L'UNIONE SARDA - Economia: Il turismo parla
straniero
L'UNIONE SARDA - Economia: Più stranieri, meno
utili
Taranto. Ilva, rispunta l’oblio
Imprese: in Italia quasi 3. 300 attive in
settore usato
Grecia: Schaeuble, avra' bisogno di nuovi aiuti
L'UNIONE SARDA - Economia: Diecimila posti
bruciati in 20 anni
20.08.2013
L'industria continua a perdere pezzi. Per
avere un'idea del ridimensionamento subito dalla grande impresa in Sardegna è
sufficiente evidenziare che se nel 2011 il numero degli occupati nelle imprese
con oltre 500 addetti era di 1.447, nel censimento del 1981 se ne contavano
16.250 e dieci anni dopo, nel 1991, 10.925. Una carneficina di imprese e di
posti di lavoro.
LE DIMENSIONI A mettere in luce la crisi
dell'industria sarda è un'indagine del Centro studi L'Unione Sarda, secondo cui
oggi nell'Isola non ci sono imprese con mille addetti nell'ambito delle attività
manifatturiere. «Le imprese più grandi (2 in totale) si trovano nella provincia
di Carbonia Iglesias e si riferiscono alla classe tra 500 e 999 unità», spiega
il report. «Sono poche anche le aziende con un numero di dipendenti tra 250 e
499 addetti (5 imprese) e si trovano nelle province di Olbia Tempio (2), Nuoro
(1), Villacidro Sanluri (1) e Carbonia Iglesias (1). Nella provincia di
Cagliari e di Oristano la dimensione più elevata arriva fino a 249 addetti,
mentre nella provincia dell'Ogliastra le imprese non superano i 50 addetti».
LA CONCENTRAZIONE Dal punto di vista dei
numeri, prosegue lo studio, «la provincia di Cagliari con 2.442 aziende risulta
la prima in Sardegna, seguita da Sassari con 1.494 e da Olbia Tempio che di
imprese manifatturiere ne ha 1.113, appena 13 in più di Nuoro che si colloca
quindi in quarta posizione. La provincia meno industrializzata (considerando il
numero di imprese) è quella dell'Ogliastra con appena 329. Non brillano neanche
il Medio Campidano con 491 aziende e Carbonia Iglesias che ne ha 511. A
Oristano l'Istat ha contato invece 877 imprese». Diverso è il quadro se si
considera il tasso di specializzazione, vale a dire l'incidenza percentuale del
manifatturiero sul totale delle imprese censite. «In testa alle province si
trova Nuoro con il 10,9%. Tutte le altre province sono posizionate su livelli
simili tra il 7 e il 10% con l'eccezione della provincia di Cagliari che con il
6,4 si colloca in ultima posizione».
I LAVORATORI Cagliari, con 11.368 addetti,
è nuovamente prima nella graduatoria per numero di occupati nell'industria
manifatturiera. Largamente distanziata, Sassari è seconda con 5.899 lavoratori.
Seguono Olbia Tempio che dispone di 4.795 occupati diretti, quindi Nuoro con
4.319 e Carbonia Iglesias con 4.238. «In coda alla classifica», spiega
l'analisi del Centro studi L'Unione Sarda, «troviamo l'Ogliastra con 964,
preceduta dal Medio Campidano (2.349 unità impiegate) e da Oristano (3.098)». I
COMUNI Dando uno sguardo ai Comuni si osserva qualche elemento singolare come
il fatto che quello di Baradili ha il maggior tasso di industrializzazione (43%
delle imprese concentrate nel settore manifatturiero). «Con dieci punti in
meno, il 33%, si trovano i Comuni di Aidomaggiore e Ussaramanna», conclude
l'indagine del Centro studi. «Naturalmente in molti non si trovano aziende che
producono manufatti. «Sono ben 16 i Comuni nei quali non ci sono imprese di
questo tipo. Tra questi - ricorda il Centro studi - si possono citare Setzu,
Las Plassas, Soddì, Simala».
L'UNIONE SARDA - Economia: Il turismo parla
straniero
20.08.2013
TORTOLÌ Fosse solo per le presenze di
turisti italiani il bicchiere di mezza estate sarebbe un calice vuoto. La
salvezza è arrivata dall'est e dai fedelissimi tedeschi e francesi. I
visitatori del Nord europa hanno restituito il sorriso agli imprenditori,
scossi da un inizio stagione pieno di sconforto. Ferragosto ha regalato il
tutto esaurito nelle strutture alberghiere e addolcito le perdite nei campeggi.
SALVEZZA RUSSA Il bilancio di metà stagione
è molto buono per Giorgio Mazzella. L'Arbatax Park ha già messo in cascina 150
mila presenze. Secondo le previsioni saranno 180 mila a fine stagione: per un
quarto provengono dalla Russia, per metà da Francia e Germania. Tra i numeri
spunta una quota di viaggiatori israeliani che lascia ben sperare per il
futuro. «Il mio giudizio verso la stagione turistica è estremamente positivo.
Si intravede una luce di cambiamento per il futuro». Punto di partenza la
ricerca di nuovi mercati: «Chi lavora solo con gli italiani è finito -
sentenzia l'imprenditore - gli stranieri non ci hanno abbandonato e hanno fatto
bene alla cittadina con un impatto molto positivo sul commercio. I russi
comprano di tutto, per loro vedere un contadino che vende frutta e verdura è
come immergersi in un film con Alberto Sordi».
SHOPPING TOUR Tuttavia la Tortolì del
commercio non sembra pronta a soddisfare i desideri d'alta moda della ricca
clientela slava. Per questo Mazzella ha dovuto organizzare shopping tour verso
Cagliari e le sue boutique. Quattro autobus alla settimana.
ITALIANI A CASA Soddisfatto anche Sergio
Bovi, patron della Bitta. «Gli italiani sono rimasti a casa ma grazie agli
stranieri abbiamo ottenuto ottimi risultati, specie negli ultimi venti giorni.
Agosto ha rimesso a posto i conti dopo un inizio estate da dimenticare, in cui
non poteva andare peggio. Certo di vacanzieri dalla penisola neppure l'ombra,
ma non ci possiamo lamentare».
MENO SPESE Chi è arrivato ha speso molto
meno degli anni scorsi. È la tesi di Gian Gianni Pinna, titolare di un
campeggio a Orrì. «Il leggero calo delle presenze (intorno al 5 per cento) non
è direttamente proporzionale al calo degli incassi, ben oltre il 15 per cento.
Non faccio certo una rivelazione se dico che la gente non ha soldi». Tuttavia
l'annunciato tracollo non c'è stato. Tardivo ma benefico è arrivato un flusso
vacanziero locale. «Non basta certo una settimana o due a salvare la stagione
ma un certo movimento (interno) c'è stato, anche solo per pochi giorni. Il
ponte lungo di ferragosto ha salvato la stagione. C'è da stare poco allegri ma
non mortifichiamoci più del dovuto». Iniziata male e proseguita peggio la
stagione turistica ha ripreso vigore. Nella speranza che il meteo favorevole
garantisca un settembre positivo.
L'UNIONE SARDA - Economia: Più stranieri, meno
utili
20.08.2013
ALGHERO Più turisti stranieri e meno
fatturato negli hotel della Riviera. In molti hanno ritoccato (verso il basso)
i prezzi riempendo così le camere vista mare di un target nord europeo, a
discapito dei guadagni. «Rinunciando alle tariffe da bollino nero le strutture
ricettive associate vedono prevalere i segni più - conferma il presidente del
Consorzio turistico Riviera del corallo, Stefano Visconti - anche se non tutto
il comparto ricettivo fa registrare il tutto esaurito». Con i prezzi al ribasso
le prenotazioni continuano ad arrivare, sempre più sotto data, ma costanti.
Fino a metà settembre, infatti, vige un cauto ottimismo. «Il trend per il resto
del mese pare ancora in crescita - conferma Visconti - vista l'isteria del
mercato, sensibile in prevalenza al prezzo, molti operatori, non solo della
ricettività, stanno meditando sulla cancellazione delle tariffe di altissima
stagione». Dopo un avvio di stagione non proprio esaltante, gli imprenditori
della vacanza hanno dovuto compiere uno sforzo per salvare il salvabile,
venendo incontro alle esigenze di un flusso turistico che arriva con i voli low
cost ed è attento ai prezzi. «Resta comunque un dato inequivocabile - prosegue
il presidente del Consorzio - il ritorno alla crescita, lieve, dopo anni di
buio pesto. Alghero conserva quindi il suo appeal e deve all'incremento dei
mercati nord europei il bilanciamento della perdita del mercato italiano».
Taranto. Ilva, rispunta l’oblio
La legge in
questione è il decreto “salva Ilva bis”, convertito appunto in legge il 4
agosto 2013. L’atto legislativo che, nei fatti, ha eliminato la figura del
Garante ed ha rinviato l’attuazione, a decorrere dal 2 agosto, dei tempi
tecnici previsti dall’Aia per la messa a norma degli impianti dello
stabilimento Ilva di Taranto. Da allora, sembra essersi attenuata la morsa
della cittadinanza sulle tematiche inerenti l’inquinamento ed i conseguenti
lavori per l’ambientalizzazione del centro siderurgico tarantino.
Dopo oltre un anno dall’inizio dell’inchiesta
“Ambiente svenduto” della Magistratura, nella quale la stessa ha additato la
responsabilità di disastro ambientale alla famiglia Riva ed agli allora
responsabili dell’Ilva, i Riva sono nuovamente a piede libero (in virtù del
termine delle misure cautelative degli arresti domiciliari prima del processo)
ed a Taranto, in particolar modo al quartiere Tamburi, si continua a morire per
malattie correlate all’inquinamento.
A distanza di poche settimane dalla
conversione in legge del decreto legge, abitanti e commercianti del quartiere
Tamburi mostrano perplessità su come possa evolvere la situazione, se
effettivamente si riuscirà a contemperare le ragioni dell’ambiente e della
salute con quelle del lavoro e dell’occupazione.
A far aumentare i malumori anche le recenti
dichiarazioni del commissario Ilva, Enrico Bondi, (seppure ridimensionate e
smentite dal diretto interessato). Dichiarazioni, quelle secondo le quali
l’alta mortalità a Taranto per tumore sarebbe correlata ad un maggiore abuso di
alcol e tabacco, potrebbero indurre persone male informate a giungere alla
conclusione che il quartiere in questione, dati alla mano sulla mortalità per
tumore, sarebbe popolato da incalliti fumatori ed alcolisti sin dalla tenera
età.
Al contrario, quello dei Tamburi è un
quartiere di lavoratori, gente umile, abituata a convivere con la presenza del
“Mostro” e costretta a subire, con rassegnazione, gli eventi.
Francesco Semeraro, proprietario di un’edicola
in via Orsini, pensa che «andrà a finire tutto in una bolla di sapone».
Intervistato sulle ragioni di questo silenzio calato sull’intera vicenda
all’indomani delal conversione del decreto in legge, dichiara che «la classe
politica tarantina ed il sindacato non hanno la forza di imporsi nei confronti
di Riva, e la città è ostaggio di questo industriale. A ciò va aggiunto –
prosegue – che la stampa sta mollando un po’ la presa, così come i cittadini,
nei quali è subentrato un po’ di rassegnazione visto che, dopo tanto clamore,
hanno notato che i risultati, ad oggi, non sono arrivati».
Nicoletta Lo Mazzo, commerciante di un noto
panificio di via Galeso, riscontra, fra la sua clientela che «serpeggia del
malumore, misto alla poca fiducia. Sono le solite cose – prosegue – che
accadono qui da noi: cattiva amministrazione, poca partecipazione di queste
nelle questioni importanti della città, che gravano sul cittadino che ha poco
potere in queste cose». La sorella Nicoletta, alla domanda sulle cause di
questo silenzio, ha una sua opinione ben precisa: “«Si è voluto mettere tutto a
tacere; chi in passato si è arricchito le tasche con questa faccenda si è ora
tirato indietro». Carmelo Di Maglie, proprietario di un conosciuto caseificio
in via Galeso, sulla questione della minore attenzione riscontrata ultimamente
dalle istituzioni e dall’Arpa nell’evidenziare le eventuali anomalie, sostiene
che «in verità non c’è mai stato tutto questo daffare che dicono; l’Arpa e le
istituzioni si sono sempre disinteressate della salute degli abitanti del
quartiere e francamente non vedo differenze. Sì, se ne è parlato un po’ –
prosegue – all’inizio della questione dell’inquinamento ma poi, tutto è rimasto
com’era e così sarà. L’attenzione di noi cittadini è sempre alta sulla
questione, il problema è che mai nessuno ci darà retta».
Ida, una casalinga del quartiere Tamburi,
afferma il fatto che «una volta fatta la legge, tutto è caduto nel
dimenticatoio. Spesso mi domando – sostiene – come mai, proprio adesso che i
cittadini dovrebbero ribellarsi, si è bloccato tutto?».
Per Adele, giovane neolaureata del rione
Tamburi, «in passato c’è stata l’intenzione di esprimere il proprio dissenso in
modo pacifico. Visto che la popolazione – dichiara – una volta appreso che
questi metodi non hanno fatto approdare a nessun risultato e dato che
evidentemente la cittadinanza non sente ancora forte quella spinta per usare
dei metodi più drastici al fin di riuscire ad essere ascoltata, le istituzioni
approfittano di questa inerzia dei cittadini, succubi su queste tematiche».
Imprese: in Italia quasi 3. 300 attive in
settore usato
15:39 20 AGO 2013
(AGI) - Milano, 20
ago. - Il settore dell'usato in Italia conta 3.283 imprese. Si svaria
dall'abbigliamento usato per bambini a quello per sportivi, dal recupero e
assemblaggio di materiale usato per creazioni artistiche a veri e propri centri
dell'usato, che raccolgono e vendono di tutto. Una passione diffusa in tutto il
Paese e che, in tempi di crisi, significa anche risparmio. Leader tra le
regioni e' la Lombardia (517 imprese attive, 15,7% del peso sul totale
nazionale) davanti al Lazio (430, 13,1%) e alla Toscana (386 imprese, 11,8% sul
totale). I dati emergono da un'indagine della Camera di commercio di Milano su
dati del registro delle imprese al primo trimestre 2013 e 2012 .
Grecia: Schaeuble, avra' bisogno di nuovi aiuti
20 Agosto 2013 -
15:34
(ASCA) - Roma, 20 ago - La Grecia, una volta
terminato l'attuale programma di aiuti, il prossimo anno, avra' bisogno di un
nuovo pacchetto di sostegno finanziario. Lo afferma il ministro dell'Economia
tedesco, Wolfgang Schaeuble, in un'inetrvista alla Frankfurter Allgemeine.
''Dovremo fare un nuovo programma di aiuti'', ha detto il ministro tedesco,
aggiungendo pero' che non ci sara' un nuovo taglio del debito greco. sen/
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