ECCO L’ARTICOLO CITATO: "Il petrolio in
Basilicata risorsa sfruttata a metà"
«Goodbye, mamma» libro, sito web e Facebook per
i lucani che emigrano
A Siracusa e Messina i supermercati più cari in
Italia
Banche: Unimpresa, boom di sofferenze, in 12
mesi +22% a 138 miliardi
Basilicata. Il capo dell'Unmig bacchetta la
Regione
«Da pazzi lo stop a
nuove esplorazioni»
Franco Terlizzese,
alla guida dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le
georisorse, in un'intervista al Sole 24 Ore sveste i panni del burocrate e
parla a ruota libera di petrolio, roylaties e Basilicata
di LEO AMATO
POTENZA - Per
l’aumento delle estrazioni in Val d’Agri 2,5 miliardi di euro di investimenti
dell’Eni, senza parlare delle royalties e del fondo da altri 2 miliardi per
infrastrutture e occupazione in Regione. Da sommare a un altro miliardo e rotti
per nuove esplorazioni alla ricerca di giacimenti ancora nascosti. Parola del
direttore generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero per lo
sviluppo economico.
Ha deciso di
svestire i panni del burocrate Franco Terlizzese sentito da Luigia Ierace per
il Sole24Ore, che ieri ha dedicato al petrolio lucano quasi una pagina intera,
oltre a una riflessione senza firma, perciò da intendersi come prodotto
editoriale, nella pagina dedicata a “commenti e inchieste”. Il titolo sarebbe
già abbastanza significativo: “Il petrolio in Basilicata risorsa sfruttata a metà”.
Come pure l’ironia sulle autorizzazioni per le ricerche che non arrivano («Guai
a scoprire che magari i giacimenti sono ancora più ricchi di quel che si
pensa»). Ma sono proprio le dichiarazioni di Terlizzese la parte più
interessante, rafforzate dal presidente di Nomisma energia Davide Tabarelli,
tornato a parlare dopo la proposta shock avanzata nei giorni scorsi di abolire
le royalties in cambio di un nuovo regime fiscale per le compagnie, e sanzioni
per le amministrazioni “no triv”. Stesso
concetto ripreso in seguito anche dal presidente di Eni Giuseppe Recchi dal
Meeting di Rimini.
Secondo il capo
dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, guardando
al di là della trattativa in corso con la Regione per portare le autorizzazioni
dell’Eni in Val d’Agri a 129mila barili al giorno di produzione rispetto ai
104mila attuali, «i veri investimenti» sarebbero quelli per le ricerche di
nuovi giacimenti, che sono ferme in Italia da 15 anni. «Nessun amministratore
al mondo bloccherebbe le attività di ricerca». Spiega Terlizzese. «Negli altri
paesi, ad esempio Malta, le compagnie petrolifere sono obbligate a fare pozzi
esplorativi e non si consente loro di sfruttare se prima non si conosce il
potenziale del paese. Un patrimonio di conoscenza a beneficio dei territori».
Non parla di
compensazioni ma di un indotto che potrebbe crescere sul modello di quello di
Ravenna e impedire la “fuga” dell’impatto occupazionali degli investimenti in
questione, Davide Tabarelli, del think tank
bolognese fondato da Romano Prodi oltre trent’anni fa. Sul «valore
aggiunto» del petrolio lucano punta
invece il presidente dei giovani di Confindustria Basilicata, Lorenzo Pagliuca,
per cui potrebbe servire a far decollare la regione «se si costruisce un
programma completo in grado di affrontare le criticità persistenti sia in
termini di infrastrutture che di competitività».
Proprio a partire da
quest’ultimo punto è arrivato a stretto giro il commento del vicepresidente del
Consiglio regionale Franco Mattia (Pdl), che ha colto l’occasione per
rilanciare il modello utilizzato nel Nord-Est della Scozia dove il governo
inglese ha concentrato risorse finanziarie e competenze per la ricerca anche
nel campo delle energie rinnovabili. Ma è voluto intervenire anche
sull’editoriale del quotidiano di Confindusria appoggiando la considerazione
che «a determinare le sorti della gestione delle risorse petrolifere (e di gas)
del nostro sottosuolo non può essere né l’effetto “nimby” (non nel mio
cortile), né la protesta generica dei sindaci ribelli e tanto meno la
contrattazione da mercatino rionale con le compagnie petrolifere». Un attacco
diretto ai primi cittadini della Val d’Agri e della Valle del Sauro, esclusi
dal grosso delle royalties per le estrazioni che avvengono nelle loro zone, che
si sono mobilitati nelle scorse settimane per una ripartizione «più equa» delle
stesse.
Per Mattia le parole
di Terlizzese sul miliardo di investimenti per nuove esplorazioni non possono
essere considerate «una boutade» quanto piuttosto «una lezione». Dunque porte
aperte, alla sola condizione che tutto avvenga «nell’assoluto rispetto delle
esigenze ambientali e nella applicazione delle migliori pratiche operative in
riferimento agli standard internazionali».
«Il primo pensiero –
continua il consigliere - va al superamento del gap infrastrutturale che
continua a rappresentare una “palla al piede” per le nostre comunità e le
prospettive di sviluppo e competitività. Troppi progetti di strade, strutture
civili, interporti, porticcioli ed aviosuperfici sono rimasti nei cassetti
degli uffici della Regione per mancanza di soldi, provocando la stasi del
comparto dei lavori pubblici e la disoccupazione edile».
Il vicepresidente
del parlamentino di via Verrastro aggiunge che sarebbe «utile aggiornare il
confronto con il Governo» della Regione sul regolamento attuativo del fondo per
infrastrutture e lavoro previsto dall’articolo 16 del dl liberalizzazioni che
ha tradotto in legge il Memorandum sottoscritto ad aprile del 2011 dall’allora
sottosegretario azzurro allo Sviluppo economico Guido Viceconte e dal
presidente democratrico della regione Vito De Filippo. Così contraddicendo
anche quanto sostenuto da un suo compagno di partito come il deputato Cosimo
Latronico, che non più tardi di tre settimane fa ne dava per imminente la
pubblicazione.
«Non è più
rinviabile la scelta di un percorso chiaro, dettagliato e di piena condivisione
in tutte le sue fasi, per fare in modo che il principio normativo contenuto nel
legge sulle liberalizzazioni si trasformi in atti operativi per disporre di
nuove risorse e di nuovi strumenti in grado di accompagnare la trasformazione
produttiva della nostra regione che parte dal petrolio ma non comprende solo il
petrolio». Conclude Mattia. «Per la nostra Regione si presenta l’opportunità di
avviare, sia pure sperimentalmente, un modello di federalismo fiscale
estremamente interessante per le ricadute economiche dirette e che si
completerà con la gestione delle risorse idriche, come del resto è stato già
definito attraverso l’intesa sul Bacino Idrografico Meridionale che produrrà
nuove entrate per l’acqua all’ingrosso ceduta alla Regione Puglia. In questo ci
avviamo a diventare un “caso” che sarà osservato e monitorato da più parti e
pertanto ci carica di grandi responsabilità anche rispetto agli organismi
dell’Unione europea che devono confermarci i fondi per la prossima
programmazione 2014-2020».
sabato 31 agosto
2013 09:14
ECCO L’ARTICOLO IN QUESTIONE:
Il petrolio in Basilicata risorsa sfruttata a
metà
30 agosto 2013
My24
C'è un intreccio di
risvolti nell'inchiesta sui giacimenti di petrolio e di gas naturale in
Basilicata, dove i progetti di alcune multinazionali – tra cui l'italiana Eni –
stanno finalmente prendendo corpo. I primi risvolti riguardano l'immancabile
effetto nimby, che accompagna gran parte degli interventi di una certa
consistenza nel nostro Paese, e il rischio di autogol che ci caratterizza.
L'Italia vanta il
principale giacimento terrestre d'Europa, un potenziale competitivo
apparentemente micidiale – per l'industria, il sistema-Paese e anche per i
cittadini grazie alle royalty – ma questo potenziale rischiava di essere
vanificato o almeno ridimensionato a causa dei ritardi. Investimenti per
miliardi che hanno atteso per anni prima di essere sbloccati: siamo un Paese
che ama scherzare col fuoco. Finché non si scotta. Com'è accaduto a Brindisi lo
scorso anno, quando dopo intoppi infiniti British Gas ha salutato tutti
revocando un progetto da 800 milioni. Ora, in Basilicata questo scenario è
forse scongiurato, gli interventi sono avviati o stanno per esserlo, ma restano
almeno due fronti ancora aperti. Il deficit energetico è uno dei principali gap
competitivi denunciati dalle imprese e riconosciuti anche dalle istituzioni
centrali. Ora, cosa farebbe chiunque nelle stesse condizioni? Cercherebbe di
capire come risolvere o mitigare questa diseconomia, invece l'Italia, come
ammette lo stesso Mise, non fa ricerca da una quindicina d'anni. Guai a
scoprire che magari i giacimenti sono ancora più ricchi di quel che si pensa.
Infine, e questo riguarda i soggetti imprenditoriali coinvolti, oltre alle
istituzioni, forse varrebbe la pena di immaginare la creazione di un indotto
importante, in una regione "povera" come la Basilicata. Perché oggi,
royalty a parte, un parte importante delle ricadute finisce fuori regione.
«Goodbye, mamma» libro, sito web e Facebook per
i lucani che emigrano
LORENZA COLICIGNO
«Goodbye, mamma!». È il saluto
«internazionale» suggerito dal team del progetto omonimo agli italiani che
vogliono o sono costretti a emigrare. Il progetto «Goodbye, mamma!» Idee,
consigli, esperienze di chi ha deciso di lasciare l’Italia» consta di un libro,
un sito web ed una community su Facebook. È nato da un’idea di Giulio Sovran
(architetto italiano emigrato in Svizzera che ne è l’ideatore e coordinatore)
che ha, in seguito, coinvolto un team di ragazzi e ragazze italiani, con
background differenti, residenti in vari Paesi del mondo, Francesca Isabella
Bove, Andrea Bricchetto, Flavio D’Amato, Fiorella De Nicola, Gaia Di Castro,
Monica Falcitelli, Marco Fisichella, Federica Gallerani, Andrea Gandini,
Alberto Garbolino, Massimo Giovanardi, Marianna Pilato, Irene Romano, Dario
Sacchetti e Barbara Tizzano. Monica Falcitelli, potentina, da buona
viaggiatrice reale (è lei stessa un’emigrata lucana che ora vive a Roma) e
virtuale, è riuscita a coinvolgere nel progetto persone da Germania, Danimarca,
Australia, Nuova Zelanda, Francia, Spagna, Inghilterra, Scozia, Irlanda,
Olanda, Finlandia, Svizzera, Polonia, Tailandia, Brasile, Panama, Stati Uniti,
Camerun e Italia. Alcuni hanno già fatto diverse esperienze all’estero ma sono
rientrate in patria, altri stanno ripartendo, altri ancora hanno la testa
all’estero e il corpo in Italia... d’altro canto la stessa Monica Falcitelli si
definisce una potenziale emigrata di ritorno. «Tutto avviene tramite web. - ha
detto Falcitelli - Offrire un metodo e aiutare le persone è il fine di tutti.
Andare a vivere all’estero è una scelta che porta cambiamenti radicali. In
mondo, rispetto al passato, è a portata di mano di tutti, ricchi o poveri,
basta un buon bagaglio di immaginazione e qualche goccia di metodo».
Il metodo è spiegato nel libro, acquistabile
on line anche per singoli capitoli (http://www.goodbyemamma.com/libro/). In
defintiva occorre una corretta pianificazione. I problemi da affrontare
riguardano la lingua, «imparare una lingua straniera è un vero e proprio
passaporto per il mondo», ma a chi affidarsi? Il libro dà la possibilità di
destreggiarsi tra le migliaia di offerte che esistono sul mercato. Altro tema
caldo è quello del passaggio da studenti italiani, per lo più all’estero grazie
all’Erasmus, a lavoratori nel mondo, ed ecco che il team di «Goodbye mamma»
trasforma lo sprovveduto studente italiano in un potenziale uomo (o donna) di
successo internazionale.
Per quanto riguarda i ricercatori
universitari, sempre in bilico tra cervelli in fuga e menti in movimento, tanti
i consigli su come ottenere la posizione desiderata in un ambiente che premia
le idee innovative. «Lascio tutto, prendo quel che trovo - ha detto Monica
Falcitelli - sintetizza il pensiero che ci spinge a cercare qualcosa di nuovo
al di fuori del nostro «nido». Passione, flessibilità, forte spirito di
adattamento, comprensione delle diversità sono alcuni degli ingredienti da
usare se si vuole assaporare il gusto dell’avercela fatta».
Lasciare il Belpaese non è facile, ma Andrea
Bricchetto (coautore del libro), ragazzo di Celle Ligure, amante delle lingue
straniere, che vuole realizzare i suoi sogni imprenditoriali in Scandinavia, e
Monica Falcitelli, «self-made woman», donna di Potenza tra Dublino, Parigi e
Londra e Roma, sono a disposizione per tutti i supporti necessari. Perché,
attenzione, le trappole non mancano, ad esempio, se si vuol andare all’estero
come volontari, scorrendo la lista di associazioni di volontariato che offrono
occasioni per aiutare le persone in difficoltà, si può finire col trovarsi
coinvolti in una vacanza costosissima e poco utile. Un aiuto viene da
Falcitelli anche ai pensionati in fuga. Ci sono Paesi stranieri, considerati
fino a qualche anno fa «terzo mondo», che offrono una serie di servizi
efficienti per soddisfare i bisogni della terza età.
Oggi, insomma, è possibile partire a tutte le
età. L’organizzazione e la pianificazione di uno spostamento evitano il fallimento
nella realizzazione del sogno di lasciare il Belpaese, ma anche tornare in
Italia, una volta scoperto cosa ci aspetta al di là del confine, è spesso passo
difficile. Adesso, però, parola di Monica Falcitelli, possiamo dire «Good Bye,
mamma!» con tutta tranquillità.
24 Agosto 2013
A Siracusa e Messina i supermercati più cari in
Italia
29 agosto 2013 -
13:24 - Cronaca,Cronaca Regionale,Economia
Una famiglia
italiana usa un quarto dell’intero budget a disposizione per la spesa
alimentare e prodotti per l’igiene personale e per la casa.
Per l’Istat nel 2012
ogni famiglia ha speso complessivamente in media in un mese 2.419 euro, -2,8%
rispetto all’anno precedente. Una voce consistente del bilancio, su cui e’
possibile realizzare risparmi concreti, fino a 1400 euro in un anno se si
sceglie il punto vendita meno caro nella propria citta’. E’ chiara la mappa
della convenienza per la spesa che Altroconsumo ha disegnato con la
ventiquattresima edizione dell’inchiesta annuale sui supermercati.
Visitati 907 punti
vendita, rilevato un milione di prezzi. L’indice di convenienza e’ stato
calcolato sui prezzi di un paniere di 500 prodotti di marca, costruito su 105
tipologie merceologiche e ponderando l’acquisto e l’utilizzo piu’ frequente
(latte e pasta, per esempio) nella spesa tipo degli italiani. La citta’ in
media piu’ conveniente e’ Pistoia: qui in un anno una famiglia spende 5.876
euro. Anche altre citta’ toscane si distinguono per gli ottimi prezzi sulla
spesa media, come Firenze e Pisa, confermando la Toscana la regione dove le
tensioni concorrenziali da sempre frizzanti tra i diversi punti vendita, super
e iper, svolgono un ruolo virtuoso e salutare per le tasche dei consumatori.
Buone possibilita’ di risparmio anche nei super e iper a Cuneo e Verona.
Al contrario, dove
c’e’ un’offerta povera – poche insegne, punti vendita solitari, la concorrenza
non esiste e i prezzi si livellano verso l’alto: e’ il caso di Aosta, la citta’
piu’ cara dell’inchiesta, con 6.850 euro per la spesa tipo. I consumatori non
hanno scelta e a rimetterci e’ il budget familiare. Le grandi citta’ si
posizionano tutte poco sopra la media nazionale: Napoli, Torino (6.400 euro di spesa)
poco meglio di Milano (6.500 euro) e Roma. Care anche Messina, Siracusa, Reggio
Calabria, Sassari, per poi chiudere con Aosta. Se si sceglie di acquistare
negli hard discount prodotti non di marca o a marchio commerciale il risparmio
s’impenna di oltre il 50%.
Banche: Unimpresa, boom di sofferenze, in 12
mesi +22% a 138 miliardi
31 Agosto 2013 -
13:27
(ASCA) - Roma, 31 ago - Boom di sofferenze
nelle banche: negli ultimi 12 mesi sono cresciute del 22% arrivando a sfiorare
quota 138 miliardi di euro. La fetta maggiore di prestiti che non vengono
rimborsati regolarmente e' quella delle imprese (94 miliardi). Le ''rate non
pagate'' dalle famiglie valgono complessivamente poco meno di 30 miliardi
mentre quelle delle imprese familiari 12miliardi. A 1,5 miliardi ammontano
invece le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni e di
altre istituzioni finanziarie. Questi i dati principali di un rapporto del
Centro studi Unimpresa. Secondo lo studio dell'associazione, basato su dati
della Banca d'Italia, in totale le sofferenze sono passate dai 112,8 miliardi
di giugno 2012 ai 137,7 miliardi di giugno 2013 (+22,1%) in aumento di 24,9
miliardi. Nel dettaglio, la quota delle imprese e' salita da 75,2 miliardi a
93,9 (+24,9%) in aumento di 18,7 miliardi. La fetta relativa alle famiglie e'
cresciuta da 25,8 miliardi a 29,9 miliardi (+15,7%) in salita di 4 miliardi.
Per le imprese familiari c'e' stato un aumento di 1,7 miliardi da 10,6 miliardi
a 12,3 miliardi (+16%). Le ''altre'' sofferenze sono passate invece da 1,1 a
1,5 miliardi (+36,9%) con 416 milioni in piu'. Parallelamente c'e' la stretta
dei rubinetti allo sportello. Negli ultimi dodici mesi le banche hanno tagliato
piu' di 50 miliardi di euro a imprese e famiglie. Per le aziende la riduzione
dei finanziamenti e' stata di 42,8 miliardi (-4,85%), mentre per i cittadini il
calo ha raggiunto 8,5 miliardi (-1,3%). Complessivamente, dunque, da giugno
2012 a giugno 2013 la diminuzione dei prestiti bancari al settore privato e'
stata di 51,3 miliardi (-3,43%). Record a giugno scorso: i prestiti sono calati
di oltre 8 miliardi rispetto al mese precedente. Secondo l'analisi
dell'associazione, lo stock di finanziamenti al settore privato e' calato dai
1.497,9 miliardi di giugno 2012 ai 1.446,6 miliardi di giugno 2013 con una
diminuzione di 51,3 miliardi. Grave, secondo Unimpresa, il quadro per le
imprese: nell'ultimo anno le imprese hanno assistito alla riduzione dei
finanziamenti di tutti i tipi di durata. Sono calati i prestiti a breve termine
(fino a 1 anno) per 15,4 miliardi (-4,63%) da 332,8 miliardi a 317,4 miliardi,
i prestiti a medio periodo (fino a 5 anni) per 8,4 miliardi (-6,29%) da 134,8
miliardi a 126,4 miliardi e quelli di lungo periodo (oltre 5 anni) di 18,9
miliardi (-4,55%) da 415,4 miliardi a 396,5 miliardi. In totale lo stock di
finanziamenti alle imprese e' sceso da 883,2 miliardi a 840,4 miliardi con una
diminuzione di 42,8 miliardi (-4,85%). Analoga situazione per le famiglie: giu'
il credito al consumo di 3,4 miliardi (-5,42%) dai 62,8 miliardi di giugno 2012
ai 59,3 miliardi di giugno 2013; meno mutui casa per 3,1 miliardi (-0,87%) da 367
miliardi a 363,9 miliardi e meno prestiti personali per 1,9 miliardi (-1,05%)
da 184,8 miliardi a 182,9 miliardi. In totale, lo stock di finanziamenti alle
famiglie e' calato da 614,7 miliardi a 606,2 miliardi con una diminuzione di
8,5 miliardi (-1,39%). ''Lo abbiamo detto spesso agli esponenti del settore
bancario: la situazione dei finanziamenti e' drammatica. E' vero che la crisi
rende piu' difficile l'erogazione di denaro da parte degli istituti, ma agli
operatori bancari chiediamo di andare oltre i freddi numeri dei bilanci, di
valutare i progetti, le prospettive di sviluppo e crescita delle aziende che
bussano allo sportello per ottenere un po' di liquidita''', commenta il
presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. com-rba/vlm
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