sabato 3 agosto 2013

III.VIII.MMXIII – Riservatissimo: Trst, oltrepadania est, soldi che non ti aspetti e che sbucano all’improvviso. Proprio quando sei con l’acqua alla gola.

Taranto. Un’estate fa
La proposta di Resistenza Operaia: in Ufita l’ammodernamento dei vecchi autobus
La Sogin svela i suoi piani. Pronti altri viaggi verso l'America
«Fare impresa In Italia è quasi impossibile»
Confindustria,spesa famiglie -3.660 euro
Auto blu -13,7% in 2012, spesa a 400 mln
Trst, oltrepadania est. Fondo Trieste, salta fuori un “tesoretto”




Taranto. Un’estate fa
«Lo scorso anno l’appena nato Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti costituito da un folto gruppo di tarantini, operai, disoccupati e studenti, manifestò il suo dissenso alle politiche sindacali sfilando al margine del corteo indetto dalla triade. Chiedemmo di poter fare un intervento dal palco per spiegare i motivi della nostra protesta; questa possibilità ci venne negata ma utilizzando un apecar, come palco improvvisato, riuscimmo comunque a comunicare le nostre ragioni ad una piazza attenta. Da allora, iniziò una vera e propria disinformazione contro quegli operai e quei cittadini che avevano osato alzare la testa: venimmo definiti qualunquisti, terroristi e altro ancora. Ma non siamo altro che la cassa di risonanza, il megafono di una città che urla rispetto, giustizia e dolore per quelle morti e quei malati vittime della colonizzazione della grande industria e della Marina Militare. Da quel giorno, il Comitato non si è più fermato….». Un’estate fa.
 Comincia così il documento politico che ad un anno di distanza da quel 2 agosto, segna oggi l’appuntamento con l’anniversario che sarà celebrato… in mare.
 Il Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti, infatti, hanno organizzato una giornata dal titolo “Giù le mani dai due mari!”, dando appuntamento sulla banchina San Giuseppe, in via Garibaldi (Città Vecchia). Dalle ore 11, e per tutta la giornata, ci saranno mostre e l’originale simulazione …. di una spiaggia.
 Dalle 17.30, inizio attività con i bambini a cura dei Pachamama. Dalle ore 18 alle ore 20: corteo di barche nei due mari. Quindi, alle 20, il dibattito “Giù le mani dai due mari: giù le mani dalla città”
 Alle 21.30, concerto di Pacefatta, Sud Foundation Kru’, Emanuele Barbati, Le Tenebre di Sophie, Malederba e Pizzicati int’allu’ core.
 per il corteo a mare, l’appuntamento è alle 17 alla Scesa Vasto. Partenza ore 18:00: partenza dalla banchina di San Giuseppe, previsti il passaggio del canale navigabile, la navigazione a ridosso del Lungomare V. Emanuele II (ringhiera) fino al del molo S. Eligio. Quindi, percorso inverso e arrivo a San Giuseppe intorno alle 20.

La proposta di Resistenza Operaia: in Ufita l’ammodernamento dei vecchi autobus
Valle ufita | 02/08/2013
Lo stabilimento del Valle Ufita per il revamping dei mezzi obsoleti. A portare sul tavolo del sottosegretario De Vincentis la proposta è Resistenza Operaia.
 In un documento il gruppo organizzato ricorda che «il Presidente del Consiglio Enrico Letta, allora candidato come deputato capolista del PD nella nostra circoscrizione Campania 2, dopo aver visitato il sito Irisbus di Valle Ufita, prese un impegno con noi operai della fabbrica di adoperarsi in prima persona per salvare questa nostra eccellenza manifatturiera» e che da allora «nessuna parola più ha proferito» sulla vicenda.
 Ricordano la tragedia sull’A16 e lo stupore del Ministro Lupi per un autobus del 1995 in circolazione, il gruppo fa presente che «gli autobus pubblici che girano in Italia sono spesso anche più datati e quindi enormemente pericolosi sia per la mobilità pubblica che per quella privata». Da qui l’esigenza di un «nuovo e consistente finanziamento di un piano trasporti».
 La strada maestra è questa anche se Resistenza operaia non tralascia l’idea di «proposta-ponte», ossia «il revamping degli autobus circolanti», direzione verso la quale non ci si è mai incamminati. «Non c’è stato ad oggi alcuno sforzo di entrare nel merito di questa vertenza - so legge ancora nella nota - di verificare tutte le opportunità di riconversione dell’impianto pur mantenendone la vocazione produttiva per cui è nato».
 La proposta è semplice: seguire il modello della società Pininfarina spa che «con il supporto di regione Piemonte e dell’azienda di trasporti del comune di Torino, ha messo a punto una soluzione per ripristinare vecchi autobus utilizzando, fra l’altro, motorizzazione ibrida basata su tecnologia Magneti Marelli».
 Quattro i momenti importanti dell’operazione proposta al sottosegretario De Vincenti e tramite questi al Ministro Zanonato e al Presidente Letta: 1) si inviti Pininfarina a presentare la sua tecnologia ai vostri rappresentanti del Ministero con una nostra delegazione.; 2) si costituisca un gruppo di lavoro tecnico, con la partecipazione anche di nostri rappresentanti, che in modo gratuito possa configurare un piano di business (non di dettaglio) che tenga conto, in termini generali, delle caratteristiche dello stabilimento, della domanda di mercato potenziale, di un possibile profilo economico-finanziario dell’iniziativa. Il documento dovrà consentire una valutazione generale a tutti quelli che sono coinvolti nella vertenza. 3) Si attivi presso questo Ministero o comunque in luogo istituzionale alto una iniziativa di promozione di questo progetto presso imprenditori, associazioni di categoria altri enti anche territoriali interessati al progetto d’impresa. 4) Si richieda che Fiat s’impegni a cedere lo stabilimento ad imprenditori affidabili, interessati ad un progetto di valorizzazione degli impianti ad un prezzo simbolico. Esattamente quello che Fiat ha già fatto per lo stabilimento di Termini Imerese e che inizialmente, aveva proposto anche per l’impianto di Flumeri.
 Una soluzione questa che «non è “un punto di arrivo” dell’assetto definitivo ma “un punto di partenza” che consente, però, di riaprire la fabbrica, mantenere l’impianto produttivo nella filiera automotive e valorizzare tutte le conoscenze nell’ambito dello stabilimento e più in generale nell’indotto presente sul territorio». 

La Sogin svela i suoi piani. Pronti altri viaggi verso l'America
Partiranno degli altri convogli come quello che lunedì mattina ha attraversato la statale 106 da Rotondella verso l’aeroporto di Gioia del Colle. Data e ora sono informazioni “top secret”, come i dettagli di un programma che è classificato «riservatissimo».
di LEO AMATO
POTENZA - Uranio arricchito in quantità sufficiente per una bomba atomica, «donato» all’Itrec di Rotondella negli anni ‘70 assieme alle barre di Elk River, e tante altre primizie dell’industria nucleale. Ora però dagli Usa lo rivogliono indietro, per paura che finisca in mani sbagliate, perciò al trasporto di lunedì mattina ne seguiranno degli altri e l’anno prossimo nel summit dell’Aja si farà il punto della situazione: quello che è stato preso, e quello che resta.
Partiranno degli altri convogli come quello che lunedì mattina ha attraversato la statale 106 da Rotondella verso l’aeroporto di Gioia del Colle. Data e ora però sono informazioni “top secret”, come i dettagli di un programma che è classificato «riservatissimo». A svelarlo ieri pomeriggio al tavolo della trasparenza della Regione Basilicata sul centro ex Enea è stato l’ingegnere Severino Alfieri della Sogin, incalzato dai sindaci dell’area infuriati per i contraccolpi - in particolare sul turismo - di un giallo agostano come quello sul trasporto radioattivo avvenuto.
Sulla scorta dell’accordo sottoscritto a marzo del 2012 dal presidente Barack Obama e dall’ex premier Mario Monti, al summit sulla sicurezza nucleare di Seul, i custodi dell’atomo tricolore e i funzionari dell’amministrazione a stelle e strisce avrebbero stilato una prima lista di materiali da rispedire oltreoceano. Di tutto l’inventario di materiale nucleare stoccato all’Itrec si sono concentrati solo su quello “non irraggiato”, che vuol dire “fresco”, attivo, non “esausto” come le barre arrivate quarant’anni fa per essere rigenerate, cosa che poi di fatto non è mai avvenuta. Così almeno è andata a Rotondella, mentre a Saluggia, in provincia di Vercelli,  e a Casaccia, vicino Roma, hanno deciso di prendere l’uno e l’altro, come ieri si è fatto sfuggire lo stesso ingegner Alfieri.
Gli veniva contestato il fatto che in Piemonte fosse stata avvisata la popolazione e qui no. Perciò ha spiegato che per le lamine di combustibile esausto provenienti dalla centrale olandese di Petten stoccate nell’impianto Eurex è stato applicato il protocollo previsto per le scorie. Mentre il carico prelevato dai magazzini blindati dell’Itrec è stato classificato come materiale sensibile di interesse militare, con quello che ne consegue in termini di standard di sicurezza. «Se ci sono fattori di rischio durante il trasporto gli americani non sono disposti a riprenderselo». Questo il motivo di tanta segretezza. Di fatto per realizzare una bomba atomica bastano solo dieci chili di uranio arricchito come quello che è stato prelevato. Uno è andato, ma a Rotondella ne resterebbero almeno altri 12, senza contare quello che si potrebbe estrarre dalle barre immerse da quarant’anni nella vasca dell’ex centro di ricerche. E’ chiaro quindi quale sia la partita per gli americani. Togliere un ordigno di potenziale strategico da un punto troppo vicino sulla carta geografica a potenziali minacce come quelle che arrivano della sponda orientale del mediterraneo, e aggiungere qualcosa al proprio arsenale. Tutt’al più del combustibile “gratis” per le loro centrali nucleari. Per l’Italia invece - almeno all’apparenza -soltanto un gioco di rimessa: l’alleato nordatlantico domanda, e loro ubbidiscono, felici di liberarsi di qualcosa che in realtà potrebbe avere persino un valore economico sul mercato internazionale dell’atomo. Sempre a meno che i trasporti di “scorie” da Saluggia e da Casaccia non rappresentino delle contropartite. Ma anche questo - figurarsi - non può che essere un argomento «riservato».
Ora se è occorso un viaggio per portare un chilo di diossido di uranio arricchito all’aeroporto di Gioia del Colle, ne serviranno altri 12 per completare l’operazione? Difficile da dire, ma prudenza suggerisce che saranno almeno due per evitare che un malintenzionato-benorganizzato possa appropriarsi in un colpo solo di materiale a sufficienza per cambiare gli equilibri geopolitici del mondo.
Dopodiché, di qui a 6 mesi, Italia e Stati Uniti si ritroveranno in Olanda per il prossimo summit sulla sicurezza nucleare, e dovranno decidere il da farsi. Andare avanti come si è iniziato un anno fa, o rivedere qualcosa? La trattativa è aperta ai massimi livelli. Quello che accadrà a Rotondella dipenderà anche da questo.

«Fare impresa In Italia è quasi impossibile»
L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha lamentato come «... in Italia sia difficile fare impresa». Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini - pur ammettendo difficoltà - gli ha risposto che però «... ci sono molte imprese che stanno continuando a investire, crescere, creare profitto e posti di lavoro». Noi andiamo oltre e diciamo: fare impresa è quasi impossibile e le difficoltà sono maggiori tanto più l'impresa è piccola. Certo ci sono imprenditori che investono e competono tutti i giorni per difendere le proprie aziende e i risultati ottenuti, ma lo fanno solo per il grande senso di responsabilità che continuano ad avere verso la comunità nella quale lavorano e verso i propri collaboratori. Parlano i fatti. Tre anni per spostare una portineria: è accaduto a Brescia; leggi e regolamenti contraddittori; oppressione normativa incontrollabile che ci colloca per complessità della regolamentazione al 142° posto nel mondo dietro la Grecia; i tempi di allacciamento alla rete elettrica di 155 giorni contro i 17 della Germania ci confermano che solo far partire un'impresa in Italia è difficile; inspiegabili resistenze a ogni iniziativa pubblica o privata legata alla costruzione di nuovi impianti per la produzione di energia. Ecco perché serve correggere le distorsioni che ci allontanano dai Paesi concorrenti e ricreare rapidamente quelle condizioni che consentano alle aziende di esercitare liberamente la propria funzione. Non chiediamo aiuti, domandiamo certezze: politiche, giuridiche, sindacali. E fino a che queste certezze continueranno a mancare, su 1.400 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri nel mondo, l'Italia continuerà a intercettarne una minima parte, restando un Paese scarsamente attrattivo verso gli investitori stranieri. Nella facilità del «fare impresa» l'Italia è 73a nel mondo e non aiutano i fattori strettamente economici: un costo del credito del 4,4% annuo (2,9% la Germania), il prezzo dell'energia a 184 euro per megawatt/ora contro una media di 143, una produttività del lavoro bassa e un'efficienza logistica che ci vede al 24° posto. Oltre al permanere di incomprensibili rigidità sindacali, ormai fuori dal tempo e dalla storia, ma alle quali gli investitori stranieri sono attentissimi. Certo, come dice il ministro, ci sono molte aziende che investono, ma rimangono troppi fattori negativi che condizionano la quotidianità e soprattutto le prospettive: inefficienza delle istituzioni pubbliche, sistema giudiziario, eccessivo carico fiscale, cui si aggiungono scarsa flessibilità del lavoro, inadeguatezza delle politiche di promozione degli investimenti esteri. Possiamo cambiare? Dobbiamo, ma il tempo davanti è sempre meno e se non avremo il coraggio e la volontà di cambiare, la responsabilità di un'inevitabile declino sarà di noi tutti.

Confindustria,spesa famiglie -3.660 euro
Crisi,svanito un mese e mezzo consumi anno, anche spese primarie
03 agosto, 12:47
(ANSA) - ROMA, 3 AGO - Una spesa media annua ridotta nel 2012 a 26.100 euro, con un taglio di 3.660 euro rispetto al 2007, quasi un mese e mezzo di consumi svaniti: Confindustria analizza cosi' la 'spending review delle famiglie italiane'. Cinghia stretta su quantità e qualità, sacrificate ora anche le spese primarie meno toccate nella prima parte della crisi.

Auto blu -13,7% in 2012, spesa a 400 mln
Intero parco auto ridotto del 7,4%, spesa totale a 1,050 mld
03 agosto, 13:18
(ANSA) - ROMA, 3 AGO - Nel 2012 le auto blu sono diminuite del 13,7% rispetto al 2011, determinando un calo dei costi di 72 milioni di euro a quota 400 milioni. A rilevarlo e' il Censimento permanente e monitoraggio dei costi delle auto pubbliche realizzato da Formez Pa, su incarico del Ministero per la Pa, da cui emerge che a fine 2012 l'intero parco auto delle amministrazioni pubbliche e' diminuito del 7,4% per una spesa totale di 1,050 miliardi di euro, ossia 128 milioni in meno rispetto al 2011 (-12%).

Trst, oltrepadania est. Fondo Trieste, salta fuori un “tesoretto”
La Prefettura ha scovato 2 milioni e 684mila euro, stanziati in passato ma mai spesi. Destinati ad aziende, ricerca e scuole
di Ferdinando Viola
Soldi che non ti aspetti e che sbucano all’improvviso. Proprio quando sei con l’acqua alla gola. Il Fondo Trieste, in lenta ma inesorabile agonia, si è trovato tra le mani 2.684.000 di euro, come fossero stati nascosti sotto il materasso. A scoprirli gli Uffici della Prefettura: si tratta di fondi stanziati ma mai spesi i quali adesso potranno essere reinvestiti in opere pubbliche o nelle aziende cittadine.
L’inattesa e bella notizia è stata comunicata ieri dal prefetto Francesca Adelaide Garufi ai nuovi componenti della Commissione Trieste (si chiama così oggi il Fondo Trieste) che ha eletto Franco Codega (Pd) presidente in sostituzione di Bruno Marini (Pdl). Un tesoretto non da poco che dovrà essere diviso tra le diverse (e molte) esigenze. La cassa era vuota, infatti gli ultimi soldi arrivati al Fondo (5 milioni) risalgono al triennio 2007-2009. Da allora i vari governi che si sono succeduti hanno chiuso i rubinetti. La crisi e le poche risorse finanziarie disponibili fanno pensare che i rubinetti resteranno chiusi per sempre. E che il Fondo sia ormai destinato a una morte naturale.
Perciò gli oltre due milioni e mezzo arrivati come portati da Babbo Natale serviranno per “tappare” esigenze particolari che certamente non mancano. Il prefetto ha indicato quali potrebbero essere e la cifra che eventualmente andrebbe a ognuna di queste esigenze. E cioè: 850mila euro all’industria e all’artigianato, 900mila euro alla ricerca e 926 mila all’edilizia scolastica. Intorno a questa proposta si è aperto un vivace dibattito tra i componenti del Fondo. Le cifre prese singolarmente sono consistenti, divise tra le varie richieste diventano poca cosa. Come, ad esempio, l’utilizzo degli 850mila euro per industria e artigianato. I consiglieri si sono chiesti se non era il caso di aggiungere questa cifra ai 926mila euro stanziati per l’edilizia scolastica piuttosto che spalmarla, una volta fatto il bando, tra le varie aziende che ne fanno richiesta alle quali poi andrebbe ben poco.
Su questo possibile accorpamento c’è stata una proposta, questa volta dei consiglieri di centrodestra Bruno Marini e Roberto Dipiazza, di “staccare” 500mila euro e affidarli al Comune di Trieste per destinare tale cifra al rifacimento dell’ultima facciata della Chiesa di Sant’Antonio. I due consiglieri regionali avevano presentato un emendamento al bilancio regionale proprio su questo argomento, poi bocciato dall’aula. Giulio Lauri di Sel invece si è detto contrario a interventi a pioggia, «meglio è concentrarli invece sulle scuole».
Roberto Cosolini ha preso di mira invece i 900mila euro destinati alla ricerca: per il sindaco è meglio invece destinarli a borse di studio per ricercatori, giovani laureati che hanno difficoltà a trovare uno sbocco lavorativo, piuttosto di dividerla in tanti pezzi che servono poi poco a tutti.
Prima però di decidere la varia destinazione la Prefettura deve accertare se l’accorpamento sia tecnicamente e amministrativamente possibile. Gli uffici lavoreranno tutto il mese di agosto per verificare se questi aggiustamenti sono fattibili. L’appuntamento per i consiglieri è fissato ai primi di settembre: dopo l’estate i 2.684.000 di euro troveranno una loro collocazione. Il Fondo Trieste (o Commissione Trieste) è alle ultime battute: nuovi finanziamenti non sono previsti e neppure ipotizzabili. A meno che, come ha detto Codega, sotto il materasso non spuntino altri soldi...

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