n. 7 - L'economia del Friuli Venezia Giulia
Crisi: Marchionne, serve un 'piano Marshall'
per l'Italia
Ue, Polonia maglia nera training lavoratori
imprese
Dassu', ruolo dei Balcani e' cruciale per
Italia ed Europa
Allarme Bce sull'Italia rischi sul risanamento
Bozen, oltrepadania. Applausi al terrorista,
accuse a Durnwalder
Bankitalia. n. 2 - L'economia del Piemonte
Rapporto annuale, giugno 2013
Sommario
Nello scorso anno è proseguita la fase
negativa dell'economia piemontese iniziata nell'estate del 2011. In base alle
stime di Prometeia, il prodotto interno lordo regionale in termini reali nel
2012 è diminuito del 2,3 per cento, in misura analoga alla media nazionale.
Nell'anno precedente era cresciuto dello 0,9 per cento.
Nell'industria la domanda interna è calata,
riflettendo la debolezza dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle
imprese; quella estera, pur rallentando sensibilmente, ha continuato a fornire
un contributo positivo, grazie alle esportazioni nei paesi non appartenenti
all'Unione europea. Nel complesso il fatturato, la produzione e il valore
aggiunto sono tornati a diminuire. Gli ampi margini di capacità produttiva
inutilizzata, l'elevata incertezza sui tempi della ripresa e le condizioni
ancora tese nel mercato del credito hanno contribuito all'ulteriore contrazione
della spesa per accumulazione di capitale. La redditività delle imprese, scesa
nel 2011 sui valori minimi dal 2007, sarebbe ulteriormente peggiorata.
Nel settore delle costruzioni la
diminuzione del valore aggiunto ha riflesso l'indebolimento della domanda sia
pubblica sia privata. Nel comparto residenziale le compravendite si sono
notevolmente ridotte, scendendo lo scorso anno a valori inferiori di quasi la
metà rispetto al picco del 2006, mentre è cresciuto notevolmente il numero di
nuove abitazioni invendute. Vi si è associato un significativo peggioramento
della situazione economico-finanziaria delle imprese dell'intera filiera
immobiliare.
Anche nel terziario il valore aggiunto è
tornato a calare, dopo la modesta espansione dei due anni precedenti. Il
settore continua a risentire della debolezza dei consumi, condizionata dalla
dinamica negativa del reddito disponibile delle famiglie. Nel comparto del
commercio al dettaglio e della ristorazione il fatturato in termini reali
sarebbe diminuito anche nel 2012. In quello turistico la dinamica degli arrivi
e delle presenze si è indebolita, riflettendo il calo della componente
nazionale, a fronte di una significativa espansione del turismo straniero,
soprattutto nella provincia di Torino.
Per i prossimi mesi i risultati delle
indagini della Banca d'Italia sulle imprese sembrano prefigurare una
stabilizzazione del ciclo: il fatturato sia nell'industria sia nei servizi si
attesterebbe nel complesso del 2013 sui valori dello scorso anno. Indicazioni
più favorevoli vengono dalle imprese più orientate all'export.
Un fattore rilevante per la competitività
di un'economia è rappresentato dalla capacità delle imprese di innovare i
prodotti e i processi. In Piemonte la spesa formalizzata in ricerca e sviluppo
delle imprese è abbastanza elevata, ma la propensione a brevettare risulta più
bassa di quella delle regioni nord occidentali, nonostante sia maggiore in
regione la presenza di settori caratterizzati da una più alta intensità di
brevettazione. Una quota significativa di attività innovativa è riconducibile
alla filiera autoveicolare, che continua a presentare in Piemonte una concentrazione
particolarmente forte di unità produttive e addetti. Nostre analisi indicano
che in questo comparto la propensione all'innovazione è maggiore per le imprese
più strettamente legate al produttore finale da relazioni di filiera e che
quelle ubicate nell'area torinese sono più innovative delle aziende localizzate
in aree più distanti.
Negli ultimi anni un contributo
significativo all'economia regionale è venuto dal settore agroalimentare.
Nostre analisi mostrano che nel periodo 2007-2011 le imprese della filiera
hanno avuto nel confronto con la media delle aziende manifatturiere una
dinamica del fatturato più stabile, una redditività più elevata e un
indebitamento inferiore. Nell'ultimo decennio la dinamica dell'export è stata
nettamente migliore sia del totale regionale sia della media italiana del
settore e l'occupazione è aumentata significativamente, anche nel periodo
successivo allo scoppio della crisi.
Nel mercato del lavoro lo scorso anno
l'occupazione è tornata a diminuire, in misura intensa nell'industria e tra i
giovani. Il tasso di disoccupazione è salito al 9,2 per cento, il valore più
elevato tra le regioni del Nord. L'aumento ha interessato tutte le classi di
età, ma è stato più forte tra i giovani: per quelli tra i 15 e i 24 anni, in particolare,
il tasso è più che raddoppiato rispetto al 2008. Il nuovo peggioramento della
congiuntura si è riflesso anche in una ripresa del ricorso alla Cassa
integrazione guadagni ordinaria. Gli indicatori di disagio economico delle
famiglie piemontesi evidenziano un deterioramento, attestandosi su valori
peggiori rispetto alla media delle regioni del Nord Ovest, anche se migliori di
quelli medi nazionali.
Il credito alle imprese ha fatto registrare
nel corso del 2012 una dinamica flettente; l'andamento negativo è proseguito
nel primo trimestre dell'anno in corso. Vi hanno contribuito sia la debolezza
della domanda di finanziamenti, dovuta alla fase economica negativa, sia
l'orientamento restrittivo da parte delle banche, a sua volta connesso
soprattutto con l'accresciuta rischiosità dei prestiti. La dinamica del credito
è stata peggiore per le aziende di minori dimensioni. Nostre analisi indicano
che il calo dei finanziamenti ha interessato le imprese appartenenti a tutte le
classi di rischio, anche se è stato meno intenso per quelle con condizioni
economico-finanziarie più equili-brate; vi si è associato un ampliamento del
divario tra il costo del debito sostenuto dalle imprese più fragili e quello
pagato dalle aziende meno rischiose.
Anche i prestiti alle famiglie hanno fatto
registrare una contrazione, che ha interrotto una lunga fase di espansione. La
dinamica ha riflesso il calo dei mutui immobiliari, riconducibile sia
all'indebolimento della domanda associato alla riduzione delle compravendite
sia alle condizioni ancora tese dal lato dell'offerta. Il credito al consumo ha
ristagnato.
È proseguito lo scorso anno il
peggioramento della qualità del credito iniziato nell'autunno del 2011.
L'andamento ha riflesso l'aumento della rischiosità dei prestiti alle imprese,
a sua volta riconducibile alla negativa fase congiunturale. Il flusso di nuove
sofferenze è salito a livelli storicamente elevati in tutti i principali
comparti di attività economica. Per contro, la qualità dei finanziamenti
erogati alle famiglie è rimasta pressoché stabile su livelli elevati; possono
avervi contribuito, oltre all'atteggiamento maggiormente selettivo assunto
dalle banche negli ultimi anni, i provvedimenti di moratoria in vigore fino ai
primi mesi del 2013.
La raccolta delle banche presso le famiglie
ha accelerato lo scorso anno, grazie ai depositi a risparmio e alle
obbligazioni. L'ammontare dei titoli depositati dalle famiglie presso le
banche, misurato al fair value, è tornato a crescere, trainato dall'ulteriore
aumento delle consistenze dei titoli di Stato italiani e dalla ripresa dei
fondi comuni di investimento.
n. 7 - L'economia del Friuli Venezia Giulia
Rapporto annuale,
giugno 2013
Sommario
In un contesto di
perdurante debolezza ciclica dell'economia italiana, nel corso del 2012 si è
accentuata la riduzione della domanda rivolta al sistema produttivo regionale,
iniziata nella seconda metà del 2011. In termini reali è diminuita di quasi il
7 per cento, interessando pressoché in egual misura sia la componente estera
sia quella interna, rimasta ampiamente al di sotto rispetto al livello
antecedente la crisi. Il Friuli Venezia Giulia è la regione che ha dato nel
2012 il contributo negativo più accentuato alla dinamica delle esportazioni
nazionali, in controtendenza con il Nord Est e la media italiana.
Nell'edilizia i
livelli di attività produttiva hanno continuato a ridursi in presenza di una
contrazione degli scambi nel mercato immobiliare, diminuiti in un anno di quasi
un terzo.
Il calo del reddito
disponibile delle famiglie e l'incertezza diffusa hanno penalizzato i consumi e
le dinamiche del terziario commerciale e di quello turistico. È invece
proseguita, seppur con un ritmo più lento, la crescita del traffico delle merci
transitate per il sistema portuale regionale.
La difficile
congiuntura si è riflessa in un marcato peggioramento dei principali indicatori
del mercato del lavoro regionale nonostante il massiccio ricorso agli
ammortizzatori sociali.
Nel 2012 il numero
degli occupati si è ridotto, raggiungendo il valore più basso dall'inizio della
crisi, e il tasso di disoccupazione è salito dal 5,2 al 6,8 per cento; tale
dinamica ha interessato i principali settori di specializzazione dell'economia
regionale ed è risultata più intensa per i giovani anche in connessione alla
diminuzione dei flussi di assunzioni. Gli ingressi in mobilità e gli interventi
autorizzati di Cassa integrazione guadagni hanno raggiunto livelli storicamente
elevati.
Nei dodici mesi
terminanti alla fine 2012 i prestiti bancari a imprese e famiglie residenti in
Friuli Venezia Giulia sono calati dell'1,6 per cento. La flessione ha
interessato principalmente le imprese (-2,3 per cento), in particolare quelle
di piccole dimensioni, e nell'ultimo trimestre dell'anno si è estesa anche alle
famiglie consumatrici (-0,4 per cento).
Malgrado l'aumento
delle richieste connesse alla ristrutturazione del debito, la domanda di
prestiti delle imprese è diminuita soprattutto a causa della ridotta attività
di accumulazione. Il calo si è esteso a tutti i principali settori
dell'economia ed è stato più intenso per la manifattura. Si è arrestata la
crescita dei prestiti alle famiglie consumatrici per l'acquisto di abitazioni:
i nuovi mutui si sono dimezzati rispetto all'anno precedente. Nell'ultimo
trimestre del 2012 il credito al consumo ha invece ripreso ad aumentare.
Dal lato
dell'offerta le condizioni del credito restano tese riflettendo l'attuale fase
ciclica. Gli ingressi in sofferenza dei crediti concessi alle imprese sono
aumentati dal 2,3 al 2,5 per cento, valore storicamente elevato; la rischiosità
delle costruzioni è cresciuta di oltre un punto percentuale al 5,2 per cento.
La quota dei finanziamenti che hanno già manifestato segnali di temporanea
difficoltà di rimborso - esposizioni scadute, incagliate e ristrutturate - è
aumentata di due punti percentuali raggiungendo il 7,2 per cento. La qualità
del credito delle famiglie consumatrici è rimasta elevata nonostante il lieve
aumento dell'incidenza delle partite anomale.
Nel 2012 i depositi
bancari detenuti dalle famiglie consumatrici hanno continuato a crescere
sospinti dall'incremento delle componenti più remunerative; si è arrestato
inoltre il calo dei conti correnti avviatosi a metà del 2011. Tra i titoli in
deposito delle famiglie il valore a prezzi di mercato delle obbligazioni di
emissione bancaria è aumentato del 3,5 per cento, dopo aver ristagnato nei
dodici mesi precedenti.
Crisi: Marchionne, serve un 'piano Marshall'
per l'Italia
13:55 13 GIU 2013
(AGI) - Firenze, 13
giu. - Occorre un progetto concreto e a breve termine per rilanciare l'Italia,
un progetto consigliato dall'amministratore delegato di Fiat, Sergio
Marchionne, che lo ha battezzato "il nostro 'piano Marshall'". Per lo
Steve Jobs nazionale, "gli italiani che devono affrontare le difficolta'
di tutti i giorni aspettano decisioni e leggi che incidono positivamente sulla
loro quotidianita'. E questi argomenti sono certamente quelli di tipo economico
e quelli che riguardano il lavoro". Per questo, "quello che posso
dire al Governo e': scegliete le cinque cose piu' importanti, cinque cose che
si possono fare ora. Datevi 90 giorni di tempo per realizzarle e poi passate
alle cinque successive". Dal punto di vista delle imprese, invece, le
priorita' del 'piano Marshall italiano' sono, tra le altre, la semplificazione
e la riforma di "un sistema giudiziario lento e inefficiente, con tendenze
a volte anti industriali". Alle imprese, inoltre, "ci piacerebbe
anche vedere comportamenti per limitare le spese e gli sprechi, della politica
e della pubblica amministrazione". (AGI) .
Ue, Polonia maglia nera training lavoratori
imprese
Italia, Romania e
Lettonia i Paesi che investono di meno
12 giugno, 12:09
(ANSA) - BRUXELLES -
Nell'Unione europea due terzi (66%) di tutte le imprese con dieci o piu'
dipendenti fornisce corsi di formazione al suo staff. A detenere la maglia nera
in Europa e' la Polonia, con il 23% delle imprese, seguita dal 31% in Bulgaria,
il 40% in Lettonia e il 49% in Ungheria, contro le prime della classifica in
Austria e Svezia (87%). Lo riferisce Eurostat, l'ufficio statistico dell'Ue,
sulla base dei dati del 2010.
In media, circa la meta' dei dipendenti (48%)
delle imprese Ue che hanno provveduto al training hanno partecipato: i piu'
presenti sono stati i lavoratori della Repubblica Ceca (72%), seguiti da
sloveni (62%), lussemburghesi (60%) e slovacchi (58%), contro il tasso piu'
basso di partecipazione registrato in Ungheria (27%), Lituania (31%), Austria e
Gran Bretagna (37%). I corsi di formazione sono durati dalle 14 ore nella
Repubblica Ceca e 15 ore in Lettonia fino alle 42 ore in Portogallo, contro una
media Ue di 25 ore. Quanto all'investimento in formazione rispetto al costo del
lavoro, la media nei 27 e' stata dello 0,8%, con una variazione che va dallo
0,4% di Italia, Lettonia, Romania e Croazia fino all'1,5% in Francia e all'1,4%
a Malta. (ANSA)
Dassu', ruolo dei Balcani e' cruciale per
Italia ed Europa
Intervista all'ANSA
del vice ministro agli Affari esteri
10 giugno, 19:12
(ANSA) - ROMA -
L'Unione europea guarda sempre piu' a Est, a quella Nuova Europa che abbraccia
una vasta area che dal Baltico arriva fino al Mediterraneo attraverso i
Balcani. Ed e' a quest'area, ricca di opportunita' economiche ma ancora in fase
di stabilizzazione, che l'Italia guarda con crescente attenzione. E' il caso
dei vicini Balcani, come mette in luce il vice ministro per gli Affari esteri,
Marta Dassu', in una intervista ad ANSA Nuova Europa.
Uno dei nodi, sia
pure allentato dal recente accordo di Bruxelles tra Belgrado e Pristina, viene
dal Kosovo. Ma come evitare che questa terra continui a essere un semi-Stato
all'interno e un fattore di instabilita' almeno potenziale nella regione?
''Partirei dalla
regione nel suo insieme. Credo che in questi ultimi mesi la stabilita' dei
Balcani abbia compiuto progressi significativi, che permettono di guardare con
un certo ottimismo al futuro. L'imminente ingresso della Croazia nell'Ue dal 1
luglio, il positivo avvio dei negoziati di adesione con il Montenegro e il
primo vero accordo tra Belgrado e Pristina: sono tutti cambiamenti - alcuni
impensabili fino a poco tempo fa - destinati ad imprimere una svolta al
processo di riconciliazione nei Balcani, con una prospettiva europea. Anche per
questa ragione, eviterei di dare una lettura riduttiva o scettica dell'accordo
Belgrado/Pristina del 19 aprile. La normalizzazione delle relazioni e' avviata.
Nessuno pretendeva un riconoscimento formale del Kosovo da parte della Serbia;
il negoziato, altrimenti, non sarebbe neanche cominciato. Si e' invece cercato,
con la mediazione diretta di Bruxelles (Katherine Ashton e Fernando Gentilini),
di raggiungere le condizioni per un modus vivendi ed operandi tra Belgrado e
Pristina. E' in questa cornice - che andra' fortemente incentivata dall'Ue con
la decisione di aprire negoziati distinti sia con la Serbia che con il Kosovo -
che andranno affrontate e risolte le problematiche bilaterali. Per ora, bisogna
dare atto alla dirigenza di entrambi i paesi, ed in particolare ai Primi
Ministri Dacic e Thaci, di aver agito con una buona dose di coraggio e
flessibilita'. Con l'accordo del 19 aprile e' stata scritta, speriamo in modo
definitivo, la parola fine a uno dei piu' tragici conflitti balcanici degli
anni novanta''.
Le tendenze
centrifughe interne alla Bosnia-Erzegovina sembrano soltanto sopite. Potra'
bastare l'eventuale integrazione nell'Ue per garantire la tenuta di un'entita'
statale tanto fragile? E fino a quando la presenza internazionale sara'
necessaria?
''L'accordo del 19
aprile dimostra che l'unica leva efficace, nei confronti dei Paesi della
regione, e' la prospettiva di una loro futura adesione o associazione all'UE (e
alla NATO). Per questo l'Italia considera importante stabilire, al Consiglio
europeo del 27 giugno, una data di avvio per i negoziati con Belgrado
(negoziati di adesione) e Pristina (negoziati di stabilita' e associazione).
Questo ragionamento - l'apertura europea come strumento di pacificazione - e'
valido in teoria anche per la Bosnia Erzegovina. Purtroppo, nel caso di
Sarajevo, non vi hanno corrisposto fatti e progressi concreti sul terreno. Le
porte dell'UE (e della NATO) restano aperte alla Bosnia, quando questi
progressi ci saranno; ma spetta ai leader bosniaci dare prova della loro effettiva
volonta' di muoversi in questa direzione. Del resto, e' evidente
l'insoddisfazione della popolazione bosniaca, una popolazione che - soprattutto
nelle fasce giovani - sembra ben consapevole dell'importanza di non perdere il
treno europeo''.
L'adesione della
Croazia all'Ue appare un successo anche per la diplomazia italiana. Ma pone
problemi di assorbimento da parte dell'Unione in un contesto di crisi economica
perdurante. Cosa si aspetta l'Italia sia sul fronte multilaterale europeo, sia
su quello dei contenziosi residui ancora aperti con Zagabria?
''L'adesione della
Croazia all'UE e' un indubbio successo per Zagabria, che a partire dal 1 luglio
2013 diventera' il 28/o Paese membro dell'Unione. Quel giorno, il Presidente
Napolitano e il Ministro Bonino saranno a Zagabria. L'Italia ha sostenuto tale
esito ed e' stata il primo tra i Paesi fondatori della UE a ratificare il
Trattato di adesione della Croazia: non abbiamo mai ritenuto che l'allargamento
dell'Ue e il suo approfondimento fossero in conflitto. Le ragioni della crisi
dell'eurozona sono altre. E va chiarito un punto importante: l'Italia crede
nella prospettiva europea dei Balcani, ma fara' valere il principio secondo cui
ciascun paese riuscira' a soddisfare le proprie aspirazioni europee solo sulla
base dei progressi individuali. Stiamo gia' cooperando in modo attivo con la
Croazia: abbiamo interessi strategici comuni, fra cui la creazione della
Strategia UE per la Regione Adriatico-Ionica. Dopo il mandato ottenuto a fine
2012, contiamo di varare la Strategia nel secondo semestre 2014, durante la
Presidenza italiana della UE. Allo stesso modo, contiamo di trovare una
soluzione soddisfacente, non piu' differibile, alle pendenze bilaterali
derivanti da una storia che i nostri due Paesi sono maturi per superare''.
Il rapporto
privilegiato dell'Italia con la Serbia e l'attenzione specifica a certe
sensibilita' serbe restano un elemento strategico della nostra politica
balcanica? E in quanto tempo potranno contribuire al pieno ingresso di Belgrado
nell'UE?
''La relazione con
la Serbia e' prioritaria, per il ruolo strategico che Belgrado esercita nel
quadro regionale e per l'importanza degli interessi bilaterali. Belgrado appare
seriamente impegnata in un processo di riforme, decisivo sia per il Paese che
per l'avvicinamento all'Ue. Raggiunto lo status di Paese candidato poco piu' di
un anno fa, la dirigenza serba sta affrontando i principali dossier
propedeutici all'avvio dei negoziati di adesione (dalle riforme nel settore
giudiziario al risanamento del quadro macroeconomico all'adeguamento della
legislazione nazionale agli standard europei). A fine giugno, l'Italia
proporra' che il Consiglio Europeo riconosca gli sforzi di Belgrado e approvi
una data per l'apertura dei negoziati di adesione. E' una scelta controversa,
nell'Ue: tenteremo di affermarla''.
Dalla Serbia al
Montenegro, ma anche fuori dai confini della ex Jugoslavia, la Russia appare
molto attiva nei Balcani, sul fronte energetico e non solo. L'Italia ritiene
che si tratti tout court di un concorrente o di un potenziale partner
dell'Europa?
''Come sempre nella
politica internazionale, la Russia e' un partner - e per l'Italia e' un partner
energetico molto rilevante - ma e' anche un concorrente. La sicurezza europea
dipende dalla capacita' di costruire con Mosca un rapporto realmente
cooperativo: per ora i progressi sono inferiori alle attese. Dipende anche da
una diversificazione delle strategie di approvvigionamento energetico. Da
questo punto di vista, il ruolo dei Balcani e' cruciale''. (ANSA).
Allarme Bce sull'Italia rischi sul risanamento
13/06/2013
Allarme della Bce
sul nostro Paese: Il risanamento di bilancio "più graduale" indicato
nel nuovo programma di stabilità dell'Italia presenta "rischi".
Allarme della Bce sul nostro Paese: ''Il
risanamento di bilancio "più graduale" indicato nel nuovo programma
di stabilità dell'Italia presenta "rischi", rappresentati da
"un'evoluzione macroeconomica peggiore delle aspettative" e "un
rallentamento delle entrate rispetto alle dinamiche ipotizzate nonché maggiori
spese".
Nel suo bollettino
mensile l'EUrotower torna sull'andamento dei conti pubblici nel 2012
rifacendosi al dati notificati dai Paesi dell'Eurozona ad Eurostat in
primavera, che mettono l'Italia nel gruppo dei Paesi che non hanno fatto salire
il deficit oltre il 3% del Pil. Lo scorso anno "il risanamento - nota la
Bce - è stato sostenuto da interventi di aumento delle entrate che hanno più
che compensato l'incremento della spesa osservato nel 2012". I disavanzi
"sono rimasti superiori al valore di riferimento del 3 per cento del Pil
nella maggior parte dei paesi dell'area, con l'eccezione di Germania, Estonia,
Italia, Lussemburgo, Austria e Finlandia". Quanto al debito, resta
prossimo o superiore al 100% del Pil in Belgio, IRlanda, Grecia, Italia e
Portogallo. La Bce nota comunque, per l'Italia, un deficit/Pil superore di 1,3
punti percentuali all'obiettivo fissato nel programma di stabilità, "un
risultato perlopiù riconducibile all'andamento economico peggiore delle
aspettative e alla debole dinamica delle entrate". "Nel quadro di una
progressiva ripresa - prosegue la Bce - l'aggiornamento del programma italiano
"posiziona il disavanzo appena sotto il 3% del Pil" per il 2013"
dopo che "in previsione di un percorso di risanamento più graduale, gli
obiettivi di bilancio sono stati notevolmente ridimensionati rispetto
all'aggiornamento del programma per il 2012". In base alle attese, ricorda
poi la Bce, "nel 2013 il rapporto fra debito pubblico e Pil raggiungerebbe
il picco di circa il 130% del Pil".
Quindi
dall'Eurotower arriva un monito: l'Italia, scrive la Banca centrale europea nel
bollettino - deve "attenersi con
rigore al percorso di moderazione del disavanzo specificato nell'aggiornamento
per il 2013" al suo programma di stabilità, affinché "non venga di
nuovo superato il valore di riferimento del 3%" di deficit/Pil, una
"sfida cruciale per la politica di bilancio del nuovo governo".
L'economia
dell'Eurozona "dovrebbe stabilizzarsi e riprendersi nel corso dell'anno,
seppure a ritmo moderato". Lo scrive la Bce nel bollettino mensile,
confermando che "i rischi per le prospettive economiche dell'area euro
continuano ad essere al ribasso e includono la possibilità di una domanda
interna ed esterna inferiore alle attese e una lenta o insufficiente attuazione
delle riforme strutturali". La Bce conferma la revisione delle stime sul
Pil nel 2013 (-0,6% dal precedente -0,5%), e lievemente al rialzo (+1,1%) per
il 2014.
Quanto
all'occupazione la banca centrale europea ricorda che le economie dell'Eurozona
hanno perso oltre quattro milioni di occupati dall'inizio della crisi nel 2008,
e le statistiche indicano che "é probabile che l'occupazione si sia
ulteriormente ridotta nei primi due trimestri del 2013".
BCE: OK ASTE
ITALIA-SPAGNA, TORNANO INVESTITORI ESTERI - Italia, Spagna, Portogallo hanno
registrato nella prima parte dell'anno "un miglioramento delle condizioni
del mercato primario dei titoli di Stato, come dimostrano il buon esito delle
aste di titoli di Stato"e il rientro degli investitori esteri. Tuttavia -
scrive la Bce - alcuni mercati vedono "un nuovo aumento dei
rendimenti".
Bozen, oltrepadania. Applausi al terrorista,
accuse a Durnwalder
Polemica sulla cerimonia a Vienna con
passerella per l’ergastolano Steger. Urzì: «Il governatore non si è dissociato»
di Massimiliano Bona
BOLZANO. Trasferta di due giorni - con
polemica - in Austria per il governatore altoatesino Luis Durnwalder. Martedì
sera il presidente della giunta ha partecipato ad un incontro al Parlamento
sullo sviluppo del Tirolo storico negli ultimi due decenni, mentre ieri ha
ricevuto la massima onorificenza della città di Vienna dal sindaco della capitale
austriaca Michael Häupl.
A
Vienna c’era anche il consigliere provinciale di Alto Adige nel cuore
Alessandro Urzì che non ha gradito gli applausi del presidente all’ex
terrorista Siegfried Steger, uno dei “quattro bravi ragazzi della Valle
Aurina”, condannato all’ergastolo per una serie di attentati.
«Ciò
che è successo è scandaloso. Inoltrerò al presidente della Provincia Durnwalder
- scrive Urzì - una protesta formale con richiesta di una presa di distanza
rivolta al Parlamento austriaco per questa presenza scomoda e che ha rovinato
quella che doveva e poteva essere una festa sui valori dell’amicizia. Scuote le
coscienze che Siegfried Steger sia stato salutato con un fragoroso applauso, da
tutti i presenti, alla presenza del Presidente del Nationalrat. Spero che
l’Italia abbia qualcosa da dire a riguardo».
Il
governatore altoatesino, informato in serata delle accuse rivoltegli dal
consigliere provinciale Urzì, ha replicato stizzito. «Steger era presente a
Vienna come il sottoscritto e Urzì. Non sono stato certo io ad invitarlo al
Parlamento austriaco, dove ero uno degli ospiti». Durnwalder preferisce
glissare sugli applausi tributati all’ex membro del “Bas” (il Comitato per la
liberazione del Sudtirolo): «La trovo una polemica pretestuosa. Urzì quando si
avvicinano le elezioni sa parlare solo di monumenti e toponomastica e cerca di
trarre il massimo vantaggio da ogni situazione. Non sono tenuto e non ho alcuna
intenzione di rispondergli. È evidente che vuole cavalcare l’onda».
Il
paradosso è rappresentato dal fatto che il documentario presentato a Vienna era
ispirato «al valore della conciliazione fra i territori a nord e a sud del
Brennero», secondo un percorso comune di reciproca fiducia da costruirsi
attraverso segni di amicizia e leale collaborazione, «valorizzando ciò che
unisce e allontanando sempre più ciò che divide». Con questo spirito era
presente anche il consigliere provinciale Alessandro Urzì.
«Volevo testimoniare la sincerità di un
atteggiamento positivo, che va rivendicato in forma reciproca. Per questo
ferisce la coltellata morale inferta dall’invito a Siegfried Steger e
dall’applauso che ne ha accompagnato la presentazione. Ho abbandonato immediatamente
l’incontro, come presa di distanza da un approccio verso i temi della
conciliazione che ritengo goffo e offensivo». Resta da capire se la Svp
prenderà o meno le distanze. Di sicuro della questione si tornerà a discutere a
breve in consiglio provinciale.
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