«No Triv»: temerarie le parole del presidente
Nomisma
Taranto. Cozze, perso l’80% del prodotto «Il
sindaco arriva in ritardo».
La Puglia turistica resiste alla crisi
Cnr, il vino dei Romani rinasce in Sicilia
L'UNIONE SARDA - Economia: Calici sardi ai
confini del mondo
Germania: +0,1% occupazione 2° trimestre
«Raddoppiare subito estrazioni» Se la
Basilicata frena il Paese
Il presidente della
compagnia del cane a sei zampe al meeting di Cl. Recchi attacca
i ritardi sulle
nuove autorizzazioni e invoca il centralismo su decisioni e royalties
Il presidente della compagnia del cane a sei
zampe al meeting di Cl. Recchi attaccai ritardi sulle nuove autorizzazioni e
invoca il centralismo su decisioni e royalties
di LEO AMATO
POTENZA - L’esempio
delle cose che in Italia non vanno? La Basilicata, dove si potrebbe raddoppiare
le estrazioni portando 2 miliardi di royalties nelle casse dello Stato.
Attenzione: non dei territori. Più 10 miliardi risparmiati. Ma la «diluizione
del processo decisionale» lo impedisce, e si diventa vittime «dell’incapacità
di perseguire uin obiettivo vcon velocità», mentre «mondo va troppo veloce per
aspettare chi è lento».
C’è andato giù duro
il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, al Meeting di Comunione e liberazione
in corso a Rimini commentando a distanza di 24 ore l’intervento del premier
Enrico Letta sulle colonne di Milano Finanza. Intervistato da Carla Signorile
il chairman della compagnia del cane a sei zampe di Sinisgalli ha preso spunto
dalla riflessione del presidente del Consiglio sulle regole che non hanno
funzionato. Di qui l’attacco alla «sovrapposizione di regole e controllori che
ha diluito la chiarezza del processo decisionale». Da una parte l’incapacità di
decidere, e dall’altra quella di colpire i responsabili di tutto ciò.
In concreto? Ovvio
che sia il tema del petrolio quello d’interesse. Infatti Recchia spiega che
l’Italia potrebbe diventare il terzo produttore di greggio in Europa dopo la
Norvegia e l’Inghilterra, nonostante qualcuno creda ancora che non esistano
giacimenti.
La Basilicata ne è
«ricca». Lì si potrebbero raddoppiare le estrazioni, che porterebbero 2
miliardi di euro di «royalties aggiuntive» nelle casse dello Stato da sommare
ad altri 10 miliardi che verrebbero risparmiati
«per acquisti e importazioni». Per questo però servirebbero 15 miliardi
di investimenti «che non si affrontano per via di una mancanza di strategia
Paese».
Perciò la richiesta
di un nuovo modello di governo dei processi che misuri le performance di un
ente nel concedere un’autorizzazione, o misuri la trasparenza di un partito.
Anche per ridare senso ai discorsi sulla meritocrazia delle competenze e della
capacità decisionali.
Se necessario anche
ricorrendo a una modifica della Costituzione. Impossibile non cogliere nelle
parole di Recchi l’eco di quelle pronunciate domenica dal responsabile Energia
di Nomisma, Davide Tabarelli, che aveva proposto l’abolizione delle royalties a
favore di una nuova forma di fiscalità per lo Stato e sanzioni per le regioni
che dicono no alle trivelle.
Quest’ultimo - però
- non si era mai rivolto in maniera espressa alla Basilicata, mentre il
presidente del gruppo di San Donato ha deciso di puntare dritto sull’obiettivo.
Un messaggio indirizzato a via Verrastro, dove giace da almeno due anni il
piano industriale dell’Eni che prevede l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri
fino a 130mila barili al giorno, dai 104mila oggi autorizzati.
Ma in modo che da
Roma arrivi all’orecchio delle stanze che contano: Letta in primis, e poi chi
non ha smesso di ragionare di riforme, incluso un passo indietro sul Titolo V
della Costituzioni e le competenze attribuite alle Regioni in materia di opere
di rilevanza strategica nazionale. Per chi ha memoria: il piano dell’ex
ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera.
Si farà? Verranno
centralizzati di nuovo i luoghi delle decisioni su petrolio ed energia? Le
pressioni perché accada dopo le parole di Recchi sono venute allo scoperto,
come pure il braccio di ferro in corso con la Regione Basilicata.
E i parlamentari
lucani? Al Meeting di Cl sono diversi quelli di casa, come l’onorevole
pidiellino Cosimo Latronico. Non può essere un caso che sia stato proprio lui
il primo a proporre un «accordo per lo sviluppo» della regione da finanziare
con i soldi dell’aumento delle estrazioni in Val d’Agri attraverso gli stumenti
previsti dal Memorandum e disegnati dall’articolo 16 del dl liberalizzazioni approvato
dal Governo Monti. Resta da capire quanto appeal può avere a sinistra una
prospettiva di questo tipo. Al di là dei professori di Nomisma. Specie in
campagna elettorale.
mercoledì 21 agosto
2013 08:05
«No Triv»: temerarie le parole del presidente
Nomisma
ROMA – Replica del
coordinamento dei movimenti 'No Triv Mediterraneo' al presidente di Nomisma
Energia, Davide Tabarelli, che nei giorni scorsi – in una conversazione con
agenzie di stampa – aveva puntato il dito contro i comitati 'No Trivelle' che
impediscono lo sviluppo della produzione di petrolio e gas in Italia, bloccando
investimenti e migliaia di assunzioni e maggiori entrate per lo Stato sulla
base di “timori poco fondati”.
Definendo le espressioni utilizzate dal
presidente di Nomisma energia “inopportune e in grado di ledere l’immagine
delle associazioni e dei comitati che intendono promuovere la protezione
dell’ambiente e della salute dei cittadini”, il portavoce del coordinamento di
comitati di cittadini di Basilicata, Puglia e Calabria, Giovanna Bellizzi, che
è anche avvocato, esprime “l'intenzione di valutare l’opportunità di promuovere
azioni legali contro Tabarelli”.
Bellizzi giudica “ardita” l’ipotesi avanzata
da Tabarelli di “prevedere sanzioni per le regioni che ostacolano lo
sfruttamento di una risorsa che appartiene a tutti i cittadini” e su Nomisma
Energia dice che è “una società che tra l’altro, individua nuove aree di business,
strategie di marketing, promuove la negoziazione e la conclusione di contratti
di approvvigionamento (inclusa l’importazione) e vendita di gas naturale e di
altri combustibili”. E ancora, osserva la portavoce di 'No Triv Mediterraneo',
“la società definisce anche le strategie di comunicazione verso istituzioni,
investitori e comunità territoriali in relazione a iniziative e infrastrutture
energetiche”.
Secondo Bellizzi, le dichiarazioni di
Tabarelli, “oltre ad essere temerarie, sono anche di parte in quanto la sua
società persegue il business economico del gas naturale e di altri
combustibili”. Parlando della Basilicata, la portavoce di 'No Triv
Mediterraneo' spiega che “è terra di conquista per le compagnie petrolifere e
per tutte le società di servizi che traggono profitto e lavoro da chi sfrutta
il territorio” e quindi “corre un grave rischio. Gli interessi sono enormi e
tali da indurre anche ad elaborare strategie di comunicazione particolarmente
aggressive come quelle capaci di Tabarelli che arriva al punto di parlare di
'ostacoli ambientalì” senza tener conto del “diritto di ciascun cittadino di
vivere in un ambiente sano e salubre e di poter bere acqua potabile”.
Bellizzi ricorda che “in Italia vi sono
numerose leggi che proteggono l’ambiente e altrettante che puniscono
severamente chi inquina, e che le istituzioni non possono lasciarsi intimorire
da grossolane minacce di sanzioni economiche. Il rischio non è certo
l’applicazione rigorosa delle leggi ma per chi amministra il bene comune vi è obbligo
imprescindibile di tutelare l’ambiente attraverso l’applicazione del principio
di precauzione vietando tutte quelle attività industriali che possono
danneggiarla”.
21 Agosto 2013
Taranto. Cozze, perso l’80% del prodotto «Il
sindaco arriva in ritardo».
Luciano Carriero, presidente della cooperativa
“Cielo Azzurro”, non mostra entusiasmo per la richiesta, avanzata da Stefàno al
presidente della Regione, riguardante la riduzione da sei a quattro mesi, del
periodo di classificazione delle acque.
«Ci
fa piacere che si sia interessato ma l’ha fatto troppo tardi. Bisogna
intervenire prima. Adesso abbiamo già perso l’80% del prodotto, in seguito ad
una mareggiata della settimana scorsa. – commenta Carriero- Il prodotto era
maturo e pronto per essere venduto. Se avessimo potuto commercializzarlo non
sarebbe andato perso il frutto del nostro lavoro. Ormai siamo morti e non so
come andremo avanti. Veniamo da due annate disastrose e adesso che la
produzione è andata bruciata, non riusciremo a risollevarci».
Le
aziende sono sull’orlo del fallimento e presto altre tredici famiglie si
ritroveranno senza un lavoro, senza una sicurezza economica per se e i propri
figli.
«Già
da luglio ho lanciato l’allarme e lo scorso 2 agosto ho scritto anche io al
presidente Vendola e all’assessore alla sanità Elena Gentile, senza però
ricevere alcuna risposta. Facemmo richiesta di iniziare i controlli a febbraio
per poter commercializzare il prodotto ad agosto. Siamo stati ignorati e la
classificazione è iniziata solo ad aprile con enormi ritardi. In teoria
dovrebbero monitorare le acque con due prelievi al mese, per sei mesi. Invece
ne fanno solo uno o avvolte non l’effettuano proprio. – prosegue il presidente
della cooperativa- Fino ad ora ci sono stati solo cinque prelievi in quattro
mesi. Immaginate i ritardi. Non si sta rispettando la legge. Noi chiediamo solo
che facciano bene il loro lavoro, che badino anche ai nostri interessi, invece
non ci tutelano».
I
mitilicoltori sono amareggiati. Pieni di debiti, sono costretti a fare enormi
sacrifici «per colpa di aziende terze che hanno rovinato il nostro mare».
Nella speranza di una ripresa economica e di
una rinascita del comparto della mitilicoltura tarantina, gli allevatori hanno
ripreso a lavorare il seme per l’annata 2014 sperando, l’anno prossima, di
riuscire a commercializzarlo.
«Dopo due annate incenerite – continua
Carriero – questo poteva essere il momento del riscatto. Da gennaio 2011 sto
vivendo una vera e propria odissea. Adesso non so cosa fare e in questi giorni
sto riflettendo sul futuro. Non so se dovrò chiudere o consegnare la
concessione al Comune».
Alla
questione “caratterizzazione delle acque” si aggiunge anche l’incertezza
generata dalla scadenza della concessione delle aree della Marina Militare.
«A
dicembre scadono le autorizzazioni fornite dalla Marina che permettono a me e
diversi altri colleghi di lavorare in Mar Grande. E se nel 2014 la forza armata
ci dirà di andare via? Noi cosa faremo? In questi ultimi anni sono stati persi
numerosissimi posti di lavoro e gli attuali ritardi della burocrazia daranno
un’altra importante scossa alla martoriata mitilicoltura ionica».
La
soluzione a breve termine sembra solo una.
«Bisogna dare un sostegno economico alle
famiglie in difficoltà. La questione sembra paradossale perchè chi ha lavorato
rispettando le leggi oggi si trova in crisi per colpa della burocrazia».
«Invitiamo il sindaco a fare un sopralluogo ai
nostri impianti. – conclude Carriero- Vedrà in che condizioni viviamo. La
politica deve saper proteggere i suoi cittadini altrimenti è inutile
amministrare una città. Qui assistiamo ad un inconcepibile menefreghismo. Anche
se siamo solo tredici e non tredicimila, non siamo meno importanti dei
dipendenti Ilva».
La Puglia turistica resiste alla crisi
Le presenze
straniere la fanno decollare
Più 5% di visitatori
provenienti dall'estero in estate
Godelli: «Tendenza
che compensa il calo degli italiani»
La Puglia piace ai
turisti stranieri, che la fanno balzare al secondo posto tra le regioni
italiane con più presenze estive. I vacanzieri d'oltre confine trovano non solo
il mare, ma un'esperienza autentica nel campo della natura, cultura e gusto,
secondo l'agenzia regionale Puglia promozione che, passata la fase di punta di
Ferragosto, trae un primo bilancio della stagione.
Puntare sul turismo
dall'estero conferma che «la strategia è giusta». Dopo la Sicilia e insieme
alla Sardegna, con un più 5%, la Puglia sarebbe al secondo posto.«Merito -
osserva l'assessore al turismo Silvia Godelli - dell'attrazione che la Puglia
esercita nei confronti dei turisti stranieri. Si tratta di una tendenza che di
anno in anno si fa più corposa e che ci ha permesso di compensare il calo della
domanda interna, colpita dalla crisi nell'intero Paese. La Puglia
complessivamente sta reggendo, e avanza per quanto concerne gli arrivi
dall'estero, consentendo a tutti, compresi gli operatori, di attraversare
questa fase difficile guardando ottimisticamente al futuro».
La tendenza positiva
- spiega Puglia Promozione - è confermata anche da Aeroporti di Puglia, che in
agosto ha registrato un interessante aumento dei passeggeri internazionali.
L'attrazione della Puglia è attestata indirettamente anche da Trenitalia, che
ha registrato i maggiori flussi di viaggiatori lungo la costa Adriatica verso
la Puglia e la Calabria, mentre il motore di ricerca hotel Trivago ha
registrato il tutto esaurito a Ferragosto nelle località di mare pugliesi,
prime tra tutte Valle d'Itria, Salento e Gargano
Cnr, il vino dei Romani rinasce in Sicilia
L'Istituto Ibam di
Catania promuove un progetto di archeologia sperimentale
di red - 21 agosto
2013 13:36
fonte ilVelino/AGV
NEWS
Verificare
sperimentalmente e tradurre in pratica le antiche tecniche romane di produzione
del vino: dal prelievo delle talee fino alla vendemmia, passando per lo scavo
delle fosse e l’utilizzo di strumenti antichi ricostruiti. Questo l’obiettivo
del progetto ‘Archeologia del vino in Italia: un esperimento siciliano’ varato
dall’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale
delle ricerche (Ibam-Cnr) in collaborazione con la cattedra di Metodologie,
cultura materiale e produzioni artigianali nel mondo classico dell’Università
di Catania. L’esperimento tenterà di riprodurre nella Sicilia moderna un
vigneto seguendo in maniera fedele le ‘istruzioni’ contenute nei testi romani
dal I secolo a.C. al II d.C.: in particolare il secondo libro delle ‘Georgiche’
di Virgilio e il ‘De Agricultura’ di Columella. “Leggendo e interpretando le
informazioni contenute nelle fonti latine si è guidati ‘passo passo’
nell’esecuzione dei lavori in vigna”, spiega il direttore dell’Ibam-Cnr,
Daniele Malfitana. “Lo scopo dello studio è duplice: da un lato verificare la
fattibilità dalle istruzioni degli agronomi antichi, dall’altro comprendere se
queste conoscenze tecnico-pratiche possano essere utili nella viticoltura
moderna, anche mediante confronti etnografici tra gli strumenti descritti e
utilizzati dai romani e le metodologie e tecniche in uso fino a poco tempo
addietro. L’obiettivo è infine la comparazione dei risultati sperimentali con
quelli delle indagini archeologiche condotte nell’Italia continentale e in
Sicilia”.
Le conoscenze acquisite – spiega ancora una
nota del Cnr - consentiranno una maggior comprensione e valorizzazione del vino
siciliano come filiera produttiva e prodotto finito. “Grazie alle istruzioni di
Columella è stato possibile ricostruire, ad esempio, la ‘cicogna’, strumento
utilizzato dai proprietari terrieri per verificare che i lavori di scasso
preparatorio per la piantumazione delle vigne fossero ben eseguiti dai
contadini”, prosegue Mario Indelicato, esecutore del progetto. “La fonte è
stata chiara anche indicando nelle foglie di canna e di ginestra il materiale
più opportuno per legare le viti novelle al tutore: conoscenze e pratiche oggi
destinate a scomparire nelle campagne siciliane e italiane”. “L’area piantumata
giungerà, nell’arco di un quinquennio, a circa 5000 mq. La prima produzione
utile per la vinificazione, dalle viti piantate la scorsa primavera, è prevista
entro quattro anni: il primo raccolto ‘sperimentale’ dovrebbe aggirarsi sui 100
kg. di uva e 70 litri di vino, raddoppiabili già dall’anno successivo fino a
una previsione di raccolto ottimale di circa 50 quintali per l’estensione
completa del vigneto”, conclude Malfitana, che è anche titolare della cattedra
di Metodologie, cultura materiale e produzioni artigianali presso l’Università
di Catania e coordinatore del programma, che rilancia precedenti esperienze
condotte in Francia e conta sul supporto dell’Assessorato all’agricoltura della
Regione Siciliana, che ha messo a disposizione le viti della collezione
ampelografia dell’Uos 2 di Marsala. “Un’occasione interessante di
sperimentazione didattica che pone l’archeologo nelle condizioni di passare
dalla teoria alla pratica”.
L'UNIONE SARDA - Economia: Calici sardi ai
confini del mondo
21.08.2013
Ferruccio Deiana,
uno dei produttori storici di vino in Sardegna, scruta il cielo con moderato
ottimismo. Sta affilando le cesoie, mentre suo figlio Dario, studente di
Agraria a Pisa, sta ultimando i controlli del tasso zuccherino degli acini.
Siamo a un passo da quota 17 grammi per litro. Appena raggiunta tale soglia,
partirà la vendemmia 2013. Che si preannuncia ottima se non eccezionale, per
quantità e qualità. «Merito delle stagioni tornate a essere normali», spiega
Deiana. Vale a dire, primavera piovosa, estate secca ma non afosa e vendemmia
che dovrebbe iniziare ai primi di settembre. «Come ai tempi di mio padre»,
ricorda Deiana.
LA RISCOSSA L'annata
eccezionale potrebbe dare una spinta vigorosa al vino sardo, messo all'angolo
dalla crisi globale e da quella del turismo. Perché, come spiega Dino Addis,
enologo e direttore della Cantina Gallura di Tempio, «il costo dei trasporti
via nave ha inciso anche sulle vendite del vino e dei prodotti sardi in
generale». Il perché è presto detto: prima il turista arrivava in traghetto e
caricava in macchina ogni ben di Dio. Adesso, trova più conveniente raggiungere
l'Isola in aereo (che paradosso!) e per ovvi motivi di spazio non porta con sé
più niente.
NUOVI MERCATI Ecco
che le cantine sarde hanno elaborato nuove strategie. Prodotti più “beverini”,
vale a dire semplici, facili da bere, dal buon rapporto qualità-prezzo, per il
mercato interno, e attacco alle grandi piazze internazionali. Cina compresa,
che possiede un mercato illimitato.
IL MARCHIO Il brand
Sardegna è di grande fascino. Accanto alla notissima “Isola dei Nuraghi”, c'è
l'ipotesi di creare una nuova Igp (Indicazione geografica protetta), denominata
“Terra di Sardegna”, per tutelare i prodotti da vitigni internazionali che
attualmente non sono compresi in alcun disciplinare. Se il mercato interno sta
subendo una contrazione, occorre andare alla conquista di nuovi mondi, con prodotti
vincenti. Che in Sardegna non mancano.
OCCHI AL CIELO Anche
Giovanni Pinna, enologo di Sella&Mosca, colosso del settore (550 ettari
vitati, 7,6 milioni di bottiglie all'anno), guarda con attenzione verso l'alto.
«Finora, tutto benissimo, ma la vigna è sotto il cielo, mica al coperto. Le
sorprese sono sempre possibili». Nelle scorse settimane, i vignaioli hanno
tenuto d'occhio le piante, temendo l'attacco della peronospora. «Il vermentino
si difende bene», spiega Pinna, «il cannonau è più soggetto all'attacco ma ha
resistito. Anche sotto questo punto di vista non abbiamo avuto particolari
problemi».
LA NICCHIA Il primo
taglio alla Sella&Mosca sarà quello del torbato che, in pratica, l'azienda
algherese produce in esclusiva mondiale. «Perché è difficile da coltivare e
anche da vinificare», spiega Giovanni Pinna, «ed è stato quasi abbandonato. Noi
ne abbiamo 130 ettari, mentre nel mondo non sono più di 50 gli ettari piantati
con questa specie». Con questa uva, Sella&Mosca produce uno spumante
brioso, fresco, a prezzo contenuto. Un esempio di come sfruttare le
straordinarie potenzialità del nostro territorio.
LE PASTOIE I
produttori sardi sono bravi, entusiasti e coraggiosi. Ma anche infuriati. La
burocrazia strangola le aziende: i controlli continui (doverosi perché si
tratta della salute pubblica ma a volte ossessivi), la montagna di documenti,
di registri, portano via tempo a chi invece dovrebbe stare in vigna. «Perché è
tra i filari che nasce il buon vino», sentenzia Ferruccio Deiana.
LA PROMESSA Il ministro
Nunzia De Girolamo, al recente congresso di Assoenologi, ha assicurato: «Il
vino italiano non dovrà più camminare col freno a mano della burocrazia. Vi
aiuterò nella semplificazione delle pratiche e dei controlli, non dovrete
essere più sottoposti alla schiavitù della carta. La burocrazia soffoca e
rallenta un settore in crescita». Deiana chiosa: «Le solite parole, non
cambierà nulla». Amen.
Germania: +0,1% occupazione 2° trimestre
Crescita +0,6% su stesso periodo 2012
20 agosto, 16:55
(ANSA) - BERLINO, 20 AGO - Nel secondo
trimestre del 2013 l'occupazione in Germania ha continuato a crescere, seppur
di poco: tra aprile e giugno il dato destagionalizzato ha fatto segnare un
aumento dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.
E' quanto ha reso noto oggi, basandosi su
dati provvisori, l'Ufficio federale di statistica Destatis, secondo cui nel
secondo trimestre si sono registrati 52mila occupati in più.
Rispetto allo stesso trimestre del 2012
l'aumento è stato invece pari allo 0,6%.
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