mio nipote Edoardo di sei anni era là a gustarsi meravigliato il fascino di un pezzo di storia e di bellezza. Non gli ho detto che ciò che gli è rimasto negli occhi è crollato. Non avrei saputo come spiegarglielo. Mi sembra di non averne colpa, ma non ne sono più sicura.
Fonte:

INFLAZIONE: ISTAT. A OTTOBRE IN ITALIA +1,7%


16 novembre 2010
ROMA (ITALPRESS) – Nel mese di ottobre l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettivita’ comprensivo dei tabacchi e’ stato pari a 140,4, registrando una variazione di piu’ 0,2 per cento rispetto al mese di settembre e di piu’ 1,7 per
cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; al netto dei tabacchi l’indice, pari a 139,6, ha presentato nel mese di ottobre 2010 una variazione congiunturale di piu’ 0,2 per cento e una variazione tendenziale pari a piu’ 1,7 per cento.
Nell’ambito delle 20 citta’ capoluogo di regione, gli aumenti tendenziali piu’ elevati dell’indice NIC si sono verificati nelle citta’ di Aosta (piu’ 3,0 per cento), Trieste (piu’ 2,2 per cento), Firenze e Napoli (per entrambe piu’ 2,1 per cento); le variazioni piu’ moderate hanno riguardato le citta’ di Campobasso (piu’ 1,1 per cento), Potenza (piu’ 1,3 per cento), Bologna e Palermo (piu’ 1,4 per cento).
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Crisi senza via d’uscita


Giorgio Mottola da Napoli
Mar, 16/11/2010 - 10:30
RIFIUTI. A Napoli sono duemila le tonnellate di rifiuti ammassate per le strade. Chiuse Taverna del Re e Terzigno, l’immondizia va tutta a Chiaiano, invaso quasi al collasso. L’umido in viaggio verso l’Emilia.

Si lamentano anche loro, i mercanti di monnezza. In piazza Garibaldi, davanti alla stazione centrale di Napoli, vendono le loro cianfrusaglie, prese direttamente dai cassonetti. I lenzuoli laceri, che stendono sui marciapiedi sporchi, sono i banchi di un ipermercato straccione. Frequentato soprattutto da immigrati ma anche da napoletani alla ricerca di scarpe vendute a non più di tre euro il paio e maglioni di lana da cinquanta centesimi. Sono l’evoluzione moderna, o forse postmoderna, degli antichi cartonari. Sembrerà paradossale, ma loro sono i primi a sperare che l’emergenza rifiuti a Napoli finisca presto. «La monnezza è buona, quando non ce n’è troppa», spiega Daniel che viene dal campo nomadi di Secondigliano, «ora per esempio, io lavoro malissimo. I sacchetti stanno lì da giorni, puzzano e colano molto più di quando la situazione è normale. E poi, così per me è troppo difficile trovare la mia merce nei cassonetti».

È improbabile che le pene di Daniel e degli altri mercanti di monnezza finiscano presto. Ieri per le strade di Napoli c’erano oltre 2mila tonnellate di rifiuti. «Due settimane fa – ricorda Francesco Borrelli, commissario regionale dei Verdi – Berlusconi aveva detto di aver risolto tutti i problemi». Ma lungo corso Umberto, l’arteria principale del centro storico, le automobili avanzano a passo d’uomo, costrette a dribblare i cantieri e i sacchetti che “esondano” fin sulla strada. Stracolma è anche via Roma, su cui si affacciano le boutique più esclusive della città. A San Gregorio Armeno, la via dei presepi, i turisti fotografano i sacchetti e non le statuette degli artigiani. «La situazione è fuori controllo», ammette l’assessore all’Igiene urbana del Comune di Napoli, Paolo Giacomelli.

La discarica di Taverna del Re, dove nelle ultime due settimane è stata conferita la metà dei rifiuti napoletani, è chiusa definitivamente. «Non la riapriremo più», ha promesso, durante il consiglio provinciale di ieri il presidente  Luigi Cesaro. Sul tavolo, però, non c’è alcuna proposta alternativa. Eppure si sono aggiunte altre grane. La discarica di Terzigno, dove hanno sversato fino a sabato i diciotto comuni dell’area vesuviana, è ancora chiusa. Con un’ordinanza, il sindaco Domenico Auricchio ha vietato l’ingresso di altri rifiuti («La falda acquifera intorno all’invaso è inquinata», ha spiegato) e non sembra intenzionato a cambiare idea. Quasi sicuramente, infatti, la questione della riapertura finirà davanti al Tar, a cui la Provincia farà ricorso, come ha annunciato Cesaro. Sono fuori gioco, e lo saranno per un periodo probabilmente lungo, anche gli Stir di Giugliano, Tufino e Caivano.

Le vasche che contengono la frazione umida sono ancora piene e non c’è altro luogo dove stoccarla, dal momento che in Campania non esistono impianti di compostaggio. Quindi, tutto si sta reggendo sulla discarica di Chiaiano, che potrebbe però collassare presto. Per questo motivo, ieri Cesaro è tornato, anche se molto genericamente, a parlare di nuovi sversatoi in provincia di Napoli: «È  necessario individuare cave da destinare a discarica per il conferimento della frazione organica stabilizzata». Rimane però il problema di come tamponare la crisi per i prossimi mesi. Per ora, la soluzione è quella tradizionale, adottata negli ultimi quindici anni di emergenza: l’esportazione dei rifiuti. Quattrocento tonnellate sono già oggi in viaggio verso l’Emilia Romagna. Daniele Fortini, amministratore delegato dell’Asia, ha chiesto infatti sostegno all’Hera, società emiliana di raccolta e gestione, che si farà carico di una parte della frazione umida di Tufino e Giugliano.

Un’altra parte dovrebbe invece arrivare in alcuni impianti di biomassa della Toscana. L’immondizia campana potrebbe prendere anche la via della Spagna. Sono stati infatti attivati contatti con un’azienda andalusa, ma «per far partire un treno occorre un mese, servono autorizzazioni speciali, non è semplice», spiega Giacomelli. La gravità della situazione sembra aver ammorbidito la posizione delle altre province della Campania. Sinora sempre contrarie ad accogliere i rifiuti di Napoli, ieri gli impianti di Salerno, Avellino e Caserta hanno accolto alcune migliaia di tonnellate di immondizia.
Fonte.
http://www.terranews.it/news/2010/11/crisi-senza-d’uscita

S'aggarva l'emergenza - Iervolino e Caldoro, lite tra i rifiuti


La sindaca: «Che aspetta, un’epidemia?»
Il governatore: «Se c’è rischio interverrò»
di Angelo Agrippa - 16 novembre 2010
NAPOLI — Una situazione «esplosiva» l’ha definita l'assessore di Napoli all’igiene urbana, Paolo Giacomelli. E non solo sotto il profilo della intollerabile montagna di rifiuti che sommerge la città. Persino l’interlocuzione istituzionale rischia il definitivo corto circuito, benché sia l’ora dei tavoli di confronto che non riescono ad andare oltre la richiesta di deroga al patto di stabilità, e l’attesa del decreto sui rifiuti che il governo dovrà varare oggi.

Il presidente della Provincia di centrodestra di Napoli, Luigi Cesaro, ha annunciato un ricorso al Tar contro l’ordinanza varata dal sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, anche lui del Pdl, con la quale è stata decretata la chiusura della discarica di cava Sari, dopo il risultato delle analisi sulla falda acquifera del sito vesuviano. Un provvedimento che sia Cesaro che il governatore campano, Stefano Caldoro, non hanno esitato a definire inopportuno e immotivato. Mentre la sindaca di Napoli, Rosa Russo Iervolino, è tornata a scuotere il presidente della Regione invitandolo a emanare un nuovo provvedimento di deroga alla legge per concedere alla città di Napoli di poter sversare nelle discariche delle altre province campane. «Non capisco perché il presidente Caldoro non sia ancora ricorso ai suoi poteri per consentire lo smaltimento dei rifiuti in altre province.

Purtroppo si parla solo di Napoli, ma l’emergenza più grave - ha sottolineato la sindaca — è proprio nei comuni della provincia e non capisco cosa aspetti Caldoro ad utilizzare i suoi poteri: non vorrei — ha poi proseguito, facendo riferimento all'inchiesta sull'emergenza rifiuti del 2008 che la vede coinvolta assieme all'ex governatore Antonio Bassolino con l'accusa di epidemia colposa — che qualche magistrato possa pensare di accusarlo proprio di non aver assunto tale provvedimento». Caldoro ha risposto a distanza: «La legge— ha spiegato— prevede che si possa intervenire soltanto in presenza di alcune condizioni particolari di reale rischio accertato: sia sul versante dell’ordine pubblico, sia in ordine ai problemi sanitari. Quindi, se si affacceranno queste condizioni di particolare rischio non esiterò un minuto di più per intervenire». La Iervolino ha controreplicato a muso duro: «Quali sono - si è chiesta -le autorità competenti che devono verificare lo stato delle cose? Se per caso tra queste c’è il sindaco eletto dai cittadini il presidente sappia che per esso le condizioni per un intervento diretto della Regione ci sono non da oggi ma da alcuni giorni. Non è mia abitudine polemizzare con le istituzioni. Ciò premesso non posso non dire che la dichiarazione del presidente Caldoro mi sembra inverosimile e mi stupisce profondamente.

Cosa vogliamo aspettare di più? Certamente non vi sono ancora state rivolte popolari o morti per epidemia - ha dichiarato - anche se oggi via Marina e nei giorni scorsi via Mezzocannone e via Porta di Massa in segno di protesta sono state invase da tonnellate di rifiuti. La situazione della città è gravissima e l'emergenza sanitaria credo debba essere prevenuta e non attesa». L’assessore all’igiene Giacomelli è ancora più disperato: «Dal vertice dello scorso venerdì in prefettura - ha affermato - sono trascorse 72 ore, ma non è stato ancora trovato un rimedio. Ogni ora ci sono 50 tonnellate di rifiuti in più per strada e la situazione si è molto aggravata. In ventiquattro ore passeremo da 2200 a circa 3.000 tonnellate di spazzatura nelle strade di Napoli».

L'assessore ha ribadito che, al momento, l'unico sito dove poter depositare la spazzatura resta Chiaiano: «Giugliano ha chiuso e a Caivano la città di Napoli non può conferire. Siamo riusciti a svuotare soltanto quattro camion nel sito di Tufino per un totale di 60 tonnellate, le quali sommate alle 600 di Chiaiano non arrivano a 700 tonnellate quotidiane. Sulle strade della provincia di Napoli ci sono altre 400 tonnellate di spazzatura. Abbiamo115 mezzi per la raccolta già sovraccarichi di 1400 tonnellate di rifiuti non conferite. In più con il decreto legge che andrà in Consiglio dei ministri verranno cancellate tre discariche». Anche l’ipotesi di invio spazzatura all’estero appare difficile. Ieri si parlava della Spagna ma occorrono autorizzazioni che porterebbero via un mese intero. Fino a marzo prossimo invece partiranno per l’Emilia Romagna circa 400 tonnellate di rifiuti al giorno. Una goccia nel mare.
Fonte:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/16-novembre-2010/iervolino-caldoro-lite-rifiuti--1804179151125.shtml


Napoli, il Comune acquista piazza Garibaldi
di Luigi Roano
NAPOLI (16 novembre) - Il Comune acquista piazza Garibaldi per 6,6 milioni di euro. Lo annunciano il sindaco Rosa Russo Iervolino e il suo vice Tino Santangelo. Palazzo San Giacomo ha atteso 80 anni per riprendersi un pezzo della città «che è uno dei cuori di Napoli» sottolinea la Iervolino. Il passaggio di consegne dalle Fs è avvenuto ieri con tanto di firma in sala giunta.
L’acquisto è stato possibile con fondi Cipe, già nel bilancio del Comune e previsti nel progetto di riqualificazione della piazza in seguito alla realizzazione della nuova metropolitana. Piazza Garibaldi è uno dei siti più grandi del Paese, 50mila metri quadrati, di cui 35mila da riempire di funzioni. Come prevede il progetto di Dominique Perrault ormai vecchio di un lustro e che doveva essere cosa concreta nel 2008.
«L’acquisto della piazza è un dovere dell’amministrazione - spiega il sindaco - ci consentirà di creare un consorzio con la Metropolitana, le Fs e i commercianti, per la manutenzione e sicurezza della piazza stessa». Insomma saranno i napoletani, la società civile, i commercianti con l’ausilio delle forze dell’ordine a governare e custodire un sito da sempre sinonimo di caos. «L’obiettivo - spiega Santangelo - è di riqualificare l’area attraverso la valorizzazione di un nevralgico nodo d’interscambio che costituisce anche una delle porte principali della città». Il progetto di riammodernamento e riqualificazione affidato all’architetto francese parte dalla statua di Garibaldi e divide la piazza in due grandi aree: nella prima si trova uno spazio aperto destinato a giardini, la piazza della Stazione Centrale, gli accessi al parcheggio Fs e alle linee metropolitane 1 e 2; il secondo spazio coperto, consente il traffico pedonale degli utenti provenienti o diretti alle diverse destinazioni servite dalle Ferrovie dello Stato, dalla Metropolitana e dalla Circumvesuviana. Il tutto dovrebbe terminare nel 2012.
Il condizionale è d’obbligo. Perché se la novità è l’acquisto della piazza e la volontà di costituire un consorzio di persone di buona volontà per tutelare il sito, è anche vero che la piazza al momento è un cantiere aperto che viaggia con 4 anni di ritardo. Siamo ad aprile del 2004, Perrault è in sala giunta al suo fianco ci sono la Iervolino e l’allora vicesindaco Rocco Papa. Il famoso e bravo architetto francese dalla sua matita tira fuori la trasformazione di uno spazio informe in appunto due piazze. Spesa prevista 42 milioni di euro, consegna della piazza anno 2008.
Un progetto bellissimo che se mai verrà concretizzato darà di Napoli, ai viaggiatori che sbarcheranno via treno - se ne prevedono 500mila al giorno - una immagine di città finalmente europea. Il progetto prevede un tunnel sotterraneo con il quale linea 1 e stazione centrale si collegheranno, sulla stregua di quanto Alvaro Siza sta progettando per la stazione del metrò di piazza Municipio che sarà collegata alla stazione marittima pronta anch’essa entro due anni. Galleria pedonale sotterranea che come quella di Siza prevede aperture sul lato superiore perché vi entri la luce del sole. Tunnel dentro il quale troveranno posto soprattutto le attività commerciali. «Bisogna organizzare quello che adesso è caos, mettere in connessione questo enorme spazio con il tessuto vivo di Napoli» le parole dell’architetto sei anni fa.
Trasformare lo spazio informe in più agorà presuppone un vero e proprio fronte, cioè installare al centro della piazza almeno due edifici a mo’ di delimitazione del territorio. Edifici da destinare a usi pubblici, ma anche privati, potrebbero essere uffici, alberghi o case oltre che gallerie commerciali. Una frontiera che segna lo spazio per almeno due piazze. Quella che alla stazione centrale va verso appunti gli edifici. E quella che dagli edifici va oltre la statua di Garibaldi.
Fonte:
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=126917&sez=NAPOLI
 

La nostra gioventù? disperata e senza lavoro


di PASQUALE DORIA - 15 Novembre 2010
Matera. Due faldoni panciuti e dentro altrettanto zeppe cartelle contengono una marea di domande di lavoro. Ne arrivano ogni giorno, in tutto, forse sono poco meno di un migliaio e solo una parte di questi disperati messaggi nella bottiglia occupano già l’intero piano della scrivania. Le mostra con la tristezza stampa sul volto Nunzio Olivieri, alla guida del centralissimo Hotel San Domenico, ma anche impegnato su molti altri fronti imprenditoriali.

L’invito a sfogliare i curriculum non ha nulla di curiosamente morboso e avviene nel suo ufficio, nella massima riservatezza, lontano da occhi indiscreti. Dentro quelle cartelle c’è la desolante storia di un giovane popolo d’invisibili a caccia di lavoro. Uno qualunque, purchè regolarmente retribuito. «Ecco come, mio malgrado - spiega Olivieri - vado registrando un lento, ma inesorabile abbassamento di u n’asticella virtuale. Più angusti diventano gli spazi del mercato e maggiore è la propensione a mettere da parte il titolo di studio, a cominciare dal laureato. Un traguardo sudato, che ha coinvolto sicuramente a livello di non pochi sacrifici e non solo la persona che viene qui a chiedere aiuto, ma anche i suoi genitori che sul quel titolo di studio chissà quanto hanno sperato per consentire l’agognato salto di qualità per i propri figli, ora professionisti solo sulla carta, ma ancora a carico del magro stipendio impiegatizio di un ceto medio sempre più povero». Sulla tavolozza della scrivania dominano i colori plumbei di una realtà cruda.

«Sono più che certo di non essere l’unico a misurarsi con questa situazione drammatica», continua Olivieri. «E a volte non basta neppure l’esperienza, quel minimo di cinismo che ogni imprenditore deve per forza di cose imparare ad indossare come una sorta di abito corazzato. Si tratta di una divisa sempre più stretta e scomoda. Basta osservare alcuni di questi curriculum. Molti sono laureati e alcuni mi chiedono di fare il lavapiatti. La mia coscienza si rifiuta, non lo farei neanche se potessi. Sceglierei sempre un ragazzo senza titolo di studio, al massimo un diplomato. Non è moralmente accettabile. Un laureato in legge mi chiede ormai da qualche tempo di potere fare almeno il portiere di notte. Anche in questo caso non potrei mai. Al cospetto di un errore potrei rimproverarlo? Non me la sentirei e rischierei di rendere un cattivo servizio a lui e ai clienti. Anche in questo caso, punterie su un diplomato, magari proveniente dall’istituto alberghiero che almeno una certa infarinatura del lavoro la possiede. Insomma, se si vuol evitare di farsi male con le proprie mani è vietato improvvisare. La situazione dei laureati, purtroppo, è la più esposta perchè si presume abbiano maturato altro tipo di competenze».

Sfogliando le cartelle, molte corredate anche di fotografie e referenze, ecco cosa vorrebbero fare i nostri giovani in un albergo: addetto ai piani, portiere di notte, cameriere di sala, cuoco, aiuto cuoco, addetto alla segreteria, receptionist, addetto al ricevimento, barman e aiuto barman. «Il turn over più spinto - riprende Olivieri - lo registriamo tra i camerieri di sala. Se uno di loro si ammala, o incappa in un qualunque infortunio, va sostituito con la massima sollecitudine. Inizialmente ne convocavo tre alla volta. Uno lo prendevo e però registravo la profonda delusione degli atri due. Non è che si può sempre sorvolare sulle altrui aspettative deluse. Se fosse per me io li assumerei tutti. Allora, ho escogitato una sorta di rimedio empirico e chiamo per telefono. Chiedo come va la vita e se capisco che chi parla dall’altra parte è a spasso, allora gli dico che ho immediatamente bisogno di vederlo. Se è già impegnato vado avanti nella ricerca, ho solo l’imbarazzo della scelta. Un’accortezza che non mi costa molto e che risparmia cocenti momenti di sconforto a giovani che si sentono costantemente traditi nelle loro aspettative».

Di tanto in tanto, sulle domande personali spicca un’annotazione. Segnalato da tizio e caio, si legge. Molti i nomi di politici, di tutti i partiti. Olivieri allarga le braccia. «Quelle annotazioni le faccio io - spiega - perchè mi è capitata gente che non aveva molta voglia d’impegnarsi. A quel punto ho saputo a chi rivolgermi e a restituire il grazioso dono al mittente. Ma si può sapere chi mi hai mandato? Esordisco solitamente con questa domanda ed ora, quale monito preventivo a futura memoria, devo dire assolutamente la verità: che non è mai la raccomandazione a fare la differenza, ma il merito, la capacità di sapersi guadagnare la stima del datore di lavoro e dei colleghi. Tutto il resto sono solamente inutili chiacchiere».

È stata rispettata rigorosamente la privacy dei ragazzi e delle ragazze che hanno inviato i loro curriculum, non mancano anche nominativi di fuori provincia, o di fuori regione, come pure quelli di cittadini extracomunitari. La sensazione è che spulciando attentamente tante informazioni si possa svolgere un’indagine sociologica con i fiocchi. In quelle pagine vengono risposte le aspirazioni di una generazione che a differenza di quella che l’ha preceduta guarda al futuro con preoccupazione crescente. Lo sanno già che per loro sarà dura, almeno questo sembra un dato maturo, ma spesso questa consapevolezza si scontra con una rassegnazione che ha il volto di chi non spera più in niente e ha il sapore aspro della disperazione sedimentata in una domanda di lavoro che per forza di cose forse non avrà mai risposta.
Fonte:

Il Ministro Fitto in Sardegna: "I fondi Fas per la Sassari-Olbia"


LORENZO PIRAS - Martedì 16 novembre 2010 07.16

Olbia. Sulla Sassari-Olbia e sulla Portovesme srl il Governo prova a battere un colpo. Per la strada a quattro corsie, come ha garantito ieri a Cagliari il ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, saranno rimodulati i fondi Fas per le aree sottoutilizzate e quelli Por.
Per la Portovesme, assieme al governatore Cappellacci, il ministro ha annunciato che è stata convocata per giovedì la riunione del Cipe, comitato interministeriale per lo sviluppo economico.
Sono le principali novità emerse durante il convegno sul federalismo fiscale. Sardegna Mediterranea, fondazione che tra i suoi fautori vede in prima linea il deputato del Pdl Salvatore Cicu, ha radunato nel capoluogo regionale esperti e politici per capire se davvero il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni contribuirà a creare sviluppo. L'intervento conclusivo è stato proprio quello del ministro Fitto.

La Sardegna non può più attendere. Ministro Fitto, servono urgentemente i fondi Fas.
«Non so quando, ma arriveranno. Anche perché prevedono interventi come quello sulla Sassari-Olbia su cui c'è un forte e preciso impegno di questo Governo e del presidente Berlusconi in prima persona».

Non è la prima volta che il Governo fa questa promessa.
«Porto fatti concreti. Dalla rimodulazione dei fondi Fas e dei Por arriveranno le risorse per la strada. È attiva la commissione paritetica con le Regioni, dove si faranno le proposte per ottimizzare le risorse e la spesa. Poi la Sardegna porterà direttamente al Governo le sue istanze».

Sa che nei giorni scorsi il governatore Cappellacci ha inviato una lettera al premier proprio sulla Sassari-Olbia?
«Sì, ha prospettato le sue dimissioni da commissario per la realizzazione della strada e capisco le sue ragioni. Ma sono qui per rassicurare su questo tema. È ora che insieme si definisca una strategia di spesa e che, soprattutto, si definiscano delle priorità».

Quali?
«Vale per tutto il Mezzogiorno, vale anche per la vostra Isola. Bisogna evitare di impegnare risorse in mille opere che poi non si realizzano. È accaduto per troppi anni, ora basta. Compatibilmente con le prospettive di durata del Governo alla luce delle ultime vicissitudini, cercheremo di concentrare le risorse nelle opere strategiche».

Quali vantaggi porterà il federalismo fiscale all'Isola?
«Vantaggi enormi, sotto il profilo della spesa. Significherà poter gestire direttamente le risorse per infrastrutture e sviluppo».

Sviluppo che non può prescindere da sanità, assistenza e istruzione.
«Nella riforma sono garantite con un intervento diretto da parte dello Stato».

Perché allora del federalismo c'è chi mette in evidenza più i rischi che gli aspetti positivi?
«Io sono un uomo del Sud, sono stato consigliere regionale e presidente della Puglia. Ritengo senza dubbio che esistano due federalismi».

In che senso?
«Esiste un federalismo mediatico e uno approvato, di contenuti. I governatori che partecipano ai tavoli paritetici devono spiegare perché prima approvano determinate misure e poi le criticano sui giornali».

La Sardegna non ha bisogno di altre polemiche. I pastori sono in rivolta, è ancora aperta la questione industriale.
«Posso rispondere su questo tema. Sul Sulcis, su Portovesme srl, c'è una pressione continua da parte dei deputati sardi, a cominciare da Cicu. Non è un caso che sia nell'agenda del Cipe».

La riforma tiene conto dell'insularità?
«Bisogna fissare i parametri, ma l'insularità è nel federalismo al pari dei suoi principi fondanti: la responsabilizzazione degli amministratori e il miglioramento della spesa».

Ci sono sindaci che prima di questo passaggio vorrebbero ritoccare il patto di stabilità.
«Si può discutere. Se un'amministrazione ha coperto prima della fine dell'anno la spesa corrente, deve essere messa nelle possibilità di incidere anche in quella sugli investimenti».

Il Governo durerà?
«Non so, ma abbiamo lavorato bene in una fase complicata. Se ora possiamo parlare di sviluppo è solo perché siamo riusciti a non far precipitare i conti pubblici. Ma ora è arrivato il momento di stringere i cordoni della borsa: la spesa pubblica non può essere quella degli anni scorsi. Occorre razionalizzare il sistema: in questo senso il federalismo è un'opportunità».

Commento, di grecanico.
Per favore, informate l’Illustre Ministro Oca Giuliva che il maxiemendamento alla finanziaria 2011, del 15 novembre 2010, all’articolo 1, comma 6, esplicita: Viene rimodulata la quota di 1,5 miliardi per il 2012 delle risorse Fas (Fondo aree sottosviluppate) da destinare a interventi di edilizia sanitaria pubblica. Si specifica che l'85% di questi soldi dovranno essere dirottati al Sud e il restante 15% alle regioni del Centro Nord.
Un’autostrada ed un ospedale hanno in comune le corsie, nient’altro.
Fonte:
http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/203355