domenica 9 ottobre 2011

Ma nell'Irlanda in ripresa non è tutto oro quel che luccica

di Paul Krugman



L'Irlanda trionfa! O forse no. Si sta cercando in tutti i modi di usare le ultime notizie economiche dall'Irlanda (una crescita un po' migliore del previsto nel secondo trimestre e un incremento delle esportazioni) per dimostrare la fondatezza delle politiche di austerity.
 
C'è addirittura un articolo, pubblicato di recente sul Financial Times a proposito della crescita dell'export irlandese, che esalta l'incremento delle esportazioni farmaceutiche. Secondo l'autore del pezzo, pubblicato il 29 settembre, "l'Ida Ireland, l'ente pubblico che si occupa di attirare investimenti nel Paese, dice che l'Irlanda ospita otto delle prime dieci compagnie farmaceutiche mondiali, quindici dei primi venticinque produttori di apparecchiature mediche e sette fra le società leader nel campo dell'high-tech".

Gettiamo un po' di acqua sul fuoco. Per cominciare, una ripresa che arriva dopo anni di disoccupazione a livelli da Grande Depressione è una definizione un po' strana di successo. Ma al di là di questo ci sono degli aspetti specificamente irlandesi. Il farmaceutico rappresenta una fetta importante dell'export, ma il suo contributo all'economia nazionale è assai meno rilevante: una delle ragioni è che moltissimi dei fattori produttivi sono importati e dunque il settore presenta un livello di contenuto nazionale relativamente basso. Un'altra ragione è che l'industria farmaceutica è un ambito a fortissima intensità di capitale, che impiega pochissime persone: e questi capitali sono stranieri, ragione per cui il contributo del settore al prodotto nazionale lordo, che sottrae dal conto il reddito pagato agli stranieri, è più basso rispetto al contributo al prodotto interno lordo, che invece lo include. L'Irlanda è uno di quei Paesi in cui conviene guardare il Pnl (il Prodotto nazionale lordo) invece del Pil (il Prodotto interno lordo), per farsi un'idea di come sta andando veramente l'economia.

Per dare a Cesare quel che è di Cesare, bisogna ammettere che l'Irlanda se la sta cavando un pochino meglio di quanto si temeva: sta realizzando una grossa "svalutazione interna" grazie alla deflazione, e di conseguenza gli investitori cominciano a pensare che forse riuscirà a evitare il default. Un'altra cosa va chiarita: facendo parte dell'euro, il Governo di Dublino era costretto ad adottare misure di austerity, ma non sarebbero state così draconiane se non avessero deciso di socializzare tutti i debiti delle banche.

È sbalorditivo il numero di europei, con incarichi ufficiali o meno, che insistono, dandosi arie di saggezza, che la crisi dell'euro è stata provocata dalla mancata applicazione del patto di stabilità, cioè dei limiti al disavanzo e al debito pubblico. È così difficile guardare i numeri e vedere che l'Irlanda e la Spagna alla vigilia della crisi sembravano due studenti modello dal punto di vista dei conti pubblici, con avanzi di bilancio e debito basso? Un'altra vittoria delle fantasie delle Persone Tanto Coscienziose sulla cruda e facilmente verificabile realtà dei fatti.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
 8 ottobre 2011

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