I soldi del petrolio. Mezzo miliardo di royalty
in 2 anni
I sindaci ribelli della Val d’Agri riprovano:
«Pronti a disimpegno elettorale»
Animali: in Italia 7.900 imprese (+4%)
Crisi: per industria taglio credito 12%
Crisi: Spiegel, Germania risparmia 40,9
miliardi di interessi sul debito pubblico
Nuova tegola per la Grecia: dimesso il capo
dell'agenzia per le privatizzazioni (di nuovo)
Export, la Puglia cresce e nel 2012 registra
+7,3%
BARI – Nel 2012 il
valore delle esportazioni della Puglia ha superato gli 8,8 miliardi di euro,
con un aumento del 7,3% rispetto l’anno precedente. Lo rende noto l'ufficio
stampa dell’Ice, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internalizzazione
delle imprese italiane.
Le esportazioni
della regione, che già nel corso del 2011 avevano recuperato i valori pre
crisi, per il secondo anno consecutivo hanno conseguito un livello superiore a
quello registrato nel 2008.
La crescita delle esportazioni della Puglia,
inoltre, non solo ha contribuito a consolidarne l'undicesima posizione nella
graduatoria nazionale delle regioni esportatrici, ma ha anche consentito una
lieve espansione della quota da questa detenuta. L’incidenza delle esportazioni
pugliesi sul totale delle vendite estere italiane si è, infatti, estesa – rende
noto l’Ice – di un decimo di punto rispetto al 2011, attestandosi nel 2012 al
2,3%.
Con un export pari a
3,6 miliardi di euro, la provincia di Bari si conferma la prima realtà
territoriale esportatrice, seguita da Taranto che, rispetto al 2011, ha fatto
registrare un incremento del 18,2% delle proprie vendite estere, superiore alla
media regionale e anche all’intera area del Mezzogiorno. Anche Foggia ha
registrato una crescita delle proprie esportazioni superiore alla media e pari
al 10,4 %, mentre le vendite estere di Lecce sono le uniche a riportare un calo
(-4,3%) rispetto al 2011.
Osservando l’andamento delle esportazioni
pugliesi nei primi dieci mercati di sbocco, il 2012 restituisce uno scenario
eterogeneo. Sono risultate in calo, rispetto all’anno precedente, le
esportazioni in Francia (-10,5%), Spagna (-6,5%) e Grecia (-27,1%) mentre sono
fortemente aumentate le vendite nel Regno Unito (+ 41%), Paesi Bassi (+ 32,3%),
Stati Uniti (+19,2 %) e Germania (+17,3 %).
Sul fronte dei principali prodotti esportati,
le vendite di petrolio greggio, come quelle di aeromobili, veicoli spaziali e
relativi dispositivi e macchine di impiego generale si sono mostrate – rende
noto l’Ice - particolarmente dinamiche anche se in misura lievemente inferiore
rispetto a quanto registrato nell’anno precedente. Positive e in controtendenza
rispetto al 2010 e al 2011, invece, sono risultate le esportazioni di motori,
generatori e trasformatori elettrici, cresciute del 64%. Diversamente, sono
risultate in calo le vendite di prodotti della siderurgia (-5,1%), al secondo
posto nella graduatoria dei primi dieci beni per valore all’export della
regione, le vendite di mobili (-9,5%) e di parti ed accessori per autoveicoli e
loro motori (-15,3 %).
Anche nel 2012, la
Puglia si distingue come la seconda regione del Mezzogiorno con il più elevato
numero di operatori (6.246 unità), il cui fatturato medio si è attestato a 1,4
milioni di euro. Per quanto concerne l’interscambio di servizi, i crediti della
Puglia scivolano dai 634 milioni del 2011 ai 593 milioni di euro del 2012, con
un calo del -6,5%. La flessione è tuttavia risultata decisamente inferiore a
quella registratasi parallelamente nei debiti: le importazioni di servizi della
Puglia hanno subito, infatti, la contrazione più ampia tra quelle rilevate su
tutto il territorio italiano e pari a -26%rispetto al 2011. Malgrado le buone
performance del 2012, i primi tre mesi del 2013 restituiscono uno scenario meno
positivo.
Le esportazioni della Puglia hanno registrato
una contrazione rispetto allo stesso periodo del 2012 del -16,1%, in ragione
della marcata contrazione delle vendite nei paesi Ue (-22,6%) e del calo extra
Ue (-7,2%). Tra le attività economiche che hanno riportato i maggiori cali
rispetto a gennaio-marzo 2012 si sono distinti i metalli di base e prodotti in
metallo (-68,5%), i prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere
(-67,2%), i computer, apparecchi elettronici e ottici (-58,4%), i coke e prodotti
petroliferi raffinati (-39,7%) e gli autoveicoli (-18,7 %). Al contrario, hanno
mostrato variazioni positive le esportazioni di apparecchi elettrici (+54%),
articoli farmaceutici (+12,4%), prodotti tessili e mobili (rispettivamente +6,3
e 4,2 %).
19 Agosto 2013
I soldi del petrolio. Mezzo miliardo di royalty
in 2 anni
di LUIGIA IERACE
POTENZA - Mezzo miliardo negli ultimi due
anni. Ma se guardiamo agli ultimi cinque, il miliardo è più che superato. A
tanto ammonta il contestato 10% di royalty (7% più 3% di bonus idrocarburi) che
le compagnie petrolifere (Eni e Shell) versano a Stato, Regione e Comuni per
l’attività estrattiva in Basilicata. È di 291,9 milioni di euro, infatti,
l’ammontare del gettito delle royalty versate al 31 luglio 2013 sulle
produzioni di idrocarburi della Basilicata sul suo territorio nel 2012. Su
tutto il territorio nazionale le compagnie hanno versato complessivamente la
somma di 349,2 milioni di euro e la gran parte sono per l’attività lucana.
Mentre al 31 dicembre 2012, per l’attività estrattiva del 2011, il gettito
versato dalle compagnie è stato di 245,4 milioni di euro. In tutto il Paese i
versamenti sono stati pari a 333,5 milioni di euro.
Certo non saranno i 6 o i 2 miliardi che il
cosiddetto «Memorandum», sottoscritto tra Regione e Governo nel lontano aprile
2011, dovrebbe portare in Basilicata, e che alcuni parlamentari provano a
quantificare nelle «maggiori entrate» di cui parla l’art.16 delle
Liberalizzazioni. Somme che dovrebbero arrivare, forse e chissà quando, tenendo
conto dei tempi della politica e di quelle strane intese tra forze politiche
che una volta vanno a braccetto e condividono successi (come nel caso della
firma del Memorandum con il sottosegretario Viceconte e il presidente della
Regione De Filippo), prendendo poi le distanze da plateali sconfitte come quel
3% di royalty che come vuole il proverbio «vedrà godere il terzo» e in questo
caso veneti e liguri, non importa in che misura, ma è certo che dovranno essere
reinseriti nella ridistribuzione del Fondo (lucano) idrocarburi dopo la Sentenza
del Consiglio di Stato.
E così mentre si «litiga» o si attendono fiumi
di soldi, si perde di vista quella «valanga» di royalty che ha generato la
Basilicata e che è una realtà, anche se nella sua parcellizzazione sfugge ai
più. Ma i numeri parlano da sè. E nelle casse lucane arrivano tanti soldi,
l’intero 7% perché dal primo gennaio 1999, lo Stato ha rinunciato alla sua
quota di royalty per le regioni del Mezzogiorno. Così la Basilicata di quel 7%
prende sia il 30% spettante allo Stato che il suo 55%, per un ammontare di
168,9 milioni di euro. Il restante 15% è appannaggio dei Comuni della Val
D’Agri: 29,8 milioni di euro così ripartiti: 19,6 a Viggiano, 4,3 a Calvello.
2,8 a Grumento Nova, 2,1 a Marsico Nuovo e 722 mila euro a Montemurro. Ma la
Basilicata poi alimenta per oltre l’80% quel Fondo idrocarburi che è lievitato
a 93,2 milioni di euro.
Lo scorso anno, al 31 dicembre 2012, ricco il
bottino versato dalle compagnie alla Regione Basilicata: 141,9 milioni di euro.
Mentre ai Comuni sono andati 24,6 milioni di euro così ripartiti: 15.9 milioni
a Viggiano; 3,6 a Calvello; 2,4 a Grumento Nova; 1,8 a Marsico Nuovo; 614 mila
a Montemurro e 84 mila euro a Garaguso. Il Fondo idrocarburi invece è stato di
78,9 milioni di euro, somma anche questa ancora indivisa.
Troppo facile tirare le somme e troppo facile
fare le considerazione sull’utilizzo delle royalty da parte di Regione e
Comuni, non dimenticando queste somme sono solo una parte di entrate che porta
il petrolio e di quelle che potrebbe portare legate al «Memorandum» o
all’incremento di produzione in Val d’Agri e per l’avvio dell’attività
estrattiva di Tempa Rossa.
Certo è che l’eccessiva polverizzazione delle
risorse ne fa sfuggire la portata, anche quando è la nostra spesa sanitaria o
la spesa corrente della Regione o la nostra Università a beneficiarne. Poi ci
sono anche i marciapiedi rifatti troppe volte, le sagre, le feste di piazza, i
vari «contentini » e le incongruenze di paesi straricchi e paesi poveri e
isolati.
Disoccupazione e malcontento che sfociano nei
luoghi comuni. «È solo un’elemosina». Dipende dai punti di vista, perché
guardando quelle cifre, forse una riflessione andrebbe fatta. Forse partendo
proprio da quei 172 milioni di euro di Fondo destinato alla riduzione del
prezzo dei carburanti negli ultimi due anni. Tanti soldi. Troppi in un Paese
che ha scelto di utilizzarli per ridurre il prezzo della benzina e del gasolio
per alcuni cittadini.
18 Agosto 2013
I sindaci ribelli della Val d’Agri riprovano:
«Pronti a disimpegno elettorale»
Nuovo incontro: al
centro salute e ricadute delle estrazioni
I primi cittadini
della Val d'Agri esclusi dai tavoli delle royalties difendono il proprio
territorio e minacciano in vista delle regionali. In arrivo un nuovo incontro:
al centro della riunione i temi di salute e ricadute economiche delle
estrazioni
di LEO AMATO
POTENZA - Hanno
deciso di tornare a farsi sentire Vincenzo Vertunni, Mario Di Sanzo, Michele
Grieco, Cesare Marte, Pasquale De Luise di Spinoso e Ugo Salera. Sono i sindaci
di Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Spinoso, Paterno e Tramutola, i 6 comuni
petroliferi “ribelli” della Val d’Agri.
Ma questa volta la
minaccia non sono più le loro dimissioni, quanto piuttosto il disimpegno
elettorale alle prossime regionali a scapito di contava sui voti di quei
territori. E dato che si tratta per la maggior parte di esponenti del Pd, anche
il destinatario è presto detto.
E’ stato convocato
per venerdì un nuovo incontro nella sala del consiglio comunale di Spinoso Al
centro, dopo l’accelerazione nella trattativa sull’accordo con Eni per
l’aumento delle estrazioni, la bocciatura del bonus benzina, la mobilitazione
dei colleghi della Valle del Sauro e l’annuncio del decreto attuativo del
memorandum che dovrebbe assegnare 2 miliardi di euro per lo sviluppo di
infrastrutture e occupazione in Regione, ci sarà una varietà di questioni aperte
sul tema delle trivelle: dalla salute alle ricadute economiche.
«E’ di questi giorni
- spiegano in una nota congiunta - la protesta di tutti i sindaci (salvo due),
dei comuni facenti parte della concessione mineraria Gorgoglione, contro un
metodo, consolidato già nell’Alto Agri, che vede attori solo le compagnie
petrolifere e pochi intimi. I pochi altri sono quei sindaci i cui uffici sono
interessati al rilascio di qualsivoglia autorizzazione».
I sei primi cittadini rivendicano di essersi
dimessi a gennaio proprio per denunciare questo metodo («e non altro»),
dimissioni, poi rientrate, «a fronte di impegni presi sul versante di una più
equa distribuzione delle royalties, di un sistema di selezione occupazionale
più trasparente e di un sistema di monitoraggio
ambientale più comprensibile».
Ma a distanza di
qualche mese «nonostante la pronta solidarietà sbandierata e le
relative dichiarazioni di impegno a
trovare delle soluzioni in tempi brevi, tutto, ad oggi, è rimasto come prima». «Si sono susseguiti in questi
mesi, una serie di incontri interlocutori e sterili, e abbiamo assistito , allo scioglimento
anticipato di un consiglio regionale, che mestamente, anche sotto il peso di
una indagine che ha messo in evidenza un sottobosco di miserie umane e morali, è naufragato».
Di qui la
riproposizione dei loro cavalli di battaglia. In primis sulla distribuzione
delle royalties, «perché la maggioranza dei Comuni, salvo qualche eccezione,
non riesce più a garantire ai residenti, i servizi minimi e, in
positivo, gli amministratori locali e le popolazioni registrano solo i bilanci delle promesse
vane». Poi il sistema di assunzioni «che
vede le compagnie petrolifere e l’
indotto, agire come se l’occupazione
poco o nulla avesse a che fare con i territori interessati dalle attività
estrattive: è di queste settimane l’assunzione di alcuni geologi provenienti da
altre regioni d’Italia, pur avendo questo territorio pagato un prezzo molto alto, se non altro in termini di
“immagine” e di modello da non seguire, anche oltre confine».
O ancora la
questione ambientale «visto che continuano a susseguirsi una serie di incidenti
all’interno di un centro oli di cui si conosce sempre troppo poco». In ultima
istanza, nonostante appaia come la più importante tra tutte le rivendicazioni,
quella di «essere coinvolti concretamente
ai tavoli decisionali, dove si
programma il futuro delle comunità che rappresentano, stanchi di affidare le loro istanze a delegati che in
questi anni hanno dimostrato poco
interesse o, nella migliore delle ipotesi, scarsa incisività nel rappresentare,
prima di qualsiasi altra cosa, le
esigenze collettive e prioritarie della
popolazione valligiana». «La questione della governance territoriale non dovrebbe neanche essere
argomento di questa discussione, ma è sotto gli occhi di tutti l’agonia in cui
versa, giusto per fare un esempio, il Consorzio di bonifica la cui inefficienza
condiziona la vita stessa di tanti allevatori e agricoltori, facendo vivere
nella più assoluta precarietà lavorativa e retributiva gli stessi
dipendenti.
La Val d’Agri,
serbatoio di petrolio, voti e clientele, abbandonata all’incertezza del
presente e del futuro. Un tentativo, anche grazie a quelle dimissioni, si sta
facendo, solo per iniziativa locale, sulla destinazione di una percentuale di
gas alle popolazioni del posto. Ma non basta: tutte le richieste sono rimaste
lettera morta e si avvicinano le elezioni regionali. Per i candidati
l’obiettivo fondamentale sembra essere la propria elezione. Per i Sindaci,
invece, l’obiettivo rimane quello dell’interesse dei propri territori e, in
mancanza di risposte certe e immediate, sono pronti a disimpegnarsi
completamente sul fronte elettorale».
Un aut aut, senza
appello, che in vista delle urne non passerà di certo inascoltato.
lunedì 19 agosto
2013 07:50
Animali: in Italia 7.900 imprese (+4%)
Lombardia e Lazio in
testa, ma Basilicata cresce di più (+8,2%)
19 agosto, 12:33
(ANSA) - MILANO, 19
AGO - Cresce in Italia il settore della cura degli animali da compagnia. Lo
rivela un'indagine della Camera di Commercio di Milano da cui si evince che tra
pensioni, alberghi e servizi per animali sono 7.903 le imprese attive, in crescita
del 4,1% rispetto al 2012. In testa la Lombardia (1.051 imprese, 13,3% del
totale), seguita da Lazio (1.045 attività, 13,2%) e Campania (761, 9,6%).
Quanto al tasso di crescita invece, prima è la Basilicata (+12,1%) davanti a
Molise (+8,7%) e Calabria (+8,2%).
Crisi: per industria taglio credito 12%
Studio Banca
popolare di Vicenza, si salva chi esporta e innova
19 agosto, 13:03
(ANSA) - MILANO, 19
AGO - Per l'industria italiana dall'inizio della crisi il taglio complessivo
dei presiti bancari è stato del 12,4% e non ha risparmiato nessun settore, dal
-20% per i produttori di auto e in generale di mezzi di trasporto al -1,6% per
l'alimentare. Lo afferma uno studio della Banca popolare di Vicenza, secondo il
quale è chiara la corrispondenza con l'aumento del rischio (+12,5%) nella
concessione di credito. Dalla crisi si salvano solo i comparti ad alta
innovazione e propensione all'export.
Crisi: Spiegel, Germania risparmia 40,9
miliardi di interessi sul debito pubblico
18:38 18 AGO 2013
(AGI) - Berlino, 18
ago. - La crisi dell'Eurozona ha permesso alla Germania di risparmiare 40
miliardi di euro di interessi sui bond emessi. Lo rivela lo 'Spiegel', che
rende noti i dati forniti dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble (Cdu),
a seguito di un'interpellanza formulata dal deputato socialdemocratico Joachim
Poss. A causa del calo degli interessi dei suoi bond lo Stato tedesco ha
risparmiato tra il 2010 ed il 2014 un totale di 40,9 miliardi di euro. Il
settimanale spiega che in media il tasso di interesse sulle nuove emissioni di
bond e' diminuito di quasi l'1% a causa della forte domanda sul mercato. Il
risparmio sugli interessi e le forti entrate fiscali hanno anche permesso a
Schaeuble di ridurre di 73 miliardi di euro l'indebitamento previsto dello
Stato tra il 2010 ed il 2012. (AGI) .
Nuova tegola per la Grecia: dimesso il capo
dell'agenzia per le privatizzazioni (di nuovo)
Redazione IBTimes
Italia
Il presidente
dell'Agenzia delle privatizzazioni della Grecia Hellenic Republic Asset
Development Fund's Stelios Stavridis è stato rimosso dal suo incarico a seguito
di una denuncia giornalistica che ha rivelato un viaggio sull'aereo privato di
un uomo d'affari coinvolto nell'acquisizione di una compagnia di Stato.
Stavridis, nel corso
della scorsa settimana, era stato ospite dell'armatore Dimitris Melissanidis,
uno dei 500 uomini più ricchi del mondo, cui era andato (in società con il ceco
Jiri Smejc) il 33 per cento della società di scommesse statale OPAP per 652
milioni di euro. Poco dopo la firma dell'accordo Stavridis era salito
sull'aereo di Melissanidis, che gli ha dato un "passaggio" da Atene a
Cefalonia, dove sarebbe dovuto andare per motivi personali, vale a dire in
vacanza.
Il quotidiano Proto
Thema ha anche pubblicato una foto dell'"incidente": Stavridis ha
affermato che il polverone che è stato sollevato è semplicemente ipocrita, e
che ha accettato il passaggio di Melissanidis poiché questi doveva fare scalo a
Cefalonia prima di ripartire per la Francia, mentre Stavridis avrebbe dovuto
prende l'aereo il mattino successivo. In questo modo Stavridis ha «salvato un
giorno di vacanza»
L'accordo per
l'acquisto di OPAP, rivelano fonti del ministero delle Finanze, non verrà
rivisto alla luce delle novità riguardanti l'ormai ex presidente dell'Agenzia,
la quale, dicono le stesse fonti, procederà senza intoppi con il piano di
privatizzazioni come precedentemente stabilito.
Si tratta del
secondo presidente dell'Agenzia a lasciare in meno di sei mesi, e il terzo in
un anno: il predecessore di Stavridis, Takis Athanasopoulos, era stato
costretto alle dimissioni alcune settimane fa a seguito della formalizzazione
delle accuse di violazione del dovere, che sarebbe avvenuto quando questi era
presidente di una utility statale.
Il piano di
privatizzazioni è un tassello importante nel puzzle che la Troika ritiene
porterà la Grecia fuori dal tunnel, ma le cose negli ultimi tempi non stanno
andando molto bene, creando non pochi grattacapi all'Unione Europea, alla Banca
centrale europea e Fondo monetario internazionale, il trio che ha deciso il
salvataggio da 240 miliardi di euro, a patto che il Paese rispetti alcune
condizioni, fra cui appunto un piano di privatizzazioni da 50 miliardi.
Il piano non sta
procedendo come previsto, e si stima che mancherà all'appello almeno un
miliardo di euro: a giugno l'agenzia non era riuscita a racimolare una sola
singola offerta per DEPA, il monopolista del gas greco.
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