lunedì 5 novembre 2012

(1) V.XI.MMXII/ Petroliferi di tutto il mondo unitevi nella vana lotta.===Gli altri elementi evidenziati da Wwf, Legambiente e Greenpeace sono che «l’Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri» e che inoltre «le royalty sul prodotto estratto in Italia sono di gran lunga le più basse al mondo e su 59 società operanti in Italia solo 5 le pagano».

Petrolio, Puglia unita per dire no alle trivelle
Fondi Ue, al Sud aumenta la spesa
Istat. Le prospettive per l’economia italiana
Spagna: disoccupati ancora in crescita, sfiorano i 5 mln

Petrolio, Puglia unita per dire no alle trivelle
BARI - «Tutta la Puglia che punta su uno sviluppo ecosostenibile e ecocompatibile e che dice no alle trivelle e alle piattaforme off shore in mare sarà idealmeante al fianco del presidente del consiglio regionale, Onofrio Introna, venerdì per l'iniziativa organizzata in collaborazione con il Consiglio del Veneto e della Conferenza nazionale delle Assemblee legislative, a Palazzo Ferro-Fini che ospiterà a Venezia il convegno internazionale delle regioni adriatiche e ioniche». È quanto afferma il vicepresidente del gruppo Pdl alla Regione Puglia Massimo Cassano. «Uniti, oltre ogni appartenenza politica, per scongiurare il dramma di coste e acque del Mediterraneo distrutte da decine di torri per le estrazioni di idrocarburi e per affidare al ministro per l'ambiente Corrado Clini e al presidente del consiglio Mario Monti, un messaggio di sviluppo che metta il turismo al centro dell'azione del governo regionale e nazionale», aggiunge l’esponente del Pdl. «Il nostro mare rappresenta un patrimonio per tutto il Paese che deve essere tutelato e preservato da ogni scempio per salvaguardare, al contempo, un territorio le cui ricchezze infinite - conclude Cassano - sono rappresentate da turismo, pesca, bellezze naturali, artigianato, commercio, beni culturali e religiosi».
Come si ricorderà, più volte le associazioni ambientaliste hanno nei mesi scorsi lanciato l’allarme per il possibile arrivo nei mari italiani di altre settanta piattaforme petrolifere, oltre alle nove già attive nel mare italiano che complessivamente metterebbero a rischio una superficie marina più grande della Sicilia. Greenpeace, Legambiente e Wwf affermano che secondo le stime del ministero dello Sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini solo 10,3 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe. Parametrandola ai consumi attuali questa quantità di greggio coprirebbe il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane. Non solo, sempre secondo quando affermano le associazioni ambientaliste, anche attingendo al petrolio presente nel sottosuolo, concentrato soprattutto in Basilicata, il totale delle riserve certe del nostro Paese verrebbe consumato in appena 13 mesi.
Gli altri elementi evidenziati da Wwf, Legambiente e Greenpeace sono che «l’Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri» e che inoltre «le royalty sul prodotto estratto in Italia sono di gran lunga le più basse al mondo e su 59 società operanti in Italia solo 5 le pagano».

Fondi Ue, al Sud aumenta la spesa
La Puglia va meglio di tutti
La Regione di Vendola arriva al 32,5%
Anche la Campania supera gli obiettivi
ROMA - Il ministro Fabrizio Barca non ha voluto attendere la conclusione del lungo «ponte dei morti», anche perché il 31 ottobre è stato superato da alcuni giorni e la precisione e la trasparenza sono un fiore all’occhiello del dicastero per la Coesione territoriale. E dunque, di buon mattino, è arrivato il comunicato con cui si dichiara ufficialmente che «un notevole balzo in avanti» è stato compiuto nella spesa dei fondi europei. Cioè 43 programmi operativi su 52 hanno raggiunto il target delle spese certificate. «La scadenza ha costituito un vero banco di prova per il rispetto degli obiettivi di spesa stabiliti dal comitato Quadro strategico nazionale (QSN) lo scorso 27 febbraio». Naturalmente il discorso vale per le Regioni Coesione, cioè quelle più avanzate e per le Regioni Convergenza, quelle più arretrate del Mezzogiorno. Tra le 4, Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, la Regione guidata da Nichi Vendola ha raggiunto livelli eccellenti, la Regione del governatore Stefano Caldoro ha fatto bene, la Calabria di Giuseppe Scopelliti ha avuto una buona performance solo sul Fondo sociale europeo, mentre per il Fesr, il Fondo europeo sviluppo regionale, non si è raggiunto il target di spesa previsto. La Sicilia, infine, è stata bocciata su tutti i fronti. Questa l’eredità lasciata da Raffaele Lombardo al neo eletto Rosario Crocetta.
La Sicilia, cioè, è sull’orlo del definanziamento, è molto probabile che a fine anno perderà una buona fetta delle risorse che l’Europa le ha destinato. In particolare è il risultato pugliese quello che colpisce di più e il ministro Barca sottolinea che questo Fesr è «il programma con il massimo volume di spesa in tutta Italia». La nota ministeriale avverte anche che «i valori dei target sono fortemente differenziati, sia per i particolari profili di spesa definiti dall’Unione europea (assai anticipati nel tempo quelli di Sardegna e Basilicata), sia per l’effetto della presenza in alcuni programmi di grandi progetti o di altri fattori che riducono il profilo di spesa atteso dall’Ue nella parte iniziale del periodo. Per esempio, la Puglia ha speso il 32,5% di 1.669,8 milioni, la Sicilia si è fermata all’insufficiente 14,1% di 848,6 milioni, mentre la Campania ha ottenuto l’ok con il 14,8% di 928,1 milioni. Complessivamente è un «notevole balzo in avanti» secondo il ministero. Barca afferma che «molti programmi, anche alcuni di grandi dimensioni del Sud, hanno realizzato, pur in condizioni difficili delle pubbliche finanze, un notevole progresso che ha consentito di raggiungere o, addirittura, di superare largamente il target di ottobre, gettando le premesse per un buon risultato di fine anno, quando, per chi non centra l’obiettivo, la sanzione è la restituzione dei fondi all’Unione europea. Nel ringraziare le autorità politiche e amministrative responsabili - ha affermato il ministro - voglio essere certo che compiremo un ulteriore sforzo non solo per l’obiettivo di dicembre, ma anche per completare la messa in sicurezza dei programmi per l’intero periodo. Permangono - sono evidenti dai dati - significativi punti di debolezza. Li aggrediremo con ancora più decisione» ha chiosato Barca. In anticipo rispetto alla nota ministeriale ufficiale la Puglia già l’altro giorno aveva annunciato il suo risultato, che ha superato di 101 milioni la quota fissata, pari al 76% dell’obiettivo previsto. In particolare si sottolinea che nel corso del 2012, «il Programma operativo ha registrato pertanto un avanzamento finanziario di oltre 480 milioni di euro in termini di spesa totale pubblica rispetto alla certificazione di dicembre 2011, quando la spesa pubblica cumulata ammontava ad 1.189.798.572 euro».
Rosanna Lampugnani

Istat. Le prospettive per l’economia italiana
Per l'anno 2012 si prevede una riduzione del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari al 2,3%, mentre per il 2013, nonostante l'attenuazione degli impulsi sfavorevoli ed un moderato recupero dell'attività economica nel secondo semestre, la variazione media annua resterebbe leggermente negativa (-0,5%).
La domanda estera netta risulterebbe, in entrambi gli anni, la principale fonte di sostegno alla crescita, con un contributo rispettivamente pari a 2,8 e a 0,5 punti percentuali nei due anni considerati, mentre il contributo della domanda interna al netto delle scorte è previsto rimanere negativo sia nel 2012 (-3,6 punti percentuali) sia nel 2013 (-0,9 punti percentuali) .
La spesa privata per consumi registrerebbe nell'anno in corso una contrazione del 3,2%. Nel 2013, la spesa dei consumatori risulterebbe ancora in calo (-0,7%), a seguito delle persistenti difficoltà sul mercato del lavoro e della debolezza dei redditi nominali.
Gli investimenti fissi lordi diminuirebbero del 7,2% nel 2012, per effetto di una forte riduzione da parte delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Nel 2013, le prospettive di una ripresa del ciclo produttivo e il graduale miglioramento delle condizioni di accesso al credito porterebbero ad un rallentamento della caduta (-0,9%).
La maggiore partecipazione al mercato del lavoro osservata a partire dalla fine del 2011 è alla base del rilevante incremento del tasso di disoccupazione previsto per quest'anno (10,6%). Nel 2013 il tasso di disoccupazione continuerebbe a salire (11,4%) a causa del contrarsi dell'occupazione, fenomeno cui si dovrebbe accompagnare un aumento dell'incidenza della disoccupazione di lunga durata.
Il rallentamento del commercio mondiale e il possibile riacutizzarsi delle tensioni sui mercati finanziari costituiscono i principali fattori di rischio al ribasso per queste previsioni.

Spagna: disoccupati ancora in crescita, sfiorano i 5 mln
05 Novembre 2012 - 09:13
 (ASCA) - Roma, 5 nov - Aumentano i disoccupati in Spagna. A ottobre, secondo i dati diffusi dal ministero del lavoro, i disoccupati sono aumentati di 128 mila unita' arrivando a 4,83 milioni.
did/


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