sabato 10 agosto 2013

X.VIII.MMXIII – Basilicata, Lucia Serino: Ho più volte scritto che il petrolio è una fortuna averlo, e che la Basilicata deve sfruttare al massimo questa opportunità. Particolare non secondario: la cabina di regia che dovrà gestire questo enorme flusso finanziario che è di tutti i lucani, è stata sottratta alla Basilicata. Proprio così. Sarà il Mise, il ministero dello Sviluppo economico a gestire progetti e destinazione. In pratica una sfiducia totale nella capacità valutativa della nostra classe dirigente. Un brutto colpo, della serie: eccovi i soldi, ma vi diciamo noi come spenderli. Pessimo, no?---Sicilia, Salvatore Parlagreco: L’autonomia regalò all’Isola il potere di battere moneta attraverso il Banco di Sicilia. È scritto nello Statuto che fa parte della Costituzione italiana. La fine della storia è illuminante: il Banco di Sicilia ha chiuso battenti, inghiottito e digerito delle grandi banche, gli “sportelli” che l’hanno rilevato, Unicredit per ultima, fanno il bello ed il cattivo tempo, come avviene in ogni altro istituto di credito. Sono le regole bancarie a prevalere, sempre e comunque. Le regole possono sintetizzarsi in poche parole: costo del denaro alto e credit crunch.

Basilicata. Memorandum, in arrivo due miliardi. Ma li gestirà il Mise
La banche e la Sicilia, potere invisibile e ben protetto
Crisi, contribuenti.it: - 48% fatturato studi professionali.
Roesler, no nuovo taglio debito Grecia
Calcio: aiuti a Real e Barcellona, 'Ue risponda al più presto'
Nlb slovena, 91 mln perdite in primo semestre




Basilicata. Memorandum, in arrivo due miliardi. Ma li gestirà il Mise
Pronto il regolamento attuativo del dl liberalizzazioni. Fondi come compensazione per l’aumento delle estrazioni. Ma a gestirli sarà una cabina di regia nei palazzi romani
di LUCIA SERINO
ALLA Basilicata stanno per arrivare circa due miliardi di euro dall’attuazione dell’accordo sul petrolio. Il famoso memorandum. La firma è imminente. La notizia che tutti aspettavano.  Un mare di soldi. Ma. C’è un “ma” che è il finale del ragionamento che oggi tento di fare a conclusione dei miei primi sei mesi alla guida del Quotidiano. Se avrete la pazienza di seguirmi scoprirete che la bella notizia contiene anche amarezza.
Per una istintiva e dunque inevitabile prassi mentale, sono portata a fare paralleli tra le mie esperienze e le storie che racconto. Capacità di innovare e senso del limite, sono queste le coordinate che mi accompagnano. Se penso, dunque, alla Basilicata, la immagino come un hub sperimentale, come un mondo inatteso di linee e percorsi nuovi, materia da formare, polvere da mescolare, fluidi da mischiare, orizzonti da colorare. La Basilicata è ancora la terra del possibile, della fantasia da liberare, delle costruzioni da disegnare. Il grande vantaggio è la scarsa percezione della tradizione.
Ora, per favore, non assalitemi perché non intendo dire assenza della tradizione, che è possente e consistente, ma l’assenza di una percezione diffusa di essa che comporta l’identificazione di un luogo con l’idea del luogo. Penso alla Sicilia, alla Campania, per restare al Sud, ormai vittime delle percezione della loro identità. Il grande vantaggio della Basilicata resta, paradossalmente, la magmaticità della sua essenza che può essere indirizzata, scoperta (sì, Basilicata, bella scoperta), proposta. Come è successo alla Puglia una decina di anni fa. Quale idea di Basilicata raccontiamo, dunque? E chi la racconta? In sei mesi alla direzione del Quotidiano della Basilicata mi sono posta l’interrogativo tutti i giorni, tentando di offrire un’informazione che partendo dai fatti desse una visione, una suggestione, una proposta. Quella di Matera, per esempio, come ho titolato un giorno. Work in progress, in una contemporaneità liquida e senza scuole di riferimento, sperduta alla ricerca di nuovi assetti, destrutturata e priva di poesia, come dice il mio amico Andrea Di Consoli.
L’11 febbraio ho firmato il primo giornale, era il giorno delle dimissioni del Papa, evento straordinario nella storia dell’umanità. Quel senso del limite, quel fare un passo indietro, quel non sentirsi addosso l’obbligo di dover superare la soglia ad ogni costo, nel simbolismo della coincidenza cronologica, ha accompagnato il mio fare quotidiano. La stessa prospettiva dalla quale ho cercato di guardare questa mia terra d’elezione, questo pezzettino di Sud dove il destino mi ha condotto dopo averlo attraversato buona parte dello Stivale. In questi sei mesi è successo di tutto in Basilicata, sei mesi fa c’era ancora un governo regionale e molto panico da attesa di clamori giudiziari. Ora che tutto sembra essersi compiuto, forse con quella riduzione di paure che accompagna la certezza di una sciagura rispetto al timore della sua evenienza, è proprio quel senso del limite che mi sembra mancare dalla prospettiva futura della storia regionale. Cioè. Il senso del limite è dare il giusto contenitore alle cose che succedono, proprio come si fa in un giornale, cercando di non sottovalutare ma neppure esagerare.
Oggi siamo nel pieno dei postumi strumentali di una crisi politica e di valori senza precedenti. Certo anche la Basilicata è figlia del suo tempo, ho scoperto ad esempio che quella famosa legge regionale sulla spending review che ha ridotto la somma a disposizione dei consiglieri regionali molto criticata dal giudice di rimborsopoli per l’eliminazione dell’obbligo di rendicontazione, è stata adottata pari pari dalla regione governata dalla Serracchiani. E la governatrice, alle contestazioni, ha risposto che ha dovuto obbedire alle indicazioni date da Monti. Si può scoprire, ad esempio, che il molto figo Civati è anch’egli indagato, il che non gli impedisce di dire cose interessanti. Dunque la questione morale è, a mio, avviso, non solo questione che attiene a ruberie ma anche (per quel che mi riguarda è un anche altrettanto prioritario) alla capacità di saper offrire costruzioni e visioni e comportamenti che diventino morali, da mos, cioè abitudini, buone pratiche, condivisioni.
Continuo a pensare che la società abbia bisogno di leadership e condottieri (per questo condivido poco l’idea delle primarie), che i programmi siano sì importanti ma ancora di più lo siano gli uomini chiamati a proporli e a guidarne l’attuazione. La vera sfida alla quale mi piacerebbe assistere è la sfida delle intelligenze. Il più bravo trascina gli altri, è una legge di natura. Siamo invece in una campagna elettorale (non so dall’esito quanto scontato) dove si annunciano sì sfide ma da far west, chi tira prima la pistola vince.
Il centrodestra è senza anima, Gianni Rosa si sforza di proporre, ho conosciuto pochi politici così ossessivamente proiettati alla costruzione di una proposta come lui. A volte ho però la sensazione che preferisca stare nel suo ruolo, cioè in permanente opposizione, che è la parte che gli riesce meglio. Il difficile, caro Gianni, è mettersi a guidare qualcosa, parlo per me e penso al giornale, guardo alla Basilicata e penso a un vuoto da riempire.
Il centrosinistra è nella fase massima della sua asperità alla ricerca di celebrazioni personali. Gli alleati, a iniziare dal Psi, pongono la questione morale sapendo che è un ostacolo oggettivo. Il centro? Rimando sui vostri cellulari a un bell’articolo di Claudio Cerasa che spiega perché in Italia il Grande centro è una boiata pazzesca (mob.ilfoglio.it/soloqui/19344). Ci sono poi le anime belle, artisti, scrittori, creativi, capitani d’industria, giornalisti. Cioè Perri, Carrano, Lasorella ma io metterei al primo posto come disponibilità anche a sacrificare la propria vita per la sua terra, Andrea Di Consoli. Perri ne parla (del progetto), non ne riesco a capire fino in fondo l’attendismo che rischia di diventare ingaggio o investitura. La sensazione è sempre quella, l’agguato del cattivissimo Folino.
E le due città? La guerra dei due Vito non ha aiutato Potenza. Matera cerca legittimamente la sua celebrità, ho la sensazione però che sostenerne la candidatura a capitale della cultura a volte sia solo lo sfizio di mettersi una spilletta sulla giacca. Del resto se si continuano a fare battaglie assurde su una doppia radioterapia mi pare evidente che Potenza non potrà mai avere una visione oltre. E Matera idem. Ma va bene anche questo. Le cuciture non le fanno le modelle ma gli stilisti.
Per arrivare a una sintesi io credo che il contenitore della nostra storia non debba allargarsi più del dovuto. Lo schema è molto semplice: noi cittadini vogliamo buona amministrazione e servizi minimi essenziali. Gli imprenditori vogliono condizioni per investire. Se si sperimentano nuove soluzioni avendo la capacità di promuoverle può darsi che molto si riesca a risolvere. Ci vuole però disponibilità a sperimentare. Per esempio, quante volte Gianni Molinari e Renato Cantore segnalano che i treni da Salerno a Potenza portano ore di ritardo. Scherzando ma non troppo io rispondo spesso: ma l’auto? Non potete prendere l’auto? L’ho scritto e lo ripeto: se la regione smettesse di dare soldi a Trenitalia e finanziasse un sistema di car shering come in altre parti d’Europa non avremmo più problemi di ritardi nei collegamenti. Cerchiamo di ragionare sulle priorità della popolazione attiva della regione e sui bisogni di quella fetta di lucani che necessita di servizi differenziati, gli anziani, per esempio. La popolazione attiva, soprattutto quella giovanile, ha bisogno di essere spinta nell’agone della competitività vera e della mobilità globale. A tutti la stessa opportunità. Il talento fa la differenza. E poi c’è la pubblica amministrazione, capi e capetti che non sanno andare oltre il rigo della regola quando la conoscono). E trasformano le rigidità in ostruzionismo e paralisi di ogni attività. Molto lavoro della politica è nelle loro mani. Se è difficile avere buone idee, è ancora più difficile attuarle e trovare uomini e donne disposti alla fatica di un lavoro immenso.
Se dovessi raccontare le singole attività degli amministratori lucani, non avrei difficoltà a trovare, in diverse misure, profili di produttività. A differenza di quello che pensa Anna R. G. Rivelli non credo che sia tutto perduto. Storicisticamente penso, anzi, che spesso il male preceda il bene. Il bene che dobbiamo costruire e che ci aspettiamo è mettere il motore alla modernità delle nostre vite: i giovani hanno bisogno di lavoro, certo, ma devono avere innanzitutto occasioni di conoscenza e opportunità di confronto. Con chi arriva dentro la Basilicata (dunque dobbiamo attrarre) e con chi, erranti, incontrano all’estero (dunque i giovani devono partire, poi magari possono pure tornare). Ci sono queste condizioni oggi in Basilicata? Saprà la classe dirigente essere all’altezza?
Vi lascio con una notizia che risponde a queste mia domanda. In maniera, a dire il vero, molto umiliante. E’ la notizia con la quale ho aperto questi appunti. E’ in dirittura d’arrivo il regolamento ministeriale che dovrà dare attuazione all’articolo 16 sulle liberalizzazioni per un importo di circa due miliardi di euro riconosciuti alla Basilicata come compensazione per il contributo che dovrebbe dare al paese l'aumento delle estrazioni in Val d’Agri da parte dell’Eni, quei 25mila barili di greggio al giorno in più al centro di una trattativa con la Regione che va avanti da marzo del 2011. Con tutto il gas associato. Dunque una mare di soldi in arrivo. E vedo già la corsa ad accaparrarsi la paternità del risultato, dal centrodestra al centrosinistra.
Ho più volte scritto che il petrolio è una fortuna averlo, e che la Basilicata deve sfruttare al massimo questa opportunità. Particolare non secondario: la cabina di regia che dovrà gestire questo enorme flusso finanziario che è di tutti i lucani, è stata sottratta alla Basilicata. Proprio così. Sarà il Mise, il ministero dello Sviluppo economico a gestire progetti e destinazione. In pratica una sfiducia totale nella capacità valutativa della nostra classe dirigente. Un brutto colpo, della serie: eccovi i soldi, ma vi diciamo noi come spenderli. Pessimo, no?
sabato 10 agosto 2013 07:37

La banche e la Sicilia, potere invisibile e ben protetto
10 agosto 2013 - 11:50 - Economia,Politica
di Salvatore Parlagreco -
Sono invisibili segnano il nostro passato, decidono il nostro presente, progettano il nostro futuro. Danno ossigeno e ce lo tolgono tutte le volte che vogliono. Le banche sono il convitato di pietra a tutti “i banchetti” della vita, invadono la quotidianità, eppure riescono a farsi dimenticare, a non esserci, e tutelano la loro privacy. Che è l’unica ad essere protetta. Nemmeno le “autorità competenti” sono in grado di stanarle, nemmeno nei casi “di vita o di morte” possono essere disturbate e turbate. Loro non ci sono per nessuno, eccetto che per se stesse.
Siamo un numero di conto, una pratica, un click, un prestito, un mutuo, un “titolo”, un “protocollo di gestione”, un software da aggiornare. Non c’entra il mistero, nemmeno le forze occulte: le banche sono l’icona del potere. Duro e puro, senza se e senza ma. Fuori dai giochi e dentro qualunque gioco. Quando il cielo si fa buio e restano le banche l’unico scoglio cui aggrapparsi, allora vuol dire che ti resta il tempo di recitare le preghiere, raccomandarti al Padreterno e sperare che il bilancio della tua esistenza, quello che non ha nulla a che vedere con lo “sportello” di un istituto di credito, non sia in rosso.
Le banche nei paesi ricchi si arricchiscono insieme e meglio dei clienti, le banche nei paesi poveri si arricchiscono di più che nei paesi ricchi perché si fanno care dei loro “prodotti” e delle loro prestazioni. È la legge della domanda e dell’offerta, spiegano i soloni dell’economia. Quando i bisogni aumentano, la soddisfazione dei bisogni costa di più. Sorry, è così e non può essere altrimenti.
La Sicilia, regione a statuto speciale, è nata con una “norma” che avrebbe dovuto “piegare” le banche ai suoi voleri, quando questa “utopia” riusciva ad avere libera circolazione anche fra i sapienti. L’autonomia regalò all’Isola il potere di battere moneta attraverso il Banco di Sicilia. È scritto nello Statuto che fa parte della Costituzione italiana. La fine della storia è illuminante: il Banco di Sicilia ha chiuso battenti, inghiottito e digerito delle grandi banche, gli “sportelli” che l’hanno rilevato, Unicredit per ultima, fanno il bello ed il cattivo tempo, come avviene in ogni altro istituto di credito. Sono le regole bancarie a prevalere, sempre e comunque. Le regole possono sintetizzarsi in poche parole: costo del denaro alto e credit crunch.
In Sicilia, le imprese sono con l’acqua al collo e quindi, gli affidamenti vanno fatti con il contagocce, anzi è meglio tenersi i soldi ed investirli magari nello stesso sistema bancario, dove non si rischia niente, si risparmia sul fisco e si ottengono ottimi risultati.
Unicredit non c’entra, nel senso che è il sistema bancario a fare le carte, tira solo i numeri vincenti della lotteria e Unicredit ne trae beneficio. Ma Unicredit eredita il Banco di Sicilia, è la tesoreria alla Regione e considera il suo migliore cliente un cattivo pagatore, perciò le imprese che hanno a che fare con la Regione, direttamente o indirettamente, a meno che non posseggano solide basi, sono destinate a fare la fine dei sorci. Perciò non si scontano le fatture “regionali” o si scoraggiano i clienti. Siccome questo trattamento privilegiato è arcinoto e le banche, Unicredit compresa, continuano a gestire soldi pubblici, per esempio fondi europei, tenendoseli ben stretti, ricevono dalla Bce al tasso dell’un per cento una barca di soldi, il silenzio delle autorità competenti è sospetto, il silenzio delle imprese è suicida.
Non avendo indizi di una vocazione al suicidio da parte di alcuna impresa siciliana, ed avendone al contrario fin troppi della volontà di sopravvivere, sarebbe di estremo interesse capire per quale ragione si tace sulle banche in Sicilia. Non vengono coinvolte in alcun progetto, programma, iniziativa. Non sono citate, ascoltate, invitate, chiamate in causa, poste nelle condizioni di partecipare. Nel Nord le grandi banche promuovono e sponsorizzano grandi eventi, in Sicilia i Grandi eventi rastrellano denaro pubblico attraverso bandi di gara monopolizzati da cricche di furbastri, che chiamano tangenti le provvigioni e distribuzione calibrata appalti e commesse agli amici, il sistema una necessità (“altrimenti non si lavora…”).
Mentre si fa di necessità virtù, e della virtù un intrallazzo permanente, le banche fanno i loro affari, stringendo la cinghia degli altri, e costringendo chi vuole evitare di impiccarsi, a ricorrere al racket degli usurai. Qualcuno sa spiegare per quale ragione le banche non vengono ascoltate nelle Commissioni dell’Assemblea regionale siciliana e non sono ricordate nei discorsi d’Aula? Perché la Banca d’Italia, accanto ai suoi eccellenti inappuntabili rapporti annuali sul credit crunch ed altro, non interviene? Perché le associazioni di categorie, imprenditori e industriali siciliani, se ne stanno in religioso silenzio, in attesa del peggio, mentre nei confronti delle istituzioni sembrano vespe impazzite, autentici fulmini di guerra?
Confindustria, per esempio, ha avuto l’onore, e l’onere, di accompagnare all’ultima dimora il Banco di Sicilia (l’ultimo presidente del Banco di Sicilia, Ivan Lo Bello, è stato, ed è ancora, il numero uno di Confindustria nell’Isola). Le denunce di Confindustria Sicilia, gli allarmi e i moniti, sulle male pratiche della politica e delle istituzioni fanno gran rumore. Possibile che le malandrinerie siciliane, determinate dalla mala politica, bypassino le banche? Eppure ci hanno insegnato con il latte materno che il sancta sanctorum degli affari, buoni cattivi o così così, ha una location ineludibile: la banca.
Va bene perciò tutelare i datori di denaro, lasciarli fuori dai guai, ma si sta proprio esagerando. La Sicilia non può fare finta di niente, deve coinvolgere coloro che posseggono la materia prima, i soldi, sollecitarli a fare parte della comunità in cui operano, incoraggiando i buoni investimenti, dando fiducia (quando è meritata) e assumendo iniziative. Sono, a quanto pare, i risparmi dei siciliani –affatto spendaccioni – che vengono nientemeno investiti altrove. Un paradosso, che solo le banche riescono a realizzare. Impunemente.

Crisi, contribuenti.it: - 48% fatturato studi professionali.
ALGHERO - In Italia, Veterinari, avvocati, sociologi, giornalisti, medici, dottori commercialisti e biologi sono le professioni stanno risentendo maggiormente della crisi con un calo del fatturato del 48% nei primi 6 mesi del 2013 e con la chiusura del 26% degli studi professionali.
La crisi degli studi professionali in Italia è particolarmente significativa se messa a confronto con quella europea. L'indagine presentata oggi a Positano - elaborata dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di KRLS Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it Magazine dell'Associazione Contribuenti Italiani - nella giornata conclusiva dell'ottavo simposio internazionale, al quale hanno partecipato i massimi rappresentanti delle associazioni dei contribuenti dei principali paesi europei, mette in evidenza che nei primi 6 mesi del 2! 013, in tutti i principali paesi europei, si registra una ripresa: in Francia, + 2,1% del fatturato, +1,8% in Inghilterra, + 1,7% in Germania, + 1,6% in Irlanda, + 1,6% in Olanda e + 1,4% in Svezia.
In Italia, invece, le professioni che fanno da trainano e supporto all'economia sono in forte difficoltà. Secondo l'indagine di KRLS Network of Business Ethics, che ha preso in esame alcuni indicatori economici dei primi 6 mesi del 2013 ed incrociato i dati del fatturato, delle prenotazioni, dell'occupazione e delle prestazioni professionali, nel bel Paese la situazione è davvero preoccupante.
Il settore giuridico-economico (avvocati e dottori commercialisti) è uno dei comparti più colpiti dalla crisi. Nel primo semestre del 2013, il fatturato globale è diminuito del 52% rispetto al periodo precedente, segnando un -45% nelle prenotazioni, un -27% nell'occupazione ed un -61% nelle prestazioni professionali.
Il settore medico (veterinari, medici e biologi), altro comparto d! i punta nelle professioni, presenta anch'esso tutti gli indicatori negativi: il fatturato globale, nel primo semestre del 2013, ha segnato un -46% rispetto all'anno precedente, il - 47% nelle prenotazioni, il -29% nell'occupazione ed il - 55% nelle prestazioni professionali.
Male anche il settore della comunicazione (sociologi e giornalisti). Del 42% la contrazione del fatturato, dell' 31% le prenotazioni, del 34% l'occupazione e del 54% le forniture professionali.
 "Di fronte alla chiusura del 26% degli studi professionali, costituiti prevalentemente da piccoli studi ed al crollo del fatturato" - afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - ''è impostante che il governo intervenga sostenendo il comparto delle professioni, prevedendo per i professionisti misure straordinarie, come il pagamento immediato delle parcelle da parte della pubblica amministrazione, il credito d'imposta sugli acquisti e il bonus occupazione per c! hi forma giovani praticanti professionisti''.
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 0642828753 – 3314630647

Roesler, no nuovo taglio debito Grecia
Ministro Economia tedesco, ''non ne vedo necessità''
09 agosto, 15:47
(ANSA) – BERLINO, 9 AGO – Il ministro dell'Economia tedesco Philipp Roesler ha escluso l'ipotesi di un altro taglio del debito alla Grecia: ''non ne vedo la necessità'', ha detto all'agenzia Dpa. ''Un tale passo scuoterebbe la fiducia appena tornata nella zona euro e toglierebbe la pressione a fare riforme dei Paesi in crisi''.

Calcio: aiuti a Real e Barcellona, 'Ue risponda al più presto'
Inchiesta non formale. Ombudsman conferma sollecito
09 agosto, 17:39
La Commissione europea si chiude sulla difensiva e non conferma né smentisce l'apertura di una indagine su Real Madrid e Barcellona che, assieme ad Athletic Bilbao e Osasuna, riceverebbero un illegale aiuto di stato sul regime fiscale grazie alla legge spagnola che garantisce loro lo status di 'società senza fine di lucro'. Fonti di Bruxelles, dopo che media spagnoli e inglesi avevano sollevato la questione sottolineando la lentezza di un'indagine che andrebbe avanti da quattro anni, confermano però che il Difensore civico europeo (Ombudsman) ha inviato una lettera al potente Commissario europeo per la Concorrenza, lo spagnolo Joaquin Almunia, sollecitando la conclusione delle indagini preliminari con l'eventuale apertura di una inchiesta formale o, in alternativa, una spiegazione pubblica dei motivi per cui non rilevava discriminazioni nel trattamento fiscale a favore dei quattro club.
 Nella lettera si ricorda che l'indagine preliminare va a rilento dal 2009 e si chiedeva una risposta entro la fine di luglio. Fonti della Commissione ricordano che nelle indagine sui casi di violazione delle norme sulla concorrenza non ci sono limiti di tempo, ma dall'ufficio dell'Ombudsman sottolineano che ''ci attendiamo una risposta al più presto''.
 Una portavoce della Commissione europea, di cui Almunia è anche vicepresidente, tuttavia oggi si limita a ricordare che l'unica indagine formale aperta dall'esecutivo europeo riguarda il calcio olandese. Ma il calcio e le società che non rispettano i vincoli del 'fair play finanziario' sono comunque nel mirino della Ue. ''La Commissione - dice infatti la portavoce Chantal Hugues - ha ricevuto informazioni e reclami a proposito di misure che sarebbero state garantite a favore di club calcistici in diversi stati membri. Stiamo esaminando la situazione di questi club ad uno stato preliminare. Se le informazioni su un'indagine preliminare non sono già di pubblico dominio, la Commissione non conferma o nega l'identità dei club che sta esaminando. Al contrario, emaniamo un comunicato stampa nel caso in cui decidiamo di aprire un'inchiesta formale in seguito all'esame preliminare''.
 Cosa che è puntualmente avvenuta nel marzo scorso per l'indagine aperta a carico degli olandesi Psv Eindhovern, Nec Nijmegen, Den Bosch, Mvv Mastricht e Willem II Tilburg, a carico dei quali sono state scoperte sovvenzioni di vario tipo concesse dai comuni di appartenenza. In quella occasione Almunia affermò di ''credere fermamente che i club calcistici debbano essere ben gestiti e non chiedere aiuto ai contribuenti quando sono in difficoltà finanziarie'' aggiungendo che ''se un supporto finanziario viene comunque dato, lo dev'essere secondo le regole europee sugli aiuti di stato per le societa' in difficoltà, cosa di cui dubitiamo per questi cinque club''. Ma non una parola sulle regine del calciomercato, Real e Barcellona che la Spagna tratta come fossero bocciofile. (ANSA).

Nlb slovena, 91 mln perdite in primo semestre
Sofferenze e accantonamenti per 145 milioni
09 agosto, 20:53
(ANSA) – LUBIANA - La Nova ljubljanska banka (NLB) ha registrato perdite per 85,8 milioni di euro nel primo semestre di quest'anno, mentre i conti del gruppo NLB sono in rosso per un ammontare di 91,2 milioni di euro. Le cause principali delle perdite sono le nuove sofferenze sui crediti e gli accantonamenti che hanno raggiunto i 131,6 milioni di euro per quanto riguarda la NLB e 145 milioni per il gruppo.
 A incidere sul risultato d'esercizio sono stati il ridimensionamento della linea creditizia verso il settore non bancario, il deterioramento del portafoglio, la diminuzione dei depositi delle persone fisiche e giuridiche e la riduzione dell'indebitamento sui mercati. (ANSA).

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