mercoledì 26 gennaio 2011

Notizie Federali del Mattino: pilu, slavi e monnezza, 26 gennaio 2011.

Sezione slavi e slavati:
1. Trieste. La polemica, Pahor: "I quadri devono tornare in Slovenia".
2. Trieste. Il "piano casa" fa flop, 705 domande in un anno.

Sezione da Toto’:
3. Palermo. La Craxi in carcere da Cuffaro: «Ipocrisia pelosa dei suoi compagni di partito».
4. Roma. Viva Cuffaro?

Sezione il partito Lu Pilu:
5. Oria. Brindisi. Dal film di Albanese alle prossime elezioni.

Sezione monnezza del nord:
6. Montebelluna. Treviso. Emergenza rifiuti in centro.
7. Sottomarina. Venezia. Spiaggia, passeggiata tra i rifiuti.
8. Fonzaso. Belluno. Rifiuti, lo sconto resta un rebus.
9. Limena. Padova. Rifiuti, la raccolta cambia giorni e frequenza.
10. Castelfranco veneto. Treviso. Allarme a Treville, acqua di falda inquinata.

1. Trieste. La polemica, Pahor: "I quadri devono tornare in Slovenia". Critiche dalle associazioni degli esuli dopo che in Slovenia è stata rilanciata voce secondo cui il presidente Türk avrebbe chiesto la restituzione della collezione pittorica portata nel '41 dall'Istria a Roma per salvarla da azioni di guerra, e attualmente a Trieste. Lo scrittore Boris Pahor: "Quei quadri devono tornare dov'erano". TRIESTE. Si fa il tiro alla fune su base internazionale per una pregevole collezione di quadri, ma in realtà si parla anche di altro. Le associazioni degli esuli tornano a mostrarsi i denti dopo che in Slovenia è stata rilanciata voce secondo cui il presidente Türk, in visita al presidente Napolitano, avrebbe chiesto la restituzione della collezione pittorica portata nel ’41 dall’Istria a Roma per salvarla da azioni di guerra, e attualmente a Trieste.
Mentre l’argomento provoca di nuovo toni acri tra chi ha plaudito al concerto «pacificante» di Muti e dei tre presidenti in piazza Unità, con annesso omaggio a ben scelti monumenti memoriali, e chi invece ha visto di pessimo occhio che sia stata elusa la visita a Basovizza, entra in scena nel mezzo di una battaglia a due (Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Unione degli istriani) l’illustre e iperpremiato scrittore triestino-sloveno Boris Pahor. Che parteggia senza meno per la richiesta slovena: «Quei quadri devono tornare dov’erano - scandisce - , altrimenti quelle chiese e palazzi sono luoghi monchi».
Cioé chiese e palazzi di Pirano e Capodistria. La «riconciliazione» resta ai piani alti, il dibattito politico è sceso, il centrodestra arma i denti, le due associazioni si sfidano a chi delegittima meglio l’altra, ma nella mischia (e nello specifico) è rientrato sull’argomento anche Vittorio Sgarbi. Fu il critico nel 2002, quand’era sottosegretario, a disseppellire dai magazzini di Palazzo Venezia i 79 «quadri istriani», e oggi affermando che devono restare a Trieste dice però: «Bisogna esporli, non tenerli in magazzino, altrimenti si porge il destro alle richieste altrui». Quanto a una sede, Sgarbi propone il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata. E qui salta su il Comune.
Alza la voce l’assessore alla Cultura, Massimo Greco: «Quadri in magazzino? Ma dove mai? È falso. Sono esposti nella galleria sotterranea del Museo Sartorio, chiunque pagando il biglietto entra e li vede. Appartengono al ministero, e c’è una convenzione (recentemente rinnovata) tra la Soprintendenza, che non saprebbe dove metterli, e il Comune, per la conservazione e l’esposizione. Se poi li si volesse accasare diversamente - prosegue Greco -, ottima soluzione il Museo della civiltà istriana, o in alternativa un ingresso autonomo ai sotterranei del Museo Sartorio, conservando due sedi  ma unificando il percorso. I due musei sono infatti vicini». 
La Soprintendenza, col direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, ha già ricondotto la vicenda nel suo alveo: spetta al ministero dei Beni culturali e alla Farnesina dare indicazioni. E la Farnesina, subito dopo la visita ufficiale di Türk in Italia, si è dimostrata prudente: la proprietà dei quadri non è tutta del ministero, il diritto internazionale in tema di salvaguardia delle opere d’arte è carente, «se un procuratore di Lubiana chiede le opere, se le prende».
Così la prospettiva di organizzare anche solo una mostra fa rizzare i capelli all’Unione degli istriani, irritata anche per la richiesta slovena di rafforzare il bilinguismo a Trieste. Il presidente Massimiliano Lacota ai cugini «pacifisti» dell’Anvgd, e ai loro dirigenti, dice brutalmente: «Lucio Toth e Renzo Codarin, presidente e vicepresidente, non contano niente. Lubiana - afferma - ha richiesto la restituzione dei quadri ponendo la questione al comitato dell’Unesco che si occupa di queste vicende. Quadri fuori dall’Italia? Solo quando il Parlamento di Lubiana avrà riconosciuto con atti ufficiali la proprietà italiana».
Risponde Codarin: «Non vogliamo polemizzare con chi cerca solo spazi, rinfocolare polemiche serve a poco, ma a qualcuno serve». Lacota accusa: al monumento degli esuli scelto dall’Anvgd per il concerto di Muti «non c’era nessuno, e questo la dice lunga sulla loro rappresentatività». Codarin rimbecca: «La nostra posizione fu confermata da un sondaggio, il 97% dei cittadini ha gradito il passaggio a quel monumento».
Se Napolitano ha fatto del concerto dei tre presidenti a Trieste un punto fermo della politica estera italiana, a Trieste i 79 quadri fanno regredire il dibattito alle note e insuperate questioni. Infine il pd Fabio Omero fa la sua proposta, e in fondo condivide l’intento sloveno: rivolgersi all’arbitrato dell’Unesco. «Si torna a strumentalizzare in chiave elettorale la collocazione dei quadri istriani. La soluzione però esiste dal 1978 - afferma Omero -, da quando cioé venne costituito in seno alla Conferenza generale dell’U nesco il ”Comitato intergovernativo per promuovere il rientro dei beni culturali nei loro paesi d’origine o la loro restituzione in caso di appropriazione illecita”.
Il Comitato promuove negoziati e cooperazioni bilaterali per risolvere i contenziosi tra paesi sulla restituzione o anche sul ”p restito a lungo termine” dei beni culturali, sta per risolvere il caso delle metope del Partenone, che lord Elgin trafugò agli inizi dell’800 e che la Grecia dal 1983 chiedeva le venissero restituite. Perché non chiedere al Comitato un arbitrato anche tra Italia e Slovenia?».
2. Trieste. Il "piano casa" fa flop, 705 domande in un anno. A Trieste solo 134 cittadini hanno presentato domanda mentre a Gorizia sono stati 17. Il Pd attacca ma Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, ribatte: "Molti sindaci di centrosinistra hanno reso inapplicabile la legge". TRIESTE «Un fallimento». Roberto Dipiazza non è sospettabile di attacchi politici ma, numeri alla mano, non ha dubbi: il piano casa regionale targato centrodestra non decolla, proprio no. Secondo i dati forniti dagli uffici regionali in poco più di un anno la riforma ha convinto 705 cittadini a fare domanda per ampliare le proprie case o più semplicemente cambiare infissi, eliminare barriere architettoniche, costruire tettoie, barbecue e verande. A Trieste città sono stati 134, a Gorizia 17.
LE CIFRE Sono i Comuni a trasferire i numeri alla Regione sulle domande del piano casa. Lo fanno da fine novembre 2009, quando il Consiglio regionale, al termine di tre giorni infuocati in aula, approvò la legge 19. Da allora sono passati 13 mesi e non è stato proprio un assalto alla diligenza. Delle 705 domande totali al 31 dicembre 2010, 271 sono quelle presentate in provincia di Udine, 198 nel Pordenonese, 153 in provincia di Trieste, 83 nell'Isontino. Quanto ai comuni capoluogo guida Trieste (134), davanti a Pordenone (59), Udine (51) e Gorizia (17).
FALLIMENTO TRIESTE Poco, troppo poco, abbastanza? Sulla valutazione delle cifre si apre una polemica politica tra Pd e Pdl ma, dal suo punto di vista, Dipiazza non ha dubbi: «Un disastro». Al punto che il sindaco di Trieste ha deciso di approfondire la vicenda incaricando l'architetto Ave Furlan, direttore del servizio Pianificazione urbana, di stendere una relazione «in modo da chiarire i motivi del fallimento». Anche il sindaco di Gorizia Ettore Romoli prende atto dei dati: «Si tratta effettivamente di pochi casi, e pure per ristrutturazioni non di particolare interesse. Forse non sono state date adeguate informazioni sulla legge».
LE NORME Il piano casa, inserito all'interno del codice dell’edilizia, prevede tra l'altro la possibilità di ampliamenti fino al 35% delle cubature esistenti al di fuori dei centri storici e fino a un massimo di 200 metri cubi purché non si alzino gli edifici oltre i 2 piani o i 6 metri. Gli interventi prevedono l’obbligo del miglioramento energetico e architettonico e 
sono possibili purché i lavori inizino entro cinque anni dall’e ntrata in vigore della legge. 
Nel piano, che considera attività libera e senza vincoli temporali il cambio degli infissi, la realizzazione di pertinenze (fino al 10% del volume esistente per gli edifici residenziali e comunque non oltre i 100 metri cubi), l'eliminazione di barriere architettoniche, la costruzione di barbecue, tettoie e verande non più ampie di 20 metri quadrati, rientrano anche le norme relative ai ”mostri edilizi”: chi li abbatte potrà ricostruire un edificio fino al 50% più grande in aree individuate dai Comuni.
L’ATTACCO Misure che, secondo il Pd, si sono però rivelate un flop. «Ci si domanda chi riesca ad attivare e con che soldi il piano casa», scrivono in una nota l'ex assessore Franco Iacop e Giorgio Brandolin. Secondo i due consiglieri di opposizione, stando alla cifre, «è fallita la promessa della giunta di benefici per il settore delle costruzioni, in particolare le piccole imprese e gli artigiani specializzati».
E poi c'è la burocrazia: «Oggi, mentre stanno partendo i lavori delle infrastrutture stradali, appannaggio delle grandi ditte di costruzioni, le pmi edili sono praticamente ferme e i professionisti del settore devono tormentarsi nel produrre una serie infinita di atti, anche per la costruzione della legnaia. Codice dell'edilizia e piano casa hanno messo in moto un guazzabuglio procedurale che non sarebbe accettabile per le strutture di particolare importanza, figuriamoci per il garage o l'ampliamento di un locale di servizio».
LA POLEMICA Accuse che Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, rispedisce al mittente: «Fosse stato per il centrosinistra, non ci sarebbe stata nemmeno una pratica avviata». Ma perché la riforma non decolla? «Non certo per colpa dell'articolato. C’è la crisi economica e in varie città a guida centrosinistra, e quello del Comune di Udine è un caso paradigmatico, si aggiungono complicazioni regolamentari per non consentire l'applicazione delle disposizioni di legge».
3. Palermo. La Craxi in carcere da Cuffaro: «Ipocrisia pelosa dei suoi compagni di partito». Il sottosegretario agli Esteri: «È una vicenda politica, in Sicilia è in corso uno scontro tra guardie e ladri». PALERMO - Un «uomo conscio della forza che deve trovare in se stesso» nei confronti del quale è stata emessa una «sentenza di inusitata durezza». È questa l’immagine che Stefania Craxi ha dato all’Ansa dell’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, dopo esserlo andata a trovare nel carcere di Rebibbia dove l’ex senatore deve scontare sette anni per favoreggiamento di Cosa Nostra. Quella di Cuffaro - ne è convinta il sottosegretario agli Esteri - è una «vicenda decisamente politica» nella quella ciò che infastidisce di più è «l’ipocrisia pelosa dei compagni di partito che hanno espresso rispetto per la sentenza e solidarietà umana verso Cuffaro». E a tutti loro la Craxi dà un consiglio: «se la solidarietà non è politica, piena e totale come la mia, sarebbe meglio tacere». «Fa impressione vedere in prigione un uomo che sicuramente non è un delinquente», ha osservato ancora Stefania Craxi sollevando delle perplessità sul concorso esterno in associazione mafiosa, il reato imputato a Cuffaro: «è un reato - ha detto - che non si riesce a configurare e che però è sottoposto alle stesse misure riservate ai mafiosi». Ci sono anche altre cose che non convincono Stefania Craxi come «lo scontro in Sicilia tra guardie e ladri e «coloro che hanno fatto dell’antimafia una professione». «Prima di andarmene dalla prigione - ha raccontato Craxi - gli ho chiesto se desiderava qualcosa e lui mi ha risposto: fai coraggio alla mia famiglia. Credo - è l’impressione ricevuta - che gli fosse perfino doloroso avermi di fronte» Poi una confessione: «Uscendo da Rebibbia mi sono chiesta: se fossi il presidente della Regione Sicilia sarei in carcere anch’io?».
4. Roma. Viva Cuffaro? “Che dignità, che forza d’animo, che rigore morale…“, queste alcune delle parole che amici e avversari hanno dedicato a Totò Cuffaro, condannato dalla Corte di Cassazione a sette anni di carcere. Perché tanti elogi? Perché Cuffaro, dopo la pesante condanna, invece di minacciare i suoi giudici e di annunciare il colpo di stato, ha accettato la sentenza. Il coro di lodi che ha accolto la reazione dell’ex presidente della regione Sicilia, è la migliore conferma della gravissima anomalia che rischia di condurre a rapida estinzione l’ordinamento democratico, almeno nelle forme previste dalla Costituzione.
Cuffaro è stato condannato perché ha fornito delicate informazioni sulle inchieste della magistratura alla mafia e perché ha intrattenuto rapporti con alcuni dei clan più attivi nel controllo degli appalti e delle pubbliche istituzioni. Si tratta dunque di un reato gravissimo, simile all’alto tradimento in battaglia per un ufficiale.
Sarà appena il caso di ricordare che lo stesso Cuffaro puntò il dito indice contro tutte quelle associazioni e quei giornalisti che avevano osato dubitare della sua persona. La Rai di Berlusconi decretò persino, caso unico nella sua storia, una puntata di riparazione per riparare ad una bella e rigorosa inchiesta trasmessa da Report e curata da Maria Grazia Mazzola. Chissà se oggi qualcuno vorrà fare delle pubbliche scuse.
Santoro e i suoi collaboratori furono ricoperti di contumelie ed indicati come “i nemici della Sicilia, quelli che sporcano l’immagine della regione”, più o meno le stesse parole usate da Berlusconi e Dell’Utri al momento della sentenza che ha condannato per la seconda volta l’amico Marcello.
Come se non bastasse sarà appena il caso di ricordare le invettive scagliate contro Antonio Di Pietro, quando si era permesso di avanzare qualche dubbio sulla opportunità di candidare, nelle file dell’Udc, una persona sotto inchiesta per reati gravissimi e per di più, compiuti durante l’esercizio di un mandato istituzionale.
Eppure, nonostante tutto, i modi e i toni con i quali Cuffaro ha accolto la sua condanna in via definitiva hanno stupito quasi tutti. Questo stupore nasce dall’effetto differenza con gli atteggiamenti, le ingiurie, il livore che viene, in queste stesse ore, riservato ai giudici che stanno tentando di indagare sugli affari pubblici e privati del presidente del Consiglio.
Cuffaro va in galera, mentre Lele Mora si esibisce in tv quasi fosse l’erede dei fratelli Rosselli, mentre Emilio Fede ricorda le cene di Arcore con la stessa devozione con la quale gli apostoli narravano dell’ultima cena, in questo contesto nessuna meraviglia che Cuffaro possa sembrare quasi una felice eccezione, ma nello scrivere e nel dire queste parole dobbiamo sempre rammentare a noi stessi che siamo davvero nella m…
5. Oria. Brindisi. Dal film di Albanese alle prossime elezioni. Nel Brindisino fondato il partito "Lu Pilu". Ad Oria Cetto La Qualunque ha ispirato una lista civica. Il movimento è guidato dall'ex poliziotto Franco Arpa. Cetto La Qualunque? Un esempio. Prima il successo del film, poi la nascita di una lista civica che correrà alle prossime elezioni comunali.  LA LISTA CIVICA - Succede a Oria, in provincia di Brindisi, dove Franco Arpa, poliziotto di 55 anni in pensione, ha tratto spunto dal film di cui Antonio Albanese è il protagonista, per rompere gli schemi e fondare la lista Ti lu Pilu (Persone indipendenti libere e unite). «Mi è sembrata subito un’idea geniale – ha detto Arpa –. Era da tempo che con amici volevamo scendere in politica. Mi hanno raccontato del film e subito ho pensato che fosse questo il momento giusto per iniziare». Con il suo blog Arpa ha diffuso l’idea. E l’idea è parsa subito convincente. Al punto che sono già dieci le persone pronte a candidarsi per le elezioni comunali di Oria, che si svolgeranno in primavera. IL SIMBOLO - C’è già il simbolo, ovvero un cespuglio verde e pieno di peli con tanto di tricolore attorno. Ci sono gli slogan, rigorosamente «Viva lu pilu» e «Chiù pilu pi tutti». Gli stessi sdoganati da Cetto La Qualunque, insomma. E la gente come l’ha presa? Alla grande, dice Arpa. «I cittadini hanno dimostrato attenzione alla cosa, che inizialmente era solo una boutade. Poi è diventata una lista – prosegue il fondatore –, nata per contrapporsi agli schieramenti tradizionali e per puntare alla buona amministrazione della città. Basta con i proclami, le false promesse, il clientelismo». C’è anche un gruppo su Facebook che in tre giorni conta già 500 iscritti. Un numero importante, che di sicuro aumenterà, sull’onda della curiosità. Eppure l’iniziativa di Arpa è opposta alle idee propugnate da Albanese nel film. L’ironia è tutta nell’acronimo, ma al di là di esso le intenzioni sono serissime. «La realtà di Oria – spiega Arpa – come molte realtà del Sud, somiglia a quella tratteggiata in maniera geniale da Albanese». A questa serve opporsi, insomma. Fare i fatti, senza pensare alle parole, almeno quando queste sono vuote. Meglio il Pilu delle parole. Ovvero l’insieme delle persone indipendenti, libere e unite. Almeno in questo, niente di più di diverso dal «Pilu» di Cetto La Qualunque. Pasquale Caputi
6. Montebelluna. Treviso. Emergenza rifiuti in centro. Piazza Oberkochen senza camion Residenti sommersi dai sacchetti. La zona è stata pedonalizzata, i mezzi del Tv3 non possono passare Gli ecofurbi arrivano e scaricano l'immondizia: abitanti furibondi. MONTEBELLUNA. La pedonalizzazione della parte nord di piazza Oberkochen ha messo in crisi la raccolta delle immondizie. L'ingresso ai veicoli di servizio e quelli che devono arrivare ai garage sotterranei è infatti ora dalla zona sud della piazza, non più da viale Bertolini. Solo che si passa sopra i garage e il camion del Tv3 non ce la fa. Conseguenza: i rifiuti rimanevano lì. Anzi, si accumulavano perché è abitudine diffusa gettare immondizie di tutti i generi dove ce ne sono già.  Piazza Oberkochen si trova nel cuore della città, tra viale Bertolini e corso Mazzini. La parte centrale della lottizzazione è un cantiere, diventato una calamita per chi vuole sbarazzarsi abusivamente di rifiuti. E' così da tempo, solo che ora si è aggiunto il problema dell'accesso all'area da parte dei mezzi pesanti. In attuazione alla convenzione, il Comune ha chiuso l'accesso da viale Bertolini e aperto un varco dalla parte sud della piazza. Quella piazzetta era destinata a diventare zona pedonale a completamento di un progetto di percorso che partiva dal Duomo e arrivava fino in stazione. Solo che fino a poco tempo fa vi si accedeva liberamente ed era un parcheggio più o meno disordinato. Lì parte anche la rampa, provvisoria, che porta ai garage del piano interrato. Ma c'è difficoltà per la raccolta dei rifiuti, che lì periodicamente assumono le caratteristiche di una piccola discarica abusiva. Un nuovo varco c'è, altrimenti sarebbe impossibile per i veicoli accedere ai garage sotterranei. Ma visto che passa sopra il solaio dle piano interrato, come fidarsi a passare con un camion? Quindi niente camion per raccogliere i rifiuti, ci si arrangia in altro modo, ma il cumulo cresce perché c'è chi ne approfitta. «Si è creata questa situazione assurda - fa notare Orietta Mercatelli - nonostante ci sia ancora il cantiere in mezzo alla piazza, la parte nord è stata pedonalizzata, ma non vengono più a raccogliere i rifiuti. E così il mucchio aumenta sempre più di volume perché chi vede che ci sono dei rifiuti abbandonati ne approfitta per gettarne altri. Sono andata a chiedere spiegazioni al Tv3 e mi è stato risposto che il camion non entra perché è rischioso transitare per il nuovo accesso, perché è sopra i garage. Hanno anche aggiunto che avrebbero studiato una soluzione». (e.f.)
7. Sottomarina. Venezia. Spiaggia, passeggiata tra i rifiuti. Sottomarina. Protesta dei primi pendolari arrivati domenica con il sole. SOTTOMARINA. Zigzag tra i rifiuti per la prima passeggiata in riva al mare della stagione. Brutta sorpresa domenica per i primi turisti che, approfittando del sole, si sono riversati in spiaggia per camminare all'aria aperta. Negli 11 chilometri di battigia si potevano vedere rifiuti di tutti i tipi trasportati a valle da Brenta e Adige nelle mareggiate invernali.  Albergatori e gestori delle spiagge infuriati chiedono un immediato intervento di pulizia. Dopo le nebbie e le foschie delle scorse settimane, domenica il sole, malgrado le temperature gelide, ha convinto molti padovani e vicentini a fare un giretto a Sottomarina e a dirigersi in spiaggia per la classica passeggiata sulla battigia. Aldilà del fascino del mare in inverno lo spettacolo è stato però desolante perché la spiaggia non era stata ripulita mostrandosi ricettacolo di immondizie di ogni genere. Dai classici tronchi d'albero a contenitori di plastica, alghe, lattine e tutto ciò che i fiumi riversano sul litorale in quantità. «Davvero uno schifo - commenta il presidente degli albergatori, Renzo Bonivento - se è questo il biglietto da visita che presentiamo ai nostri turisti sperando che si innamorino della località e prenotino per l'estate, siamo messi davvero male. La pulizia del territorio è condizione fondamentale per presentarsi all'esterno. Chi è venuto al mare domenica è rimasto senza dubbio colpito in modo negativo». Della stessa opinione il presidente dei gestiri degli stabilimenti balneari dell'Ascot, Giorgio Bellemo, che ogni anno torna puntualmente sulla necessità di anticipare le operazioni di pulizia della spiaggia. «Ovviamente i rifiuti arrivano da fuori - osserva Bellemo - ma il risultato finale si produce qui ed qui che si devono concentrare gli sforzi per un servizio di pulizia all'altezza. Non possiamo permetterci ogni anno di anticipare la stagione turistica con scenari di questo tipo. Anche in bassa stagione vanno effettuate operazioni di pulizia eccezionali proprio per evitare l'accumulo di rifiuti che trasformano la spiaggia in una discarica a cielo aperto». In assenza di una giunta a cui rivolgersi per sollecitare interventi immediati e pressioni su Veritas, a cui compete anche la pulizia della spiaggia, le sigle turistiche si appellano al commissario Vittorio Capocelli. «Non vogliamo incolpare nessuno - aggiunge Bonivento - però va ricordato che sono stati stanziati 800.000 euro per la pulizia della spiaggia e ci aspettiamo che vengono usati anche in bassa stagione».
8. Fonzaso. Belluno. Rifiuti, lo sconto resta un rebus. Le impurità nella plastica vanificano gli sforzi, conti da rifare. FONZASO. Luci e ombre dalla nuova differenziata: abbattuta la produzione del rifiuto secco (240 tonnellate in meno rispetto al 2009) per un risparmio di 40 mila euro. Ma è aumentata la spesa per smaltire la plastica.  Le impurità nelle campane hanno fatto lievitare i costi. Anche la qualità della frazione umida non risulta impeccabile e bisogna considerare l'investimento per l'avvio del nuovo servizio di raccolta porta a porta. Da qui arriverà per i fonzasini lo sconto sulla prossima bolletta? La calcolatrice suggerisce cauto ottimismo.  A tracciare il quadro della situazione è il consigliere Stefano Toigo. E dall'analisi di guadagni e perdite «c'è la speranza che sia possibile ridurre la tariffa per il 2011. Stiamo valutando». I tecnici sono alle prese con varie soluzioni, però l'idea è di applicare una quota fissa in rapporto alla composizione del nucleo familiare e quindi alla volumetria del bidoncino personalizzato, ricavando un totale con cui si coprirebbero i costi del servizio. Così ogni utenza avrebbe a disposizione un numero massimo di svuotamenti, superato il quale verrebbe applicato un sovrapprezzo variabile. Se esaurito troppo presto, il rischio sarebbe l'abbandono dei sacchetti, e per questo «cercheremo di fare una cosa proporzionata alle esigenze», precisa Toigo. Quanto al conferimento di pannolini e pannoloni, «concederemo più svuotamenti oppure applicheremo uno sconto». Per le seconde case, «ci stiamo organizzando per posizionare un cassonetto in ogni frazione, consegnando a chi ne farà richiesta una chiave per aprirlo. Altrimenti, la seconda ipotesi è quella delle calotte».  A breve l'amministrazione approverà il regolamento dei rifiuti solidi urbani, che - annuncia Toigo - «prevederà un inasprimento delle sanzioni per le violazioni». Evitarle si può: «Invitiamo tutti a cercare di differenziare meglio». Finora infatti si sono registrati troppi comportamenti scorretti. Una volta nel bidone dell'umido al cimitero di Arten è stato trovato materiale edile e ogni settimana gli operai sono costretti a girare con l'Ape per raccogliere i rifiuti abbandonati nelle piazzole o buttati nelle scarpate a bordo strada.  Allargando l'orizzonte per migliorare la qualità della plastica che tanti problemi ha dato negli ultimi mesi a tutti i comuni, il sogno è realizzare una piastra di selezione al Maserot a livello provinciale. «Ne stiamo discutendo insieme a Dolomiti Ambiente», conclude Toigo, come assessore della Comunità montana. «Si ridurrebbe la percentuale di impurità con un grande beneficio».
9. Limena. Padova. Rifiuti, la raccolta cambia giorni e frequenza. Sparisce la divisione tra le zone A e B. Con il nuovo sistema Etra risparmia e inquina meno. LIMENA. Cambia la frequenza di raccolta in alcune tipologie di rifiuto a Limena. Da febbraio carta, plastica e secco non saranno raccolti davanti alla porta delle case o delle aziende con frequenza settimanale, ma ogni quindici giorni. Etra risparmia e inquina anche di meno, visto che per le strade girerà un minor numero di camion.  «Abbiamo ottenuto da Etra che all'interno del calendario che sta distribuendo inserisca anche un foglio che ricordi il cambio di frequenza della raccolta dei rifiuti - spiega l'assessore all'ambiente Maurizio Martinello -. Da parte nostra abbiamo pubblicizzato la nuova tipologia di raccolta pubblicando l'annuncio sul sito internet del Comune e affiggendo gli avvisi nelle bacheche pubbliche».  Per carta, plastica e secco sparisce innanzitutto la divisione in zona A e zona B, con cui il territorio di Limena era stato diviso e che prevedeva due differenti giorni di raccolta. Adesso carta e cartone saranno sempre raccolti di martedì e a settimane alterne. Plastica e metalli, invece, saranno raccolti sempre ogni quindici giorni e sempre di giovedì, mentre per il secco il giorno non è più il sabato, ma il mercoledì e, anche in questo caso, settimane alterne. Idem per le aziende: i giorni di raccolta davanti alle attività produttive vengono unificati a quelli delle abitazioni.  Questo nuovo sistema permette di contenere i costi di gestione e limitare gli aumenti. «L'anno scorso siamo riusciti a contenere l'aumento limitandolo all'1% - precisa Martinello -. Per la tariffa di quest'anno andremo a trattare con Etra, come facciamo ogni anno. Il contratto infatti scade annualmente».
10. Castelfranco veneto. Treviso. Allarme a Treville, acqua di falda inquinata. Le analisi commissionate dai residenti: batteri fuori norma. Il sindaco: nessun pericolo. CASTELFRANCO. Allarme inquinamento per la falda acquifera. Accertati valori batteriologici oltre la norma nell'acqua di falda prelevata da alcuni residenti di Treville. Venerdì scorso in consiglio comunale interrogazione urgente di Giuseppe Vincenti (Pd). «Servono maggiori controlli». «Nessun pericolo», per il sindaco Luciano Dussin.  Il problema dell'eccessivo innalzamento della falda acquifera rischia di diventare anche un problema sanitario. Sono mesi che in diversi punti della città i residenti si sono visti costretti a installare le pompe a immersione per liberare dall'acqua di falda scantinati e garage. In alcuni casi i danni sono stati parecchio ingenti. Sono 200 le famiglie ad aver dovuto affrontare il problema. L'emergenza sembrava essere sulla via di una risoluzione. Ma negli ultimi giorni è sorto un nuovo problema. Quello dell'inquinamento dell'acqua della falda. Sono stati alcuni residenti di Treville a segnalare il fatto al Comune. Venerdì sera in consiglio comunale Giuseppe Vicenti (Pd) ha presentato un'interrogazione urgente. «Alcuni privati, avendo notato un'anomala colorazione dell'acqua che fuoriusciva dai rubinetti di casa, hanno provveduto a far effettuare delle analisi sulla potabilità, dalle quali sono emersi alcuni valori batteriologici che superano i parametri di legge». Sono stati dunque alcuni abitanti di Treville a far svolgere le analisi sull'acqua che hanno evidenziato valori anomali. «Chiediamo al sindaco - ha concluso Vincenti - in qualità di massima autorità sanitaria del Comune, di avviare in sinergia con l'Usl e con gli altri organismi tecnici competenti la necessaria attività di vigilanza su queste situazioni di rischio che coinvolgono la salute dei cittadini e per la salvaguardia di un bene vitale come l'acqua, oltre a fornire le corrette informazioni e la dovuta collaborazione nei confronti di coloro che già ora si trovano a dover fronteggiare queste difficoltà». Non si conosce al momento la causa di questa anomalia che si è prodotta nell'acqua di falda. In molti residenti ritengono che il problema possa essere stato prodotto a sua volta dall'intasamento della rete fognaria avvenuto sempre in zona Treville. I pozzetti delle acque nere infatti hanno dato grossi problemi a una decina di famiglie, che si sono viste per diversi giorni le acque nere rientrare dagli scarichi dei water e delle docce situati nei seminterrati. Ma la connessione tra i due fenomeni non è stata ancora accertata. «Il problema della potabilità dell'acqua ci è già stato segnalato - ha detto il sindaco Luciano Dussin - abbiamo immediatamente attivato l'ufficio ambiente per una verifica. Finora nelle analisi fatte siamo dentro i livelli di tolleranza stabiliti dalla legge. Continueremo a monitorare la situazione anche nelle prossime settimane».
 

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