mercoledì 20 luglio 2011

Federali.Sera_20.7.11. Carlo Alberto Tregua: Tutto il Mezzogiorno dovrà fare un esame di coscienza e abbandonare il comportamento questuante della mano tesa. Campani, pugliesi, siciliani, calabresi, abruzzesi, sardi e lucani dovranno dissotterrare il proprio orgoglio e ricordarsi del glorioso passato, dandosi da fare e non aspettando la manna che non arriverà più.

Caserta. Senza sussidi, sette donne mettono il Comune di Maddaloni sottosopra
Napoli. Caldoro: sfido il Nord, ha troppi comuni
Petrolio dal mare ora anche Taranto è «sotto tiro»
Seconda manovra di tagli ai privilegi


Caserta. Senza sussidi, sette donne mettono il Comune di Maddaloni sottosopra
Saccheggi e incendi per ritardi nell'erogazione dei fondi Solo l'intervento delle forze dell'ordine le ha placate
CASERTA - Una mattinata di fuoco nella casa comunale, in senso letterale e figurato. In fiamme scaffali, suppellettili, carteggi, atti pubblici; fuoco per la calura dei 30° all’ombra; fuoco di animi esasperati. Sono in sette e sono donne e ne combinano per settanta, moltiplicando con il «tifo» del parentado che le sosteneva dalla piazza, sotto le finestre degli uffici comunali in cui si erano barricate dal pomeriggio di lunedì, la rabbia per la mancata erogazione di sussidi vantati a vario titolo. La protesta monta e diventa ribellione e si traduce in una serie di reati che daranno parecchio da fare agli avvocati che dovranno difendere sette scatenate che sono state arrestate e assegnate ai domiciliari concessi dal magistrato Luigi Pecchillo. A loro carico sono state formulate imputazioni di danneggiamento aggravato con seguito di incendio, interruzione di pubblico servizio, distruzione di atti pubblici. La rivolta ha inizio lunedì pomeriggio, le donne di cui due incinte ma agilissime, fanno irruzione negli uffici e si portano sul tetto, minacciano di gettarsi di sotto, pompieri e autoscale a sirene spiegate ma volano soltanto festoni di carta igienica, documenti a sfarfallare, viene la sera e si organizzano per la notte. Ieri mattina la vicenda prende una brutta piega.
Si fa più intensa la pioggia di documenti, fascicoli che si aprono e gli atti amministrativi paiono coriandoli, poi dal tetto una pioggia di tegole, dalle finestre suppellettili. Alle 10.40 vola la poltrona azzurra del sindaco, ce n’è abbastanza e funzionari di polizia ordinano l’irruzione. E alle 11.06 si aprono i cancelli della Casa Comunale, escono le sette barricadere, due angeli custodi per ciascuna, amici parenti a imprecare contro polizia e carabinieri, una delle sette con aria di sfida intima al fotografo di un’agenzia: «E mo’ voglio vedere se hai il coraggio di pubblicare queste foto».

Partono le volanti, arrivano gli automezzi del servizio di pulizia, nel pomeriggio erano ancora all’opera. I motivi della protesta, li riassume Vincenzo Lerro, assessore alla Politiche Sociali. «Motivi di disagio e disappunto, comprensibili ed anche condivisibili— dice l’assessore — ma assolutamente ingiustificati per una protesta così violenta. Si lamenta il ritardo nella erogazione di sussidi previsti per i canoni di locazione, per borse di studio, di sostentamento per alcune ragazze madri. Ritardi burocratici, solitamente la Provincia per quanto di competenza li eroga alla fine del primo semestre ma siamo in periodo di approvazione di bilanci non ci sarà molto da aspettare. Per quanto riguarda i contributi per le locazioni, il Comune di Maddaloni è al quinto posto nella graduatoria regionale degli aventi diritto, abbiamo prodotto in tempo la documentazione e non è escluso che la Regione ci accrediti i finanziamenti entro la fine di luglio».

Di queste motivazioni, sono stati informati gli aventi diritto? L’assessore Lerro: «Certamente, in pochi giorni ho ricevuto 96 cittadini ho fornito queste spiegazioni. In tutto gli aventi diritto sono poco meno di mille e a protestare con tanta violenza sono state soltanto in sette e non credo che il loro disagio sia maggiore di quello patito dagli altri». Tradotto in cifre, il disagio lo si patisce per il mancato introito di un migliaio ed anche la metà di euro all’anno. E quella sedia del sindaco volata in strada significa tanto. Il consiglio comunale si riunirà oggi alle 18, era stato convocato da tempo e si presume che il sindaco Antonio Cerreto riferisca sulla questione. Ai consiglieri, al pubblico e a tanti poliziotti e carabinieri.
Franco Tontoli

Napoli. Caldoro: sfido il Nord, ha troppi comuni
Ipotesi provincia unica Irpinia e Sannio
Il presidente della Regione Campania stuzzica la Lega
«Vorrei un federalismo autentico e non di convenienza»
NAPOLI — «Io un’idea l’avrei per affrontare con le regioni del Nord una battaglia a difesa di un federalismo autentico e non di convenienza per una parte del paese» .
Quale sarebbe?
«Inseriamo tra i parametri di virtuosità anche l’accorpamento dei Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti e delle Province al di sotto dei 500.000 abitanti. Vede: Piemonte ha otto province, 1206 comuni, ma 4 milioni 446 mila 230 abitanti. La Campania ha solo cinque Province, 551 comuni e un milione e mezzo in più di abitanti» .

Si dirà: ecco Caldoro che gioca a contrapporsi alle regioni del Nord con un’iniziativa pretestuosa. Cosa risponde?
«Che non c’è nulla di pretestuoso in ciò che dico. Anzi. Sarebbe un’operazione vera di federalismo e, soprattutto, di tagli alle spese e agli sprechi. E poi, potremmo dare l’esempio anche qui. Non è detto che la Campania debba essere esclusa da questa ipotesi di riassetto amministrativo» .

In che modo?
«Beh, potremmo anche noi -se passa il criterio nazionale di Province sopra i 500.000 abitanti -accorpare le due amministrazioni territoriali più piccole: risparmieremmo il 50 per cento delle spese prodotte dal ceto politico, non quelle di bilancio, oltre che recuperare, ad esempio, il patrimonio immobiliare. Penso ad un’unica Provincia tra Avellino e Benevento, grazie all’omogeneità territoriale. A un’amministrazione Irpinia-Sannio» .

Non sente fischiare le sue orecchie per le urla di proteste che potrebbero immediatamente levarsi?
«Lo so bene. Ma i cittadini non possono chiedere sobrietà e risparmio sulla spesa pubblica e poi, quando si tratta di mettere mano a semplificazioni burocratiche, ecco che scatta la difesa del campanile come è accaduto a Ischia, dove il referendum per l’accorpamento dei Comuni fallito. Forse occorre togliere il vincolo del quorum, altrimenti si rischia puntualmente di fare un buco nell’acqua» .

Il governatore Stefano Caldoro affonda nella poltrona del suo studio a palazzo Santa Lucia. Tra le mani l’iPad e un’applicazione appena scaricata sui comuni d’Italia.
«Vogliamo vedere cosa succede in Veneto?» .

Fa volare il dito sul tablet ed ecco che la regione dove la rappresentanza leghista appare più ostile alla Campania (dalla vertenza rifiuti a quella sui principi perequativi per i trasferimenti dei fondi) si presenta: 7 Province, 581 Comuni, 4 milioni 912 mila 440 abitanti. Cosa c’è che la sorprende?
«Tranne Venezia, Treviso, Verona, Vicenza e Padova, tutte le altre sono al di sotto dei 500 mila abitanti. Belluno abbraccia appena 69 Comuni e conta 213 mila 876 abitanti. Ma ora le faccio notare un altro aspetto della nostra realtà, del quale si parla sempre meno: la densità abitativa. Portici è il primo Comune in Italia con 120 mila 48 residenti per chilometro quadrato; seconda è San Giorgio a Cremano con 11 mila 647 residenti per chilometro quadrato. Vuole sapere la terza città italiana per densità abitativa?» .

Dica.
«Casavatore, con 11 mila 464 abitanti per chilometro quadrato; la quarta è Melito di Napoli, con 10 mila 10.221 residenti; la quinta è Napoli con 8211 residenti; la sesta è Frattaminore, con 8.021 abitanti. Settima, finalmente, una città lombarda: Bresso, in provincia di Milano, con 7776 residenti per chilometro quadrato; ma ottava risulta ancora una città campana: Arzano. L’elenco continua: Cardito, Casoria, Mugnano di Napoli, Casalnuovo di Napoli, Grumo Nevano, Torre Annunziata, Aversa, Frattamaggiore, Crispano. Insomma, a fronte della rada densità abitativa del Nord, ecco che noi offriamo un quadro ben più affollato. Ma malgrado questo, è al Nord che proliferano Comuni e Province e, quindi, le spese del ceto politico» .

Caldoro, la Cgil ha chiesto di ridurre i vostri compensi del 25 per cento. È d’accordo?
«Noi qui, in Regione, abbiamo già iniziato. Abbiamo deciso di ridurre i compensi del 10 per cento alla rappresentanza politica e ai dirigenti, arrestando qualunque aumento per ben cinque anni. Si può e si deve però fare ancora di più in particolare su tutti i costi dell’organizzazione, a partire dalle auto blu fino ad arrivare alle spese di rappresentanza che non sono strettamente legate all’attività dell’ente. È il caso di dire che sono gli altri, stavolta, a dover prendere esempio da noi» .
Angelo Agrippa

Petrolio dal mare ora anche Taranto è «sotto tiro»
di GIUSEPPE ARMENISE
Botta e risposta tra la Puglia e Roma sulle trivellazioni alla ricerca del petrolio in mare. Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità la proposta di legge da presentare alla Camera dei deputati sul divieto di ricercare e coltivare il petrolio e di altri idrocarburi liquidi nel mare Adriatico, ma la soddisfazione e l’idea di aprire un fronte di collaborazione con le istituzioni romane sono durate davvero poco. Il tempo di essere investiti da una nuova doccia fredda.
«Ancora una volta - annuncia il parlamentare e responsabile nazionale Pd per la Green economy, Ermete Realacci - questo governo mette in atto la vergognosa pratica di inserire in un provvedimento di tutt’altra natura una norma che per favorire interessi particolari danneggia l’ambiente e la collettività. Stavolta è stato inserito un comma a favore delle trivellazioni petrolifere nella baia storica del golfo di Taranto inserito tra le pieghe del decreto legislativo di attuazione della direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Un atto a dir poco spudorato quello di infilare a trabocchetto in un provvedimento che ha come intento quello di rafforzare le misure contro i reati ambientali, un comma che in realtà riduce i vincoli del divieto alle attività di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi in mare per il golfo di Taranto riducendo il limite da 12 a 5 miglia dalla costa. Chiediamo al Ministro dell’Ambiente - chiude Realacci - di correggere questa vergogna che ha il solo scopo di favorire gli interessi delle compagnie petrolifere».

A proposito di questa nuova fuga in avanti, ieri Legambiente ha idealmente consegnato a Shell Italia, la bandiera nera dei pirati del mare, il poco ambito riconoscimento per gli scempi e la cattiva gestione a danno di mare e coste. «Continuano - spiega il presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini - a considerare questo mare chiuso come u n’immensa piattaforma off shore visto il moltiplicarsi folle di richieste per nuove ricerche di petrolio in mare. Il fatto è, e non ci stancheremo mai di ricordarlo, il gioco non vale la candela per la scarsa qualità e la scarsa quantità di materia prima stipata sotto i fondali del mare Adriatico. Il petrolio della Puglia è il turismo». Di questa prevalenza (turismo rispetto a trivellazioni) sono convinti in maniera bipartizan (centrodestra e centrosinistra insieme) i consiglieri regionali pugliesi.

Particolarmente soddisfatti dell’approvazione in consiglio regionale i consiglieri di Sinistra ecologia e libertà Michele Losappio, Michele Ventricelli, Arcangelo Sannicandro, Alfredo Cervellera e Giuseppe Lonig ro «Questo provvedimento - hanno ricordato - riguarda ben 5 regioni, tra cui Friuli Venezia Giulia,Molise Emilia Romagna, Veneto, Marche, Abruzzo e ovviamente la Puglia». da parte sua, il capogruppo del Partito democratico ha spiegato: «Credo che la nostra salute, insieme con il futuro del nostro territorio al quale si lega inevitabilmente la sorte dell’economia del nostro turismo, abbiano rappresentato quella idea di bene comune che ha trovato d’a c c o rd o tutti i consiglieri regionali. Adesso - aggiunge il capogruppo Pd - ci auguriamo che la stessa logica e saggezza che animano questo provvedimento, arrivino anche ai membri del Parlamento affinché possano sancire, definitivamente, la salvaguardia di una risorsa così preziosa qual è l’Adriatico. Solo così - conclude Decaro - sarà impedita un’altra ingiustizia che riguarderebbe l’ambiente, le persone e lo sviluppo futuro, oltre che della Puglia, anche delle regioni Friuli Venezia Giulia,Molise, Emilia Romagna, Veneto, Marche e Abruzzo».

Seconda manovra di tagli ai privilegi
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
La quarta manovra estiva di Tremonti, per complessivi 70 miliardi di euro, contiene molte iniquità. La prima riguarda la Casta politica, che ancora una volta è uscita indenne dalla tosatura urgente e indispensabile. Il giochino illusionistico che ha presentato il ministro, Roberto Calderoli, di riforma costituzionale è del tutto ininfluente sulla gravità della situazione finanziaria del Paese, stante che potrebbe produrre gli effetti tra molti anni.
 La seconda iniquità è il possibile aumento sulla più odiosa imposta che c’è in Italia, unico Paese al mondo ad averla istituita, e cioè l’Irap. L’imposta è odiosa perché si paga sul costo del lavoro e sul costo della ricerca, con ciò penalizzando il primo e la seconda.
 La terza iniquità riguarda quella simpatica definizione contributo di solidarietà. Ma esso colpisce una fascia ridotta di ricchi e precisamente col 5 per cento su pensioni da 90 mila euro e col 10 per cento su pensioni da 150 mila euro, mentre avrebbe dovuto intervenire sulle pensioni da 40 mila euro in su.

 È vero che Camera, Senato e Quirinale hanno bilanci autonomi, ma è anche vero che le risorse dei cittadini ad essi destinate possono essere ridotte di una certa percentuale per poi lasciare ai vertici di quelle istituzioni il compito di spalmare i tagli secondo la propria autonomia. Camera, Senato e Quirinale costano oltre due miliardi. Basterebbe diminuire il finanziamento del 25 per cento per risparmiare 500 milioni. Non occorre una legge costituzionale per far ciò.
 Trasformare le Province in Consorzi di Comuni significa abbattere altri 7 miliardi circa, dal momento che le spese di manutenzione rimangono. Anche in questo caso non occorre una legge costituzionale perché basta sostituire la vecchia legge istitutiva delle Province, la n. 122/51, cambiando la forma da istituzione elettiva a istituzione consortile, basata sui Comuni che la compongono volontariamente.
 Ricordiamo che l’art. 119 della Costituzione mette al primo posto nell’ordine delle istituzioni i Comuni, continua con le Province, le Città metropolitane e le Regioni, secondo il principio generale della sussidiarietà.

Prosegue il citato articolo 119 stabilendo che gli enti indicati in sequenza hanno risorse autonome. Stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri... Quindi, ogni Ente locale deve autoamministrarsi e far fronte ai bisogni per la produzione di servizi e la realizzazione di opere pubbliche attraverso le proprie entrate. Tuttavia, recita ancora l’art. 119, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per promuovere gli squilibri economici e sociali... lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
 Invece di applicare testualmente la Costituzione, sindaci e presidenti diRegione si sono trasformati in mendicanti che continuano a questuare trasferimenti dalloStato anziché gestire con capacità professionale e intelligenza il proprio ente, basandosi, in primis, sulle proprie entrate inserite in un Piano aziendale organizzato. Nei prossimi giorni pubblicheremo un Piano aziendale tipo.

 Regioni ed Enti locali devono invertire il loro funzionamento. I propri vertici istituzionali devono trasformarsi da viziosi in virtuosi e gestire le proprie amministrazioni con criteri di efficienza nell’esclusivo interesse dei propri cittadini. Guai a coloro che insisteranno pervicacemente su una linea che li porterà nel baratro. Non c’è più spazio per le attività clientelari, non c’è più spazio per la corruzione estesa.
 La festa è finita:Governo, maggioranza e opposizione non hanno margini di manovra. Debbono attuare il ferreo Patto di stabilità del 25 marzo 2011 trasferendolo nel Patto di stabilità interno a Regioni e Comuni, ferma restando la salvaguardia nei confronti di quegli enti virtuosi i cui parametri consentono loro di spendere per investimenti.
 Tutto il Mezzogiorno dovrà fare un esame di coscienza e abbandonare il comportamento questuante della mano tesa. Campani, pugliesi, siciliani, calabresi, abruzzesi, sardi e lucani dovranno dissotterrare il proprio orgoglio e ricordarsi del glorioso passato, dandosi da fare e non aspettando la manna che non arriverà più.

Nessun commento: