La proposta di Resistenza Operaia: in Ufita
l’ammodernamento dei vecchi autobus
La Sogin svela i suoi piani. Pronti altri
viaggi verso l'America
«Fare impresa In Italia è quasi impossibile»
Confindustria,spesa famiglie -3.660 euro
Auto blu -13,7% in 2012, spesa a 400 mln
Trst, oltrepadania est. Fondo Trieste, salta
fuori un “tesoretto”
Taranto. Un’estate fa
«Lo scorso anno l’appena nato Comitato
Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti costituito da un folto gruppo di
tarantini, operai, disoccupati e studenti, manifestò il suo dissenso alle
politiche sindacali sfilando al margine del corteo indetto dalla triade.
Chiedemmo di poter fare un intervento dal palco per spiegare i motivi della
nostra protesta; questa possibilità ci venne negata ma utilizzando un apecar,
come palco improvvisato, riuscimmo comunque a comunicare le nostre ragioni ad
una piazza attenta. Da allora, iniziò una vera e propria disinformazione contro
quegli operai e quei cittadini che avevano osato alzare la testa: venimmo
definiti qualunquisti, terroristi e altro ancora. Ma non siamo altro che la
cassa di risonanza, il megafono di una città che urla rispetto, giustizia e
dolore per quelle morti e quei malati vittime della colonizzazione della grande
industria e della Marina Militare. Da quel giorno, il Comitato non si è più
fermato….». Un’estate fa.
Comincia così il documento politico che ad un
anno di distanza da quel 2 agosto, segna oggi l’appuntamento con l’anniversario
che sarà celebrato… in mare.
Il
Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti, infatti, hanno organizzato una
giornata dal titolo “Giù le mani dai due mari!”, dando appuntamento sulla
banchina San Giuseppe, in via Garibaldi (Città Vecchia). Dalle ore 11, e per
tutta la giornata, ci saranno mostre e l’originale simulazione …. di una
spiaggia.
Dalle 17.30, inizio attività con i bambini a
cura dei Pachamama. Dalle ore 18 alle ore 20: corteo di barche nei due mari.
Quindi, alle 20, il dibattito “Giù le mani dai due mari: giù le mani dalla
città”
Alle
21.30, concerto di Pacefatta, Sud Foundation Kru’, Emanuele Barbati, Le Tenebre
di Sophie, Malederba e Pizzicati int’allu’ core.
per
il corteo a mare, l’appuntamento è alle 17 alla Scesa Vasto. Partenza ore
18:00: partenza dalla banchina di San Giuseppe, previsti il passaggio del
canale navigabile, la navigazione a ridosso del Lungomare V. Emanuele II
(ringhiera) fino al del molo S. Eligio. Quindi, percorso inverso e arrivo a San
Giuseppe intorno alle 20.
La proposta di Resistenza Operaia: in Ufita
l’ammodernamento dei vecchi autobus
Valle ufita |
02/08/2013
Lo stabilimento del
Valle Ufita per il revamping dei mezzi obsoleti. A portare sul tavolo del
sottosegretario De Vincentis la proposta è Resistenza Operaia.
In un documento il gruppo organizzato ricorda
che «il Presidente del Consiglio Enrico Letta, allora candidato come deputato
capolista del PD nella nostra circoscrizione Campania 2, dopo aver visitato il
sito Irisbus di Valle Ufita, prese un impegno con noi operai della fabbrica di
adoperarsi in prima persona per salvare questa nostra eccellenza
manifatturiera» e che da allora «nessuna parola più ha proferito» sulla
vicenda.
Ricordano la tragedia sull’A16 e lo stupore
del Ministro Lupi per un autobus del 1995 in circolazione, il gruppo fa
presente che «gli autobus pubblici che girano in Italia sono spesso anche più
datati e quindi enormemente pericolosi sia per la mobilità pubblica che per
quella privata». Da qui l’esigenza di un «nuovo e consistente finanziamento di
un piano trasporti».
La strada maestra è questa anche se Resistenza
operaia non tralascia l’idea di «proposta-ponte», ossia «il revamping degli
autobus circolanti», direzione verso la quale non ci si è mai incamminati. «Non
c’è stato ad oggi alcuno sforzo di entrare nel merito di questa vertenza - so
legge ancora nella nota - di verificare tutte le opportunità di riconversione
dell’impianto pur mantenendone la vocazione produttiva per cui è nato».
La proposta è semplice: seguire il modello
della società Pininfarina spa che «con il supporto di regione Piemonte e
dell’azienda di trasporti del comune di Torino, ha messo a punto una soluzione
per ripristinare vecchi autobus utilizzando, fra l’altro, motorizzazione ibrida
basata su tecnologia Magneti Marelli».
Quattro i momenti importanti dell’operazione
proposta al sottosegretario De Vincenti e tramite questi al Ministro Zanonato e
al Presidente Letta: 1) si inviti Pininfarina a presentare la sua tecnologia ai
vostri rappresentanti del Ministero con una nostra delegazione.; 2) si
costituisca un gruppo di lavoro tecnico, con la partecipazione anche di nostri
rappresentanti, che in modo gratuito possa configurare un piano di business
(non di dettaglio) che tenga conto, in termini generali, delle caratteristiche
dello stabilimento, della domanda di mercato potenziale, di un possibile
profilo economico-finanziario dell’iniziativa. Il documento dovrà consentire
una valutazione generale a tutti quelli che sono coinvolti nella vertenza. 3)
Si attivi presso questo Ministero o comunque in luogo istituzionale alto una
iniziativa di promozione di questo progetto presso imprenditori, associazioni
di categoria altri enti anche territoriali interessati al progetto d’impresa.
4) Si richieda che Fiat s’impegni a cedere lo stabilimento ad imprenditori
affidabili, interessati ad un progetto di valorizzazione degli impianti ad un
prezzo simbolico. Esattamente quello che Fiat ha già fatto per lo stabilimento
di Termini Imerese e che inizialmente, aveva proposto anche per l’impianto di
Flumeri.
Una soluzione questa che «non è “un punto di
arrivo” dell’assetto definitivo ma “un punto di partenza” che consente, però,
di riaprire la fabbrica, mantenere l’impianto produttivo nella filiera
automotive e valorizzare tutte le conoscenze nell’ambito dello stabilimento e
più in generale nell’indotto presente sul territorio».
La Sogin svela i suoi piani. Pronti altri
viaggi verso l'America
Partiranno degli
altri convogli come quello che lunedì mattina ha attraversato la statale 106 da
Rotondella verso l’aeroporto di Gioia del Colle. Data e ora sono informazioni
“top secret”, come i dettagli di un programma che è classificato
«riservatissimo».
di LEO AMATO
POTENZA - Uranio
arricchito in quantità sufficiente per una bomba atomica, «donato» all’Itrec di
Rotondella negli anni ‘70 assieme alle barre di Elk River, e tante altre
primizie dell’industria nucleale. Ora però dagli Usa lo rivogliono indietro,
per paura che finisca in mani sbagliate, perciò al trasporto di lunedì mattina
ne seguiranno degli altri e l’anno prossimo nel summit dell’Aja si farà il
punto della situazione: quello che è stato preso, e quello che resta.
Partiranno degli
altri convogli come quello che lunedì mattina ha attraversato la statale 106 da
Rotondella verso l’aeroporto di Gioia del Colle. Data e ora però sono
informazioni “top secret”, come i dettagli di un programma che è classificato
«riservatissimo». A svelarlo ieri pomeriggio al tavolo della trasparenza della
Regione Basilicata sul centro ex Enea è stato l’ingegnere Severino Alfieri
della Sogin, incalzato dai sindaci dell’area infuriati per i contraccolpi - in
particolare sul turismo - di un giallo agostano come quello sul trasporto
radioattivo avvenuto.
Sulla scorta
dell’accordo sottoscritto a marzo del 2012 dal presidente Barack Obama e
dall’ex premier Mario Monti, al summit sulla sicurezza nucleare di Seul, i
custodi dell’atomo tricolore e i funzionari dell’amministrazione a stelle e
strisce avrebbero stilato una prima lista di materiali da rispedire
oltreoceano. Di tutto l’inventario di materiale nucleare stoccato all’Itrec si
sono concentrati solo su quello “non irraggiato”, che vuol dire “fresco”,
attivo, non “esausto” come le barre arrivate quarant’anni fa per essere
rigenerate, cosa che poi di fatto non è mai avvenuta. Così almeno è andata a
Rotondella, mentre a Saluggia, in provincia di Vercelli, e a Casaccia, vicino Roma, hanno deciso di
prendere l’uno e l’altro, come ieri si è fatto sfuggire lo stesso ingegner
Alfieri.
Gli veniva contestato
il fatto che in Piemonte fosse stata avvisata la popolazione e qui no. Perciò
ha spiegato che per le lamine di combustibile esausto provenienti dalla
centrale olandese di Petten stoccate nell’impianto Eurex è stato applicato il
protocollo previsto per le scorie. Mentre il carico prelevato dai magazzini
blindati dell’Itrec è stato classificato come materiale sensibile di interesse
militare, con quello che ne consegue in termini di standard di sicurezza. «Se
ci sono fattori di rischio durante il trasporto gli americani non sono disposti
a riprenderselo». Questo il motivo di tanta segretezza. Di fatto per realizzare
una bomba atomica bastano solo dieci chili di uranio arricchito come quello che
è stato prelevato. Uno è andato, ma a Rotondella ne resterebbero almeno altri
12, senza contare quello che si potrebbe estrarre dalle barre immerse da
quarant’anni nella vasca dell’ex centro di ricerche. E’ chiaro quindi quale sia
la partita per gli americani. Togliere un ordigno di potenziale strategico da
un punto troppo vicino sulla carta geografica a potenziali minacce come quelle
che arrivano della sponda orientale del mediterraneo, e aggiungere qualcosa al
proprio arsenale. Tutt’al più del combustibile “gratis” per le loro centrali
nucleari. Per l’Italia invece - almeno all’apparenza -soltanto un gioco di
rimessa: l’alleato nordatlantico domanda, e loro ubbidiscono, felici di
liberarsi di qualcosa che in realtà potrebbe avere persino un valore economico
sul mercato internazionale dell’atomo. Sempre a meno che i trasporti di
“scorie” da Saluggia e da Casaccia non rappresentino delle contropartite. Ma
anche questo - figurarsi - non può che essere un argomento «riservato».
Ora se è occorso un
viaggio per portare un chilo di diossido di uranio arricchito all’aeroporto di
Gioia del Colle, ne serviranno altri 12 per completare l’operazione? Difficile
da dire, ma prudenza suggerisce che saranno almeno due per evitare che un
malintenzionato-benorganizzato possa appropriarsi in un colpo solo di materiale
a sufficienza per cambiare gli equilibri geopolitici del mondo.
Dopodiché, di qui a
6 mesi, Italia e Stati Uniti si ritroveranno in Olanda per il prossimo summit
sulla sicurezza nucleare, e dovranno decidere il da farsi. Andare avanti come
si è iniziato un anno fa, o rivedere qualcosa? La trattativa è aperta ai massimi
livelli. Quello che accadrà a Rotondella dipenderà anche da questo.
«Fare impresa In Italia è quasi impossibile»
L'amministratore delegato della Fiat Sergio
Marchionne ha lamentato come «... in Italia sia difficile fare impresa». Il
ministro del Lavoro, Enrico Giovannini - pur ammettendo difficoltà - gli ha risposto
che però «... ci sono molte imprese che stanno continuando a investire,
crescere, creare profitto e posti di lavoro». Noi andiamo oltre e diciamo: fare
impresa è quasi impossibile e le difficoltà sono maggiori tanto più l'impresa è
piccola. Certo ci sono imprenditori che investono e competono tutti i giorni
per difendere le proprie aziende e i risultati ottenuti, ma lo fanno solo per
il grande senso di responsabilità che continuano ad avere verso la comunità
nella quale lavorano e verso i propri collaboratori. Parlano i fatti. Tre anni
per spostare una portineria: è accaduto a Brescia; leggi e regolamenti
contraddittori; oppressione normativa incontrollabile che ci colloca per
complessità della regolamentazione al 142° posto nel mondo dietro la Grecia; i
tempi di allacciamento alla rete elettrica di 155 giorni contro i 17 della
Germania ci confermano che solo far partire un'impresa in Italia è difficile;
inspiegabili resistenze a ogni iniziativa pubblica o privata legata alla
costruzione di nuovi impianti per la produzione di energia. Ecco perché serve
correggere le distorsioni che ci allontanano dai Paesi concorrenti e ricreare
rapidamente quelle condizioni che consentano alle aziende di esercitare
liberamente la propria funzione. Non chiediamo aiuti, domandiamo certezze:
politiche, giuridiche, sindacali. E fino a che queste certezze continueranno a
mancare, su 1.400 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri nel mondo,
l'Italia continuerà a intercettarne una minima parte, restando un Paese scarsamente
attrattivo verso gli investitori stranieri. Nella facilità del «fare impresa»
l'Italia è 73a nel mondo e non aiutano i fattori strettamente economici: un
costo del credito del 4,4% annuo (2,9% la Germania), il prezzo dell'energia a
184 euro per megawatt/ora contro una media di 143, una produttività del lavoro
bassa e un'efficienza logistica che ci vede al 24° posto. Oltre al permanere di
incomprensibili rigidità sindacali, ormai fuori dal tempo e dalla storia, ma
alle quali gli investitori stranieri sono attentissimi. Certo, come dice il
ministro, ci sono molte aziende che investono, ma rimangono troppi fattori
negativi che condizionano la quotidianità e soprattutto le prospettive:
inefficienza delle istituzioni pubbliche, sistema giudiziario, eccessivo carico
fiscale, cui si aggiungono scarsa flessibilità del lavoro, inadeguatezza delle
politiche di promozione degli investimenti esteri. Possiamo cambiare? Dobbiamo,
ma il tempo davanti è sempre meno e se non avremo il coraggio e la volontà di
cambiare, la responsabilità di un'inevitabile declino sarà di noi tutti.
Confindustria,spesa famiglie -3.660 euro
Crisi,svanito un
mese e mezzo consumi anno, anche spese primarie
03 agosto, 12:47
(ANSA) - ROMA, 3 AGO
- Una spesa media annua ridotta nel 2012 a 26.100 euro, con un taglio di 3.660
euro rispetto al 2007, quasi un mese e mezzo di consumi svaniti: Confindustria
analizza cosi' la 'spending review delle famiglie italiane'. Cinghia stretta su
quantità e qualità, sacrificate ora anche le spese primarie meno toccate nella
prima parte della crisi.
Auto blu -13,7% in 2012, spesa a 400 mln
Intero parco auto
ridotto del 7,4%, spesa totale a 1,050 mld
03 agosto, 13:18
(ANSA) - ROMA, 3 AGO
- Nel 2012 le auto blu sono diminuite del 13,7% rispetto al 2011, determinando
un calo dei costi di 72 milioni di euro a quota 400 milioni. A rilevarlo e' il
Censimento permanente e monitoraggio dei costi delle auto pubbliche realizzato
da Formez Pa, su incarico del Ministero per la Pa, da cui emerge che a fine
2012 l'intero parco auto delle amministrazioni pubbliche e' diminuito del 7,4%
per una spesa totale di 1,050 miliardi di euro, ossia 128 milioni in meno
rispetto al 2011 (-12%).
Trst, oltrepadania est. Fondo Trieste, salta
fuori un “tesoretto”
La Prefettura ha scovato 2 milioni e
684mila euro, stanziati in passato ma mai spesi. Destinati ad aziende, ricerca
e scuole
di Ferdinando Viola
Soldi che non ti aspetti e che sbucano
all’improvviso. Proprio quando sei con l’acqua alla gola. Il Fondo Trieste, in
lenta ma inesorabile agonia, si è trovato tra le mani 2.684.000 di euro, come
fossero stati nascosti sotto il materasso. A scoprirli gli Uffici della
Prefettura: si tratta di fondi stanziati ma mai spesi i quali adesso potranno
essere reinvestiti in opere pubbliche o nelle aziende cittadine.
L’inattesa e bella notizia è stata
comunicata ieri dal prefetto Francesca Adelaide Garufi ai nuovi componenti
della Commissione Trieste (si chiama così oggi il Fondo Trieste) che ha eletto
Franco Codega (Pd) presidente in sostituzione di Bruno Marini (Pdl). Un
tesoretto non da poco che dovrà essere diviso tra le diverse (e molte)
esigenze. La cassa era vuota, infatti gli ultimi soldi arrivati al Fondo (5
milioni) risalgono al triennio 2007-2009. Da allora i vari governi che si sono
succeduti hanno chiuso i rubinetti. La crisi e le poche risorse finanziarie
disponibili fanno pensare che i rubinetti resteranno chiusi per sempre. E che
il Fondo sia ormai destinato a una morte naturale.
Perciò gli oltre due milioni e mezzo
arrivati come portati da Babbo Natale serviranno per “tappare” esigenze
particolari che certamente non mancano. Il prefetto ha indicato quali
potrebbero essere e la cifra che eventualmente andrebbe a ognuna di queste
esigenze. E cioè: 850mila euro all’industria e all’artigianato, 900mila euro
alla ricerca e 926 mila all’edilizia scolastica. Intorno a questa proposta si è
aperto un vivace dibattito tra i componenti del Fondo. Le cifre prese
singolarmente sono consistenti, divise tra le varie richieste diventano poca
cosa. Come, ad esempio, l’utilizzo degli 850mila euro per industria e
artigianato. I consiglieri si sono chiesti se non era il caso di aggiungere
questa cifra ai 926mila euro stanziati per l’edilizia scolastica piuttosto che
spalmarla, una volta fatto il bando, tra le varie aziende che ne fanno
richiesta alle quali poi andrebbe ben poco.
Su questo possibile accorpamento c’è stata
una proposta, questa volta dei consiglieri di centrodestra Bruno Marini e
Roberto Dipiazza, di “staccare” 500mila euro e affidarli al Comune di Trieste
per destinare tale cifra al rifacimento dell’ultima facciata della Chiesa di
Sant’Antonio. I due consiglieri regionali avevano presentato un emendamento al
bilancio regionale proprio su questo argomento, poi bocciato dall’aula. Giulio
Lauri di Sel invece si è detto contrario a interventi a pioggia, «meglio è concentrarli
invece sulle scuole».
Roberto Cosolini ha preso di mira invece i
900mila euro destinati alla ricerca: per il sindaco è meglio invece destinarli
a borse di studio per ricercatori, giovani laureati che hanno difficoltà a
trovare uno sbocco lavorativo, piuttosto di dividerla in tanti pezzi che servono
poi poco a tutti.
Prima però di decidere la varia
destinazione la Prefettura deve accertare se l’accorpamento sia tecnicamente e
amministrativamente possibile. Gli uffici lavoreranno tutto il mese di agosto
per verificare se questi aggiustamenti sono fattibili. L’appuntamento per i consiglieri
è fissato ai primi di settembre: dopo l’estate i 2.684.000 di euro troveranno
una loro collocazione. Il Fondo Trieste (o Commissione Trieste) è alle ultime
battute: nuovi finanziamenti non sono previsti e neppure ipotizzabili. A meno
che, come ha detto Codega, sotto il materasso non spuntino altri soldi...
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/08/03/news/fondo-trieste-salta-fuori-un-tesoretto-1.7518601
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